Black Kettle (Pentola Nera)

A cura di Marco Chiornio

Black Kettle, Pentola Nera
Si hanno a disposizione solo poche note sulla vita del capo dei Cheyenne del Sud Pentola nera (????-1868), ma i suoi ripetuti sforzi per assicurare al suo popolo una pace dignitosa, nonostante le promesse non mantenute dall’uomo bianco e diversi attentati di cui fu vittima, ci fanno capire che grande condottiero sia stato e ci insegnano quanto fosse determinata la sua fiducia nella coesistenza tra la società dei bianchi e la cultura dei popoli delle pianure. Leggi il resto

Satanta, capo di guerra dei Kiowa

A cura di Cesare Bartoccioni
Satanta – clicca per INGRANDIRE
Negli anni ’60 e ’70 del 1800, uno degli Indiani più conosciuti delle Pianure fu il capo di guerra Kiowa Satanta. Nell’est era visto come l’oratore del suo popolo, una sorta di rustico filosofo che rappresentava la sua gente nelle negoziazioni sui trattati e le sue osservazioni sulle relazioni tra bianchi ed indiani erano spesso riprese sui grandi giornali metropolitani.
Nel Texas, era visto come l’architetto del massacro della carovana Warren in cui sette conducenti erano stati uccisi, un assassino che giustamente era stato condannato a morte, ma che, all’ultimo minuto, aveva ricevuto la prigione a vita a seguito delle politiche della Ricostruzione (1). Entrambe queste visioni semplificavano in modo sproporzionato uno degli uomini più complessi che fosse mai sorto dalle Grandi Pianure – un capo molto intelligente, diplomatico e filosofo che era anche un assassino, ma un uomo la cui storia solo di recente ha iniziato a ricevere la sua piena misura di giustizia. Leggi il resto

La resa: il Sud cede al Nord

A cura di Renato Panizza

Il generale Ulysses Grant salì rapidamente i pochi scalini che portavano all’ampia veranda bianca che si estendeva, al primo piano, lungo l’intera facciata dell’edificio di mattoni rossi, la casa di Wilmer McLean, nel villaggio di Appomattox Court House in Virginia.
Erano le 13,30 del 9 Aprile 1865. Grant indossava una giacca blu da soldato semplice, con una sola fila di bottoni, che era sbottonata e lasciava intravedere il panciotto sottostante. L’unica evidenza dell’alto grado dell’ufficiale, il più alto nell’esercito dell’Unione di allora, erano le tre stellette da Tenente Generale presenti nelle mostrine cucite sulle spalle. Leggi il resto

Le guerre Cheyenne – 3

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate dell’articolo: 1, 2, 3.

La Guerra di Sheridan – Mappa 16. Sheridan prende il comando
«Allo scoppio delle ostilità io avevo in tutto…una forza di truppe regolari ammontante a circa 2,600 uomini – 1.200 a cavallo e 1.400 di fanteria – Con queste poche truppe bisognava presidiare tutte le postazioni dello Smoky Hill e dell’Arkansas, scortare le carovane degli emigranti e proteggere gli insediamenti, le vie di comunicazione e i gruppi impegnati nella costruzione della ferrovia Kansas – Pacific. Poi, ancora, queste stesse truppe dovevano fornire piccole colonne mobili sul campo, sempre pronte all’azione. Si può agevolmente arguire che ogni uomo disponibile risultava occupato dalla metà di agosto fino a novembre; specialmente in questo lasso di tempo gli ostili attaccarono oltre 40 postazioni disperse in lungo e in largo, in quasi tutti i casi rubando cavalli, incendiando abitazioni e uccidendo coloni.»
— Maggiore Generale Phillip H. Sheridan Leggi il resto

I cacciatori di bisonti e la fine delle grandi mandrie

A cura di Sergio Mura

Cacciatori di bufali in azione
Non vi è tragedia che non venga ricordata con una frase, un gesto o un’immagine che in qualche modo ne sintetizzi lo spirito sciagurato.
E così, anche per la caccia al bisonte – iniziata come semplice necessità di uomini di frontiera, indiani o bianchi, e poi terminata con il quasi totale sterminio di quegli animali e la fine della vita libera delle tribù indiane – vogliamo partire con una frase:
“Lasciate che li uccidano, li scuoino e li vendano fino allo sterminio del bufalo, in quanto questo è l’unico modo per portare una pace duratura e consentire alla civiltà di avanzare”. Generale Philip Sheridan Leggi il resto

Le guerre Sioux – 11

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate dell’articolo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16.

Mappa 14. Il piano della Campagna di Sheridan
Nel 1876 l’esercito della Frontiera aveva accumulato anni d’esperienza nelle Grandi Pianure americane. Tuttavia la maggiore esperienza nella guerra offensiva era stata acquisita dall’esercito nelle Pianure Meridionali contro Cheyenne, Comanche e Kiowa. Il generale Sheridan aveva orchestrato con successo due grandi campagne nelle pianure del sud, la Guerra delle Pianure Meridionali (1868-69) e la Guerra del fiume Rosso (1874). Nella prima Sheridan condusse una coraggiosa campagna invernale. Leggi il resto

Philip Sheridan: “L’unico indiano buono…”

Il Generale Philip Sheridan davanti alla sua tenda con lo staff
Il Generale Philip Sheridan giocò un ruolo di assoluto primo piano nella lunga guerra dell’esercito americano contro gli indiani delle pianure, ottenendo di costringerli dentro le riserve con la tattica della “guerra totale”.
Sheridan nacque ad Albany, nello stato di New York, nel 1831, ma crebbe nell’Ohio.
Frequentò l’accademia militare a West Point dove si diplomò quasi ultimo della sua classe dopo un anno di sospensione inflittogli perché aveva aggredito un compagno di corso con la baionetta durante un acceso litigio. Come molti altri generali resi famosi dalle guerre indiane, anche Sheridan si fece le ossa nel corso della guerra civile. Da oscuro Tenente in servizio nell’Oregon, raggiunse il comando della cavalleria dell’unione a guerra civile ormai conclusa. Leggi il resto

Il Generale William T. Sherman


Il temutissimo Generale Sherman
Il Generale Sherman, famoso come tattico durante la guerra civile americana, trasferì i suoi modi di operare nel West dove alla fine ottenne di soggiogare tutte le tribù native delle pianure.
Sherman nacque nell’Ohio nel 1820 e gli fu dato come secondo nome Tecumseh, in onore del capo indiano che nella prima decade del XIX secolo tentò invano di coalizzare le tribù della valle del fiume Ohio contro le frequenti intrusioni dell’uomo bianco nelle loro terre.
Quando suo padre morì nel 1829, crebbe con un amico di famiglia. Leggi il resto

La battaglia di Beecher Island

A cura di Domenico Rizzi

L’idea di costituire una forza mobile per contrastare le frequenti incursioni degli Indiani delle Pianure Centrali degli Stati Uniti era venuta al generale Philip Henry Sheridan, comandante del Dipartimento Militare del Missouri.
Dopo la fine della Guerra Civile (1861-65) ad ovest del Mississippi imperversavano bande di Lakota-Sioux, Cheyenne, Kiowa, Arapaho e Comanche, assalendo carovane, diligenze, convogli ferroviari, fattorie e centri abitati.
La dura repressione attuata a Sand Creek dai Volontari del Colorado nel 1864, per iniziativa del colonnello John M. Chivington, aveva provocato una forte reazione da parte degli indiani. Una serie di razzie fu portata a segno in tutto il territorio compreso fra il fiume Platte (Nebraska) e la frontiera settentrionale del Texas, con numerose vittime civili e militari.
Anche al nord, nelle regioni del Wyoming e del Montana, l’esercito aveva subito un brutto e durissimo colpo con il massacro dell’intera colonna del capitano William J. Fetterman, caduto il 21 dicembre 1866 con tutti i suoi 80 uomini in un’imboscata dei Sioux di Nuvola Rossa. Leggi il resto

La questione indiana (“L’unico indiano buono…”)

A cura di Rino Albertarelli

Il detto che intitola questa rapida scorsa della questione indiana negli Stati Uniti (dalle origini alla strage di Ash Hollow) è stato attribuito gratuitamente al generale Philip Sheridan.
Certo gli somiglia nella grinta, ma quando il terribile “Piccolo Phil” cominciò a far soffrire i nativi, questa frase era già nota sulla Frontiera; forse risaliva addirittura ai Puritani nel XVII Secolo, perché tra questi e gli indiani era stato odio quasi a prima vista. Gli Stati Uniti avevano ereditato il problema indiano dai governi coloniali.
In che consisteva? Molto semplice: gli indiani esistevano e non si sapeva cosa farne.
Per gli spagnoli e I francesi essi avevano rappresentato una ricchezza viva: quella della forza lavoro, che sarebbe stato sciocco non utilizzare o distruggere. Leggi il resto