Tom Horn, un killer d’eccezione
A cura di Omari Vicari
I grandi allevamenti di bestiame intesi come modo e stile di vita cozzavano con l’idea dell’ordine che piano piano stava prendendo il sopravvento nel west. Era la civiltà che arrivava e il west che se ne andava.
Un mondo antico spazzato via da quello nuovo, un mondo che ha fatto sognare milioni di persone perché in quel mondo c’erano i nostri sogni e i nostri eroi.
Tom Horn in un raro ritratto
Ma prima che il sipario calasse per sempre sulle vicende dei coloni e dei grandi allevatori, un altro personaggio doveva recitare una parte importante sulle questioni del libero pascolo.
Considerate come erano andate le cose nel 1892, i baroni del bestiame credettero di regolare i conti con i coloni affidandosi a un killer d’eccezione: Tom Horn.
Il suo compito era appunto quello di ripulire il territorio eliminando quelli che, secondo gli allevatori, erano probabili ladri di bestiame.
Nato nel 1860 nel Missouri, Horn si trasferì presto nel west dove nel 1876 si arruolò come esploratore nell’esercito.
In Arizona si trovò fianco a fianco con Al Sieber col quale partecipò alla cattura di Geronimo. Nel 1890 Horn entrò a far parte dell’Agenzia dei Pinkerton e due anni più tardi lo ritroviamo nel Wyoming come agente del pascolo alle dipendenze dei grandi allevatori.
Joe Lefors
In questo lavoro Horn dimostrò tutto il suo talento, se così possiamo dire. Era capace di seguire gli spostamenti della sua vittima per giorni e giorni, studiare le sue mosse e al momento opportuno colpirla. La sua “parcella” era molto alta e ciò che guadagnava lo spendeva nei bordelli o nei saloon di Cheyenne o di Denver dove regolarmente si ubriacava.
Nel 1898 Horn partecipò alla guerra contro la Spagna, ma nel 1901 tornò nel Wyoming a lavorare per i grandi allevatori. Uno di questi, John Coble, lo chiamò per la solita questione dei furti di bestiame. Horn cominciò il suo paziente lavoro fatto di appostamenti e controlli sui vicini di Coble.
Nel suo girovagare per le fattorie vicine, Horn ebbe l’occasione di conoscere la maestra del luogo, Glendolene Kimmel la cui casa confinava con la fattoria di un certo Victor Miller.
Questi aveva dei conti in sospeso col proprio vicino Kels Nickell per una questione di confine tra le due proprietà. Nickell arrivò a ferire Miller con un coltello e questi nel tentativo di difendersi fece partire un colpo di fucile che accidentalmente uccise uno dei propri figli.
Edwin J. Smalley e John Coble
Disperato, Miller cercò l’appoggio di Tom Horn. La sfortuna di Nickell fu che, oltre a essere nel mirino di Horn, lo era anche in quello di John Coble perché sospettato di furto di bestiame.
La collera di Coble equivaleva all’intervento di Horn il cui obiettivo era semplicemente quello di stendere la vittima di turno.
Il 18 luglio 1901 due colpi di fucile spezzavano la vita di un ragazzo quattordicenne, Willie Nickell, e subito Horn e Milller vennero sospettati dell’omicidio. Le indagini comunque non portarono a nulla di concreto sino a quando non comparve sulla scena lo sceriffo Joe Lefors.
Costui conosceva molto bene Horn e, sebbene lo stimasse, aveva in mente l’idea che Horn avesse ucciso il ragazzo accidentalmente, senza che lo volesse, visto che al momento dell’uccisione Willie Nickell indossava il cappello e il pastrano del padre.
Tom Horn
Lefors cominciò a seguire Horn in tutti i bordelli del Wyoming finché lo trovò completamente ubriaco in un saloon di Denver nel Colorado. Approfittando dello stato confusionale di Horn, Lefors riuscì a strappargli una specie di confessione sull’omicidio di Willie Nickell, in base alla quale Horn fu arrestato il giorno dopo.
John Coble ed altri allevatori vennero in aiuto di Horn assicurandogli l’assistenza dei migliori avvocati del west. Il processo che iniziò a Cheyenne il 12 ottobre 1903, si protrasse per un paio di settimane e terminò col verdetto di colpevolezza da parte della giuria.
Horn rise del verdetto perché in cuor suo contava sull’appoggio dei suoi amici allevatori. In carcere si dimostrò un uomo tranquillo, passava il tempo a scrivere le sue memorie e a intrecciare crini di cavallo tanto era la sicurezza che qualcuno, in alto, avrebbe risolto la sua questione.
La data dell’impiccagione, fissata per il 20 novembre 1903, si avvicinava comunque a grandi passi e allora Horn, vista la situazione stagnante, decise di evadere a ogni costo.
La fuga durò lo spazio di un quarto d’ora perché senza cavallo venne subito raggiunto e riportato in cella.
La notizia dell’impiccaggione di Tom Horn – clicca per INGRANDIRE
Il 19 novembre, nella notte, qualcuno scrisse due parole sulla neve fresca sotto la finestra della cella: “Stai tranquillo!”. Qualche ora dopo Tom Horn era effettivamente tranquillo per sempre in quanto fu impiccato in perfetto orario alle ore otto del mattino.
Horn era da poco un cadavere fresco e già da più parti correvano voci di una sua fuga, che un altro era stato impiccato al posto suo.
Era la leggenda che nasceva e si sostituiva alla realtà.