Le guerre Sioux – 11

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate dell’articolo: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16.

Mappa 14. Il piano della Campagna di Sheridan
Nel 1876 l’esercito della Frontiera aveva accumulato anni d’esperienza nelle Grandi Pianure americane. Tuttavia la maggiore esperienza nella guerra offensiva era stata acquisita dall’esercito nelle Pianure Meridionali contro Cheyenne, Comanche e Kiowa. Il generale Sheridan aveva orchestrato con successo due grandi campagne nelle pianure del sud, la Guerra delle Pianure Meridionali (1868-69) e la Guerra del fiume Rosso (1874). Nella prima Sheridan condusse una coraggiosa campagna invernale.
Riconoscendo che le tribù indiane nomadi, fortemente portate alla mobilità, erano molto difficili da intercettare e considerando che l’inverno avrebbe indebolito i cavalli indiani, che dipendevano dalla crescita dell’erba, egli riteneva che, con i suoi cavalli nutriti a grano avrebbe potuto fermarle più facilmente. La Guerra delle Pianure Meridionali era stata un successo della strategia. Nella campagna, Sheridan aveva lanciato tre colonne convergenti verso quello che è oggi l’Oklahoma occidentale, con disposizioni di mettere in atto una tecnica di guerra totale, nella quale gli obiettivi erano interi villaggi che dovevano essere distrutti. La tattica prevedeva che, anche se una colonna in avanzata non avesse ingaggiato combattimento contro Indiani ostili, li avrebbe almeno spinti contro le altre colonne. I suoi comandanti di campo riuscirono a sorprendere e a sopraffare i villaggi indiani nei tre più significativi scontri della guerra: Washita (novembre 1868), Soldier Springs (dicembre 1868) e Summit Springs (luglio 1869).
La distruzione di questi tre villaggi fu una perdita enorme per le tribù delle Pianure Meridionali; esse non poterono più contare sulla vastità del territorio e le condizioni invernali per proteggersi dai soldati. Molte tribù riconobbero l’inutilità della lotta e si rassegnarono con riluttanza alla vita delle riserve e per qualche anno si instaurò una pace temporanea.


Carica di Custer a un campo indiano – stampa di J. E. Taylor

Per Sheridan la successiva opportunità di coordinare un’azione contro gli Indiani delle Pianure arrivò nel 1874, quando Cheyenne, Comanche e Kiowa, infuriati dal massacro di migliaia di bisonti e dal mancato arrivo delle forniture annuali previste dai trattati, cominciarono a lanciare una serie di accaniti attacchi in tutto il cosiddetto Texas Panhandle. Sheridan decise di punire gli incursori e diede ordine che cinque colonne dell’esercito marciassero nel Texas occidentale. Nella campagna che seguì l’esercito sostenne qualcosa come 20 scontri armati con gli Indiani delle Pianure meridionali. Per la maggior parte si trattò di scaramucce di poco conto, ma tre battaglie più importanti coinvolsero ancora dei villaggi indiani. Nelle battaglie del Fiume Rosso (30 agosto 1874) e del Sweetwater Creek (12 settembre 1874) le azioni di retroguardia dei guerrieri riuscirono a tenere a bada le unità dell’esercito abbastanza a lungo perché le loro famiglie riuscissero a portare in salvo la maggior parte dell’equipaggiamento da campo. Poi, a fine settembre, il 4° Cavalleria del colonnello Ranald S. Mackenzie riprese l’inseguimento. Nella sua ostinata azione di caccia agli Indiani, egli invase due villaggi abbandonati in tutta fretta e bruciò più di 500 tende. Più tardi, nella battaglia di Palo Duro Canyon (28 settembre 1874), egli localizzò cinque villaggi indiani nascosti nel canyon e mise in fuga i difensori con un attacco di sorpresa all’alba. I soldati distrussero tutte le tende dei villaggi e massacrarono più di 1.000 cavalli. Alla fine l’avanzare dell’inverno pose fine alle operazioni di offensiva.
In ogni caso, i molti mesi di operazioni militari, e specialmente la distruzione di un così elevato numero di cavalli e di tende, si dimostrò molto pesante da sopportare per gli Indiani. La campagna obbligò le tribù delle Pianure meridionali ad abbandonare il loro stile di vita nomade e ad accettare la vita delle riserve.
Sheridan aveva convalidato la sua strategia delle colonne convergenti. A livello tattico, i comandanti subordinati di Sheridan (maggiore Andrew Evans del 3° Cavalleria; colonnello Ranald S. Mackenzie del 4° Cavalleria; maggiore Eugene A. Carr del 5° Cavalleria; colonnello Nelson A. Miles del 5° Fanteria e tenente colonnello George A. Custer del 7° Cavalleria) avevano realizzato una formula di successo per i campi di battaglia: implacabile inseguimento, attacco in contemporanea da diverse direzioni per confondere e spaventare il nemico, linea di fuoco ordinata e disciplinata per tenere a bada il fuoco confusionario dei guerrieri e azione sempre all’offensiva per mantenere l’iniziativa.
Sheridan intendeva applicare totalmente la stessa tecnica usata nella conquista delle Pianure meridionali contro i Sioux delle Pianure del nord. Da quell’esperienza, Sheridan e il gruppo di ufficiali militari professionisti che egli comandava partivano da certi presupposti che ritenevano fossero fondamentali verità nel combattere gli Indiani. Primo, essi erano convinti che gli Indiani non avrebbero combattuto contro forze organizzate: in ogni situazione in cui le forze statunitensi si scontravano con gli Indiani – non importava il numero dei combattenti dei campi opposti – gli Indiani abbandonavano il campo. Una seconda convinzione era che gli Indiani non avrebbero mai cercato la battaglia contro le truppe americane, a meno che i soldati non si trovassero in prossimità del loro villaggi. Infine, gli ufficiali erano convinti che anche la scarsa resistenza di solito opposta dagli Indiani sarebbe stata ulteriormente di molto ridotta in inverno, quando gli Indiani sopravvivevano a fatica. Sul fondamento di queste assunzioni, Sheridan preparò il suo piano per la campagna militare.


La statua del generale Sheridan a Washington D. C.

Sheridan diede istruzioni a Terry e al brigadiere generale George Crook, comandante del Dipartimento del Platte, di trovare e sconfiggere gli Indiani. Le comunicazioni di Sheridan ai suoi ufficiali indicavano chiaramente che egli intendeva condurre la campagna in inverno, cogliendo gli Indiani nelle loro condizioni peggiori. Sfortunatamente gli ordini a questi comandanti di dipartimento di pari grado non specificavano chi dovesse essere il comandante in capo dell’operazione, e nemmeno specificavano istruzioni coordinate tra i due. Le stesse parole di Sheridan nel suo rapporto annuale dimostrano la scarsa attenzione che gli dedicò al coordinamento: «Il generale Terry venne ulteriormente informato che l’operazione militare sua e del generale Crook sarebbe stata effettuata senza concertazione, poiché i villaggi indiani sono rimovibili e nessun obiettivo potrebbe essere fissato a priori, ma che, se essi fossero addivenuti a un qualche accordo su movimenti concertati, il quartier generale non avrebbe mosso alcuna obiezione.» Ci fu una conseguenza pratica alle vaghe istruzioni di Sheridan. Terry diede istruzioni al colonnello John Gibbon, il suo subordinato comandante il distretto del Montana, di radunare tutti i suoi distaccamenti sparpagliati e di mettersi in marcia verso ovest. Terry stesso volle comandare una delle colonne in movimento da est. Ciascuna di queste formazioni doveva seguire il fiume Yellowstone e poi riunirsi alle altre. Nel frattempo Crook avrebbe formato la sua propria colonna e si sarebbe diretto verso nord.


La campagna di Sheridan

Tutti insieme, questi separati piani operativi costituivano ciò che comunemente viene designato come il piano di campagna di Sheridan ed invero questi piani fluirono secondo quanto programmato. Tuttavia il movimento finale a tenaglia non venne mai specificato in nessuna diramazione degli ordini. La noncuranza di Sheridan per il coordinamento fra le colonne separate rivela il suo disprezzo per le capacità combattive dei Sioux. Era un disprezzo che avrebbe condotto alle inefficaci operazioni militari tra l’inverno e l’estate del 1876.

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