John Martin alias John Martin

A cura di Raffaele Di Stasio

Il luogo di origine del trombettiere di Custer a Little Bighorn, l’immigrato italiano noto come Giovanni Martini, ma per la storia John Martin, “l’ultimo bianco ad aver visto il generale vivo”, è stato a lungo conteso tra vari comuni e città: Sala Consilina in Campania, Apricale in Liguria, Roma; né è mancato chi pensò ad origini inglesi. Al di là delle fonti dubbie, che sono risultate alla fine errate – come quella ligure, relativa soprattutto a un Giovanni Battista Martini del 1847, anch’egli, al pari del vero John Martin, con esperienze garibaldine alle spalle, o come quella inglese, relativa a un John Albert Martin del 1849, anch’egli emigrato e arruolato nella cavalleria americana, e forse presente sullo scenario della guerra indiana che portò alla battaglia di Little Bighorn, tuttavia inquadrato nel Quinto Cavalleria e non nel Settimo –, al di là delle fonti dubbie, dicevo, in passato la difficoltà di identificare il luogo di origine di John Martin era probabilmente dovuta a due ragioni.


Giuramento di arruolamento e fedeltà” riportato da Stefanon nel suo saggio (p. 430)

La prima è che John Martin, forse per la sua condizione di orfano di origini rurali emigrato in America, non diede mai troppa importanza all’esattezza dei dati anagrafici, il che lo portò più volte ad affermare di essere nato, sì a Sala Consilina (cosa esatta), ma nel 1853 (cosa errata); la seconda è il fatto che nell’ultimo periodo di vita la sua memoria iniziò a vacillare, il che gli fece dichiarare, in un’intervista rilasciata nell’agosto del 1922, di essere nato addirittura a Roma nel 1851.
Senza contare poi le difficoltà iniziali dei ricercatori italiani nel reperire gli stessi documenti anagrafici relativi al nome Giovanni Martini. Non a caso, le prime ricerche effettuate a Sala Consilina nelle parrocchie e negli uffici anagrafici non portarono a niente, anzi si vide che Martini non era certo un cognome comune in quei luoghi. Stesso discorso per le ricerche condot-te sugli atti anagrafici degli archivi vaticani: nessun Giovanni Martini nato a Roma tra il 1851 e il 1853. Quel che si sapeva di certo è che nel “Giuramento di arruolamento e fedeltà” del primo giugno 1874, John Martin dichiara di essere nato a Sala Consilina e di avere 22 anni. L’anno di nascita doveva quindi essere il 1852, e non, come egli stesso altre volte avrebbe affermato, il 1853. Ma documenti decisivi a disposizione degli studiosi non ce n’erano, così non si poteva che registrare l’impasse, come fece Gualtiero Stefanon nel suo saggio Uomini bianchi contro uomini rossi 1830-1890 (Mursia, Milano 1985-1987, pp. 291-292). Certo, i motivi per alimentare l’ipotesi delle origini liguri non mancavano: in un’intervista del 1906, per il 30° anniversario di Little Bighorn, venne riportato quale luogo di origine di John Martin Sala Consilina, ma con data di nascita 1847, come quella del Giovanni Battista Martini di Apricale; inoltre, Martini era un cognome molto più diffuso nelle regioni settentrionali che non in quelle meridionali. C’è da aggiungere, tuttavia, che da giovane John Martin poteva pure sbagliarsi sull’anno esatto di nascita, ma che si fosse inventato, al momento dell’arruolamento, Sala Consilina quale luogo di origine invece di Apricale sarebbe stato quanto meno curioso, se non proprio inverosimile; tanto più che, anche in tutti i documenti militari relativi alle successive ferme quinquennali, il luogo di origine indicato sarebbe stato ancora e sempre Sala Consilina.
Sul finire degli anni novanta del secolo scorso le nuove ricerche effettuate da due ricercatori salesi, Giuseppe Colitti e Michele Esposito, nelle parrocchie e negli uffici anagrafici di Sala Consilina non produssero alcun risultato, come già in passato; ma allo stesso tempo, in uno speciale registro dei bambini abbandonati, fu da loro stessi trovato l’atto di esposizione, datato 28 gennaio 1852, di un bambino projetto poi battezzato col nome di Giovan Crisostimo Martino.
Dal documento si ricava che il bambino, di circa un mese, abbandonato per necessità dalla madre naturale nella ruota degli esposti, fu portato in Comune dalla ricevitrice dei projetti Maria D’Amelio e affidato dal sindaco Fedele Alliegro alla balia Mariantonia di Gregorio, moglie di tale Francesco Bot-ta. La data reale di nascita del bambino poteva dunque essere compresa tra fine dicembre 1851 e inizio gennaio 1852; non si poteva escludere nemmeno novembre 1851, poiché in quel mese ricorre San Martino, da cui il cognome assegnato a Giovan Crisostimo, cognome anch’esso poco comune in quelle zone. Ma poco importava, a quel punto, conoscere il giorno esatto, da quel momento in avanti (per chi avesse avuto modo di reperirlo) sarebbe valso il giorno registrato sul certificato: 28 gennaio 1852.
All’età di 8 anni, nel 1860, il piccolo Giovanni poté vedere nel suo paese il passaggio di Garibaldi e delle camice rosse che risalivano la penisola verso Napoli. L’emozione impressa nell’animo da quell’evento dovette essere tale che appena possibile, all’età di 14 anni, nel 1866, Giovanni Martino pare abbia lasciato Sala per unirsi alle truppe garibaldine, tra le cui fila ha forse servito come tamburino. È da sottolineare, però, che a causa della scarsa documentazione a riguardo, è difficile ricavare notizie precise su quel periodo della sua vita, le cui informazioni provengono in sostanza dallo stesso Martino.
Dopo la scoperta del certificato di nascita, un altro ricercatore salese, Pasquale Petrocelli, scoprì nei registri anagrafici di Sala un’appendice datata ottobre 1872, dove ricorreva una trascrizione notarile relativa a un contadino cinquantenne di nome Giuseppe Maria Perrone, il quale riconosceva Giovan Crisostimo Martino quale suo figlio legittimo. Dunque, all’età di 20 anni, cioè appunto nel 1872, Giovanni Martino aveva incontrato il padre naturale. Il riconoscimento legittimo permise a Giovanni di evitare il servizio militare obbligatorio, la cui domanda di esenzione gli fu accettata in quanto “figlio unico di padre vivente riconosciuto con atto legale”, consentendogli così di emigrare. Bisogna dire pure che l’incontro col padre naturale forse non entusiasmò il giovane, in quanto Giovanni non ha mai adottato il cognome Perrone, ha invece sempre indicato Francesco e Mariantonia (o Maria) Botta (o Botto) quali suoi genitori adottivi. Ad ogni modo, di lì a qualche mese, nel marzo 1873, Giovanni Martino s’imbarca per gli Stati Uniti.


Le due pagine del certificato di nascita

Sulla lista dei passeggeri imbarcati sulla SS Tyrian, della Anchor Line di Glasgow, partita da Napoli nel marzo 1873 e arrivata dopo circa un mese a New York, risulta appunto il nome di Giovanni Martino, di anni 21. Il viaggio durò tanto a causa delle soste obbligate a Marsiglia e a Glasgow. Lo sbarco avvenne nella zona bassa di Manhattan, a Castle Garden (oggi chiamato Ca-stle Clinton), che allora fungeva da centro di smistamento per gli immigrati.
Giunto in America, Giovanni americanizzò il nome in John Martin e i primi tempi tirò avanti con diversi lavoretti. Ma nel settembre 1873 scoppiò la grande crisi economica e probabilmente Martin non vide altra strada che arruolarsi nell’esercito. Arruolato dal primo giugno 1874, fu as-segnato come trombettiere alla Compagnia H del Settimo Cavalleria e partecipò, in quello stesso anno, alla spedizione nelle Black Hills guidata da Custer, il cui obiettivo era quello di trovare conferme della presenza di oro nel Territorio del Dakota. Da lì allo scontro con i Sioux e alla battaglia di Little Bighorn la storia è nota: il 25 giugno 1876 John Martin ebbe salva la vita in quanto fu incaricato di portare il messaggio di Custer che chiedeva rinforzi e munizioni agli altri squadroni del Settimo.
L’anno dopo, nel 1877, tra le fila del Settimo Cavalleria ricostituito, partecipò anche alla batta-glia di Canyon Creek (13 settembre) contro i Nez Percé di Capo Giuseppe. Nei primi mesi del 1879 Martin si recò a Chicago, per testimoniare davanti alla Corte d’Inchiesta relativa ai fatti di Little Bighorn. Poi, sempre nel 1879, dopo essere stato congedato con onore per fine ferma, Mar-tin si riarruolò e fu assegnato a un reparto di Artiglieria di stanza a Fort McHenry, vicino Balti-mora, dove portò con sé Julia Higgins, ragazza di origini irlandesi sposata a New York nell’ottobre dello stesso anno, dalla quale avrà otto figli, quattro maschi e quattro femmine.
Negli anni successivi, mentre la vita familiare e la carriera militare proseguivano in relativa se-renità, la sua fama di trombettiere di Custer a Little Bighorn iniziò a crescere, come testimonia un articolo del Baltimore Sun del 4 luglio 1885, in cui si parla di lui quale “unico sopravvissuto al massacro di Custer”. Nel 1898, allo scoppio della guerra ispano-americana, Martin venne traferi-to, prima in Florida, poi, l’anno successivo, a New York, dove, tranne che per un breve periodo in cui era stato inviato a Cuba, restò fino al congedo per limiti di età, conseguito all’inizio del 1904, dopo quasi trent’anni di servizio attivo, col grado di primo sergente maggiore.


La lista passeggeri della SS Tyrian: il nome Giovanni Martino, di anni 21 e ben visibile

Dopo il congedo, Martin tornò con la famiglia a Baltimora, dove gestì un negozio di dolciumi fino al 1906, quando per dissidi con la moglie si trasferì di nuovo a New York e iniziò a lavorare come bigliettaio nella metropolitana. Il dissidio familiare però non fu tale da impedire a John e Julia di farsi periodicamente visita nelle rispettive città, grazie anche ai biglietti ferroviari di favo-re procurati dalla loro figlia maggiore che lavorava appunto in una compagnia ferroviaria. Nulla fa pensare, inoltre, che Martin non abbia ottemperato, per quanto poteva, ai suoi obblighi di cura verso i figli e la moglie. I problemi burocratici che avrà Julia Higgins alla morte di Martin relativi all’assegno pensionistico vedovile saranno facilmente superati, in quanto lei poté dimostrare che tra i due non c’era mai stato divorzio; e tanto meno che il marito era morto vedovo, come pure risulterà dal certificato di morte di John Martin.
Riguardo alle astruserie burocratiche bisogna aggiungere che in uno dei vari censimenti susseguitisi tra il 1880 e il 1920, cioè quello del 1900, il cognome di famiglia sembra essere Martini; sebbene, a guardare il documento, la cosa risulti quanto meno dubbia. In una foto della moglie con alcuni dei loro figli, pubblicata a Baltimora nel 1889, dove Martin era di stanza a Fort McHenry, la didascalia è invece inequivocabile: “Martini’s wife”. La ricorrenza del cognome Martini non deve però stupire, infatti era quello il cognome italiano con cui ci si sarebbe riferiti a John Martin fino alle scoperte dei ricercatori salesi degli anni novanta del secolo scorso; anzi ancora oggi, e forse per sempre, qui da noi comunemente ci si riferisce a John Martin col nome di Giovanni Martini.
Il problema più concreto riguardo alla ricostruzione biografica del nostro era tuttavia costituito dalle affermazioni pubbliche di Martin circa la sua data di nascita, un problema che poi avrebbe contribuito ad alimentare i dubbi su Sala Consilina quale luogo di origine. Una volta consolidata la fama di “sopravvissuto al massacro di Custer” – riferimento usuale per Martin, come si vede, ad esempio, da un articolo uscito sul National Tribune di New York il 16 luglio 1906, in cui si parla della monotonia del suo nuovo lavoro di bigliettaio, il cui guadagno però, unito alla pensione, gli garantiva un discreto vivere –, l’attenzione di giornalisti e studiosi andò sempre più concentrandosi sulla figura di John Martin, sul suo ruolo avuto a Little Bighorn, e non si poté fare a meno di notare le sue affermazioni altalenanti riguardo all’anno di nascita. Prima, nell’intervista rilasciata nel 1906 di cui si è detto sopra, viene infatti riportata come data il 1847; poi, in un’altra intervista del 1908, si riporta l’affermazione dello stesso Martin di essere nato in Italia nel gennaio 1853. D’altra parte, le contraddizioni riscontrate nelle molte interviste degli ultimi anni non riguardano la sola data di nascita; a volte Martin modificava alcuni dettagli sia della vita privata che della battaglia di Little Bighorn, e ciò era forse dovuto anche alla maggiore padronanza della lingua che andava acquisendo con l’età, malgrado, per contrappasso, la memoria iniziasse a indebolirsi.
Quel che è certo è che John Martin non dimenticò mai l’esperienza delle guerre indiane e andò sempre fiero del suo trascorso militare nel Settimo Cavalleria: partecipava alle commemorazioni per Little Bighorn, dove i compagni veterani lo chiamavano affettuosamente “Bugler” Martin, oppure raccontava agli scolari che andavano a visitarlo il resoconto della battaglia. Apparve anche come ospite d’onore allo spettacolo teatrale “Custer’s Last Fight”, tenutosi all’American Thea-tre il primo maggio 1907 (tra l’altro, Martin guadagnava qualche soldo extra proprio partecipando a produzioni teatrali, dove tra uno spettacolo e l’altro intratteneva il pubblico suonando la tromba o raccontando storie di guerra). Ed ebbe sempre piacere di essere intervistato sui fatti del 25 giugno 1876, consentendo all’intervistatore di turno, se lo richiedeva, di verificare i suoi ricordi sul diario dettagliato che aveva tenuto durante tutti i suoi anni di servizio militare. Col crescere della popolarità, Martin riuscì infine a cambiare impiego, entrando nel cantiere navale di New York, il Brooklyn Navy Yard, dove trascorse il suo ultimo periodo lavorativo.


La foto, datata 1889, della moglie di John Martin, Julia Higgins, con alcuni dei loro figli


Il documento relativo al censimento del 1900: il nome ricorre al rigo 19

Il 18 dicembre 1922, mentre attraversava la strada nei pressi della sua abitazione, Martin fu investito da un camion che trasportava birra, e fu ricoverato al Cumberland Hospital di Brooklyn. Nei primi tre giorni di ricovero si fece aiutare a preparare alcuni documenti destinati alla moglie, probabilmente delle disposizioni testamentarie, che poi però non riuscì a firmare. In seguito a una grave complicazione bronco-polmonare entrò in coma e dopo altri tre giorni, la mattina del 24 dicembre, John Martin morì.
Sul certificato di morte, oltre allo stato civile errato, “widowed”, si legge chiaramente il nome della madre: Maria Botto, cioè a dire Mariantonia di Gregorio, moglie di francesco Botta, la ma-dre adottiva di Giovanni Martino.
John Martin fu sepolto a Brooklyn, nel cimitero nazionale di Cypress Hills (tomba n. 8865). Sulla sua lapide vi era scritto semplicemente: “John Martin Italy Sgt 90 Coast Artillery December 24 1922” (“John Martin, Italia, sergente, 90° Artiglieria Costiera, 24 dicembre 1922”). Forse un po’ troppo semplicemente.
Diversi studiosi, anche storici importanti, hanno contribuito negli anni a mantenere viva la sua storia, grazie anche all’interesse intramontabile per Custer e Little Bighorn, finché un giorno Don Horn, della Little Big Horn Associates, una delle varie associazioni che promuovono sempre nuove ricerche sulla battaglia, portando spesso a studi più dettagliati sulle persone coinvolte, deci-se che per il trombettiere di Custer quella modesta lapide a Cypress Hills non era abbastanza. Con una solenne cerimonia tenutasi l’8 giugno 1991, la vecchia lapide fu sostituita da una nuova, la quale, in misura decisamente più appropriata, reca la seguente iscrizione: “John Martin Sgt. U.S. 7th Cavalry Died Dec. 24. 1922 Carried Gen. Custer’s Last Message Battle of Little Big Horn June 25. 1876” (“John Martin, sergente, 7° Cavalleria degli Stati Uniti, morto il 24 dicembre 1922. Portò l’ultimo messaggio del generale Custer nella battaglia di Little Big Horn, il 25 giugno 1876”).


Una foto di John Martin risalente agli ultimi anni, forse agli ultimi mesi

Prima di far incidere la nuova lapide, Don Horn aveva chiesto a un pronipote di Martin ora defunto, Ron Hartman, quale nome avesse voluto, cioè se avesse voluto mantenere il nome americano o se avesse voluto sostituirlo con quello italiano, e Ron rispose che Martin era sempre stato orgoglioso del suo paese di adozione e avrebbe certo voluto sulla sua tomba il nome americano.


La vecchia lapide del 1922


La nuova lapide del 1991

In fondo, non si può immaginare un nome diverso per la tomba dell’uomo che portò l’ultimo messaggio di Custer a Little Bighorn. Anzi, al di là delle benemerite ricerche che hanno sciolto ogni dubbio sulle origini salesi del nostro, mi piace pensare che chiunque ami il respiro libero e selvaggio del vecchio West sa in cuor suo che il vero nome di John Martin era e sarà sempre John Martin, nato alla sua unica e irripetibile vita il 25 giugno 1876, lungo le rive insanguinate del Little Bighorn.


Un momento della cerimonia dell’8 giugno 1991

Riferimenti bibliografici:

  • Gualtiero Stefanon, Uomini bianchi contro uomini rossi 1830-1890, Mursia, Milano 1985-1987;
  • Pasquale Petrocelli, John Martin, un Salese a Little Big Horn, Pro Loco di Sala Consilina, 1999;
  • Leo Solimine, Custer’s Bugler. The Life of John Martin (Giovanni Martino), Universal-Publishers, Boca Raton, Florida, 2012.

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