Le guerre Cheyenne – 2
A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate dell’articolo: 1, 2.
La Guerra di Hancock – Mappa 9. Una pace precaria
“I Cheyenne, gli Arapahoes e i Kiowa si sono radunati sulle Smoky Hills nelle nostre postazioni o nelle vicinanze e sul fiume Arkansas in numero e forza manifestamente al di fuori del controllo dei loro agenti e, con il comportamento e le parole, hanno minacciato di interrompere l’uso di quelle strade alla nostra gente. Questo non può più essere tollerato. Se questo non è stato di guerra, è la cosa che più ci si avvicina e sfocerà nella guerra a meno che non ci si ponga termine.
Quindi vi autorizzo a dare istruzioni ai vostri ufficiali comandanti di avamposto in occasione di casi simili di punire immediatamente; e vi autorizzo ad organizzare, oltre le vostre attuali forze, un numero di armati sufficiente a recarsi tra i cheyenne, gli Arapaho, i Kiowa o simili bande di Indiani per notificare loro che se vogliono la guerra la possono avere subito; ma se declinassero l’offerta, fate loro ben capire che devono fermare la loro insolenza e le minacce, rendendo la loro condotta più adeguata a ciò che noi riteniamo giusto.”
– Tenente Generale William Tecumseh Sherman.
Il resto del 1865 il 1866 videro una pace relativa nelle Pianure Meridionali. La diminuzione delle ostilità non fu dovuta tanto al Trattato del Little Arkansas, quanto al fatto che la sete di rivincita dei Cheyenne si era raffreddata e i guerrieri erano tornati alle quotidiane attività di sopravvivenza delle Pianure. Sfortunatamente la pace era instabile e fragile. Molte bande Cheyenne disattendevano il trattato, asserendo che non avrebbero mai ceduto la terra fra il Platte e l’Arkansas. In massima parte il traffico scorreva senza molestie lungo la pista del Platte e la Santa Fe Trail. Tuttavia i Cheyenne molestavano le comunicazioni sulla strada di Smoky Hill verso Denver. Il problema maggiore per i Cheyenne era il costante movimento verso ovest degli insediamenti del Kansas nelle valli dei fiumi Republican, Saline e Solomon, nel nord della zona centrale del Kansas.
Quei Cheyenne che avevano preso parte ai negoziati e agli accordi del trattato vedevano gli sconfinamenti dei coloni come una violazione del trattato stesso. Essi non capivano che la loro firma sul trattato in pratica significava la cessione da parte loro del controllo del territorio e non si rendevano conto che il loro diritto a spostarsi in quei luoghi era solamente temporaneo e sarebbe terminato quando gli insediamenti bianchi avessero assunto il controllo della regione.
Le bande dei Dog Soldiers Cheyenne avevano scantonato le riunioni sul Little Arkansas e rifiutavano ogni concessione. Rifiutavano tutti i tentativi atti a provocare la cessione dei loro territori di caccia lungo la pista di Smoky Hill.
William Tecumseh Sherman
Wynkoop, l’agente indiano speciale tra i Cheyenne, incontrò i Dog Soldiers e tentò di evitare una nuova guerra.
Wynkoop ottenne qualche successo, ma di nuovo vi furono dei significativi fraintendimenti di tipo culturale. Wynkoop erroneamente credeva di aver assicurato la pace e di aver convinto i Dog Soldiers a cessare gli attacchi lungo la pista di Smoky Hill. Costoro, d’altra parte, avevano concordato di fermare gli attacchi sulla pista del Platte, ma pensavano erroneamente che il governo avesse garantito, e avrebbe protetto, i loro diritti sulla valle di Smoky Hill e avrebbe fermato le intrusioni dei coloni nella loro terra.
Un’altra minaccia alla pace nelle Pianure Meridionali fu il deteriorarsi della situazione nelle Pianure Settentrionali. Nuvola Rossa, un influente capo Oglala Sioux, si era opposto fermamente all’apertura della pista di Bozeman, che attraversava il cuore dei territori di caccia Sioux non in riserva, nel Territorio del Wyoming. A metà del 1866, dopo che l’esercito degli Stati Uniti ebbe costruito tre forti per proteggere il commercio lungo la pista Bozeman, Nuvola Rossa convinse una grande coalizione Sioux a muovere guerra. Ma la cultura Sioux era molto simile a quella Cheyenne e Nuvola Rossa non aveva l’autorità assoluta su tutti i Sioux Oglala. Molti di loro scelsero di non partecipare alla guerra. Una banda di Oglala del sud aveva stretti rapporti con i Cheyenne e si spostava normalmente lungo il corso dei fiumi Platte e Republican. Per qualche ragione questa banda quell’anno si spinse molto più a sud del solito. Forse era per evitare il conflitto di Nuvola Rossa lungo la pista Bozeman o, più probabilmente, per seguire il movimento nomade dei bisonti. Indipendentemente dal motivo, l’arrivo della banda Oglala nelle Pianure del Sud ingenerò il timore che i Sioux stessero cercando di organizzare un’alleanza con le tribù meridionali per istigare un sollevamento generale indiano nelle Pianure, sia Meridionali che Settentrionali.
Poi, in dicembre, la coalizione Indiana di Nuvola rossa, con un’imboscata ben orchestrata, distrusse un distaccamento dell’esercito di 80 uomini comandato dal capitano William J. Fetterman. Questa disastrosa disfatta nelle Pianure Settentrionali mise l’esercito in grande agitazione e ingenerò ulteriormente il timore che fosse imminente una più grande sollevazione delle tribù nelle Pianure Meridionali.
Nel bel mezzo di questa situazione problematica, un nuovo comandante assunse la responsabilità per il territorio del Kansas – Colorado, il tenente generale William Tecumseh Sherman, comandante delle divisione militare del Missouri, che, nell’organizzazione militare post Guerra Civile, comprendeva la maggior parte delle Grandi Pianure Americane. Sherman riconosceva che era necessario, per un ufficiale di tempra eccezionale, vincere la sfida nelle Pianure Meridionali. Egli richiese, e alla fine, ottenne, che fosse posto al suo servizio il generale Winfield Scott Hancock, ufficiale di grande competenza e vasta esperienza nel comandare grandi formazioni dell’esercito nella Guerra Civile Americana. Il clima in cui Hancock si venne a trovare era grandemente influenzato dal disastro di Fetterman. I suoi subordinati e i coloni della frontiera nell’area sotto la sua responsabilità erano timorosi del ripresentarsi di una catastrofe simile. I giornali dell’Ovest alimentavano queste paure accusando l’esercito di timidezza e richiedendo vendetta contro gli Indiani. Sherman, come comandante anziano dell’esercito, voleva che nel nord i Sioux fossero puniti e chiedeva libertà d’azione nel sud per costringere i Cheyenne nelle riserve.
Il massacro di Fetterman – dipinto di Kim Douglas Wiggin
Il presidente Ulysses S. Grant respinse i piani di vendetta di Sherman per le Pianure del nord e decise di perseguire una politica di negoziazione e di pace con i Sioux. Nelle Pianure del sud il presidente rivestì Sherman della responsabilità di mantenere la pace. Sherman depositò questo pesante onere sulle spalle di Hancock. Il generale umore anti-indiano sulla frontiera aumentò il carico. Ogni incidente, non importa quanto di poca importanza, veniva gonfiato nelle sue proporzioni. Hancock era assalito da rapporti che indicavano come imminente una generale sollevazione indiana.
Il governatore del Kansas, Samuel Crawford, era persuaso che i Cheyenne e altre tribù si stessero radunando in preparazione di un attacco totale contro gli insediamenti del Kansas. Egli temeva che gli Indiani avrebbero bloccato il procedere della costruzione della Pacific Railroad e chiedeva che Hancock fornisse più truppe per proteggere sia la ferrovia che gli insediamenti. In realtà gli Indiani delle Pianure Meridionali stavano cercando seriamente di evitare il conflitto ed i rapporti inviati ad Hancock contenevano più chiacchere e supposizioni timorose, che credibili relazioni sui fatti. Ciò nonostante, Sherman e Hancock pensavano che nella primavera ormai incombente avrebbero dovuto fronteggiare una seria rivolta indiana. Per cui Sherman ordinò ad Hancock di guidare una spedizione che mostrasse il potere dell’esercito americano nell’intimidire gli Indiani ed obbligarli a rimanere in pace. Sherman voleva che alle tribù delle Pianure del sud arrivasse un forte messaggio. Tuttavia lo spettro del massacro di Chivington a Sand Creek tormentava Sherman e, in un comunicato ad Hancock, egli stabiliva: «Io non ho paura che voi, o qualunque altro ufficiale vostro sottoposto, ucciderà o farà danno a gente inerme di ogni razza e tipo, è un caso che non voglio nemmeno prendere in considerazione.» Alla fine Hancock raccolse dai suoi reparti una forza di 1.400 uomini, fra cavalieri, fanti e artiglieri. Il 27 marzo 1867 lasciò Fort Riley, diretto a Fort Harker, sul fiume Smoky Hill, designato come punto di concentrazione delle forze. La maggior parte delle unità facenti parte della spedizione arrivarono a Fort Harker il 1 aprile. La colonna di Hancock comprendeva sette compagnie del 37° Fanteria, comandate dal capitano John Rziha, otto compagnie del 7° Cavalleria (appena ricostituito), sotto il comando del colonnello A. J. Smith, una batteria del 4° Artiglieria, comandata dal capitano Charles Parsons ed alcune guide Delaware. Accompagnavano la spedizione anche alcuni scout bianchi, fra cui il famoso “Wild Bill” Hickock.
Hancock aveva chiesto di partecipare alla spedizione anche a Leavenworth (agente indiano per i Kiowa e i Comanche) e a Wynkoop (agente indiano per i Cheyenne e gli Arapaho). Hancock aveva pianificato di visitare le tribù di cui Leavenworth e Wynkoop erano responsabili e chiese agli agenti indiani di informare le tribù della sua intenzione di avere colloqui con loro.
A Fort Harker, Hancock emanò un ordine generale, che stabiliva:
«E’ incerto se il risultato della spedizione sarà la guerra o meno; questo dipenderà dall’umore e dal comportamento degli Indiani con cui noi potremo venire in contatto. Noi andiamo preparati per la guerra, e la faremo, se si presenterà l’occasione propizia. Ci sarà la guerra se gli Indiani non saranno ben disposti nei nostri confronti. Se si dimostreranno favorevoli alla pace e non c’è spazio sufficiente per una punizione, ci asterremo dal punirli per le passate lamentele che si sono registrate nei loro confronti; queste questioni sono state lasciate alla competenza del Dipartimento Indiano per un aggiustamento. Non saranno tollerate insolenze da parte delle bande indiane che potremo incontrare. Noi vogliamo mostrare loro che il governo è pronto ed in grado di punirli se dimostrano ostilità, anche se ciò non comportasse apertamente atti di guerra.»
Il generale Winfield Scott Hancock
La colonna di Hancock partì da Fort Harker il 3 aprile 1867. Con la colonna marciava il tenente colonnello George Armstrong Custer. Anche se al comando del 7° Cavalleria c’era l’anziano Smith, questi delegò la maggior parte della responsabilità a Custer, suo secondo nel comando. Per Hancock, eroe di Gettysburg, e Custer, giovane ufficiale della Guerra Civile, si trattava della prima campagna contro gli Indiani delle Pianure. Le truppe arrivarono a Fort Larned il 7 aprile.
«Io sono stato autorizzato a recarmi tra Cheyenne, Arapaho, Kiowa, Apache e Comanche, entro i limiti di questo Dipartimento, per mostrare loro un dispiegamento di forze, per notificare che se desiderano la guerra potranno averla e per spiegare loro chiaramente che d’ora in poi dovranno tenersi a distanza dalle vie di comunicazione, ferrovie e altre strade; e che tutti i saccheggi e le molestie ai viaggiatori devono cessare seduta stante. Sono anche stato incaricato di arrestare ogni autore di atti offensivi, appartenente alle tribù sopra nominate, che i loro agenti dovessero segnalare come colpevole di infrazioni contro la legge; e anche di spiegare agli Indiani e imprimere nella loro mente il fatto che ogni minaccia alle nostre postazioni militari da parte loro, sia verbale, sia tramite messaggi o in altri modi, deve immediatamente cessare oppure scoppierà la guerra.»
Firmato Maggiore Generale Winfield Scott Hancock
Mappa 10. Fallimento nella conoscenza culturale
«L’Indiano è un uomo in tutti i significati della parola; e, come la maggior parte degli altri uomini, ha la sua dote di ragione, orgoglio e ambizione. E come deve essere stato irritante per quei guerrieri indiani – i cui cuori impavidi hanno affrontato migliaia di pericoli – essere descritti come se fossero bambini! I “deve”, “vuole”, “è obbligato” li ferivano molto di più che frecce d’acciaio appuntite. Il generale Hancock parlava a quei guerrieri e oratori Indiani come un maestro di scuola stizzito avrebbe fatto con degli scolari refrattari. Io non mi sento in colpa verso il generale, nel dire questo. Lui è un soldato, e la lingua di un soldato non è fatta per frasi addolcite; inoltre egli era stato mandato nelle Pianure per intimidire e, se necessario, fare guerra contro gli Indiani.»
– Ufficiale Medico Militare Isaac Coates.
La competenza e l’esperienza di Hancock si erano dimostrate evidenti nella marcia di 150 miglia attraverso la frontiera del Kansas. Adesso avrebbe condotto negoziati con la Nazione Cheyenne.
Strength of His Gaze
Era una cultura completamente diversa dalla sua e nulla, nella sua precedente esperienza, lo aveva preparato per quel compito. Wynkoop si unì ad Hancock a Fort Larned e rassicurò il generale che molti capi dei Cheyenne del sud avrebbero partecipato all’incontro per i negoziati. Una bufera di neve e poi l’opportunità di partecipare ad una caccia al bisonte ritardarono di cinque giorni l’arrivo dei capi, che arrivarono finalmente la sera del 12 aprile; la delegazione comprendeva parecchi eminenti personaggi Sioux e Cheyenne provenienti da un villaggio combinato di Cheyenne Meridionali e Oglala Sioux, situato a circa 35 miglia a monte del forte sul fiume Pawnee Fork. Tra loro c’erano i capi Cheyenne Tall Bull e White Horse. Impaziente e seccato per i cinque giorni di ritardo ed essendosi aspettato una maggior partecipazione dei capi, Hancock convocò un consiglio quella stessa sera. Ci fu una comunicazione poco chiara ai Cheyenne, le cui tradizioni prevedevano che questo tipo di consiglio fosse tenuto alle prime luci del giorno. Hancock confuse ulteriormente i Cheyenne quando domandò perché Naso Romano non fosse presente al consiglio.
Il generale credeva erroneamente che Naso Romano fosse il capo supremo dei Cheyenne. Non aveva capito che l’eminente guerriero non era un capo del consiglio e quindi non era autorizzato dal suo popolo a negoziare. La mancanza di conoscenza culturale di Hancock lo aveva condotto a pensare che, poiché Naso Romano non si era presentato, questo era un indizio che i Dog Soldiers erano ostili e non interessati a trattare la pace. La realtà era che Tall Bull e White Horse erano capi di consiglio dei Dog Soldiers ed entrambi erano molto interessati alla pace. Un Hancock frustrato parlò a capi e guerrieri orgogliosi come se fossero bambini e consegnò un rigido ultimatum: pace o guerra. La delegazione Cheyenne accettò le richieste e le condizioni per la pace. Sfortunatamente Hancock non capì che aveva avuto successo. La banda Cheyenne del fiume Pawnee voleva la pace, ma non poteva parlare per le altre bande Cheyenne. La sua mancanza di conoscenza della cultura Cheyenne e il rifiuto di accettare i consigli di Wynkoop lo indussero a credere che fosse necessario muovere la colonna verso il villaggio e organizzare un altro incontro con più capi. Tall Bull sollecitò Wynkoop a convincere Hancock che non era necessario spostare i reparti, né condurre ulteriori negoziati con la sua banda.
Mappa 11. La collina del confronto
«Noi assistemmo ad una delle più belle e imponenti parate militari, predisposta secondo l’arte indiana della guerra, a cui mi fosse stato mai di assistere. Si trattava né più né meno che di una linea di battaglia indiana tracciata direttamente attraverso la nostra linea di marcia; come se volesse dire: a questo punto e non oltre.»
– Tenente Colonnello George A. Custer.
La poderosa colonna di Hancock partì da Fort Larned il 13 aprile. Hancok pensava che il villaggio si trovasse a meno di un giorno di marcia ed era convinto che si sarebbe accampato nelle sue vicinanze quella sera.
White Horse
Effettivamente si trattò di una marcia di due giorni interi da Fort Larned. La maggior parte dei Cheyenne che erano stati presenti all’incontro della sera precedente accompagnò la colonna e cavalcò vicino a Wynkoop. Essi implorarono ripetutamente Wynkoop di convincere Hancock a non avvicinarsi al villaggio.
Hancock ignorò ogni appello. Durante la marcia, la Colonna vide parecchie pattuglie di Indiani che osservavano i suoi movimenti. All’inizio gli Indiani non fecero alcun tentativo di interferire con i movimenti dell’esercito. Tuttavia, quando la colonna giunse nelle vicinanze dell’attuale Burdett, gli Indiani incendiarono la prateria a sud del fiume Pawnee per rallentare la marcia dei soldati.
Il generale non fu scoraggiato dall’azione dei Nativi: semplicemente decise di attraversare il fiume e continuare la marcia sull’altra sponda. Pawnee Killer, un capo Sioux, e White Horse, eminente guerriero Cheyenne, si unirono alla colonna.
Mappa 12. Il villaggio di Pawnee Fork
«Nel bel mezzo della notte il 7° Cavalleria ricevette l’ordine di sellare i cavalli nel massimo silenzio. Noi obbedimmo immediatamente e ci avviammo nelle tenebre. Il campo indiano era molto grande e noi lo circondammo formando un cerchio con un’unica fila. Custer, con qualche ufficiale, guide e interpreti, entrò nell’accampamento solo per scoprire che l’uccello era volato via: il villaggio era vuoto. Gli Indiani avevano lasciato tutte le loro cose e se ne erano andati nella notte.»
– Soldato semplice John Ryan.
La colonna armata si allontanò dal villaggio per mezzo miglio risalendo il fiume Pawnee e si accampò. Hancock, Custer, e gli altri ufficiali comandanti dell’esercito non avevano affatto compreso l’ impatto che il massacro di Sand Creek aveva avuto nella psiche dei Cheyenne.
L’avvicinamento di una colonna dell’esercito così a ridosso del villaggio aveva gettato nel panico donne e bambini e i guerrieri non volevano assoggettare le loro famiglie alla possibilità di un altro massacro insensato. All’insaputa di Hancock la maggior parte di donne e bambini Sioux e Cheyenne avevano già abbandonato il campo mentre la colonna nefasta si avvicinava. Subito dopo essersi accampati, Naso Romano, Orso Toro, Barba Grigia e Lupo Medicina (tutti eminenti Cheyenne) si recarono all’accampamento dei soldati ed informarono Hancock che donne e bambini avevano abbandonato il villaggio. Un sempre più frustrato Hancock pretese dai capi che obbligassero la loro gente a tornare al villaggio. I capi sembravano disponibili ad acconsentire alla richiesta, ma volevano dei cavalli freschi per raggiungere le famiglie. Hancock acconsentì ma dubitava della loro sincerità.
Il capo Orso Toro – dipinto a olio
Mandò l’interprete Ed Guerrier, un mezzosangue Cheyenne, a sorvegliare il villaggio, con il compito di riferire la situazione ogni due ore. Alle 21 circa la guida riferì che i guerrieri stavano lasciando il villaggio. Subito dopo che la colonna aveva montato l’accampamento, i due capi che avevano preso a prestito i cavalli ritornarono, riferendo di non essere in grado di persuadere la gente a tornare indietro.
Hancock diede ordine a Custer di circondare il villaggio con la cavalleria per impedire ai guerrieri di allontanarsi. Custer si mosse alle 22 circa. Dopo aver completato l’accerchiamento del villaggio, Custer andò avanti con una pattuglia di ricognizione, constatando che il luogo era ormai deserto. Cheyenne e Sioux si erano allontanati in gran fretta. Avevano tagliato strisce dai tepee da utilizzare come rifugi temporanei e avevano abbandonato quasi tutte le loro cose. Nelle tende i soldati trovarono solo una donna Sioux e una bambina malata. Il chirurgo Isaac Coates pensava che avesse da 8 a 10 anni e constatò che «la sua persona era stata gravemente oltraggiata.» Hancock credeva che il crimine fosse stato commesso dagli Indiani e dichiarò che ciò contribuì alla sua decisione successiva di punire gli Indiani incendiando il villaggio. Wynkoop invece era dell’opinione che l’oltraggio fosse stato commesso dai soldati. Nel villaggio furono anche trovati dei cavalli, deboli e sul punto di morire di fame. La loro condizione indicava che una delle ragioni per cui gli Indiani avevano abbandonato i loro averi era che i loro cavalli non avevano la forza di trainare il carico.
La situazione poneva ad Hancock un significativo dilemma. Dopo aver marciato per il Kansas con un’armata impressionante comprendente artiglieria, cavalleria e fanteria, questo grande eroe della Guerra Civile intendeva discutere. E tuttavia il suo tentativo di intimidire gli Indiani per indurli a colloqui di pace era stato frustrato e li aveva indotti a fuggire. Adesso fronteggiava la spinosa decisione su quale sarebbe stata la sua prossima mossa.
Mappa 13. La caccia infruttuosa
«Alle tre del pomeriggio sentivamo di avere la certezza di riuscire a raggiungere il nostro scopo. Nessun ostacolo sembrava trovarsi sulla nostra strada; la pista era larga e piana e apparentemente nuova come l’avessimo tracciata noi. Sembrava fosse necessaria solo mezz’ora, al massimo un’ora, per metterci in grado di imbatterci nel nostro scaltro nemico.»
– Tenente colonnello George Armstrong Custer
La fuga degli Indiani aveva convinto Hancock che erano fondati i suoi sospetti prima di avviare la campagna, che i Cheyenne stavano organizzando una sollevazione generale in primavera. Ordinò allora l’inseguimento per il mattino successivo e autorizzò Custer ad usare ogni mezzo necessario per costringere i Cheyenne a tornare. Hancock decise anche di bruciare il villaggio abbandonato. Era convinto che gli Indiani avevano intenzioni ostili ed erano meritevoli di una punizione. Dopo aver appreso la decisione, Wynkoop la contestò per iscritto, asserendo che i Cheyenne erano innocenti di ogni misfatto ed erano fuggiti solo per paura. La nota di Wynkoop persuase Hancock ad attendere e a dare a Custer il tempo di costringere gli Indiani a tornare nel villaggio. Custer partì a giorno fatto il 15 aprile, con otto compagnie del 7° Cavalleggeri, un contingente di guide Delaware e una carovana di rifornimenti.
Trovò rapidamente la pista e si mise d’impegno per raggiungere gli Indiani fuggitivi. A Walnut Creek incontrò difficoltà ad attraversare il torrente, ma confidava di raggiungere gli Indiani. Al guado decise di lasciare indietro i carri delle provviste per affrettare l’inseguimento. Continuò la caccia lungo il Walnut Creek ancora per 14 miglia verso nord ovest. Il giorno dopo era in marcia alle 4 del mattino, continuando a seguire il torrente. Durante l’inseguimento, Custer incautamente si separò dalla sua truppa per andare a caccia di bisonti. Nel cacciare sparò accidentalmente al proprio cavallo e si ritrovò a piedi nella prateria. Fortunatamente venne ritrovato da una pattuglia della sua unità e tornò, imbarazzato, dai suoi soldati. Nel corso delle rimanenti ore del pomeriggio, Custer e le sue guide pervennero alla convinzione di aver perso le tracce degli Indiani. Essendo nuovo del West, Custer non era riuscito a riconoscere una usuale tattica indiana: temendo per le proprie famiglie e avendo cavalli indeboliti e appesantiti, gli Indiani avevano ben chiaro il pericolo di tentare di distanziare la cavalleria. Per cui avevano vanificato l’inseguimento disperdendosi in piccoli gruppi.
Gli scouts pensavano che gli Indiani si fossero diretti a nord verso il fiume Smoky Hill. Custer tenne ferma la truppa dalle 14 alle 19, quindi condusse una marcia notturna verso nord. Il 17 aprile fece accampare la colonna ad ovest di Downer Station e poi si diresse a Downer Station il pomeriggio seguente. Non trovò guerrieri ma ricevette la notizia che gli Indiani avevano incendiato le attrezzature della stalla e ucciso tre uomini alla Stazione di avvistamento (“Lookout Station”). Custer era convinto che colpevoli delle atrocità fossero i Cheyenne di Pawnee Forks e, senza verificare la veridicità dell’informazione, inoltrò ad Hancock il seguente dispaccio: «Non c’è dubbio che la razzia a Lookout Station è da addebitare agli stessi Indiani che hanno abbandonato le loro tende a Pawnee Forks…io li tratterò come nemici.»
Mappa 14. La stazione di avvistamento
«La Stazione di avvistamento (“Lookout Station”) fu bruciata e gli uomini massacrati lunedì 15, il che assolve quegli Indiani che si trovavano a Pawnee Fork il giorno del nostro arrivo dall’accusa di essere stati presenti a quegli omicidi. Tuttavia sono convinto che quell’azione fu commessa con loro conoscenza e approvazione, prova ne è la loro fuga frettolosa.»
– Tenente Colonnello George Armstrong Custer
Custer continuò l’inseguimento il giorno dopo. Era una brutta giornata, con pioggia e nevischio. Ogni miglio percorso verso est significava per Custer un penoso ricordo delle miglia infruttuose percorse in direzione opposta, quando si ingannava inseguendo false tracce.
Hancock brucia il villaggio Cheyenne
Il 15 aprile, alla Stormy Hollow Station, ricevette un rapporto che indicava che un grosso gruppo di Indiani aveva cambiato la direzione del suo spostamento girando verso nord. Custer stava arrivando alla convinzione che la stima della situazione fatta nel dispaccio inviato ad Hancock il 17 aprile non fosse più corretta. In precedenza aveva creduto che gli Indiani avessero cominciato il cambiamento di direzione di marcia la mattina del 16 aprile. Per i Nativi di Pawnee Fork, Indiani delle Pianure, aver percorso una distanza di 50 miglia in un lasso di tempo di due notti e un giorno era plausibile. Però una nuova informazione rivelava che essi in realtà avevano svoltato il 15 aprile, 12 ore prima. Questo significava aver coperto 50 miglia in meno di 24 ore. Questo sembrava molto meno plausibile a Custer, considerando anche che gli Indiani stavano spostandosi con centinaia di donne e bambini su cavalli deboli e sovraccarichi. Nel frattempo, molto più a sud, Hancock stava ancora tergiversando da giorni, chiedendosi che azione intraprendere verso il villaggio abbandonato. Wynkoop continuava ad sostenere che i Cheyenne non erano colpevoli di alcun crimine, auspicando che il loro villaggio fosse risparmiato.
Nonostante gli appelli di Wynkoop, il 18 aprile Hancock, avendo a sue mani il dispaccio di Custer del 17, prese la decisione di confiscare ogni proprietà degli Indiani e incendiare i villaggi alleati. Egli pensava che i Cheyenne fossero colpevoli di “mala fede” e informò Sherman:
«Io penso che noi abbiamo subito una provocazione sufficiente per distruggere l’accampamento…e bruciandolo daremo certamente inizio a una guerra che altrimenti avrebbe potuto essere evitata.»
La mattina del 21 aprile egli distrusse 111 tende Cheyenne e 140 tende Sioux, centinaia di abiti di pelle di bisonte e una grande quantità di altri beni. Per ironia della sorte, il pomeriggio precedente Custer era giunto alla Lookout Station e aveva potuto stabilire che gli Indiani di Pawnee Fork probabilmente non avevano partecipato all’attacco alla stazione.
Nel suo dispaccio successivo, Custer assolveva i Cheyenne dalle atrocità, ma aggiungeva la sua convinzione che essi fossero probabilmente a conoscenza dell’attacco e lo approvassero. Hancock ricevette la nuova informazione il 20 aprile. Egli riconobbe con Sherman che non c’era un’evidenza conclusiva sul coinvolgimento degli Indiani di Pawnee Forks negli omicidi di Lookout Station. Ciò nonostante rimase irremovibile sulla sua decisione di bruciare il villaggio – «è possibile che anche l’ultimo a lasciare il villaggio possa aver partecipato all’azione contro Lookout station, sebbene ciò non mi sembri avere molta importanza, per il fatto che io sono soddisfatto perché quel villaggio era un nido di cospiratori.» Il punto era irrilevante: l’incendio del villaggio non poteva non essere effettuato. I Cheyenne erano furiosi e, ancora una volta, determinati a vendicarsi. La guerra era tornata nelle Pianure Meridionali.
Mappa 15. La Guerra non necessaria
«La guerra contro Sioux e Cheyenne sta per scoppiare, nei territori compresi tra l’Arkansas e il Platte.»
– Maggiore Generale Winfield Scott Hancock.
Dopo aver incendiato il villaggio, Hancock si diresse con sua colonna a sud, verso Fort Dodge, continuando i suoi maldestri tentativi di negoziare la pace. Poi svoltò verso nord, per raggiungere le forze di Custer a Fort Hays, che venne abbandonato per mancanza di rifornimenti. Il generale cercò di risolvere il problema delle provviste con degli arrangiamenti e ordinò a Custer di riprendere la caccia. Poi, frustrato, tornò a Fort Leavenworth.
Custer lasciò Fort Hays all’inizio di giugno con 300 uomini. La sua missione richiedeva di inseguire un nemico sfuggente attraverso migliaia di miglia quadrate.
Batterie a Ft. Leavenworth
La pista, ormai più vecchia di un mese, sembrava indicare che i Sioux e i Cheyenne ostili si erano diretti verso il corso superiore del fiume Republican. Sembra che Custer abbia riflettuto molto sul suo primo inseguimento fallito dal fiume Pawnee allo Smoky Hill e nutrisse poche speranze di poter intercettare gli Indiani ostili. In una lettera privata inviata alla moglie Libbie, datata 22 aprile 1867, constatava: «Raggiungere gli Indiani è quasi impossibile. I nostri cavalli non possono sostenere la marcia come i loro pony, nutrendosi di nient’altro che erba della prateria.» In un’altra lettera, il 2 maggio, confidava: «Comunque il rischio è che io non riesca a vederne nemmeno uno, perché è quasi impossibile raggiungerli mentre stanno in guardia e ci stanno aspettando.» Con l’eccezione di qualche schermaglia di minore importanza e il tragico annientamento di una pattuglia che recava un dispaccio (comandata dal tenente Lyman S. Kidder, anch’egli massacrato), le sue parole, espresse in una sede privata, si dimostrarono profetiche circa l’esito della caccia agli Indiani.
Dal 1 giugno al 13 luglio 1867 Custer guidò uomini e cavalli lentamente in un infruttuoso inseguimento, riuscendo poco più che sfiancare la sua truppa. Combatté la diserzione tra i suoi uomini e, dopo aver acquartierato la colonna a Fort Wallace, abbandonò il comando con il pretesto della ricerca di provviste. Un motivo più plausibile era che sentisse il desiderio di rivedere sua moglie.
Fu una decisione dannosa, per Custer, che gli costò un anno di sospensione dall’esercito senza paga. Nel frattempo, a nord del fiume Arkansas i guerrieri Cheyenne, Comanche, Kiowa e Sioux effettuavano incursioni contro incauti viaggiatori, stazioni di sosta e operai dei cantieri ferroviari nel Kansas e sud Nebraska, mentre l’esercito non sembrava in grado di fermarli.
Per la maggior parte, l’intera campagna era stata un fallimento sia per Hancock che per Custer. Il solo notevole successo di Hancock fu di aver influenzato alcuni capi indiani in modo che rimanessero in pace. Nel suo tentativo di separare gli Indiani ostili dai pacifici, egli aveva persuaso quelli desiderosi della pace a spostare la loro gente a sud del fiume Arkansas. Black Kettle e molti altri capi cercarono di accondiscendere Hancock e spostarono i loro villaggi a sud della zona ostile. Ma, di nuovo, la realtà della cultura Cheyenne impedì ai capi di pace di realizzare la propria volontà e molti dei giovani guerrieri cavalcarono a nord per partecipare alle incursioni. In ritardo, il governo americano riconobbe che gli mancavano le risorse per forzare la pace, così, ancora una volta, si tentò di negoziare un accordo. Nell’ottobre 1867 a Medicine Lodge Creek si tenne un consiglio di pace con Kiowa, Comanche, Arapaho e Cheyenne. Al consiglio i commissari di pace persuasero 14 capi Cheyenne a spostarsi in una nuova riserva situata nel Territorio Indiano (l’odierno Oklahoma).
Satanta (leader Kiowa) indirizza i commissari di pace a Medicine Lodge Creek
Il nuovo trattato richiedeva che gli Indiani non interferissero con il traffico sulle piste degli emigranti o con la costruzione della ferrovia. Entrambe le parti speravano che il trattato avrebbe portato la pace nelle Pianure Meridionali. Tuttavia, come per i trattati precedenti, ci furono rilevanti incomprensioni, tra le quali il fatto che i Cheyenne non compresero che il trattato richiedeva loro di rinunciare a tutti i diritti sulle terre poste al di fuori della nuova riserva, ed essi non erano ancora preparati a rinunciare al loro stile di vita nomade.