La grande avventura di Lewis e Clark

A cura di Pietro Costantini

Mammut lanosi, lama peruviani, indiani dagli occhi blu che parlavano il celtico gallese. Nel 1803 il West, privo di mappatura, era definito da tali miti. La spedizione di Lewis e Clark in seguito sfatò simili speculazioni, compreso il mito e la speranza più diffusi: l’esistenza di un “passaggio a nordovest”. Tale passaggio – un fiume o una serie di fiumi connessi tra loro che attraversavano le montagne e raggiungevano l’Oceano Pacifico – avrebbe permesso di commerciare in modo più diretto con l’Oriente. Il presidente Thomas Jefferson credeva che la scoperta di un passaggio a nordovest avrebbe riempito di ricchezze il Nord America. Leggi il resto

La battaglia del Rosebud (17 giugno 1876)

A cura di Sergio Mura

Nel corso dei primi mesi del 1876 fu chiaro a tutti, ad eccezione degli indiani considerati ostili dal governo degli stati Uniti, che si stava muovendo la più grande forza militare contro gli ultimi resistenti delle pianure del nord-ovest.
L’ingiunzione a tutte le bande ancora fuori dagli stretti ambiti delle riserve, a farvi rientro (o ad entrarvi se era la prima volta) abbandonando la vita libera, fu la mossa decisiva.
Una pretesa che considerava solo l’esigenza della gente bianca e del governo americano, ma assai poco rispettosa delle usanze e delle necessità delle tribù indiane.
L’ordine, infatti, fu emanato intimando tempi molto ristretti e imponendo l’obbedienza degli indiani in pochissime settimane, cosa impossibile con l’inverno alle porte. Leggi il resto

Washakie, capo degli Shoshoni


Capo Washakie
Gli Shoshoni furono prevalentemente alleati con il popolo bianco e raramente si resero protagonisti di episodi guerreschi nei loro confronti. Furono, piuttosto, eterni rivali dei Sioux e dei loro alleati e contro questi rivolsero ogni energia di cui disponevano. In tal senso deve forse essere interpretata l’alleanza con l’esercito delle “giacche blu”. Leggi il resto

Il massacro di Bear River

A cura di Cesare Bartoccioni
Quattro miglia a nord di Preston, nell’Idaho, il Bear River (1) si snoda quieto attraverso verdi valli e montagne ricoperte da cespugli di artemisia. Ora è un posto tranquillo, ci sono solo pochi capi di bestiame al pascolo nei dintorni o in fattorie ben tenute. Oggi, gli alti salici che un tempo fornivano, con le loro fronde, una fresca tregua ai gruppi di Shoshone del nord ovest (2) quando vi si rifugiavano sotto per sfuggire al calore abbagliante dell’estate, sono praticamente scomparsi. In questo luogo successe qualcosa che è poco conosciuto nella Storia degli Stati Uniti ma che è impresso a fuoco nella memoria del popolo Shoshone.
Il 29 gennaio 1863 la milizia del Terzo Volontari della California dell’Esercito degli Stati Uniti, al comando del Colonnello Patrick E. Connor, scese cavalcando dai pendii ghiacciati e massacrò circa 300 Shoshone del nord ovest – il più grande massacro di Nativi Americani della Storia del Paese-. Leggi il resto

Gli Shoshoni, dalla Camas Prairie a Fort Hall

A cura di Armando Morganti

Gli indiani Shoshoni, il cui significato del nome è ancor oggi sconosciuto, erano geograficamente divisi nei due gruppi dei “Northern” e “Western” Shoshoni, ovvero in settentrionali ed occidentali. Questi indiani erano chiamati con vari nomi, fra i quali ricordiamo i termini menzionati dallo Swanton nel suo “The Indian Tribes of North America”. Li elenchiamo. Leggi il resto

Wild Bill Longley, un pistolero pericolosissimo

A cura di Omar Vicari

William Longley
William Preston Longley, uno dei più feroci assassini dell’intera storia della frontiera, usò nella sua breve esistenza una tale quantità di nomi falsi che vale la pena di elencarli tutti.
A seconda delle circostanze si fece conoscere come Wild Bill, Rattling Bill, Tom Jones, Jim Paeeson, Jim Webb, Bill Black, Bill Henry e Bill Jackson.
Bill Longley fu uno spietato assassino che uccise il suo primo uomo all’età di sedici anni. Cresciuto nell’ambiente del profondo sud, nel quale si insegnava l’odio per i negri e per gli Yankees, Longley, al pari di John W. Hardin, si oppose risolutamente alla politica di ricostruzione del Texas e alle truppe di occupazione nordiste. La visione distorta dello stato delle cose lo avrebbe portato a essere un killer spietato, la cui carriera lo avrebbe condotto ancor giovane all’impiccagione. Leggi il resto

Frank Grouard, l’avventuriero che ingannò Toro Seduto

A cura di Anna Maria Paoluzzi

Un ritratto di Frank Grouard
Eccezionale e contraddittoria sono forse gli aggettivi che meglio definiscono la storia del West americano e che sono forse l’essenza dei suoi protagonisti, nelle cui personalità vediamo allo stesso tempo tratti di coraggio e lealtà, come di doppiezza e vigliaccheria.
Frank Grouard fu in questo senso un vero uomo del West. Di origine oscura, coraggioso fino alla temerarietà ma anche bugiardo e millantatore, divenne forse il più famoso scout nella storia delle guerre indiane degli anni Settanta, vicino a figure come Toro Seduto, George Crook e Cavallo Pazzo, nelle cui vicende ricoprì un ruolo chiave.
Le origini di Frank Grouard sono state per molto tempo oggetto di discussione: ritenuto inizialmente un mezzosangue Lakota, pare però ora accertato che fosse nato intorno al 1850 nell’arcipelago della Isole della Società, terzo figlio di un missionario mormone, Benjamin Grouard e di Nahina, una donna polinesiana. Leggi il resto

Gli Sheepeater, nel cuore delle Montagne Rocciose

A cura di Giampaolo Galli e Armando Morganti

Il Greater Yellowstone è un immenso ecosistema che abbraccia il Wyoming nordoccidentale, parte del Montana sud-occidentale e l’Idaho orientale.
Questo vasta zona lambiva  un tempo le terre di molte popolazioni  storiche tra cui i Crow, i Piedi Neri e le bande shoshone-bannock, ma molte altre tribù come i Nasi Forati, i Kootenay  o le Teste Piatte andavano e venivano attraverso il selvaggio territorio di Yellowstone, considerato da sempre zona di caccia temporanea o di passaggio. Per molto tempo si è creduto che la zona del parco di  Yellowstone non avesse mai attirato gli indiani in modo particolare. Si argomentò questa tesi  supponendo che l’area in questione fosse troppo fredda (l’altezza media oscilla attorno ai 2000 metri e gli inverni sono rigidissimi), o che vi fosse da parte degli indiani una certa riluttanza all’insediamento permanente causata dalla presenza dei geyser, e dal misterioso terrore che questi  emanavano. Leggi il resto

Gli indiani Tosawihi

A cura di Gianni Albertoli

Gli indiani Shoshone, conosciuti come “White Knife”, sono stati spesso al centro di grandi discussioni fra gli studiosi ma, ancor oggi, la maggior parte degli storici non li riconosce come una vera e propria realtà socio-politica. Questo è il caso di Julian Steward, una delle principali autorità etnografiche del Grande Bacino. Chiamati “Tosawihi” (“White Knife”, “Coltelli Bianchi”; o “Sharp-thing-for-shooting”), a causa dell’uso della selce bianca proveniente da una cava localizzata nei pressi dell’odierna Battle Mountain, questi indiani, appartenenti a vari gruppi affini, vennero così designati “White Knives”, specialmente dagli agenti indiani. L’identità etnica dei Tosawihi rappresenta comunque uno dei problemi più intriganti della Cultura del Grande Bacino. La selce usata dai Tosawihi veniva estratta a circa 30 miglia dalle Osgood Mountains, in una terra che rappresentava il confine naturale tra i Northern Paiutes e i Western Shoshoni. L’uso di questa selce è stato accertato che arrivava molto a nord, fino alle pianure del fiume Snake. Leggi il resto