I Nativi nella Guerra di Rivoluzione Americana – 7

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.

L’incursione contro Royalton
Nelle prime ore del mattino del 16 ottobre 1780 il tenente Houghton, del 53° Reggimento Fanteria dell’esercito inglese e un singolo granatiere, con 300 guerrieri Mohawk della riserva di Kahnawake, nella Provincia inglese di Quebec, attaccarono e incendiarono gli abitati di Royalton, Sharon e Tunbridge, posti sul fiume White, nell’est del Vermont. Quest’azione venne condotta in concomitanza con altre incursioni guidate dal maggiore Chistopher Carleton, del 29° Reggimento Fanteria, sulle rive dei laghi Champlain e George e da sir John Johnson, del King’s Royal Regiment di New York, nella valle del fiume Mohawk.
Quattro coloni del Vermont rimasero uccisi, mentre 26 venivano presi prigionieri e portati a Quebec. Prima che la milizia locale potesse organizzarsi, Houghton e i suoi guerrieri erano già sulla via del ritorno verso nord. La milizia intercettò gli incursori nelle vicinanze di Randolph, nel Vermont; furono sparati colpi d’arma da fuoco da una parte e dall’altra, ma quando Houghton disse che i prigionieri nelle mani degli Indiani sarebbero stati uccisi dai Mohawk se il combattimento fosse continuato, la milizia lasciò che il nemico si sganciasse.
Una targa nel cimitero di East Randolph ricorda il luogo di questi avvenimenti. Il monumento ad Hannah Handy, nel parco di South Royalton, è un arco di granito eretto a ricordo di una giovane madre che, avendo perso il suo bambino nell’incursione, aveva attraversato il fiume per cercare di ottenere dagli Indiani la restituzione di molti bambini catturati.


La cittadina di Royalton

Con l’aiuto di uno dei Mohawk raggiunse il gruppo anglo-mohawk e implorò il tenente Houghton per il rilascio dei ragazzi in mano degli Indiani, in parte appellandosi come madre di uno dei prigionieri e in parte argomentando che essi non sarebbero sopravvissuti al viaggio verso il Canada; concluse asserendo che la loro morte sarebbe stata responsabilità dell’ufficiale inglese. Questi alla fine ordinò che i ragazzi fossero rilasciati nelle mani della donna per un sicuro ritorno alle loro famiglie.

La spedizione Brodhead contro Coshocton

Il 7 aprile 1781 Daniel Brodhead IV con 150 regolari dell’Esercito Continentale e 134 uomini della milizia si avviò seguendo il corso del fiume Ohio. Temendo che la neutrale tribù Delaware Tartaruga di Coshocton potesse unirsi presto agli Inglesi, come aveva già fatto la più aggressiva banda del Lupo, gli Americani intrapresero il viaggio con l’iniziale proposito di assicurarsi l’alleanza della banda Tartaruga. Ma i sempre crescenti attacchi da parte della tribù del Lupo contro i coloni spinsero molti uomini dei ranghi di Brodhead a chiedere la punizione degli Indiani e la missione divenne un campagna militare attiva. Brodhead dapprima raggiunse il villaggio principale della banda Tartaruga di Gekelmukpechunk, oggi Newcomerstown in Ohio. Egli richiese un colloquio di pace con i capi principali del villaggio e ne vennero inviati tre per tenere consiglio con lui. La sua speranza iniziale era di assicurarsi l’alleanza degli abitanti del villaggio e quindi arruolare nuovi guerrieri per la sua campagna. Sfortunatamente un uomo della milizia, chiamato Lewis Wetzel, attaccò e uccise uno dei capi di pace proprio appena questi avevano attraversato il fiume per il colloquio. Nel timore di subire grosse perdite in una battaglia non pianificata, Brodhead si ritirò e focalizzò l’attenzione delle truppe sull’obbiettivo iniziale di raggiungere Coshocton.
Il 20 aprile Brodhead e i suoi uomini, inclusi alcuni Delaware allineati con gli Stati Uniti, razziarono e distrussero il pacifico insediamento moraviano di Indaochaic, noto anche come Lichtenau. Poi le truppe, con l’aiuto del capo Delaware Gelelemend, si diressero sul vicino villaggio di Goschachgunk, oggi Coshocton. Egli divise i suoi uomini in tre reggimenti e devastò l’insediamento.


Il colonnello Daniel Brodhead guida l’8° Reggimento Pennsylvania in territorio indiano

16 guerrieri furono catturati la prima notte, portati a sud del villaggio e massacrati, altri 20 furono uccisi nella battaglia e 20 civili vennero presi prigionieri. Saziata così la rabbia delle sue truppe, Brodhead pose fine alla spedizione e tornò in Pennsylvania.

La disfatta di Lochry

Nella valle dell’Ohio la guerra di Rivoluzione Americana fu combattuta soprattutto tra i coloni americani stanziati a sud e ad ovest del fiume Ohio (l’area odierna in cui si trovano la Pennsylvania occidentale, la West Virginia e il Kentucky) e gli Indiani che abitavano a nord del fiume, alleati con gli Inglesi. Da Detroit gli Inglesi reclutavano e rifornivano gruppi di guerra indiani per attaccare forti e insediamenti americani, nella duplice speranza di stornare risorse militari americane dal teatro principale della guerra, nell’Est, e di trattenere gli Indiani – e il lucrativo commercio delle pellicce – saldamente ancorati all’Impero britannico. Gli Indiani dell’Ohio, soprattutto Shawnee, Mingo, Delaware e Wyandot, speravano di scacciare i coloni dal Kentucky e riacquisire i loro territori di caccia, che avevano perso con il Trattato di Fort Stanwix del 1768 e la Guerra di Lord Dunmore del 1774. Gli Americani cercavano di restare nel Kentucky e di rendere sicure le loro acquisizioni territoriali nella regione lanciando sporadiche spedizioni contro i villaggi degli Indiani ostili a nord dell’Ohio. George Rogers Clark, ufficiale delle milizia del Kentucky, pensava che gli Americani avrebbero vinto definitivamente la guerra sul confine se avessero preso Detroit. Egli pose le basi di quest’obiettivo nel 1779, razziando l’avamposto inglese di Vincennes e catturando il comandante inglese di Detroit, il vice governatore Henry Hamilton. «Questo colpo» disse Clark «porrà fine quasi del tutto alla guerra indiana.»
Clark preparò una prima campagna contro Detroit nel 1779 e una seconda nel 1780, ma ogni volta dovette rinunciare alla spedizione per mancanza di uomini e di mezzi. «Detroit persa solo per la mancanza di pochi uomini», ebbe poi a dire.
Alla fine del 1780 Clark si recò ad est, per consultare Thomas Jefferson, governatore della Virginia, circa una spedizione da effettuarsi nell’anno seguente. Jefferson elaborò un piano che prevedeva Clark al comando di 2.000 uomini all’attacco di Detroit, nella speranza di prevenire la ventilata offensiva inglese contro il Kentucky. Per evitare che, mentre si preparava la campagna, potessero sorgere conflitti di grado con gli ufficiali dell’esercito continentale, Clark richiese che Jefferson lo nominasse brigadiere generale dell’esercito. Tuttavia le regole dell’esercito escludevano che Clark potesse ricevere una nomina continentale, poiché deteneva il grado di colonnello della Virginia e non degli Stati Uniti. Allora Jefferson lo promosse al grado di “Brigadiere Generale della Virginia al comando delle forze coinvolte in una spedizione ad ovest dell’Ohio”. Nel gennaio 1781 Clark raggiunse Fort Pitt, nella Pennsylvania occidentale, per raccogliere uomini e provviste. Il suo obiettivo era di avere la spedizione pronta per la partenza da Fort Pitt per il 15 giugno.


Statua di George Rogers Clark in bronzo – Vincennes

Come per precedenti campagne, reclutare abbastanza uomini era un problema. Jefferson richiese alle contee della Virginia Occidentale di fornire elementi della milizia per la campagna di Clark, ma i dirigenti delle contee obiettarono di non poter fornire uomini.
Gli uomini non volevano imbarcarsi in una lunga spedizione – lo avrebbero fatto se si fosse trattato di sei mesi, massimo un anno – mentre le loro famiglie e le case erano minacciate da est dall’esercito di Lord Cornwallis, da nord dalle incursioni indiane e dai Lealisti in patria.
A causa di queste opposizioni, piuttosto che ordinare alla milizia di associarsi alla spedizione, Jefferson indisse una leva di volontari. In aggiunta ai volontari, Jefferson organizzò un reggimento di 200 soldati regolari continentali, perché accompagnasse Clark sotto la guida del colonnello John Gibson. Le tensioni di vecchia data fra gli ufficiali dell’esercito continentale e la milizia resero problematica la cooperazione. Il colonnello Daniel Brodhead, comandante dell’esercito continentale a Fort Pitt, rifiutò di fornire uomini per la campagna di Clark, in quanto stava preparando una sua personale spedizione contro i Delaware, che erano di recente entrati in guerra contro gli Americani. Era la spedizione che si era conclusa nell’aprile 1781 con la distruzione di Coshocton. Ciò però aveva suscitato nei Delaware la volontà di diventare nemici più determinati e aveva privato Clark di uomini e mezzi assolutamente necessari per la campagna di Detroit. Clark aveva anche problemi nell’arruolare uomini dalla Pennsylvania: i risentimenti che persistevano dal sorgere della recente disputa di confine tra Virginia e Pennsylvania significavano che pochi uomini della Pennsylvania avrebbero partecipato volentieri a una spedizione condotta da un Virginiano. Il controverso tentativo di Clark di arruolare gente della Pennsylvania nella sua armata creò ancor più malumore. Ma c’era un militare della Pennsylvania che sosteneva Clark: il colonnello Archibald Lochry, comandante della milizia della Contea di Westmoreland. Il 4 luglio 1781, Lochry scrisse a Joseph Reed, presidente del Supremo Consiglio Esecutivo di Pennsylvania: «Viviamo tempi molto angoscianti qui, in questa estate. Il nemico è costantemente nella nostra Contea uccidendo e catturando gli abitanti. Non vedo quale altra via possiamo avere di difenderci se non con operazioni offensive. Il generale Clarke (sic) ha richiesto il nostro aiuto per metterlo in grado di condurre una spedizione in territorio indiano.»
Con l’approvazione di Reed, Lochry si mise ad arruolare uomini per la spedizione di Clark. Molti uomini di Westmoreland non volevano lasciare indifese le loro case e così Lochry riuscì a reclutare solo un centinaio di uomini per la sua campagna. Quando infine Clark lasciò Fort Pitt, nell’agosto 1781, era accompagnato da solo 400 uomini, anche se si aspettava di trovare Lochry e gli uomini della Pennsylvania a Fort Henry (oggi Wheeling, in West Virginia). Clark era contrariato dalla mancanza di supporto per la sua campagna, ma sperava ancora che la milizia del Kentucky, che doveva incontrare a Fort Nelson, avrebbe fornito altri uomini. Egli intendeva almeno condurre una spedizione contro gli Indiani nemici, se non avesse avuto abbastanza uomini per attaccare Detroit.


Uomini della milizia di Pennsylvania

Grazie a un efficace lavoro di spionaggio, gli ufficiali inglesi e i loro alleati Indiani già dal mese di febbraio 1781 erano al corrente della preparazione della spedizione di Clark. In aprile venne tenuto a Detroit un consiglio in modo da predisporre una difesa. Il comandante di Detroit era il maggiore Arent DePeyster, subentrato a Henry Hamilton; egli faceva capo a Sir Frederick Haldimand, governatore della Provincia di Quebec. DePeyster usava agenti del Dipartimento Indiano inglese, come Alexander McKee e Simon Girty, che avevano entrambi strette relazioni con gli Indiani dell’Ohio, per coordinare le operazioni militari anglo-indiane. Partecipava alla conferenza di Detroit anche una delegazione irochese, capeggiata da Joseph Brant (o Thayendanegea), un capo di guerra dei Mohawk, una delle Sei Nazioni della Confederazione Irochese. Quando era iniziata la guerra, Brant era un capo militare minore, ma la sua capacità di parlare bene l’inglese e le sue relazioni con ufficiali britannici lo rendevano importante agli occhi degli Inglesi. Quando, nel 1775, Brant si era recato a Londra per discutere le lagnanze dei Mohawk circa il loro territorio, Lord George Germain, segretario coloniale, aveva vagamente promesso che, se gli Irochesi avessero sostenuto la Corona durante la guerra, alle lamentele dei Nativi sul territorio si sarebbe posto rimedio, una volta che fosse stata soppressa la ribellione dei coloni. Brant tornò a casa e incoraggiò gli Irochesi, che vivevano per lo più nella parte superiore del territorio di New York, ad entrare in guerra come alleati degli Inglesi. Alla fine a questa proposta aderirono quattro tribù delle sei Nazioni irochesi. Brant divenne un esperto comandante durante la guerra; inizialmente comandava circa 100 uomini, noti come “Volontari di Brant”. Poiché i tradizionalisti capi Irochesi consideravano Brant un arrampicatore anche troppo strettamente legato agli Inglesi, la maggior parte dei suoi volontari erano Lealisti bianchi. Brant acquisì ulteriori seguaci fra i Nativi nel corso della guerra e fu forse il solo Indiano ad essere nominato capitano dell’esercito inglese, ma non era, come talvolta è stato designato, un capo di guerra degli Irochesi.


Joseph Brant

Brant aveva preso parte all’invasione di New York nel 1777 da parte di forze anglo-indiane, che per gli Inglesi si era conclusa con la disastrosa resa di Saratoga. In seguito aveva condotto numerose incursioni lungo la frontiera, sia prima che dopo la grande invasione americana del 1779, che aveva devastato le terre degli Irochesi. Nell’aprile del 1781, con la frontiera di New York in fiamme, gli Inglesi avevano trasferito Brant a Detroit. La ragione ufficiale dello spostamento era che Brant risultava necessario per raccogliere il supporto degli Indiani al fine di contrastare la campagna di Clark di cui si era a conoscenza. Un causa non ufficiale era che Brant, il quale normalmente era un bevitore moderato, era stato trasferito dopo una colluttazione tra ubriachi con un ufficiale del Dipartimento Indiano a Fort Niagara. Benché gli “Indiani Occidentali” dell’Ohio e della regione di Detroit avessero rapporti piuttosto tesi con gli Irochesi, essi gradirono cautamente l’aiuto di Brant.
Al consiglio di Detroit, DePeyster incoraggiò gli Indiani ad unirsi e a mandare guerrieri per opporsi alla spedizione di Clark. A questo scopo, nel maggio 1781 i capi indiani e gli ufficiali del Dipartimento Indiano cominciarono a radunare guerrieri nel villaggio Wyandot di Upper Sandusky. A metà agosto Brant e George Girty, fratello di Simon, si dirigevano a sud verso il fiume Ohio con circa 90 guerrieri fra Irochesi, Shawnee e Wyandot, più qualche uomo bianco, mentre McKee e Simon Girty continuavano a radunare rinforzi. All’inizio di agosto Clark portò le sue truppe in battello discendendo il fiume Ohio fino a Wheeling, dove aveva appuntamento con Lochry e i suoi uomini. Dopo aver aspettato cinque giorni in più rispetto alla data stabilita, Clark decise di lasciare Wheeling senza Lochry perché, avendo alcuni uomini disertato la spedizione, pensava che, se avesse portato le truppe ancora più lontano da casa, gli uomini avrebbero avuto meno inclinazione a fuggire via. Quando, l’8 agosto, Lochry raggiunse finalmente Wheeling, scoprì che Clark era partito solo poche ore prima.


Mappa dei movimenti di Lochry e Brant

Lochry mandò a Clark il seguente messaggio: «Caro generale. Sono arrivato in questo momento a questa postazione. Ho trovato che qui non sono stati lasciati battelli, né provviste, né munizioni. Vi avevo mandato una piccola canoa per sapere da voi il da farsi. Se manderete gli articoli che ho menzionato, con istruzioni su dove posso incontrarvi, le seguirò. Noi siamo più di un centinaio, incluso Light Horse.» Il 9 agosto, scrivendo da Middle Island, Clark replicava a Lochry: «Mi spiace di cuore che, dopo avervi atteso per così lungo tempo ho dovuto andar via un giorno prima del vostro arrivo…Sono straordinariamente costernato del nostro mancato incontro a Wheeling, ma penso che nessuno di noi sia da biasimare; la milizia che è con noi continua a disertare e di conseguenza io non posso rimanere a lungo in un posto, altrimenti sarei felice di congiungere qui le nostre forze…Io continuerò a muovermi lentamente per le ragioni dette prima e voi userete la più grande diligenza se non vi sarà possibile sorpassarci, senza che noi ne sappiamo nulla. Ultimamente io ho sofferto molto, ma voi mi incoraggiate ancora.»
Dopo aver costruito delle imbarcazioni, Lochry e i suoi uomini lasciarono Wheeling, sperando di incontrare il corpo principale della spedizione. Nel frattempo Clark aveva lasciato il maggiore Charles Cracraft con provviste e un piccolo gruppo di uomini al campo di Three Island ad attendere l’arrivo di Lochry. Più avanti, lungo l’Ohio, Clark si fermò allo sbocco del fiume Kanawha, ma decise ancora di spostarsi in modo da prevenire diserzioni. Clark lasciò un foglio attaccato ad un tronco con istruzioni per Lochry di continuare a seguirlo. Il 14 agosto Lochry scrisse a Clark che i suoi uomini «erano col morale alto e determinati ad andare dove fosse loro ordinato», e di aver anche catturato 16 disertori delle truppe di Clark e che li stava portando con sé. Il giorno dopo Lochry trovò il maggiore Cracraft al campo di Three Island. Cracraft consegnò a Lochry un grande battello e quindi, in canoa, si avviò per ricongiungersi alle truppe di Clark. Il giorno seguente Lochry mandò il capitano Samuel Shannon e sette uomini con una lettera per Clark, nella quale chiedeva al suo superiore di lasciargli una maggior quantità di provviste, in quanto era rimasto a corto di farina e non voleva avere dei ritardi dedicando tempo prezioso alla caccia. Il giorno dopo Lochry mandò due uomini a cacciare, ma essi non fecero mai più ritorno.


“In marcia per raggiungere Lochry” – immagine digitale di Randy Steele

La sera del 18 agosto 1781 Clark e i suoi uomini sbarcarono appena dopo lo sbocco del fiume Gran Miami, sul confine attuale degli stati di Ohio e Indiana. Il gruppo di guerra di Brant era nascosto sulla riva nord dell’Ohio ma, con una truppa molto meno numerosa della grande spedizione di Clark, Brant rimase occultato e in silenzio, mentre Clark passava senza problemi. Questa fu un’occasione persa per le opportunità degli Anglo-Indiani: se McKee e Simon Girty non avessero ritardato mentre cercavano di raccogliere rinforzi, avrebbero potuto tendere un’imboscata a Clark, che gli Indiani temevano più di ogni altro comandante, in un momento in cui le diserzioni lo avevano reso vulnerabile. Lo storico Randolph Downes scrive: «Gli studiosi della vita di George Rogers Clark non hanno mai sufficientemente rimarcato quanto vicini lui e la sua spedizione fossero giunti alla distruzione totale quando discesero il fiume Ohio nel 1781. Benché avesse perso l’occasione di tendere un’imboscata a Clark, Brant trovò presto un altro obiettivo. Il 21 agosto Brant catturò il maggiore Cracraft e sei uomini che stavano provando a raggiungere Clark. Brant catturò anche alcuni uomini del distaccamento del capitano Shannon. Dalle lettere trovate indosso ai suoi prigionieri, Brant apprese che il gruppo di Lochry non si trovava molto indietro. Brant mandò un messaggio a McKee, chiedendogli di affrettarsi perché «mentre i nemici sono sparpagliati noi possiamo facilmente farcela contro di loro.» Comunque Brant si preparò ad attaccare Lochry a prescindere dall’eventuale arrivo dei rinforzi di McKee. Alle 8 del mattino del 24 agosto il gruppo di Lochry sbarcava sulla riva nord del fiume Ohio, vicino allo sbocco di un torrente che distava meno di 20 chilometri dalla foce del Great Miami. Secondo alcuni rapporti, Lochry fu attirato a riva da uno stratagemma di Brant, che aveva lasciato in vista alcuni Americani catturati e attaccò Lochry quando prese terra per liberarli. Secondo racconti più dettagliati, invece, Brant aveva preparato questa trappola, ma avvenne che i “Pennsylvani” sbarcassero poco più a monte senza aver visto i prigionieri. Ciò nonostante, gli uomini di Lochry giunsero sulla riva tanto vicino che Brant, che non aveva ancora ricevuto i rinforzi da McKee, riuscì ugualmente a condurre l’attacco.


La sconfitta di Lochry

Il 9 settembre due Americani prigionieri rivelarono che la spedizione di Clark era stata richiamata a causa della penuria di uomini. I 64 prigionieri furono suddivisi fra le tribù. Alcuni di questi vennero successivamente uccisi. Com’era costume, gli Indiani portarono alcuni prigionieri ai loro villaggi e li adottarono ritualmente, per rimpiazzare i guerrieri caduti. Tuttavia la maggior parte di loro venne venduta agli Inglesi a Detroit e quindi trasferita in carcere a Montreal. Pochi riuscirono a scappare dalla prigionia, mentre i restanti furono rilasciati nel 1783, dopo la fine della guerra. Dei più di 100 uomini che avevano preso parte alla spedizione di Lochry, il numero di loro che alla fine riuscì a tornare a casa fu stimato attorno più o meno alla metà.
La “Disfatta di Lochry”, come la battaglia finì per essere generalmente chiamata nella storia americana, fu un colpo devastante per la gente della Westmoreland County. Quasi ogni famiglia ne venne toccata. I residenti nella Contea erano allarmati per aver perso così tanti dei loro soldati di maggior esperienza in un momento in cui essi sarebbero stati necessari per difendere la frontiera. Il 3 dicembre 1781 il generale William Irvine, nuovo comandante di Fort Pitt, scriveva a Josph Reed: «Sono spiacente di informare Vostra Eccellenza che questa Contea ha subito un duro colpo con la perdita del colonnello Lochry e di cento degli uomini migliori di Westmoreland County, inclusi il capitano Stockely e la sua compagnia di rangers. Essi stavano discendendo l’Ohio con la spedizione del generale Clark; molti riscontri concordano sul fatto che essi furono uccisi o catturati alla foce del fiume Miami. Io penso che nella maggior parte siano stati uccisi. Questo infortunio, aggiunto al fallimento della spedizione del generale Clark, ha riempito la popolazione di sgomento. Molti parlano di una ritirata sul lato est delle montagne a inizio primavera. Invero vi è grande motivo di aspettarsi che i Selvaggi e forse gli Inglesi di Detroit ci attaccheranno duramente in primavera e io penso che non ci sia mai stato un posto – se non un paese – in una peggiore posizione di difesa.»
La perdita del distaccamento di Lochry si rivelò un contraccolpo fatale per la campagna di Clark del 1781. All’inizio di settembre Clark tenne una serie di riunioni con ufficiali della milizia del Kentucky a Fort Nelson. Clark era sostenitore dell’effettuazione di una spedizione in Ohio, affermando: «Io sono pronto a condurvi in ogni azione che abbia le più ampie prospettive di un vantaggio, per quanto temeraria essa possa sembrare.» Data l’avanzata stagione e la penuria di uomini disponibili, il consiglio respinse la proposta di Clark e decise invece di restare sulla difensiva, sebbene si proponesse che venisse condotta un’altra campagna contro Detroit l’anno successivo.
George Girty
Qualche tempo dopo la sconfitta di Lochry, Brant e Simon Girty ebbero un alterco sul fiume Ohio. Secondo voci che circolarono all’epoca, Girty ebbe da eccepire sul fatto che Brant si vantasse del successo della spedizione, forse perché Girty pensava che suo fratello George meritasse maggior credito.
I due uomini che, si disse, erano ubriachi, vennero alle mani e la lite terminò quando Brant colpì Girty alla testa con la spada. La ferita, che richiese parecchi mesi per guarire, lasciò una cicatrice sulla fronte di Girty. Quando, in ottobre, Brant tornò a Detroit, aveva una ferita da taglio nella gamba, che si era infettata e all’inizio sembrava dovesse portare all’amputazione. Ufficialmente si disse che la ferita era stata accidentale, ma vi furono voci che si trattasse di una conseguenza della lite con Girty. Mentre gli Irochesi di Brant tornavano a casa, egli fu costretto a rimanere a Detroit per il ricovero in ospedale. Dopo la Disfatta di Lochry la maggior parte dell’armata anglo-indiana si era dispersa, anche se McKee convinse 200 uomini ad accompagnarlo in un’incursione nel Kentucky, che culminò in quello che i Kentuckiani chiamarono il “Massacro di Long Run”.

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