I Nativi nella Guerra di Rivoluzione Americana – 2

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.

L’assedio di Fort Stanwix e la battaglia di Oriskany
Fort Stanwix occupava una posizione strategica sul “portage” occidentale noto come “il passaggio Oneida” (vicino all’attuale Rome, New York), tra il fiume Mohawk, che scorreva a sud est dell’Hudson, e Wood Creek, le cui acque vanno a gettarsi nel Lago Ontario. Costruito dagli Inglesi nel 1758, durante la guerra Franco Indiana, sopra l’unico tratto di suolo asciutto in tutta l’area, il forte era andato in rovina.
Quando nel 1776 la Guerra di Rivoluzione Americana si espanse fino ad includere le zone di frontiera tra New York e la Provincia di Quebec, il sito divenne nuovamente strategicamente importante.
Nell’aprile del 1777 il maggiore generale dell’esercito continentale, Philip Schuyler aveva dato ordine al colonnello Peter Gansevoort, al comando del 3° Reggimento di New York, di occupare e ripristinare il forte per adibirlo a difesa contro le incursioni inglesi e indiane provenienti da Quebec. Queste truppe arrivarono nel mese di maggio e si misero immediatamente all’opera per riattare il forte. Sebbene ufficialmente il forte fosse rinominato Fort Schuyler, esso rimase universalmente noto con il nome originale. Gli alleati Oneida misero in guardia il forte sul fatto che gli Inglesi stessero pianificando una spedizione nella valle del Mohawk, facendo accelerare il ritmo dei lavori. All’inizio di luglio Gansevoort riferì a Schuyler sullo stato dei lavori, nonché sulla penuria di provviste e munizioni. L’8 luglio Schuyler ordinò la fornitura al forte di quanto richiesto.
St. Leger, che per la spedizione era stato nominato brevet brigadiere generale, assemblò truppe di diversa provenienza: regolari inglesi dell’8° e 34° Reggimento, qualche artigliere, 80 cacciatori (jäger) tedeschi dell’Assia-Hanau, 350 Lealisti del King’s Royal Regiment di New York, una compagnia di Rangers di Butler e circa 100 operai civili canadesi. La sua artiglieria consisteva di due pezzi da 6 libbre, due da 3 libbre e quattro piccoli mortai. Egli si aspettava che quest’armamento fosse adeguato per la presa di un forte decrepito, con circa 60 difensori, come da ultimo rapporto spionistico ricevuto quando aveva lasciato Lachine, nei pressi di Montreal, il 23 giugno. St. Leger apprese prima che gli Americani avevano occupato Stanwix in forze quando alcuni prigionieri catturati di quella guarnigione erano stati portati da lui sul San Lorenzo. Gli venne riferito che i prigionieri affermavano che Fort Stanwix era stato rimesso in ordine ed era “guardato da più di 600 uomini… e i ribelli ci stanno aspettando, sono al corrente della nostra forza e del nostro percorso.” Daniel Claus, l’agente indiano che accompagnava la spedizione, convinse St. Leger ad andare a Oswego, dove poteva essere reclutato un corpo di guerrieri indiani. Il 14 luglio St. Leger giunse ad Oswego, dove Joseph Brant e circa 800 Indiani si aggiunsero alla spedizione. Si trattava principalmente di Mohawk e Seneca, ma c’erano anche guerrieri delle altre tribù della Lega Irochese (non Oneida e Tuscarora, che si dichiaravano ancora neutrali) e alcuni Indiani provenienti dalla zona dei Grandi Laghi.
Dopo che ebbe lasciato Oswego, St. Leger fu raggiunto da un altro rapporto, che affermava che nuovi rifornimenti erano in viaggio via fiume verso il forte. Lo spostamento del corpo principale delle truppe sul Wood Creek venne bloccato e ritardato da tronchi abbattuti che erano stati posti di traverso sul torrente. Allora St. Lager distaccò Brant con 200 Indiani e 30 regolari per intercettare la provviste, ma l’arrivo di Brant nei pressi del forte, il 2 agosto, fu tardivo. Il convoglio dei rifornimenti, scortato da 200 uomini del 9° Reggimento del Massachusetts, era già arrivato a destinazione. Gli uomini di Brant riuscirono a catturare il capitano del battello dei rifornimenti. Il giorno dopo arrivò il grosso delle truppe inglesi, l’artiglieria non giunse sul posto ancora per parecchi giorni.
Tre Jäger (“cacciatori”) d’Assia-Hanau
Inizialmente St. Leger tentò di spaventare gli occupanti del forte schierando le sue truppe – compresi gli Indiani nel loro abbigliamento di guerra – davanti alla postazione nemica. Non ottenendo risultato, mandò una bandiera bianca con un proclama scritto dal generale Burgoyne; Gansevoort rifiutò di rispondere. A questo punto St. Leger cominciò le operazioni di assedio, facendo accampare regolari e artiglieria su una bassa altura a nord del forte, e la maggior parte degli Indiani e dei Lealisti a sud, mente dispose un picchetto di accampamenti indiani lungo il fiume Mohawk. L’artiglieria di St. Leger era ritardata da una tattica che fu usata anche per rallentale l’esercito di Burgoyne dopo la caduta di Ticonderoga: Gansevoort e i suoi uomini avevano sistematicamente abbattuto alberi sul tracciato che la spedizione percorreva nel bosco e St. Leger doveva sgombrare il cammino per far passare la sua artiglieria. Quel lavoro occupava ben 250 uomini della sua truppa, mentre gli Indiani continuavano a circondare il forte.
Tre Jäger (“cacciatori”) d’Assia-Hanau

Il 3 agosto 1777 sugli spalti di Fort Schuyler (Stanwix) sventolò, per la prima volta, la prima bandiera ufficiale degli Stati Uniti. Il 14 giugno, infatti, il Congresso Continentale aveva adottato la seguente risoluzione: “Viene stabilito che la bandiera degli Stati Uniti abbia tredici strisce, rosse e bianche alternate; che vi siano tredici stelle bianche in campo blu, a rappresentare una nuova costellazione.” La risoluzione non venne firmata dal segretario del Congresso fino al 3 settembre, benché la sua attuazione fosse già stata resa nota dai giornali. I rinforzi del Massachusetts a Fort Schuyler portarono la notizia dell’adozione della nuova bandiera da parte del Congresso. I soldati tagliarono le loro camicie per fare le strisce bianche; il tessuto rosso fu assicurato dalle gonne di flanella rossa delle mogli degli ufficiali, mentre il materiale per il campo blu venne fornito dalla stoffa del cappotto del capitano Abraham Swartwout. Esiste una ricevuta che attesta che il Congresso risarcì il capitano per il cappotto usato per la bandiera.

La battaglia di Oriskany

Avvisato della possibilità di un attacco inglese lungo il fiume Mohawk, Nicholas Herkimer, a capo della Commissione di sicurezza della Contea di Tryon, il 17 luglio aveva emanato un proclama, mettendo in guardia la popolazione su un possibile arruolamento militare ed esortandola a rispondere se necessario. Avvisato dagli alleati Oneida che gli Inglesi si trovavano a quattro giorni di cammino da Fort Stanwix, il 30 luglio Herkimer proclamò la chiamata alle armi. Venne raccolta un’armata di 800 uomini della milizia della Contea di Tryon; essa era composta per lo più da agricoltori male addestrati, discendenti principalmente da Tedeschi del Palatinato. Partita il 4 agosto, la colonna si accampò nei pressi del villaggio Oneida di Oriska il 5 agosto.


I King’s Royal Yorkers in una ricostruzione del 2010

Mentre un gruppo di uomini della milizia venne ritirata dalla colonna a causa della mancanza di requisiti, le forze di Herkimer furono incrementate da una compagnia di 80-100 guerrieri Oneida, condotti da Han Yerry, forte sostenitore della causa dei patrioti. Quella sera Herkimer mandò tre uomini verso il forte con messaggi per il colonnello Gansevoort. Questi avrebbe dovuto segnalare il ricevimento dei messaggi con tre colpi di cannone e poi effettuare una sortita per incontrare la colonna in avvicinamento. A causa della difficoltà di penetrazione nelle linee inglesi, i corrieri non consegnarono i messaggi fino alla tarda mattinata del giorno dopo, quando la battaglia era già in corso.
Il 5 agosto St. Leger apprese da un messaggero, inviato da Molly Brant a suo fratello Joseph Brant, il capo Mohawk che comandava un gruppo del contingente di Nativi di St. Leger, che Herkimer e la sua spedizione di soccorso stavano per sopraggiungere. Quella sera St. Leger mandò un distaccamento di fanteria leggera dei Royal Yorkers di Sir John Johnson sulla strada per monitorare la posizione di Herkimer; il giorno dopo, di primo mattino, anche Brant si portò in posizione con circa 400 fra Indiani e Butler’s Rangers. Sebbene alcuni Indiani fossero armati di moschetti, altri avevano solo tomahawk e lance. Il mattino del 6 agosto Herkimer tenne un consiglio di guerra. Poiché i suoi uomini non avevano ancora udito giungere dal forte il segnale che aspettavano, decise di aspettare. Ma i suoi ufficiali lo incitavano perché continuasse il cammino, accusando Herkimer di essere un Tory, cioè un Lealista, perché suo fratello era agli ordini di St. Leger.
Punto sul vivo da queste accuse, Herkimer ordinò che la colonna proseguisse la marcia verso Stanwix. A circa 6 miglia dal forte la strada scendeva di più di 15 metri lungo un canalone paludoso, al fondo del quale si snodava un ruscello largo circa 1 metro. Savenqueraghta e Cornplanter, due capi di guerra Seneca, avevano scelto questo punto per tendere un’imboscata. Mentre i King’s Royal Yorkers aspettavano al riparo di un boschetto vicino, gli Indiani si erano nascosti ad entrambi i lati del canalone. Il piano prevedeva che gli Yorkers fermassero la testa della colonna, dopo di che gli Indiani avrebbero attaccato ai fianchi tutta la colonna. Alle 10 del mattino la colonna di Herkimer, con in testa lo stesso Herkimer a cavallo, discese nel canalone, attraversò il ruscello e cominciò a risalire dall’altra parte. Contrariamente a quanto stabilito, gli Indiani che erano in attesa vicino alla retroguardia della colonna, apparentemente incapaci di contenersi più a lungo, aprirono il fuoco, cogliendo la colonna completamente di sorpresa. Il colonnello Ebenezer Cox, che comandava il 1° Reggimento (Distretto di Canajoharie), fu abbattuto da cavallo e morì alla prima scarica. Herkimer girò il cavallo per vedere l’azione e subito dopo fu colpito da una pallottola, che gli maciullò una gamba e uccise il cavallo. Diversi suoi ufficiali lo trasportarono ai piedi di un faggio; lì i suoi uomini lo spronavano a ritirarsi per evitare danni ulteriori. Egli replicò, sprezzantemente: “Io voglio fronteggiare il nemico” e si sedette con calma appoggiandosi all’albero, accendendo la pipa e dando indicazioni e parole d’incoraggiamento agli uomini che aveva vicino.
Poiché la trappola era scattata troppo presto, una parte della colonna militare non era ancora entrata nel canalone. La maggior parte di questi uomini cadde in preda al panico e fuggì; alcuni degli Indiani li inseguirono, causando una striscia di morti e feriti che si estendeva per parecchie miglia. Tra le perdite della retroguardia della colonna e quelli uccisi o feriti nelle scariche iniziali, verosimilmente solo la metà circa degli uomini di Herkimer combatterono nella battaglia per trenta minuti. Qualcuno fra gli attaccanti, in particolare quelli non armati di moschetto, aspettava il lampo dello sparo di un nemico per poi correre all’attacco con il tomahawk prima che quello avesse il tempo di ricaricare, una tattica molto efficace contro quegli uomini che non avevano baionette. Louis Atayataronghta, un guerriero Mohawk che combatteva con gli uomini di Herkimer, sparò e uccise uno dei nemici i cui fuoco era stato devastante per la sua precisione, annotanti che “ogni volta che si solleva, uccide uno dei nostri.”
Gli uomini di Herkimer alla fine si ricompattarono, combattendo al di fuori del canalone, sulla cresta che sta ad ovest.


Herkimer a Oriskany – dipinto di Don Troiani

John Johnson, preoccupato per la tenacia della milizia, ritornò al campo inglese e richiese a St. Leger che gli fornisse dei rinforzi, poco prima dello scoppio di un forte temporale. Tornò sul luogo della battaglia con altri settanta uomini. Il temporale provocò un’ora di interruzione nel combattimento; in questo tempo Herkimer raggruppò la sua milizia su un terreno sopraelevato. Egli istruì i suoi uomini perché combattessero a coppie: mentre uno sparava e ricaricava, l’altro aspettava e poi sparava solo se attaccato. Così organizzate a sparare in staffetta, le coppie cercavano di tenere almeno un’arma sempre carica, per ridurre l’efficacia degli attacchi con i tomahawk. John Butler, capo dei Rangers, durante la tempesta ebbe il tempo di interrogare alcuni prigionieri ed apprese del segnale con i tre colpi di cannone. Quando arrivarono Johnson e i rinforzi, Butler li convinse a rigirare le loro giubbe con l’interno verso l’esterno, in modo da essere scambiati per una spedizione di soccorso americana che arrivava dal forte. Quando ricominciò il combattimento, Johnson e il resto dei suoi Royal Yorkers si unirono alla battaglia, ma uno dei componenti della milizia, il capitano Jacob Gardinier, riconobbe fra gli arrivati un suo vicino Lealista. Il combattimento, talvolta uno scontro corpo a corpo, continuò per qualche tempo.
Quando, all’incirca alle 11, i messaggeri di Herkimer raggiunsero il forte, il colonnello Gansevoort organizzò la sortita che era stata richiesta. Passato il forte temporale, il tenente colonnello Marinus Willett condusse fuori del forte 250 uomini e cominciò a rastrellare i vicini accampamenti nemici deserti a sud del forte. I pochi Indiani e Inglesi (incluse le donne) rimasti in questi campi fuggirono e lungo il cammino furono presi quattro prigionieri; dai campi indiani i Patrioti raccolsero coperte e altri oggetti personali. Fu razziato con successo anche il campo di John Johnson, e furono prese sue lettere e altri scritti (compresa una lettera della fidanzata di Gasevoort a lui indirizzata). Uno degli Indiani rimasti di retroguardia a sentinella del campo corse sul campo della battaglia per avvertire i guerrieri che i loro accampamenti erano sotto incursione. Questi si sganciarono lanciando il grido tradizionale “del ritiro” dei Seneca e si precipitarono agli accampamenti per proteggere le donne e i beni. Questo costrinse anche il piccolo contingente di Tedeschi e Lealisti a ritirarsi.
La malconcia rimanenza della forza di Herkimer, con lui stesso seriamente ferito e molti dei suoi ufficiali uccisi, si ritirò a Fort Dayton. La gamba gli fu amputata, ma l’operazione riuscì male ed il 16 agosto egli morì. Il giorno seguente, mentre gli Indiani portavano via la maggior parte dei loro morti dal campo di battaglia, molti patrioti morti o feriti vennero lasciati sul posto. Quando la colonna di soccorso di Benedict Arnold, parecchie settimane dopo, arrivò sul luogo dello scontro, secondo varie fonti c’era un fetore veramente repellente. Quando il generale Philip Schuyler apprese della ritirata da Oriskany, organizzò subito una spedizione aggiuntiva di soccorso da mandare nella zona. L’assedio a Fort Stanwix venne infine tolto il 21 agosto, quando si avvicinò la colonna di aiuti di Benedict Arnold. Mentre si trovava a Fort Dayton, Arnold mandò messaggeri all’accampamento inglese per convincere gli assedianti Inglesi ed Indiani che le sue truppe erano molto più numerose di quanto fossero nella realtà.


Gli Oneida alla battaglia di Oriskany

Per il comportamento tenuto nella battaglia, il lealista John Butler fu promosso tenente colonnello e autorizzato ad arruolare un reggimento, che poi divenne noto come “Butler’s Rangers”. Dopo la fine dell’assedio alcuni Lealisti tornarono a Quebec. Altri, compresi numerosi guerrieri di varie tribù, parteciparono alla campagna di Burgoyne sull’Hudson.
Brant e Savenqueraghta, principale capo Seneca, avevano proposto di continuare il combattimento il giorno dopo, con l’inseguimento dei Coloniali seguendo il corso del fiume verso German Flatts, ma St. Leger aveva respinto la loro proposta. Questa battaglia segnò l’inizio della guerra civile nella Confederazione Irochese. Era la prima volta che le loro tribù avevano combattuto l’una contro l’altra. Quattro nazioni: Mohawk, Seneca, Cayuga e Onondaga erano alleate degli Inglesi, come pure qualche Oneida. Gli Irochesi del campo di St. Leger si riunirono in consiglio e decisero di mandare a Oneida e Tuscarora, alleati dei ribelli, un’ascia insanguinata. Alla fine dell’assedio, i Mohawk di Brant invasero e bruciarono l’insediamento Oneida di Oriska. Per ritorsione gli Oneida saccheggiarono i villaggi di Tiononderoge e Canajoharie. In seguito razziarono Fort Hunter Mohawk, costringendo la maggior parte dei Mohawk della zona centrale del New York a fuggire a Quebec.
Secondo alcuni racconti della metà del XIX secolo, si dice che gli Indiani di Brant avessero torturato e mangiato alcuni prigionieri. Gli storici moderni contestano questa versione. E’ più verosimile che alcuni dei prigionieri venissero uccisi ritualmente (cosa che per gli Europei è estremamente simile alla tortura); non appare alcuna evidenza di cannibalismo (rituale o meno). John Butler riferì che quattro prigionieri degli Indiani “vennero alla fine uccisi in conformità ai costumi indiani.”
Basandosi sulla percentuale delle perdite riscontrate, la battaglia fu una delle più sanguinose della guerra. Circa la metà degli effettivi di Herkimer furono uccisi o feriti, e così fu per il 15% dell’armata britannica. St. Leger rivendicò la vittoria, essendo riuscito a fermare la colonna di soccorso americana, ma gli Americani avevano mantenuto il controllo del campo dopo il ritiro degli Indiani nemici. La vittoria inglese fu annacquata dallo scontento degli Indiani dopo lo scontro: quando si erano uniti alla spedizione, essi si aspettavano che i soldati inglesi avrebbero sostenuto il maggior peso della battaglia. In quest’azione gli Indiani erano stati i combattenti dominanti e alcuni di loro avevano subito la perdita di beni personali durante la sortita degli Americani dal forte. Questo colpo al loro morale contribuì al successivo fallimento della spedizione di St. Leger.

L’assedio di Fort Henry

Nell’estate 1777 nelle zone di frontiera della Virginia e della Pennsylvania cominciarono a circolare voci sulle intenzioni degli Indiani dell’Ohio. Secondo queste notizie essi stavano pianificando attacchi contro gli insediamenti di frontiera posti lungo il bacino del fiume Ohio. Fort Henry, che era stato costruito nel 1774 per proteggere i coloni sparsi nell’area che oggi appartiene a Wheeling, in West Virginia, era uno degli obiettivi probabili. All’inizio di agosto il generale Edward Hand, comandante del vicino Fort Pitt, avvisò della minaccia il tenente David Sheperd e tutti gli altri ufficiali della milizia locale, ordinando loro di riunirsi a Fort Henry. Da quel momento per un certo tempo le compagnie della milizia stazionarono a Fort Henry, incrementando le misure difensive e pattugliando i dintorni. Ma la mancanza di ogni evidente minaccia indusse molte di queste compagnie a lasciare il forte e a tornare alle loro case. Alla fine di agosto erano rimaste solo due compagnie, quelle dei capitani Joseph Ogle e Samuel Mason.


Un guerriero Mohawk

Per alcune fonti la battaglia ebbe luogo il 1 settembre, per altre il 21. La sera della battaglia una banda di circa 200 Indiani di tribù miste (per lo più Wyandot e Mingo, con la presenza di qualche Shawnee e Delaware), sotto la guida del capo Urone Pomoacan, si avvicinò furtivamente al forte. Quando al mattino presto quattro uomini lasciarono il forte, gli Indiani li attaccarono, uccidendone uno. Gli altri tre fuggirono; due di loro riuscirono a tornare al forte per dare l’allarme. Aspettandosi una sortita dal forte, gli Indiani prepararono un’imboscata. Il capitano Mason infatti condusse fuori dal forte un gruppo che si mise alla ricerca degli Indiani. Uno degli uomini di Mason incappò in un Indiano e gli sparò, provocando il fuoco serrato dei Nativi.
Vedendo che stavano per essere circondati, Mason e i suoi si ritirarono, con il capitano che subì ferite tanto gravi da essere costretto a nascondersi lungo il sentiero piuttosto che tornare al forte. Quando Ogle condusse fuori dal forte alcuni uomini in soccorso, anche il suo gruppo venne attaccato ed egli fu costretto a fermarsi e a mettersi al coperto. Comunque sia lui che Mason alla fine riuscirono a rientrare nel forte. Successivamente il gruppo di guerra indiano incendiò le capanne circostanti, distruggendo il bestiame. Il maggiore Samuel McColloch guidò un piccolo gruppo di armati da Fort Vanmetre, seguendo il Short Creek per soccorrere l’assediato Fort Henry. Mc Colloch rimase separato dai suoi uomini e venne inseguito dagli Indiani attaccanti. Sul suo cavallo McColloch risalì la collina di Wheeling Hill e compì quello che divenne noto come “il balzo di McColloch”, il salto di un burrone che stava al di là dell’altura. Gli Indiani corsero sul bordo del colle, aspettandosi di vedere il maggiore che giaceva morto in un fagotto informe sul fondo del burrone. Con loro grande sorpresa invece videro McColloch, ancora in sella al cavallo, che galoppava allontanandosi da loro.


Una famosa illustrazione del “Balzo di McColloch”

Gli Indiani rimasero tutta la notte all’esterno del forte, danzando e urlando, ma non attaccarono mai direttamente. Si allontanarono la mattina dopo, con la perdita di un morto e nove feriti. Mentre gli Americani avevano perso 15 uomini, con cinque feriti.

La battaglia di Cobleskill

Con il fallimento della campagna dell’Hudson del generale inglese John Burgoyne, conclusa con la sconfitta nelle due battaglie di Saratoga, la Guerra di Rivoluzione Americana nel nord dello Stato di New York divenne una guerra di frontiera. Gli amministratori inglesi della Provincia di Quebec sostenevano i combattenti Lealisti e i Nativi nella guerriglia con provviste e armamenti. Nell’inverno 1777-78 Brant e altri alleati indiani degli Inglesi approntarono piani per attaccare gli insediamenti di frontiera in New York e Pennsylvania. Nel mese di febbraio 1778 Brant stabilì una base operativa a Onaguaga (l’odierna Windsor, Stato di New York). Egli reclutò un’armata mista di Lealisti e Irochesi, che si stima assommare a due-trecento uomini al momento in cui cominciò la campagna, nel mese di maggio. Uno dei suoi obiettivi era di acquisire rifornimenti per le sue truppe e quelle di John Butler, che stava pianificando di operare nella valle del fiume Susquehanna.
Nel 1778 l’insediamento di Cobleskill (Stato di New York) consisteva di venti famiglie che vivevano in fattorie sparse lungo il Cobleskill Creek. La zona faceva parte della più vasta area dello Schoharie Creek, che forniva significative scorte di alimenti all’impegno dei coloni nella guerra. La sua principale difesa era costituita dalla piccola milizia locale comandata dal capitano Christian Brown. Quando, nella primavera del 1778, la probabilità di attacco da parte degli Irochesi si fece elevata, la milizia fece richiesta per ottenere ulteriori forze difensive. Il colonnello Ichabod Alden, dell’Esercito Continentale, mandò una compagnia di trenta-quaranta uomini del suo 7° Reggimento Massachusetts, al comando del capitano William Patrick, in supporto alle forze della milizia.
Il mattino del 30 maggio Brant preparò una trappola per i difensori di Cobleskill. Mandò avanti un piccolo numero di Nativi come esca. Il reparto del capitano Patrick e la milizia locale li intercettarono vicino al confine meridionale dell’insediamento. Nonostante il capitano Brown avesse avvertito che poteva trattarsi di una trappola degli Indiani, Patrick proseguì in avanti, continuando a inseguire gli Indiani in ritirata, ingaggiando una battaglia di movimento. Dopo circa un miglio Brant fece scattare la trappola, e la compagnia di Patrick venne travolta dalle superiori forze di Brant. Nella battaglia Patrick rimase ucciso, insieme al suo vice capo, e lo stesso avvenne per circa la metà dei suoi uomini. Brown organizzò il resto delle truppe in modo da effettuare una efficace ritirata verso il villaggio.


La battaglia di Kobleskill

Cinque uomini trovarono rifugio nella casa di George Warner, ma perirono tutti nell’incendio che gli attaccanti avevano appiccato alla casa. In totale restarono uccisi 22 coloni, otto furono feriti mentre cinque vennero catturati dagli uomini di Brant; le forze attaccanti di Brant contarono nelle loro fila un numero stimati di 25 morti.
Brant e i suoi uomini avevano incendiato dieci case, compresi gli edifici di pertinenza, prima di ritirarsi, e avevano ucciso tutto il bestiame che non avevano potuto portare via. Gli Indiani si preparavano a bruciare al palo i cinque prigionieri catturati, come risarcimento per la precedente fuga di un gruppo di loro prigionieri, che nell’azione avevano anche ucciso diversi Indiani. A questo gruppo di prigionieri venne fatta raccogliere della legna per la propria pira funeraria; effettivamente il fuoco venne appiccato, ma uno dei prigionieri, il tenente Maynard, un frammassone, fece il segno massone di pericolo. A quella vista Brant fermò l’esecuzione. Tutti i prigionieri vennero quindi fatti marciare per 40 giorni, prima raggiungendo Montreal, poi Quebec, sostentandosi solo ciò che essi stessi riuscivano a procurarsi nella loro marcia forzata.
Durante il viaggio gli Indiani, per divertimento, obbligavano i prigionieri alla “corsa del bastone” e a volte li costringevano a intingere la punta delle dita in fornelli di pietra ardente. In nessun momento venne loro data un’indicazione su ciò che li avrebbe aspettati in futuro o sulla speranza di vita che avevano, né dagli Indiani, né dallo stesso capo Brant. A Quebec gli uomini catturati vennero consegnati dagli Irochesi alle autorità inglesi e vennero tenuti in quella località come prigionieri di guerra fino al trattato del 1783. Il racconto del tenente Maynard è contenuto in “1000 famosi frammassoni”, assieme alle vicende di altri cinque massoni, anche loro patrioti rivoluzionari, che allo stesso modo furono risparmiati da Brant.
La cattura e il viaggio dei prigionieri sono relazionati in “Forests and Clearings”, di B.F. Hubbard.

La grande fuga

Nel 1768 la Colonia di Pennsylvania e la Confederazione Irochese avevano firmato il Trattato di Fort Stanwix, con il quale il confine tra le terre coloniali e quelle degli Irochesi veniva modificato in favore della colonia, in cambio di alcune facilitazioni economiche e altre garanzie. Ben presto nell’area interessata cominciarono ad arrivare molti coloni (l’avvenimento fu detto “New Purchase”, Nuova Acquisizione) e l’incremento degli insediamenti lungo il ramo ovest del fiume Susquehanna portò, nel 1772, alla formazione della Contea di Northumberland. Il territorio del New Purchase si estendeva ad ovest fino al “Tiadaghton Creek”. L’appartenenza di questo torrente era contestata, con i coloni che sostenevano si trattasse del Pine Creek (più a ovest, il che dava loro più territorio), mentre gli Irochesi lo consideravano il Lycoming Creek, più ad est. Il governo coloniale aveva riconosciuto come confine Lyncoming Creek, così gli insediamenti sorti ad occidente di quel torrente risultavano aver violato il trattato. Nonostante ciò vi erano coloni ad ovest sia di Lyncoming Creek che di Pine Creek. Poiché si trovavano al di fuori del confine della colonia, i coloni di quest’area non ricevevano né protezione né organizzazione amministrativa da parte della colonia, così essi si diedero un proprio sistema di autogoverno, noto come il “Fair Play System”.
Quando nel 1775 scoppiò la Guerra di Rivoluzione Americana, la maggior parte dei residenti della zona erano favorevoli all’indipendenza dalla Gran Bretagna e supportavano la causa dei ribelli. Quel territorio, divenuto poi noto come Contea di Lyncoming, fornì circa 75 soldati all’esercito continentale. Ma il ramo ovest della valle del Susquehanna divenne esso stesso uno dei fronti di guerra. Secondo la tradizione, il 4 luglio 1776 i Fair Play Men proclamarono una loro Dichiarazione d’Indipendenza dalla Gran Bretagna alla foce del Pine Creek, ancora ignari della Dichiarazione del Congresso Continentale.


I territori contesi ad ovest del Susquehanna

C’erano anche state tensioni fra i coloni e i Nativi, con diversi attacchi, specialmente nell’area “Fair Play”. La situazione si aggravò nell’inverno 1777-78, quando due coloni furono uccisi dagli Indiani in due incidenti separati, mentre due Nativi, che facevano parte di una spedizione di nove, furono uccisi dal colonnello John Antes e dai suoi uomini in uno scontro avvenuto successivamente. Più tardi un gruppo di incursori indiani che avevano compiuto saccheggi lungo il Buffalo Creek, nei pressi di Lewisburg, nella Contea di Union, furono fermati nella Contea di Lyncoming e il loro bottino fu recuperato.
Come parte della campagna del fiume Hudson del generale John Burgoyne nel 1777, gli Inglesi di Quebec avevano arruolato un gran numero di Nativi, alcuni dei quali parteciparono alla stessa campagna. In precedenza il governatore di Quebec, Guy Carleton, aveva circoscritto il loro impiego al solo territorio di Quebec (che all’epoca comprendeva i territori irochesi ora appartenenti alla Pennsylvania), rifiutandosi in particolare di fornire provviste per spedizioni al di là della linea del trattato. Nel maggio 1777 allo stesso Carleton venne ordinato, da parte del Segretario di Stato George Germain, di aumentare i reclutamenti. Carleton lo fece, incoraggiando e finanziando allo scopo John Butler a Fort Niagara. Nell’inverno 1777-78 Butler, Joseph Brant, capo dei Mohawk, e i capi Seneca Cornplanter e Sayenqueraghta pianificarono le operazioni per la stagione di campagne del 1778. Gli alleati non riuscirono immediatamente ad accordarsi sulle azioni da intraprendere ma, in un incontro tenuto nel dicembre 1777, gli Irochesi espressero il desiderio di lanciare contro la frontiera “un’azione veramente formidabile con tutte le loro forze riunite”. In particolare i capi Seneca cercarono di porre l’obiettivo sul ramo ovest del Susquehanna, poiché la zona consentiva l’accesso alle loro terre in quella che è oggi la parte occidentale dello Stato di New York. Dopo aver inizialmente condotto attacchi a sud (contro l’attuale West Virginia e Pennsylvania sud occidentale), spedizioni di guerrieri Seneca, Cayuga e Lenape cominciarono la penetrazione nella parte superiore della valle del Susquehanna.


Gruppo di guerra irochese – dipinto di Robert Griffing

Il 16 maggio 1778 tre coloni furono uccisi dagli Indiani in vicinanza della foce del Bald Eagle Creek, mentre tre uomini, sette donne e parecchi bambini vennero catturati in due attacchi avvenuti nei successivi quattro giorni. Verso fine maggio a Loyalsock Creek tre famiglie coloniche vennero distrutte: le loro abitazioni bruciate, due uccisi e quattordici scomparsi, presumibilmente catturati dagli Indiani. Ancora in attacchi separati tre coloni (un uomo, una donna e un ragazzo) vennero presi prigionieri presso l’attuale Linden e tre Fair Play Men furono uccisi (mentre uno riuscì a fuggire) mentre tentavano di trasportare un’imbarcazione per mettere in salvo le famiglie a Fort Horn, allo sbocco del Pine Creek. Nei pressi della moderna Lock Haven uno scontro a fuoco portò al ferimento di un Indiano e di un Fair Play Man.
Le milizie locali erano a corto di uomini (molti, infatti, si erano arruolati nell’esercito), armi e provviste. Il Supremo Consiglio Esecutivo della Pennsylvania si concentrava nei rifornimenti per l’esercito e riscuoteva le tasse, che in qualche caso corrispondevano a più del patrimonio dei singolo coloni. Nonostante le richieste pressanti di maggiore supporto da parte dei coloni, inizialmente il governo coloniale non mandò aiuti, ma quando la valle del ramo ovest del Susquehanna divenne un nuovo teatro di guerra, il Consiglio riconsiderò la questione.
Il 21 maggio 1778 venne promesso ai coloni l’invio di “cento armi da fuoco, delle quali 31 sono fucili provenienti da Harris’s Ferry (moderna Harrisburg), più altri 70 fucili che sono stati ottenuti dal magazzino continentale”, come pure l’invio di 500 libbre di piombo per pallottole e 250 libbre di polvere da sparo. I coloni chiedevano anche che il generale George Washington mandasse 250 fucilieri dell’esercito in supporto alla difesa della frontiera. Tuttavia nessuno di questi aiuti arrivò i tempo per soccorrere i coloni. Forti primitivi e case fortificate più piccole offrivano una qualche protezione. Da ovest ad est, queste difese includevano Fort Reed, Fort Horn, Antes Fort, una casa fortificata vicino allo sbocco del Lyncoming Creek, la Harris House sulla foce del Loyalsock Creek, Fort Muncy, la Brady House e Fort freeland. Con il peggiorare della situazione, sempre più coloni si spostarono temporaneamente nei forti e nelle casa fortificate. Rimanevano però vulnerabili quando dovevano tornare alle loro case e fattorie per attendere ai campi coltivati e al bestiame.


Fort Freeland

Il 10 giugno 1778 nella storia della Contea di Lyncoming è stato chiamato “il giorno più sanguinoso”: si verificarono infatti tre attacchi separati contro gruppi di coloni. Due di questi attacchi avvennero lungo il Loyalsock Creek, il terzo vicino al Lyncoming Creek. Nella prima circostanza un gruppo di dodici uomini, comprendenti un Indiano alleato e un uomo di colore, era uscito dalla fortificata Wallis House, nei pressi dell’attuale Muncy, per cercare dei cavalli che erano stati rubati. Robert Covenhoven, guida ed ex militare, fu inviato come messaggero a sollecitare il ritiro del gruppo. Quando il comandante della piccola spedizione, capitano Berry, si rifiutò di tornare, Covenhoven si unì al gruppo come guida e scout. I cavalli non vennero ritrovati e, tornando per la stessa strada dell’andata (contro il consiglio di Covenhoven), il gruppo subì un’imboscata. Alcuni vennero uccisi nello scontro, sei furono catturati (incluso l’uomo di colore, che fu bruciato al palo) e Covenhoven riuscì a fuggire con pochi altri.
Nel frattempo, nello stesso giorno un secondo gruppo di tre uomini era partito dalla Wallis House per recuperare alcuni capi di bestiame dalla fattoria Thomson. Qui subirono un’imboscata da parte di un gruppo di Indiani e almeno un Lealista: due coloni furono uccisi e il terzo ferito e fatto prigioniero. Un altro gruppo, che era in movimento per portare rifornimenti ai forti più ad ovest, udì gli spari, ma ormai troppo tardi per portare aiuto.
Più tardi nella stessa giornata un gruppo di sedici coloni diretti a Lyncoming Creek furono attaccati presso l’attuale località di Williamsport. In quello che divenne noto come il “Massacro di Plum Tree”, dodici coloni rimasero uccisi e furono scalpati, compresi due donne e sei bambini. Due ragazze vennero catturate, mentre un ragazzo e una ragazza riuscirono a fuggire, raggiungendo Lyincoming Tree. I due erano così spaventati da non riuscire a comunicare con chiarezza quale era stato il luogo del massacro.
Ricerche condotte in seguito ritrovarono tutte le vittime dei tre attacchi. Si pensò che tutti gli attacchi fossero opera di un solo gruppo di Indiani e Lealisti che si erano spinti a sud lungo il Lyncoming Creek, sul Sentiero Sheshequin.
Tutti questi attacchi e la mancanza di aiuti militari da parte del governo della Pennsylvania scoraggiarono i coloni sul ramo occidentale del Susquehanna. A inizio estate del 1778 giunse notizia dell’arrivo di un gruppo di guerrieri indiani, forse accompagnati da Lealisti e soldati britannici, diretti verso la valle del ramo ovest del Susquehanna per distruggere gli insediamenti colà esistenti. Queste notizie vennero fornite a Fort Reed da un Nativo alleato di nome Job Chiiloway, poi assassinato nel sonno da un colono ubriaco incontrato in una gara di tiro al bersaglio.
A seguito degli attacchi (e del contemporaneo massacro nella Wyoming Valley), le autorità locali emanarono l’ordine di evacuazione dell’intera valle del ramo ovest del Susquehanna. Almeno due cavalieri sfidarono gli attacchi indiani per andare ad avvertire i coloni di loro conoscenza. Rachel Silverthorn si offrì volontaria (mentre tutti gli uomini si erano rifiutati) per quello scopo, lasciando la sicurezza relativa di Fort Muncy. Cavalcò seguendo il Muncy Creek e il Wyalusing Path avvisando molti abitanti delle fattorie, che raggiunsero la salvezza a Fort Muncy. La sua stessa casa di famiglia fu più tardi incendiata dalle fondamenta. Robert Covenhoven, che aveva servito sotto George Washington nell’esercito continentale ed era sopravvissuto agli attacchi del 10 giugno, si recò a cavallo verso ovest, lungo il fianco della Bal Eagle Mountain per allertare i coloni di Fort Antes e della parte occidentale della valle. Covenhoven è annoverato fra gli uomini Fair Play e fra i firmatari della Dichiarazione d’Indipendenza di Tiadaghton. Molti coloni si erano già radunati in cerca di salvezza nei piccoli forti e nelle case fortificate, ma adesso forti, case coloniche e campi venivano abbandonati, portando qualche animale e pochi averi su zattere sul fiume a est dell’attuale Muncy, proseguendo poi a sud per Fort Augusta. Donne e bambini stavano sulle zattere, mentre gli uomini cavalcavano lungo la riva per proteggerli e guidando il bestiame che erano riusciti a salvare. Le loro proprietà abbandonate furono incendiate dagli assalitori. Fort Horn e gli altri insediamenti Fair Play furono distrutti. Nel New Purchase solo Fort Antes (costruito con tronchi senza corteccia di quercia non combustibile) e la Wallis House, in pietra, scamparono alle fiamme.


Rachel Silverthorn avverte i coloni

Il colonnello Samuel Hunter, comandante di Fort Augusta, fu pesantemente criticato per aver ordinato l’evacuazione. Molti, al tempo, asserivano che l’aiuto dei militari avrebbe permesso ai coloni di resistere agli attaccanti.
Molti coloni tornarono presto alle loro terre, alcuni addirittura mentre le rovine delle loro case stavano ancora fumando. Molti fra coloro che erano fuggiti erano immigrati di recente dal New Jersey, sperando di sfuggire alla guerra e ritornarono al luogo d’origine, essendo armati in modo insufficiente per contrastare gli attacchi. Il governo della Pennsylvania mandò aiuti militari. Il colonnello Thomas Hartley rinforzò Fort Muncy a protezione dei coloni che stavano tornando.

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