I Nativi nella Guerra di Rivoluzione Americana – 11

A cura di Pietro Costantini
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11.

L’assedio di Fort Henry
Fort Henry era un avamposto americano lungo il fiume Ohio, nel punto dove oggi si trova la cittadina di Wheeling, in West Virginia, in prossimità del confine sud est dello stato dell’Ohio. Il forte era stato fondato nel 1774 e denominato inizialmente Fort Patrick Henry. Aveva un muro di circa 360 metri come perimetro, con una torre di legno a ciascun angolo. Ogni torre aveva feritoie per i moschetti e i fucili ed era collegata alle altre da solide passatoie in legno di quercia e di noce. Negli attacchi e negli assedi quasi tutti i combattenti prendevano posto su queste torri.
Dentro il forte vi erano capanne e baracche per dare rifugio agli abitanti dei dintorni in caso di necessità. Sul tetto delle baracche vi era un cannone girevole. Fort Henry aveva un’entrata principale con un pesante portone in legno e un’entrata secondaria molto simile alla prima, ma di dimensioni inferiori. Era considerato inespugnabile, almeno fino a che la gente che stava all’interno non rimaneva a corto di munizioni e rifornimenti. L’area circostante Fort Henry era stata ripulita, coltivata e recintata, rendendola facilmente difendibile in caso di attacco.
I coloni avevano disobbedito all’ordine del re che imponeva che le terre ad ovest dei monti Appalachi dovessero essere riservate ai Nativi americani. Tutta l’area aveva una storia di violenza tra Nativi e coloni.
Una coalizione di circa 300 Wyandot, Shawnee, Seneca, e Delaware si era radunata sul fiume Sandusky sotto la direzione di Simon Girty. Girty da bambino era stato catturato dagli Indiani ed era cresciuto nella loro società, acquistando notorietà per la sua ferocia nei confronti dei coloni. A questa armata indiana si unirono 50 Butler’s Rangers inglesi e l’intera compagnia fu posta sotto il comando del capitano Pratt. Quando la forza anglo-indiana arrivò a Fort Henry, l’incarico della difesa del forte era affidato alla famiglia Zane, sotto la direzione del colonnello David Shephard. La forza effettiva di difesa era costituita da 40 fra uomini e ragazzi, che proteggevano 60 donne e bambini provenienti dalle zone circostanti, che erano venuti al forte in cerca di protezione. Girty e Pratt domandarono la resa, ma Shephard rifiutò, avendo deciso di combattere fino alla morte per proteggere la gente che stava dentro il forte. I coloni erano preparati a gestire quest’assedio, in quanto una forza anglo-indiana aveva già attaccato il forte in precedenza e aveva bruciato completamente tutte le case e le costruzioni. Tra il primo assedio e quello attuale il modello di cannone in legno che in precedenza era posizionato sulla caserma era stato rimpiazzato da uno vero; in più le case coloniche erano state ricostruite, compresa quella di Ebenezer Zane. La sua casa conteneva una riserva supplementare di armi e munizioni, ed era stato deciso di occuparla per difesa nel caso di un altro attacco. Quando un esploratore, John Lynn, annunciò che il nemico si stava avvicinando, si fecero rapidamente i preparativi per opporsi all’attacco. Gli abitanti di tutte le case dei dintorni si erano rifugiati nel forte. Benché l’ufficiale più alto in grado nella contea fosse il colonnello David Shepherd, risulta che il comando effettivo fosse assunto dal colonnello Silas Zane.
Quelli che erano rimasti nella casa di Zane erano Andrew Scott, George Green, Elizabeth (Betty) Zane, moglie del colonnello, Molly Scott, Miss McCulloch, uno schiavo chiamato “Daddy Sam” e sua moglie Kate.


I rifugiati di Fort Henry – murale

I primi tentativi di assedio erano interamente mirati alla distruzione del forte e di tutta l’area circostante. Tutto il primo giorno venne impiegato nel cercare di abbattere il forte e incendiare gli edifici. La prima notte gli Indiani cercarono di bruciare la capanna del colonnello Zane, ma Daddy Sam scorse l’ Indiano che si avvicinava e lo uccise un momento prima che potesse appiccare il fuoco alla casa. Il cannone venne usato intensamente nella fase di difesa da questo primo tentativo, sparando 16 volte, con tanta efficacia che Indiani e Inglesi cercarono di riprodurre l’arma con un tronco cavo avvolto da catene. Quando cercarono di sparare con il loro cannone improvvisato, questo esplose, uccidendo e ferendo i Nativi che stavano intorno. Mentre gli uomini del forte combattevano contro gli attaccanti in quel primo giorno, le donne versavano piombo negli stampi per pallottole, per poi immergerle nell’acqua.
Il giorno seguente i coloni ebbero dei problemi, in quanto la loro riserva di polvere da sparo era molto diminuita e non sarebbero riusciti a difendere il forte ancora per molto, senza poter usare il cannone e i fucili. Elizabeth Zane si ricordò della scorta di polvere nella capanna di suo fratello e si offrì di recuperarla per tre ragioni. Primo: il nemico sarebbe stato meno incline a sparare a una donna e con solo venti uomini in età da combattere ancora in grado di farlo, non si poteva fare a meno di nessuno di loro; secondo: “Betty” sapeva esattamente dove si trovava la polvere nella capanna; terzo: lei era abbastanza giovane e forte per trasportare la riserva di polvere dalla capanna al forte. La cosa che Betty Zane non aveva detto era che non dormiva da 40 ore, essendo stata impegnata a stampare le pallottole per gli uomini che difendevano il forte.
Verso il mezzogiorno del secondo giorno d’assedio, Betty Zane aprì il portone principale di Fort Henry e percorse i circa 500 metri che la separavano dalla capanna di Ebenezer Zane. Ci fu una pausa nel combattimento mentre i Nativi e gli Inglesi la fissavano con stupore mentre scompariva nella capanna. Betty non fu così fortunata nel suo viaggio di ritorno, poiché aveva raccolto la riserva di polvere nel suo grembiule e mentre si allontanava dalla capanna per ritornare al forte gli attaccanti riconobbero il materiale che trasportava e aprirono il fuoco contro di lei. Corse i 500 metri su per la collina dove c’era il forte e lo raggiunse miracolosamente incolume. La polvere da sparo da lei portata permise ai coloni di difendere il forte fino all’arrivo dei rinforzi. Il mattino dopo l’armata anglo-indiana si ritirò per l’arrivo del capitano John Boggs con 70 soldati inviati in supporto al forte.


Elizabeth Zane porta la polvere da sparo al forte

Verso la fine del 1782 arrivarono i dettagli sull’imminente trattato di pace. Il territorio dell’Ohio, che era stato difeso con successo da Britannici e Indiani, era passato dalla Gran Bretagna agli Stati Uniti. Gli Inglesi non avevano consultato gli Indiani nel trattare la pace e i Nativi non vennero menzionati in nessun passo dei termini di pace del trattato. Per gli Indiani, la lotta contro i coloni americani verrà ripresa con la Guerra Indiana del Nord Ovest, questa volta senza il supporto dei loro alleati inglesi.
In seguito alla Guerra la maggior parte del territorio irochese venne posto sotto la giurisdizione del governo degli Stati Uniti con il Trattato di Fort Stanwix del 1784, stipulato con le Sei Nazioni della Lega Irochese. Queste terre vennero più tardi assorbite con trattati successivi dallo stato di New York. La maggior parte della popolazione nativa di questi territori si sarebbe spostata in Canada, Oklahoma e Wisconsin. In conseguenza del Trattato di Parigi del 1783 gli Euro-Americani avevano cominciato ad insediarsi in quelle aree in relativa sicurezza, isolando alla fine le restanti sacche di demoralizzati Irochesi in villaggi isolati, stabiliti con i trattati territoriali con lo stato di New York.


“Patriots Day- ricostruzione a cura della Massachusetts Society

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