Difficoltà e fallimenti nel commercio delle pellicce

A cura di Angelo D’Ambra

Il commercio delle pellicce
Far fortuna con la caccia al castoro non era cosa semplice. Molti persero soldi facendo dei clamorosi buchi nell’acqua. Il capitano Benjamin L. E. Bonneville, partito con centodieci uomini da Fort Osage, dopo aver ottenuto un congedo di due anni dall’esercito, tentò la fortuna inoltrandosi verso le Montagne Rocciose per cacciare. Viaggiò attraverso il South Pass e, all’incrocio tra Horse Creek e il Green River, fondò una rozza fortificazione cui diede il suo nome. La abbandonò al primo invero e spostò il suo accampamento sul fiume Salmon, dove fu costruito un secondo Fort Bonneville. Divise i suoi uomini e li inviò in spedizioni di caccia in quei territori, ma solo il gruppo capeggiato da Joseph Reddeford Walker tornò con un buon numero di pellicce.
Al rendezvous, in primavera, Bonneville aveva guadagnato appena per pagare i suoi uomini. Nel corso dell’anno successivo, tentò ancora la sorte. Walker, in particolare, si spinse in California nella convinzione che a sud-ovest del Great Salt Lake esistesse un’incredibile quantità di animali da pelliccia. Da un punto di vista esplorativo la spedizione fu importantissima perchè prolungò le rotte aperte da Jedediah Smith, ma dal punto di vista commerciale fu un disastro. Quell’anno Bonneville ottenne solo 112 pellicce, così tornò alla vita militare.


Cacciatori

Sorte simile toccò a Nathaniel J. Wyeth. Era un giovane direttore d’una società di esportazione di ghiaccio del Massacchusetts quando lasciò tutto pensando di poter diventare ricco con il commercio di pellicce e la pesca del salmone in Oregon. La sua strategia era semplice e ricalcava quella di Astor. Avrebbe raggiunto la foce del Columbia e vi avrebbe costruito il suo forte, stabilendo una rotta navale da Boston attorno Capo Horn. Partì da Independence il 13 maggio 1832 e si unì a Milton Soublette, prendendo parte alla battaglia di Pierre’s Hole. A fine ottobre mise piede a Fort Vancouver. Qui apprese che la sua nave era andata distrutta e allora iniziò a modificare i suoi piani. Tentò di stabilire contratti per forniture a diverse compagnie, ma senza grandi risultati. Non demorse e allestì una seconda spedizione con la quale ottenne qualche risultato, ma nulla di eccezionale. L’unica cosa che riportò a Boston fu una collezione di piante fino ad allora sconosciute alla botanica.
Il mercato delle pellicce non era terreno per sprovveduti mercanti di città, né per inesperti e maldestri sognatori di facili guadagni. L’agguerrita concorrenza, le infinite difficoltà, le impossibili distanze erano ostacoli impietosi.
La piazza di St. Louis fu il centro di raccolta delle pelli provenienti dalle Grandi Pianure e dalle Montagne Rocciose. Qui esse venivano imballate e destinate ai trasporti per le città americane dell’est e per i mercati europei. In linea di massima non si operavano distinzioni qualitative tra pellicce e ciò assicurava ai mercanti la vendita sicura di tutto il prodotto.
Il problema della qualità era comunque sentito dalle compagnie. Spesso le pellicce venivano danneggiate dagli insetti e dall’umidità durante il viaggio da St. Louis a New York. Tre percorsi furono usati per compiere questo tragitto. Il metodo tradizionale era in battello a vapore fino a New Orleans e da lì via mare a New York.


Un vecchio battello a vapore

Tuttavia, il caldo e l’umidità dell’estate danneggiavano il prodotto. Un percorso alternativo prevedeva la spedizione su battello a vapore sul fiume Ohio sino a Pittsburgh, il loro trasferimento su chiatte e quindi la loro spedizione sul Pennsylvania Canal fino alla costa orientale. Un terzo percorso vedeva le pellicce navigare dal fiume Ohio sino a Buffalo attraverso l’Ohio Canal per poi essere spedite sull’Erie Canal a New York. Nessuna di queste tre soluzioni era soddisfacente, anche perché i canali di Ohio e Pennsylvania erano spesso impraticabili a causa dell’acqua bassa o del ghiaccio. Nella seconda metà degli Anni Trenta dell’Ottocento emerse un sistema diversificato. La rotta sud era preferita in inverno, mentre i canali della Pennsylvania e dell’Ohio furono utilizzati durante il resto dell’anno, soprattutto per pelli di cervo e piccole pellicce.
Sulla costa orientale le pelli di bisonte arrivavano anche su rotaia. A New York, Boston e Montreal venivano trasformate in cappotti, scialli e coperte per il mercato interno. L’Europa era, invece, la destinazione principale per le pelli di daino, castoro e topo muschiato. Queste pellicce salpavano da New York a luglio e a gennaio e raggiungevano Londra e Lipsia in tempo per le fiere di San Michele e Pasqua, principali mercati del continente.
Il potere della Compagnia della Baia di Hudson sui mercati europei fu sempre indiscusso. La HBC riforniva l’Europa di una incredibile e costante quantità di pellicce di castori, lontre, martore, linci e pelli d’orso, spesso azzerando la richiesta per l’anno successivo.
L’irrazionale sfruttamento della caccia, che si spingeva a saturare i mercati di due continenti, era sotto gli occhi delle compagnie ed esse stesse se ne accorsero. Nel 1827 William Ashley sostenne che bisognava introdurre delle pause nella caccia, lasciando i torrenti dei castori indisturbati per un arco di cinque o sei anni. In realtà una pianificazione del genere era impossibile perché le compagnie si facevano una guerra spietata. Fermare per qualche anno quella corsa al massimo guadagno economico sarebbe stato impossibile.


Un fortino della Hudson Bay Company

Prova ne è quanto accadde in Canada. Qui la Compagnia della Baia di Hudson, dopo il 1821, introdusse delle politiche di tutela del castoro. Edwin Denig riferì come le regole introdotte consentissero agli indiani di piazzare trappole solo in determinati corsi d’acqua e solo in determinate stagioni, vietando poi a rotazione i siti di caccia per due o tre anni. Tuttavia tali politiche erano difficili da applicare e far rispettare in luoghi contesi con altre compagnie. La stessa HBC non provò ad attuarla sulle Montagne Rocciose. Lì, secondo Ashley, la Compagnia della Baia di Hudson intrappolò, intorno al 1825, ottantacinquemila castori, per un valore di sessantamila dollari. Così il castoro andò scomparendo.
La proliferazione di postazioni commerciali nell’alto Missouri nel 1820 e 1830 e la conseguente intensificazione delle attività di cattura e caccia generarono un vorticoso esaurimento dei castori.


Un cacciatore di castori

Questo esaurimento fu notato anche Denig che ricordò come i castori si trovassero in grande abbondanza “nell’alto Missouri, ma negli anni ’30 del XIX secolo erano diventati molto rari, essendo stati intrappolati e catturati dagli indiani e dai cacciatori di pellicce che risiedevano con loro”. Già nel 1831, secondo il commerciante William Gordon, i castori erano fantasmi nelle Grandi Pianure settentrionali e sul finire del decennio l’animale sarebbe finito in via d’estinzione anche nelle aree accessibili delle Montagne Rocciose.
Il castoro fu salvato dall’estinzione solo perché la domanda di pelli nel mercato europeo fu drasticamente ridotta dopo il 1833. Il prezzo di mercato cadde così in basso alla fine del decennio che non fu più redditizio catturarlo. Nel 1854, Denig osservò che i castori erano di nuovo “abbastanza abbondanti in tutti i piccoli corsi d’acqua e nel Missouri e Yellowstone”.

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