Donne spie per la Confederazione
A cura di Angelo D’Ambra
Rose O’Neal Greenhow, soprannominata Wild Rose
Sia al Nord che al Sud erano consapevoli che numerosi fattori avrebbero concorso a definire la vittoria o la sconfitta. Uno di questi sicuramente era l’assicurarsi quante più informazioni possibili sull’avversario, un flusso continuo, sempre aggiornato. La spia diveniva quindi un’arma potente, capace di scoprire dove e quando il nemico avrebbe attaccato, come si sarebbe mosso, con quali armi, con quanti uomini. Già George Washington si era servito del culper ring, una rete spionistica che, non a caso, era centrata a New York, base delle forze inglesi. Le notizie che questi agenti riuscirono a ricavare garantirono, nel dicembre del 1776, l’attraversamento del Delaware e la cattura della guarnigione di Trenton.
Nel corso della Guerra Civile, memori di quell’insegnamento, le parti in causa erano così consapevoli del rilievo delle operazioni di intelligence che non solo si impegnarono nel costruire reti di spionaggio ma anche di controspionaggio, oltre a definire un indirizzo di legislazione per debellare il fenomeno. Da subito la Confederazione creò una rete di spionaggio nella capitale federale, Washington. Il Confederate Signal Corps comprendeva anche un’agenzia segreta di intelligence nota come Secret Service Bureau, che gestiva operazioni di spionaggio lungo la cosiddetta “Secret Line” da Washington a Richmond. L’Unione non dispose da subito di un’agenzia di intelligence ma si servì di investigatori privati come Allan Pinkerton di Chicago, noto per il ruolo giocato nel “Baltimore Plot”, un tentativo di assassinare il presidente Abraham Lincoln. Fu Pinkerton creare un’agenzia spionista dell’Unione, nel 1862, il Federal secret service.
In queste operazione il ruolo delle donne fu una sorprendente novità che si caricò di grande modernità.
Guardiamo più da vicino la storia delle spie confederate.
Come prima cosa partiamo da Rose O’Neal Greenhow, soprannominata Wild Rose, una spia confederata.
Affascinante padrona di casa, capace di ammaliare diplomatici e politici a Washington, nascondeva bene la sua identità di fervente sudista e sostenitrice della schiavitù. Coltivò amicizie con presidenti, generali, senatori e ufficiali militari di alto rango tra cui John C. Calhoun e James Buchanan. Wild Rose fu a capo di una rete di spie anti-Unione che trasmetteva preziose informazioni codificate. Grazie ad esse fu vinta la Prima Battaglia di Bull Run. In effetti Wild Rose il 9 ed il 16 luglio del 1861 aveva trasmesso al generale confederato P. G. T. Beauregard notizie importantissime sui movimenti militari dell’Unione, compresi i piani del generale Irvin McDowell. Dopo la battaglia, ricevette il seguente telegramma: “Il nostro Presidente e il nostro generale mi chiedono di ringraziarvi, contiamo su di voi per ulteriori informazioni: la Confederazione vi è debitrice. (Firmato) JORDAN, Aiutante Generale”.
Ad aiutarla c’erano numerosi amici, anche membri del Congresso che erano pro-Confederati, ufficiali dell’Unione, il corriere Betty Duvall e il suo dentista Aaron Van Camp, nonché suo figlio che era anche un soldato confederato, Eugene B. Van Camp.
Un messaggio cifrato
Fu smascherata nel 1861 da chi se non da Allan Pinkerton? L’investigatore irruppe nella sua abitazione catturando Rose e sua figlia di otto anni, “Little Rose”. Il controspionaggio aveva scoperto un flusso di informazioni da Nord verso Sud con una serie di prove che conducevano a lei e, dopo un periodo di arresti domiciliari, fu condannata al carcere.
Pinkerton rinvenne a casa della Greenhow molto materiale di intelligence che la donna – accortasi d’essere controllata – non era riuscita a bruciare, c’erano frammenti di messaggi in codice, mappe, rapporti e note militari minuziose sulla consistenza dell’artiglieria unionista. I materiali includevano numerose lettere d’amore dal senatore repubblicano abolizionista degli Stati Uniti, Henry Wilson, del Massachusetts. Lei lo considerava la sua fonte preminente.
Sembra assurdo ma il 31 maggio 1862 Greenhow e sua figlia furono rilasciate senza processo alla sola condizione che rimanessero entro i confini confederati. Così furono scortate alla Fortezza Monroe a Hampton Roads e tornarono libere. Vissero a Richmond, in Virginia. Qui Jefferson Davis la ricontattò e la rimise all’opera. Il presidende confederato volle servirsi delle sue abilità per una missione diplomatica in Europa che portò Wild Rose in Francia e in Gran Bretagna dal 1863 al 1864, a diretto contatto con Napoleone III e la Regina Vittoria. Fu qui che conobbe un aristocratico britannico, Granville Leveson-Gower, II Conte di Granville, e si sposò.
Mentre tornava in America nel 1864, la sua nave di ritorno si incagliò alla foce di Cape Fear River vicino a Wilmington, nella Carolina del Nord. Per fuggire all’arrivo di una nave cannoniera dell’Unione, salì a bordo di una piccola barca a remi che però era troppo pesante… si capovolse e Rose annegò.
Come mai la scialuppa era così pesante?
La spia portava con sé un elevato numero di dispacci, ma soprattutto 2000 dollari d’oro cuciti nella sua biancheria intima e appesi al collo. Si trattava, in gran parte, dei ricavi della pubblicazione di un suo libro autobiografico, My Imprisonment and the First Year of Abolition Rule at Washington, dato alle stampe in Inghilterra. I dispacci, pare, confermassero il supporto di esponenti di fama dell’aristocrazia francese ed inglese, di banchieri e importanti uomini d’affari.
Wild Rose
La sua morte fu salutata da un funerale militare confederato. In suo onore, nel 1993, il reparto di donne ausiliarie dei Sons of Confederate Veterans mutò il nome in Order of the Confederate Rose.
Un’altra spia confederata fu Emmeline Piggott, figlia del colonnello Levi Whitehurst Piggott e Elizabeth Dennis. Per diversi anni, viaggiò nella Carolina del Nord con messaggi cifrati nascosti nella sua biancheria. Li consegnava ai soldati del 26° Reggimento, tra essi c’era il suo fidanzato Stokes McRae. Seguì tale reggimento anche nella Battaglia di New Bern, una sconfitta per i confederati che la donna continuò ad accompagnare anche a Kinston, assistendo i feriti.
Emmeline Piggott
Il 26° si spostò quindi in Virginia, a Richmond, poi al Nord, infine il 1 luglio del 1863 fu coinvolto nella Battaglia di Gettysburg. McRae, allora sergente maggiore, fu ricoverato in ospedale con una coscia spezzata e morì il 2 agosto 1863. Da allora Emmeline si dette anima e corpo alla causa sudista servendosi di pescatori delle città portuali per passare le sue informazioni alle autorità confederate. Emmeline intratteneva anche i soldati yankee nella fattoria dei suoi genitori, distraendoli abbastanza a lungo da permettere a suo cognato, Rufus Bell, di portare del cibo nei boschi vicini, dove i confederati si nascondevano. Fu arrestata nel 1864, con suo cognato mentre cercava di trasportare forniture e messaggi attraverso le linee. Su entrambi pendeva l’accusa di spionaggio ma Rufus fu subito rilasciato per mancanza di prove. Solo Emmelin, trovata in possesso di piccoli pezzi di carta con messaggi, fu trasportata a New Bern e messa in attesa di processo. Le fu consentito portare con sé sua cugina Levi Woodburg Piggott, ma qualcuno preferiva che il processo non si tenesse: la cella delle donne, di notte, fu riempita di cloroformio, solo per fortuna riuscirono a rompere una finestra ed a respirare aria fresca perché gli aiuti non arrivarono. Nel corso del mese successivo, Emmeline senza venir mai ascoltata, fu condannata a morte, tuttavia, ormai la guerra era finita, così i giudici mutarono il verdetto e la rispedirono a casa. Fu presidente onorario del New Bern Chapter of the United Daughters of the Confederacy, fino alla sua morte, all’età di 82 anni. E’ sepolta nel cimitero della famiglia Piggott sulla costa nord di Calico Creek.
Passiamo ora a Isabella Marie “Belle” Boyd. La donna in questione proveniva da una famiglia della Virginia ed all’età di 17 anni fu arrestata per aver sparato ad un soldato ubriaco dell’Unione che irruppe nella sua casa e provò a violentare sua madre. Fu sollevata da tutte le accuse ma quell’evento probabilmente condizionò le sue future scelte sia perché le autorità iniziarono a tenere sott’occhio la sua famiglia, sia perché lei prese ad odiare gli unionisti. Tra i soldati che di tanto in tanto si presentavano a casa sua per controllare i Boyd, ci fu il capitano Daniel Keily.
Isabella Marie “Belle” Boyd
L’uomo mostrò il suo interesse per la ragazza che allora si decise a usarlo: si mostrò affabile e dolce estorcendogli così informazioni che trasmetteva agli ufficiali confederati tramite la sua schiava Eliza Hopewell, che portava i messaggi in una cassa da orologio svuotata. Scoperta subito, si mostrò coraggiosa dicendosi disposta alla morte, ma i funzionari dell’Unione la obbligarono invece a vivere con parenti a Front Royal, sempre in Virginia, in un hotel occupato da ufficiali dell’Unione. Anche qui la donna continuò a lavorare come spia, origliando le riunioni degli unionisti attraverso serrature e buche nelle camere o, addirittura, nascondendosi negli armadi. Così apprese che James Shields era stato spostato coi suoi uomini da Front Royal, una mossa che indeboliva l’esercito unionista. Quella stessa notte, Belle attraversò le linee dell’Unione, usando documenti falsi per farsi strada tra le sentinelle, e riferì la notizia al colonnello Turner Ashby. Furono queste sue notizie a permettere a Stonewall Jackson di vincere battaglie nella Shenandoah Valley Campaign del 1862. Jakson le scrisse: “Ti ringrazio, per me stesso e per l’esercito, per l’immenso servizio che hai reso oggi al tuo Paese”. Fu pure insignita della Southern Cross of Honor. Nell’estate di quell’anno fu però scoperta, arrestata e rinchiusa nella prigione di Old Capitol, ma fu rilasciata un mese dopo e fu spedita a Richmond con la solita promessa di tenersi fuori dalle faccende di guerra. Fu però nuovamente scoperta e condannata alla prigione per tre mesi. Tentò poi d’imbarcarsi per l’Inghilterra nel 1864 per servire come corriere confederato, ma fu intercettata dall’ufficiale della marina dell’Unione, Samuel Hardinge. L’uomo avrebbe potuto consegnarla alle autorità, ma si innamorò di lei e l’aiuto a raggiungere Londra. Qui i due si sposarono, ma lui morì poco dopo, mentre Belle si decise a lasciar perdere lo spionaggio e si avviò ad una carriera di attrice. Tornata in America, si sposò altre due volte. Morì 56 anni. Fu sepolta nel Cimitero di Spring Grove nel Wisconsin Dells dopo aver girato gli States col suo spettacolo “The Perils of a Spy” ed essersi guadagnata l’appellativo di “Cleopatra of the Secession”.
Torniamo a parlare di una spia confederata: Antonia Ford di Fairfax, Virginia. Era figlia di un importante mercante locale e convinto secessionista di nome Edward R. Ford.
Antonia Ford di Fairfax
La ragazza, appena ventitreenne, riuscì a raccogliere preziose informazioni sul conto dell’esercito dell’Unione in Virginia e le consegnò al generale confederato J.E.B. Stuart che, in cambio, la premiò col titolo onorario di aiutante di campo. Nel 1863, Antonia fu accusata di spionaggio in seguito all’arresto del generale dell’Unione Edwin H. Stoughton. I servizi segreti sospettavano che Antonia fosse coinvolta nella pianificazione dell’attacco che portò i soldati di John Singleton Mosby a prendere Stoughton. Verso le due del mattino del 9 marzo 1863, Mosby e ventinove dei suoi uomini passarono davanti ai picchetti dell’Unione e alla Fairfax Court House, quartier generale del generale Stoughton. Stoughton fu letteralmente “preso a sonnecchiare”, come il Baltimore American scrisse. I soldati unionisti ed i loro cavalli furono catturati in quella che fu celebrata dai confederati come la più gloriosa delle incursioni della cavalleria. In seguito, il presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, sostenne di poter risparmiare il generale, ma non i cavalli, che erano più costosi. Una inchiesta si concentrò immediatamente su Antonia Ford. I sospetti vertevano semplicemente sul fatto che i due, Antonia e Stoughton, avevano trascorso del tempo insieme, si diceva che erano “molto intimi” e le loro famiglie si conoscevano e si frequentavano, poi si raccolsero altre prove. I servizi segreti unionisti inviarono alla Ford una donna che si finse simpatizzante confederata e così le due entrarono in intimità e fu facile poi smascherare Antonia (sebbene prove che avesse fornito informazioni a Stoughton non furono mai trovate). Fu imprigionata, tra l’altro insieme a suo padre, nella Old Capital Prison, a Washington. Dopo diversi mesi di carcere, Antonia Ford fu rilasciata a causa della petizione di un maggiore dell’Unione, Joseph C. Willard, ora sindaco e co-proprietario del Willard Hotel di Washington, che si innamorò della donna e la sposò. La coppia ebbe tre figli, uno di essi, Joseph Edward Willard, divenne in seguito luogotenente governatore della Virginia e ambasciatore degli Stati Uniti in Spagna. Antonia Ford morì a Washington nel 1871 per una serie di malanni rimediati nei suoi mesi di carcere.
Eugenia Levy Phillips nacque a Charleston, Carolina del Sud, nel 1819, in una ricca famiglia ebrea. A sedici anni sposò Philip Philips, da cui ebbe nove figli, e si trasferì a Mobile, in Alabama. Qui suo marito fu eletto membro del Congresso degli Stati Uniti per poi trasferirsi a Washington e dedicarsi all’avvocatura.
Eugenia Levy Phillips
All’inizio della guerra civile, Philip si schierò dalla parte del Nord. A sua insaputa, però, sua moglie Eugenia, si schierò per il Sud, addirittura aderendo alla rete di spionaggio di Rose Greenhow. L’uomo s’accorse tardi delle attività della moglie: era l’agosto del 1861 ed una squadra di investigatori federali di Allan Pinkerton irruppe nella loro abitazione e pose l’intera famiglia agli arresti domiciliari. Una settimana dopo, Philip fu rilasciato, ma sua moglie e le loro due figlie, Fanny e Caroline, no. Con loro c’era anche una sorella di Eugenia, Martha Levy, e soprattutto c’era la spia delle spie: Rose O’Neal Greenhow. La detenzione delle cinque fu così raccontata da Eugenia: “Una stufa rotta ci serviva per tavolo e lavabo con una ciotola da punch trasformata in lavandino. Due sudici materassi di paglia ci tenevano al caldo e i soldati yankee erano fissi alla porta della nostra stanza per impedire ogni tentativo di fuga”. Nonostante il fatto che gli ufficiali dell’Unione non avessero prove sufficienti per accusare Eugenia e la sua famiglia di qualche specifico crimine, la prigionia durò diverse settimane. Ciò che più infastidiva le autorità era sicuramente il coraggio di Eugenia che continuava a chiedere perchè essere fedele al suo Paese dovesse essere considerato un crimine: “Di nuovo chiedo qual è il mio crimine? Se un ardente attaccamento alla mia terra natia e l’espressione della più profonda simpatia verso parenti e amici nel Sud costituiscono un tradimento, allora sono davvero una traditrice. Se l’ostilità verso il repubblicanesimo nero, il suo sentimento e la sua politica – è un crimine – e io mi condanno da sola!”. Con l’aiuto dei suoi amici e membri del Congresso, Philip alla fine ottenne la loro liberazione con l’accordo che si sarebbero trasferiti a sud. E così finirono tutti a Norfolk poi a Richmond dove Eugenia continuò le sue attività di spionaggio. La donna visitò più volte la casa del presidente Jefferson Davis e gli consegnò mappe militari del nemico e una serie di notizie apprese grazie al suo fascino che le aveva permesso di avvicinare funzionari e politici dell’Unione. Paradossalmente, nonosante il marito continuasse a professarsi pro-Unione, fu proprio grazie a lui che Eugenia conobbe il presidente della Confederazione perchè Philip ne conosceva la moglie, Varina Davis. Da Richmond passarono poi a New Orleans, in Luisiana, che a quel tempo era stata occupata dalle truppe unioniste. La fama di Eugenia la precedeva in ogni circolo sudista femminile dove era accolta come una sorta di martire patriota, tuttavia ciò la poneva pure all’attenzione degli Unionisti. Proprio a New Orleans accadde un fatto increscioso che mise nuovamente Eugenia nei guai. A quanto pare rise ad un funerale dell’Unione contravvenendo ad un ordine del maggiore generale Benjamin F. Butler che diceva: “Poiché gli ufficiali e i soldati degli Stati Uniti sono stati sottoposti a ripetuti insulti da parte delle donne (che si definiscono signore) di New Orleans, in cambio della più scrupolosa non interferenza e cortesia da parte nostra, è ordinato, che qui di seguito, quando una donna, con parole, gesti o movimenti, insulti o mostri disprezzo per qualsiasi ufficiale o soldato degli Stati Uniti, deve essere considerata e ritenuta responsabile di essere trattata come una provocatrice”. All’ordine si era opposto il sindaco John T. Monroe e Butler lo fece arrestare immediatamente. Gli unionisti erano pronti ad usare forza e rigore per controllare la città. A farne le spese fu Eugenia Phillips. La donna, come si diceva, rise durante una processione funebre di un soldato dell’Unione ed allora il generale Butler la arrestò e la relegò a Ship Island, nel Golfo del Messico, un’isoletta infestata da zanzare, perennemente colpita dalla febbre gialla. Eugenia provò a discolparsi sostenendo che stava ridendo non per il funerale in corso, ma per una festa che si stava svolgendo in casa sua. Butler non la credette e la donna trascorse diversi mesi a Ship Island vivendo dapprima in un vecchio vagone ferroviario e poi in un edificio di uffici postali abbandonati. Ancora una volta venne in suo soccorso suo marito Philip che ne ottenne la liberazione dopo tre mesi. Eugenia tornò a casa cadaverica, ma con un solido orgoglio perchè Butler stesso ammise che col suo arresto aveva ottenuto l’effetto opposto a quello desiderato. Il generale voleva dare un esempio alle donne del Sud, invece, trasformò “una ribelle fastidiosa in una martire” ed alla fine dovette pure liberarla perchè crebbe la sua stima presso l’opinione pubblica.
Eugenia fu probabilmente la più accanita sostenitrice ebrea della secessione. Morì il 1 aprile 1902 in Georgia.
Tra le spie confederate ricordiamo Susan Adams a cui si deve la prima commemorazione confederata, il 25 aprile del 1865 al cimitero di Greenwood a Jackson, diciassette giorni dopo la resa del generale Robert E. Lee, lo stesso giorno della resa del generale Joseph E. Johnston.
Va ricordata pure Laura Ratcliffe di Fairfax City, Virginia, cugina del generale Lee. Nel 1863 Laura salvò la vita del “Grey Ghost”, il colonnello John Singleton Mosby.
Laura Ratcliffe di Fairfax City
L’11 febbraio 1863, Laura avvertì Mosby che gli yankee gli avevano posto una trappola vicino a Frying Pan, salvando così la sua vita. L’uomo evitò l’imboscata e catturò un carro di viveri dell’Unione. Probabilmente la Ractliffe affiancò l’altra spia di Fairfax, Antonia Ford, nel dare a Mosby le notizie che gli resero possibile la cattura del generale Edwin H. Stoughton. Anche se era ovvio che la casa di Laura Ratcliffe era il centro di molte attività confederate, non fu mai arrestata o accusata di alcun crimine, ma subì tanti lutti, anzitutto quello di suo fratello John del 17° Fanteria della Virginia, morto di dissenteria al Chimborazo Hospital di Richmond nell’ottobre del 1864, all’età di 31 anni.
Molto affascinante è anche la storia di due sorelle, Charlotte “Lottie” Moon e Virginia “Ginnie” Bethel Moon, spie confederate, figlie di un medico che dalla Virginia si era trasferito a Oxford, Ohio.
Charlotte “Lottie” Moon
A quanto pare Lottie abbandonò clamorosamente il suo promesso sposo sull’altare, parliamo di Ambrose Burnside, futuro generale dell’Unione. Sposò invece il giudice Jim Clark, un attivo membro di un gruppo segreto sudista, i “Knights of the Golden Circle”. Le due sorelle, proprio all’ombra dell’attività del giudice Clark, iniziarono a servire la Confederazione come spie. Lottie si offrì volontaria per portare dei dispacci al generale confederato Edmund Kirby Smith nel Kentucky, si travestì da vecchia e si diresse verso Lexington in barca, qui incontrò il colonnello confederato Thomas Scott portando a termine con successo la sua missione. Al suo ritorno ingannò diversi generali dell’Unione sulla sua vera identità e le reali ragioni del suo viaggio.
Virginia “Ginnie” Bethel Moon
Questa fu la sua prima azione, ne seguirono numerose altre. Tra gli altri fatti coloriti, Lottie accompagnò anche Lincoln nella carrozza presidenziale, travestita da “Lady Hull”, una nobildonna inglese acciaccata dai reumatismi. Fece finta di dormire mentre Lincoln ed il segretario alla guerra Edwin M. Stanton, discutevano, e così reperì informazioni militari preziosissime. Con documenti falsi che ne facevano una cittadina britannica, Lottie si diresse verso Washington e parlò con i funzionari dell’Unione per ottenere un lascia passare per la Virgina per ragioni di salute. Riuscì così a consegnare altri preziosi messaggi. Nel frattempo sua sorella Ginnie si era spostata con sua madre a Memphis, in Tennesee, ed aiutava i soldati feriti della confederazione senza però sottrarsi a veri e propri compiti spionistici. Ginnie iniziò a fare viaggi avanti e indietro coraggiosamente attraverso le linee dell’Unione fingendo di incontrare un fidanzato, tornò persino in Ohio per consegnare messaggi ai “Knights of the Golden Circle”. Al ritorno però, accompagnata da sua madre, insospettì un ufficiale a bordo di una imbarcazione sul Missisipi e per sottrarsi a perquisizioni, tirò fuori un revolver ed urlò all’ufficiale che era un’amica del generale Burnside… proprio il Burnside che Lottie aveva ripudiato il giorno delle nozze. L’ufficiale indietreggiò e la lasciò da sola abbastanza a lungo da farla letteralmente inghiottire il più importante dei dispacci che portava. Ciò non bastò a far finire Gennie nei guai. Arrestata e perquisita, ribadì la sua amicizia con Ambrose Burnside, ma condotta al cospetto di questi, si scontrò con un uomo rabbioso e vendicativo che non tardò a far arrestare anche Lottie sebbene mancassero prove compromettenti. La prigionia delle donne durò poco. A guerra finita Lottie divenne giornalista, Ginnie attrice.
La lunga lista di spie confederate ci parla anche di cubane. Una di esse fu Loreta Janeta Velázquez, altrimenti nota come “tenente Harry T. Buford”.
Loreta Janeta Velázquez
La Velázquez, travestita da soldato, combattè a Bull Run, Ball’s Bluff e Fort Donelson, fino a quando, scoperta, dovette allontanarsi dal fronte. Vi tornò dopo poco, ancora vestita da soldato, e combatté a Shiloh e fu nuovamente smascherata. Divenne quindi una spia confederata, che lavorava sia in veste maschile che femminile, spiando l’Unione per circa cinque anni e ricostruendo la sua storia in “The Woman in Battle”.
Immigrata cubana protagonista di importanti azioni spionistiche fu pure Mauritia “Lola” Sanchez. Visse con le sue sorelle, Panchita ed Eugenia, sulla riva orientale del fiume St. John vicino a Palatka, in Florida.
Col suo agire parecchie informazioni sui piani degli Yankee raggiungevano i comandi confederati. L’iniziativa più rischiosa la vide protagonista d’una disperata corsa notturna… Una sera, mentre soldati dell’unione erano con loro a cena, Lola li sentì parlare d’una cannoniera che avrebbe attaccato St. Augustine l’indomani. La ragazza avvertì Panchita di restare ad intrattenere gli ospiti. Eugenia restò a cucinare. Lei, nel frattempo, sellò il cavallo e percorse la foresta per un miglio e mezzo, nel buio, superando anche il St. John’s River e avvicinandosi alle sentinelle confederate. Comunicò le sue notizie e tornò a casa. Il mattino dopo la USS Columbine fu sorpresa da una batteria confederata disposta lungo il fiume. Tutto il suo equipaggio fu fatto prigioniero. Gli Yankees inizialmente pensarono che il delatore fosse il padre delle ragazze, Maurizio Sanchez. L’uomo fu arrestato ma immediatamente rilasciato per mancanza di prove.
Coraggio da vendere ne ebbe pure la ventiseienne Mary Elisabeth “Molly” Tynes di Wytheville, in Virginia, sito strategicamente importante per le sue miniere di piombo.
Mary Elisabeth “Molly” Tynes
Quando, il 13 luglio 1863, il colonnello John Toland, con 1000 uomini della fanteria unionista montati come cavalleria più un distaccamento sotto il colonnello William Powell, lasciò Brownsville diretto a Witheville, Tynes, venuta a conoscenza di tutto, scappò di casa, a cavallo, all’imbrunire, avvisando dell’immediato arrivo del nemico. Cavalcò per dodici ore radunando 50 uomini in armi per difendere la città e quando le truppe dell’Unione apparvero all’orizzonte, gli uomini reclutati da Tynes spararono uccidendo Toland e ferendo Powell. Le miniere e gli abitanti del villaggio furono così salvati.
Non mancarono donne spie per la Confederazione anche nella Carolina del Nord. Una fu Elizabeth “Carraway” Howland di New Bern, Carolina del Nord. Servì come infermiera curando i soldati unionisti feriti e così riusciva ad ottenere le sue informazioni. Arrivò persino a disegnare schizzi di diverse fortificazioni federali e fece consegnare i disegni inserendoli in un prosciutto disossato.
Spia confederata della Carolina del Nord fu anche Nancy Hart Douglas, che viveva con sua sorella e suo cognato William Clay Price.
Nancy Hart Douglas
William fu ucciso dai soldati unionisti in mezzo ad una strada come punizione per la sua collaborazione, da civile, con i confederati. Ciò alimentò la rabbia e l’odio di Nancy che si unì ai Mocassin Rangers, guidati da Perry Conley, lavorando come spia e guida. Fu catturata dal tenente colonnello Starr, a Summersville, in Virginia, ma la notte stessa del suo arresto, fuggì dal campo dell’Unione sul cavallo di Starr e si unì ad un reggimento di circa 200 soldati confederati guidati dal maggiore R. Augustus Bailey. Come vendetta, una settimana dopo, le truppe confederate invasero Summersville, bruciando molti edifici pubblici e facendo prigioniero il tenente colonnello Starr.
Nel Tennessee ci furono due donne spia per i Confederati che non furono mai scoperte, e questo anche grazie all’eroismo d’un soldato, Sam Davis, che preferì morire anziché rivelare i loro nomi. Parliamo di Robbie Woodruff e di sua cugina Mary Kate Patterson. Le due iniziarono a raccogliere notizie per i Coleman Scouts in cui c’era anche Everard Meade Patterson, fratello di Mary Kate.
Mary Kate Patterson
Erano solite allontanarsi da Nolensville Pike percorrendo 10 miglia e nascondendo i messaggi in un ceppo vuoto. Consegnarono persino una mappa completa delle posizioni unioniste attorno a Nashville, sottratta al generale Grenville Dodge. Robbie fu fermata diverse volte e se la cavò sempre con le sue moine e la sua bellezza. Procurò pure medicinali e suppellettili. La casa dei Patterson era di fatti un covo di spie confederate. Il sig. Patterson era un medico che facilmente riusciva a reperire farmaci per i sudisti che sua figlia Mary Kate consegnava, di solito, servendosi di un passeggino dal doppio fondo. Un bel giorno uno strano individuo si presentò a casa loro, diceva di essere un commerciante di bestiame e di volere notizie sui venditori della zona e chiedendo di comprare una mucca di proprietà della famiglia, sebbene era evidente che non capisse granché di bestiame. I Patterson lo segnalarono subito come agente yankee e ne ordirono l’arresto. La signora Patterson organizzò una cena e le ragazze entrarono in intimità con l’uomo che, ignorando che al piano di sopra c’erano soldati confederati in ascolto, finì col vantarsi d’essere una spia unionista e confessò di essere stato incaricato di riferire delle attività dei sudisti. Fu allora che i soldati uscirono allo scoperto e catturarono la spia. Mary Kate sposò John Davis, fratello di Sam Davis che invece intrattenne una relazione con Robbie Woodruff. La ragazza trascorse con Sam Davis una splendida cena appena due settimane prima che l’uomo finisse catturato a Minor Hill. Davis fu trovato in possesso di dispacci, disegni e notizie codificate, ma si rifiutò di rivelare i nomi dei suoi informatori. Dodge offrì la salvezza a Davis in cambio dei nomi dei suoi informatori, ma l’uomo non parlò, non tradì Robbie e la famiglia Patterson. Fu impiccato su una collina di Pulaski ed oggi è celebrato come un eroe del Tennessee ed ha una sua statua a Nashville.
Le spie donna, a differenza di quelle di sesso maschile, poterono servirsi della loro avvenenza nelle loro missioni. Chiaramente molti si sono cimentati nel fare una sorta di classifica delle spie più avvenenti e si è parlato già della “Cleopatra of the Secession”, ma non sono pochi quelli che ritengono un’altra la più seducente delle spie. Della potente rete spionistica di Greenhow faceva parte anche la sedicenne Betty Duval. La ragazza, travestita da contadina, consegnò un messaggio al generale M.L. Bonham nascondendolo tra i suoi capelli e fissandolo con un pettine decorativo. Allo stesso modo consegnò una nota su un piano dell’Unione per la prima battaglia di Manassas (o Bull Run) al generale P. G. T. Beauregard. Più tardi, Bonham disse: “Sono rimasto molto sorpreso nel riconoscere il volto di una bellissima giovane donna, una bruna, con occhi neri scintillanti, lineamenti perfetti, capelli neri lucidi”. Probabilmente la Duval fu la più bella spia della Guerra Civile.
Altro tema scottante fu la cattura della spia Louisa Buckner.
Louisa Buckner
Indubbiamente questo fu l’arresto più clamoroso e soprattutto pericoloso propagandisticamente in seno all’Unione. Chiamata “quinine lady”, la Buckner fu scoperta con sotto il vestito un documento cifrato e 127 once di chinino, medicinale di cui le truppe confederate necessitavano. Questo arresto fu imbarazzante per Lincoln perché la donna era la nipote di Montgomery Blair, l’Union Postmaster General che aveva ricevuto 500 dollari per comprare armi per Washington che erano poi stati usati per l’acquisto di farmaci di contrabbando. La donna finì nella prigione di Old Capitol, mentre suo zio si difese negando che i soldi erano stati dati alla nipote. I repubblicani ne approfittarono per lanciare pesanti accuse a Lincoln visto che, all’inizio della guerra, Martha Todd, sorellastra della First Lady Mary Tood, era fuggita in Alabama portando medicine ed un’uniforme con bottoni d’oro massiccio pari a 40.000 dollari!
Martha Todd
Si tenga presente che la famiglia Todd era proprietaria di schiavi nel Kentucky e pubblicamente impegnata a sostegno dei confederati. Le sorellastre di Mary Tood erano al servizio della Confederazione, così come i suoi cognati: Martha Todd era moglie dell’ufficiale sudista Clement C. White, Emily Todd era moglie del generale confederato Benjamin Hardin Helm.