I miti da sfatare sul massacro del Sand Creek

A cura di Renato Ruggeri

L’attacco al campo sul fiume Sand Creek
Sul famosissimo massacro del Sand Creek, talvolta definito anche battaglia del Sand Creek, sono stati spesi fiumi di inchiostro e, talvolta, da questo mare di parole ci si è allargati a vere e proprie mistificazioni o esagerazioni. Dalla testimonianza di Silas Soule e altri del tempo, è comunque emersa una drammatica verità che nessuna ulteriore ricostruzione a posteriori potrà mai cancellare: si è trattato di un massacro dai risvolti talvolta sadici. Negli Stati Uniti, però, alcuni studiosi – anche di notevole fama – si sono dedicati per lungo tempo a riordinare i fatti per quel che è stato possibile e senza la pretesa di arrivare alla verità assoluta.
L’intento prioritario – lontano dalla volontà revisionistica che potrebbe apparire – è stato quello di analizzare i molti “sentito dire” che circolano e che si sono stratificati nell’impossibilità della gran parte degli appassionati di verificare direttamente le fonti.

Chiaramente, come potrete leggere, tutti i ragionamenti sono basati sulla visione che i bianchi avevano in quel tempo della questione indiana e, sopratutto sulle sole loro testimonianze, senza alcuna forma di raffronto con i racconti dei sopravvissuti all’attacco. Quando si parla di razzie ai ranch e di uccisioni compiute dagli indiani, raramente si ricerca il motivo di quei gesti, limitandosi a sostenere che si dovevano reprimere. Il risultato è contenuto in gran parte in questo articolo del nostro Renato Ruggeri.
Per gli ulteriori approfondimenti, in questo nostro sito trovate tutto quello che occorre. S.M.

1) Chivington agì contro gli ordini ricevuti, o contro il volere delle autorità militari e civili.

In questo primo punto verranno esaminati gli ordini e i comportamenti del Generale Curtis, del Governatore Evans e dei Maggiori Anthony e Wynkoop.

Il Generale Curtis
Il Generale Samuel Curtis era il Comandante del Dipartimento del Kansas e il diretto superiore di Chivington, Comandante del Distretto del Colorado. Il suo compito non era tra i più facili. Doveva occuparsi degli Indiani, ma anche dei Confederati che, nel marzo del 1864, avevano cominciato una nuova offensiva nel Missouri e sembravano pronti a invadere l’Oklahoma dal Texas. Curtis ordinò che l’85% di tutti i soldati che stazionavano in Colorado, Kansas, Wyoming e Nebraska fossero inviati a combattere contro questa nuova minaccia. Il 26 marzo telegrafò al Governatore Evans avvertendolo che il Colorado avrebbe dovuto difendersi con le proprie truppe e forze contro gli attacchi degli Indiani, dato che le truppe federali non erano più disponibili per compiti di frontiera.
Un ritratto del Generale Curtis
Vediamo, ora, come si comportò e alcuni ordini che diede durante la “Guerra Indiana del 1864”, che culminò nell’episodio del Sand Creek. Il 7 Aprile Curtis ricevette la notizia che alcuni razziatori Indiani avevano assalito il ranch di Irwin e Jackman e rubato 175 capi di bestiame. Questo fu l’inizio delle ostilità. Attraverso un giro di telegrammi e ordini, fu chiesto alle truppe del Colorado, comandate da Chivington, di inseguire i ladri. Chivington era libero di usare i pochi soldati federali rimasti nel territorio e poteva attraversare i confini dei distretti allo scopo di inseguire e punire gli Indiani colpevoli. Questo nel mese di Aprile. L’11 giugno ci fu, vicino a Denver, l’assassinio della famiglia Hunghate, padre, madre e 2 figlie, uccisi e mutilati. I corpi furono portati a Denver su un carro e mostrati alla folla. Il Governatore Evans scrisse a Curtis sarà la morte e la distruzione del Colorado se le nostre linee di comunicazione non saranno rese sicure, così che i conducenti di carri non abbiano paura di attraversare la prateria. Siamo a corto di provviste e solo pochi convogli sono sulla via. Chiedo,rispettosamente,che alle nostre truppe (i volontari del Terzo Colorado, ndr) sia consentito difenderci.” Curtis diede a Evans l’autorizzazione di attivare il Terzo Colorado. Autorizzò poi il Colonnello Chivington a portare le truppe sul campo di battaglia “per distruggere gli Indiani che ci sono apertamente ostili.
Il 28 Settembre il Maggiore Wynkoop arrivò a Denver accompagnato da alcuni capi Cheyenne e Arapaho tra cui Black Kettle, White Antelope e Bull Bear. Chivington e Evans accettarono di incontrarli in quella che fu chiamata la Conferenza di Camp Weld. Prima dell’incontro, Chivington telegrafò a Curtis, chiedendo istruzioni. La risposta fu lapidaria. “Voglio che tutti gli Indiani malvagi siano consegnati, la riconsegna dei beni rubati e degli ostaggi. Non voglio alcuna pace finchè gli Indiani non soffriranno di più. Si dice che Left Hand sia un buon capo degli Arapahos, ma Big Mouth è un farabutto. Temo che l’agente del Dipartimento degli Interni sia pronto a far loro regali troppo presto. E’ meglio punirli prima di dare loro qualcosa, se non un po’ di tabacco. Non deve essere stipulato nessun trattato di pace senza la mia autorizzazione”.
Quando Wynkoop tornò a Fort Lyon, tenne un’altra riunione con i capi Cheyenne e Arapaho e disse loro che dovevano portare i loro villaggi vicino al forte per essere più sicuri. L’8 ottobre inviò il Tenente Denison dal Generale Curtis a Leavenworth con un rapporto completo dei suoi incontri con gli Indiani. Lo informò della fondata possibilità di una trattativa di pace. In attesa della risposta, permise che 113 tende di Arapahos, 652 nativi in tutto, guidati da Left Hard e Little Raven, si accampassero a 2 miglia dal forte e diede loro razioni per 10 giorni. Quando Curtis apprese che Wynkoop aveva dato cibo agli Indiani e accettato condizioni di resa si infuriò dato che queste azioni erano in diretto contrasto con le sue direttive. Ordinò quindi che Wynkoop venisse immediatamente sollevato dal comando e ordinò al Maggiore Scott Anthony di rimpiazzarlo. Gli ordinò pure di condurre un’inchiesta sul comportamento di Wynkoop, che aveva disubbidito ai suoi ordini nutrendo e proteggendo Indiani ostili. Il Maggiore Halleck disse a Anthony che il Generale Curtis non avrebbe permesso alcun accordo con gli Indiani senza la sua personale approvazione e che non doveva consentire agli Indiani di avvicinarsi al forte. Lo avvisò di comportarsi in modo molto cauto.


L’inizio della guerra dei Cheyenne

Questo è quanto Curtis scrisse al Maggiore Henning, diretto superiore di Wynkoop a Fort Riley: “Gli avvenimenti di Fort Lyon hanno creato un grande imbarazzo… anche se gli Indiani si presentano come prigionieri di guerra, non siamo obbligati a riceverli, nutrirli e lasciare che entrino nei forti. Devono essere tenuti a distanza… penso che Left Hand e alcuni di loro possano essere sinceri, ma devono provarci la loro fedeltà consegnandoci i colpevoli, le armi, i cavalli e combattere gli ostili… sto preparando le truppe per azioni future, ma non desidero che i miei propositi diventino pubblici.”
Il 23 novembre, una settimana prima del Sand Creek, Curtis disse nuovamente che gli ufficiali non dovevano accettare alcuna resa senza la sua personale approvazione. La resa doveva essere totalee non parziale. Mi sembra, in conclusione, che durante tutta la Guerra Indiana del 1864, gli ordini di Curtis, diretto superiore di Chivington, furono chiari… bisognava combattere gli Indiani!

Il Governatore Evans
I problemi per il Governatore Evans cominciarono alla fine di marzo del 1864. L’Agente Indiano Colley gli spedì una lettera in cui lo informava che vi era l’evidenza di una nuova rivolta indiana. Cheyenne, Arapahoes e Sioux intendevano assalire ogni uomo bianco tra Kansas City e Denver nei mesi a venire. Nel mese di aprile scoppiarono le prime ostilità. Il 9 un gruppo di razziatori attaccò un ranch vicino a Julesberg, nel nordest del Colorado. I coloni fuggirono, ma gli Indiani rubarono il bestiame e i cavalli. Chivington inviò sulla scena il Maggiore Jacob Downing con l’ordine di recuperare il bestiame. Qualche tempo dopo, Downing telegrafò. Aveva incontrato un gran numero di Indiani nella zona e aveva bisogno di rinforzi.
Un’immagine di Evans
Disse che i coloni stavano abbandonando fattorie e villaggi in tutto l’angolo nordest del Colorado e che i Cheyennes, forse assistiti dai Kiowas, erano coinvolti nei raids. Il telegramma allarmò Evans che fece pressione su Chivington che con scarse forze doveva presidiare un territorio compreso tra le Rocky Mountains e il confine con il Kansas. Chivington inviò sul luogo il Tenente Eayre con 100 soldati. In uno scontro avvenuto il 16 Maggio rimase ucciso Lean Bear, l capo Cheyenne che solo un anno prima era andato in delegazione a Washington e questo avvenimento fece ancor più precipitare la situazione, tanto che il 23 maggio Evans telegrafò a Curtis chiedendo che truppe federali venissero inviate a difendere il Colorado contro quella che chiamò “la potente alleanza di Indiani che cerca di scacciare i bianchi dal territorio.” Lo stesso giorno alcuni mercanti, a Fort Lyon, dissero che oltre ai Cheyennes, anche i Comanches e i Kiowas erano scesi sul sentiero di guerra contro i bianchi. Il 28 Maggio Evans telegrafò a Curtis affermando che gli Indiani controllavano tutte le grandi praterie a est di Denver. L’11 giugno ci fu l’assassinio degli Hungate e la situazione, a Denver, sembrò precipitare. Una folla inferocita assalì il deposito militare e minacciò di bruciarlo se non fossero state consegnate le armi. I cittadini parlavano di organizzare un proprio esercito per combattere gli indiani, dal momento che il Governatore non ne era capace, mentre i coloni dei ranches e dei villaggi intorno a Denver si rifugiavano in città. Evans cercò di mantenere la calma. Il 27 giugno scrisse una lettera al Bureau of Indians Affairs annunciando di aver ordinato l’istituzione di “peace camps”, campi di pace. Le tribù “amiche” erano invitate a raggiungere determinate località e coloro che non l’avessero fatto sarebbero stati ritenuti “ostili”. Propose che tutti gli Arapahoes e i Cheyennes “amici” che vivevano sul fiume Arkansas si raccogliessero a Fort Lyon; i Kiowas e i Comanches a Fort Learned; i Sioux a Fort Laramie; gli Arapahoes e i Cheyennes dell’Upper Platte a Camp Collins, sul Fiume Cache la Paudre. Il commissario degli Affari Indiani a quel tempo era Charles Mix e non fu molto contento della lettera di Evans. Rispose che a causa della Guerra Civile non vi era denaro per questi campi e neppure per nutrire coloro che si arrendevano. Evans si trovò preso tra due fuochi; da una parte i cittadini del Colorado che chiedevano un’azione decisa contro gli “ostili”, dall’altra la risposta negativa del Bureau alla sua richiesta. Decise così di modificare la sua proposta. Inviò dei messaggeri a informare tutte le tribù del Colorado di recarsi velocemente “at”, presso, i Forti del territorio “in modo che noi sapremo che non ci siete nemici”. Non specificò, però, che cosa intendesse per “at”… 1 miglio, 2 miglia? E senza una precisa direttiva, la cosa fu lasciata a un’interpretazione individuale.
Molti Indiani “amici”, soprattutto Cheyennes e Arapahoes, iniziarono a arrivare a Fort Lyon. Ma altri non lo fecero.
Dal 23 al 25 giugno 18 bianchi furono uccisi, probabilmente dai Dog Soldiers. Il 3 luglio una nuova, preoccupante notizia raggiunse Evans. Due mercanti, Robert North e William McGaa, informarono il Governatore che dei Cheyennes infuriati stavano aizzando le tribù della zona contro i bianchi. Dissero che i Dog Soldiers erano intenzionati a uccidere tutti gli Indiani che avevano raggiunto i forti dell’uomo bianco. Roman Nose (il capo Naso Aquilino o Naso Romano) aveva avvisato tutti gli Cheyennes che avrebbe punito personalmente tutti coloro che si rifiutavano di combattere. Preoccupato da queste nuove informazioni, Evans telegrafò al “Secretary of War” Edwin Stanton chiedendogli l’autorizzazione e i fondi necessari per attivare il Terzo Volontari del Colorado. Il 4 luglio un convoglio di carri venne distrutto vicino a Julesberg e 4 persone furono uccise e scalpate. Il 5 luglio Evans proclamò la legge marziale in Colorado: tutti i diritti costituzionali venivano sospesi e il 13 ordinò la chiusura di tutti i saloons. Voleva che i cittadini rimanessero sobri in vista di probabili attacchi Indiani. Molte attività chiusero. Restarono aperti i droghieri, ma solo per poche ore al giorno a causa della scarsità dei rifornimenti da est. Intanto gli attacchi continuavano.
Dal 17 al 21 luglio, 21 raids nel Colorado orientale portarono alla morte di 35 bianchi. I mercanti dicevano che i Dog Soldiers, accampati lungo il fiume Salomon, nel Kansas occidentale, tenevano ogni notte la danza dello scalpo per celebrare i loto trionfi. Il 27 luglio Evans, con un’altra ordinanza, proibì a ogni tipo di carro e di convoglio di lasciare Denver e viaggiare verso est e nord; potevano lasciare la città solo per andare a sud e ovest, dopo aver ottenuto un permesso scritto del Governatore. All’inizio di agosto i Cheyennes e i Sioux, in una serie di raids sanguinosi lungo il Little Bluec River e il Platte, uccisero 52 persone, ne ferirono 9 e catturarono 7. La situazione sembrava disperata. L’11 agosto Evans emise il suo secondo proclama – dopo quello di giugno – in cui cambiava radicalmente politica. Il territorio era in stato di assedio, perciò chiamava tutti i cittadini del Colorado, individualmente o in gruppi, “a uccidere e distruggere tutti gli Indiani ostili delle pianure, dovunque si trovino”. Lo stesso giorno Evans ricevette dispacci da Curtis e dal Dipartimento di Guerra che lo autorizzavano a arruolare il Third Volunteer Regiment.
Il 28 settembre partecipò – anzi fu il principale protagonista – alla conferenza di Camp Weld. Prima dell’inizio della riunione avvisò Wynkoop che non era in suo potere autorizzare o concludere trattative di pace (anche se era il Sovraintendente per gli affari Indiani); era, quello, un compito che spettava ai militari. Poi, dopo la conferenza, partì per un lungo viaggio tra gli Utes durato un mese e il 15 novembre si recò a Washington. Dopo il Sand Cree, fu interrogato dal “Joint Committee on the conduct of the war” e nella sua testimonianza difese le decisioni che aveva preso. Fu però costretto a lasciare la sua carica.

Il Maggiore Anthony
Il Maggiore Anthony entrò in scena il 2 Novembre quando arrivò a Fort Lyon con l’ordine di rimuovere Wynkoop dal comando e prenderne il posto. Il 17 ottobre il Maggiore Benjamin Henning, che era temporaneamente al comando del Distretto dell’Upper Arkansas in cui si trovava Fort Lyon, gli aveva ordinato di lasciare Fort Larned, rimpiazzare Wynkoopo e mandarlo a Fort Riley. La ragione di tutto ciò era “che alcuni ufficiali avevano distribuito beni e provviste agli Indiani ostili, in diretto contrasto con gli ordini del Comandante del Dipartimento (Curtis, ndr)”. Henning aggiunse di volere un ufficiale di fiducia che non ripetesse gli errori e le sciocchezze commesse in precedenza.
Una foto di Anthony
Quando Anthony arrivò al Forte, trovò una situazione delicata. Intorno al perimetro vi erano 652 Arapahoes che vagabondavano lungo le mura ,commerciavano e ricevevano razioni dal Commissario Cossit. I loro capi erano Left Hand e Little Raven. “Diedi immediatamente istruzione di arrestare tutti gli Indiani che si avvicinavano al Forte”, scrisse, e quindi si avviò al campo Arapaho, distante 2 miglia, per parlare con i capi. Gli Indiani lo rassicurarono sulle loro intenzioni pacifiche, ma Anthony non ne era convinto e così ordinò loro di consegnare tutte le armi e i beni appartenuti all’uomo bianco. Gli Arapahoes acconsentirono, ma consegnarono “solo” 10 muli, 4 cavalli, 60 archi e alcune vecchie armi rotte. Il 6 novembre arrivarono 9 Cheyennes, dicendo che 600 di loro si trovavano 35 miglia a nord del Forte e altri 2.000 a 75 miglia e aspettavano il bel tempo per raggiungerlo. “Non permetterò loro di venire, neppure come prigionieri…”, scrisse Anthony, “Ora vogliono la pace perché non possono combattere durante l’inverno. Credo che un migliaio di cavalleggeri potrebbe punirli severamente, ma con le scarse forze al mio comando posso solo difendere il Forte”. In ogni caso non avrebbe permesso ai Cheyennes di accamparsi presso le mura.
A metà novembre Black Kettle e 50 guerrieri si avvicinarono a Fort Lyon. Anthony li incontrò al Bent’s New Fort. Wynkoop era presente e parlò con loro. Li informo che non era più al comando, ma che avrebbero dovuto ascoltare il Maggiore Anthony. L’interprete John Prowers in seguito affermò che Anthony disse agli Indiani che aveva udito molte cose cattive su di loro, ma che gli sembravano più pacifici di quanto avesse pensato. Anthony informò Curtis dell’incontro in questo modo: “Non desideravo aver problemi con loro ma, dal momento che non potevo essere d’accordo su una pace permanente senza la vostra autorizzazione, ho preferito non agitare le acque in attesa di rinforzi, qualunque sia la decisione presa. I Cheyennes chiedono di avvicinarsi al Forte, ma io non potevo permetterlo e così ho detto loro di accamparsi sul Sand Creek o tra lì e le sorgenti dello Smooky Hill. Nessuno di loro fu soddisfatto… non capivano perché non potessi fare la pace. La mia intenzione è mantenere le cose tranquille fino a quando le truppe non saranno mandate in campo contro tutte le tribù”.
Dopo la partenza di Wynkoop, gli Arapahoes se ne andarono. Anthony disse loro di allontanarsi dal Forte e il Cap Soule riconsegnò le armi. Gli Arapahoes dissero ai Cheyennes che “le cose stavano diventando scure” con l’arrivo del “Capitano dagli occhi rossi” (Anthony era appena guarito da una lieve forma di scorbuto, ndr).
Le truppe di Chivington arrivarono a Fort Lyon a metà pomeriggio del 28 novembre. Quando entrarono nel forte furono accolte da Anthony, sorpreso dall’arrivo dei soldati. La prima persona che incontrò fu il Tenente Richmond che gli domandò a bruciapelo: “Dove sono gli Indiani?” Anthony rispose: “Sono dannatamente felice che voi siate arrivati. Li ho mandati a 25 miglia, in attesa di aiuti da Denver”. Secondo il Capitano Talbot, Anthony espresse profonda gratitudine e disse che avrebbe già attaccato gli Indiani se avesse avuto forze a sufficienza. Ecco alcune testimonianze di ufficiali del 3° Cavalleria che parlarono in favore di Chivington durante l’inchiesta militare che seguì al Sand Creek.
Il Tenente Clark Dunn: “Parlai con il Maggiore Anthony circa gli Indiani accampati al Sand Creek. Disse che erano ostili e non sotto la protezione delle truppe e che sarebbe andato egli stesso a ucciderli se avesse avuto un numero sufficiente di truppe a disposizione”.
Il Tenente Harry Richmond: “Incontrai il Maggiore Anthony a Fort Lyon il 28 novembre. Dopo avergli stretto la mano mi disse… ‘sono dannatamente contento che voi siate qui, avevo chiesto aiuto a Denver…’ L’ho sempre sentito esultare sull’esito della battaglia.”
Il Capitano Cree: “Il Maggiore Anthony, dopo la battaglia al Sand Creek disse che avevamo fatto una buona cosa a uccidere gli Indiani. Voleva che li inseguissimo per poterne uccidere di più”.


Località destinata ai gruppi Cheyenne

Dopo la riunione con Chivington, Anthony scrisse al quartier generale a Fort Riley che il Colonnello era arrivato col 3° Cavalleria per una spedizione contro gli Indiani. Disse di aver apprezzato l’arrivo di rinforzi e che credeva che gli Indiani sarebbero stati giustamente puniti. Li accompagnò, poi, con 125 uomini e 2 howitzer e partecipò alla battaglia al comando del 1° Battaglione del 1° Colorado, soldati regolari e non volontari. Dopo lo scontro, quando esplose lo “scandalo Sand Creek”, scrisse al fratello “che l’azione di Chivington era stata sbagliata, perché aveva colpito gli unici Indiani pacifici della regione”. In seguito Anthony affermò di aver sempre pensato che gli Indiani, al Sand Creek, fossero ostili. Scrisse al Maggiore Coffin: “Gli Indiani che ho avuto l’onore di punire, aiutando Chivington, erano una parte della stessa banda che aveva attaccato Fort Learned… bruciato il convoglio e ucciso 10 uomini a Cimarron Crossing… facevano parte della stessa banda che assalì ogni carro e convoglio che cercava di attraversare l’Arkansas Valley”. Non modificò più la sua versione e fu uno di coloro che portarono la bara di Chivington durante il funerale.


Fort Lyon. Da qui partirono, la sera del 28 novembre, 125 uomini del 1° Colorado

Il Maggiore Wynkoop
Ned Wynkoop era il comandante di Fort Lyon e aveva passato la primavera e l’estate del 1864 a combattere le tribù ostili. Il 4 settembre arrivarono al Forte 3 Cheyennes, One Eye, Minimic e sua moglie con una lettera per il Maggiore. Il messaggio era stato scritto da George Bent e diceva “Cheyenne village to Major Wynkoop, Major Colley. Signori, noi ricevemmo una lettera da Bent che ci chiedeva di fare la pace (evidentemente si riferivano al proclama di Evans di giugno, ndr). Abbiamo tenuto un consiglio e siamo giunti alla conclusione di fare la pace con voi purché voi facciate la pace con i Kiowa, Comanche, Arapaho, Apache e Sioux. Siamo in procinto di inviare un messaggero al campo Kiowa e alle altre Nazioni sulla nostra intenzione di fare la pace. Abbiamo saputo di alcuni nostri prigionieri a Denver. Noi abbiamo 7 prigionieri e desideriamo restituirli, purchè voi ci rendiate i nostri. Ci sono 3 gruppi di guerra ancora fuori e 2 di Arapahoes. Sono fuori da qualche tempo e li aspettiamo presto. Quando tenemmo il consiglio vi erano alcuni Arapaho e Sioux presenti. Vogliamo ricevere vere notizie in risposta. Questa è una lettera. Black Kettle e altri capi.”
Un ritratto di Wynkoop
One Eye disse a Wynkoop che, se l’avesse voluto, l’avrebbe accompagnato al campo Indiano. Il Maggiore apprese che circa 2.000 guerrieri erano accampati vicino allo Smooky Hill River, presso un luogo chiamato “the Bunch of Timbers”. Poi radunò 125 uomini e 2 howitzers e cavalcò verso nordest. Dopo 4 giorni inviò Minimic a annunciare il suo arrivo. Improvvisamente, si trovò di fronte 600-800 guerrieri, schierati in linea in cima a una collina, in atteggiamento ostile. One Eye si avvicinò ai Dog Soldiers e disse loro che i bianchi venivano in pace. Il 10 settembre si tenne una riunione al campo dei soldati a cui parteciparono, tra l’altro, Black Kettle, White Antelope, Bull Bear e Left Hand. Wynkoop mostrò la lettera, disse loro che non era autorizzato a fare la pace, ma che in cambio dei prigionieri li avrebbe accompagnati in delegazione a Denver a trattare con le autorità.
Il primo a parlare, tra gli Indiani, fu un capo gigantesco. Il Cheyenne, forse Bull Bear, gridò: “Questo capo bianco dice, dateci i prigionieri bianchi e io non vi darò nulla in cambio”. La situazione divenne tesa. A quel punto prese la parola Black Kettle che disse che avrebbero restituito tutti i prigionieri in loro possesso, ma che alcuni erano con i Sioux e quindi ci voleva tempo… anzi alcuni dovevano essere riscattati. Aggiunse che gli Indiani più anziani volevano la pace, ma i più giovani, specialmente i Dog Soldiers, non la desideravano. Chiese, poi, di poter conferire privatamente con gli altri leaders. In un seguente meeting, gli Indiani liberarono 4 prigionieri, Laura Roper e 3 bambini, Ambrose Asher, Isabelle Eubanks e Danny Marble. Wynkoop scrisse, in seguito, di non aver mai provato una gioia simile: “la Divina Provvidenza mi ha guidato nella missione”. Il 28 settembre accompagnò i capi Cheyenne e Arapaho alla conferenza di Camp Weld, che si rivelò infruttuosa. Evans disse di non avere il potere di trattare la pace e accusò gli indiani di varie razzie, mentre Chivington – che parlò per ultimo – dichiarò soltanto che non era l’autorità militare superiore, ma che tutti i soldati del territorio erano ai suoi ordini (informazione non proprio precisa perché Fort Lyon si trovava nel Distretto dell’Upper Arkansas, il cui Comandante era il Gen Blunt, ndr). “Il mio ruolo è combattere gli Indiani fino a quando non deporranno le armi e si consegneranno all’autorità militare. Essi sono più vicini al Maggiore Wynkoop che a chiunque altro e potranno andare da lui quando si riterranno pronti”. Ritornato a Fort Lyon, l’8 ottobre, Wynkoop scrisse una lettera a Curtis con l’esito dell’incontro e accolse, il 18 ottobre, vicino al forte, 652 Arapahoes, disubbidendo agli ordini avuti in precedenza (non accogliere e nutrire gli Indiani, ndr). Per questo motivo, all’inizio di novembre, fu poi sollevato dal comando e rimpiazzato da Anthony. Ironicamente, dopo l’esplosione dello “scandalo Sand Creek”, il Generale Curtis, proprio colui che l’aveva allontanato dalla scena, lo rimandò a Fort Lyon per riprenderne il comando e “per investigare sulle recenti operazioni contro gli Indiani”. Fu il principale accusatore di Chivington, anche se non era stato presente alla battaglia e fornì informazioni di seconda o terza mano.

2) Silas Soule fu ucciso prima di testimoniare

Il Capitano Silas Soule è ritenuto il principale accusatore di Chivingtom, colui che con i racconti e le lettere rivelò, per la prima volta, gli “orrori del massacro”. In genere, la sua morte viene raccontata nel modo seguente.
Una foto di Soule
La settimana o il mese dopo essere stato rilasciato dalla prigione in cui era stato rinchiuso, in attesa della Corte Marziale, con l’accusa di codardia, Silas Soule venne assassinato da un sicario, un assassino pagato da Chivington, che gli sparò alle spalle in un vicolo buio di Denver. In questo modo non potè testimoniare davanti alla commissione d’inchiesta militare e rivelare in modo completo quello che aveva visto.
Ma le cose andarono un po’ diversamente.
Il 16 dicembre Chivington, non ancora rientrato a Denver, inviò al Generale Curtis un rapporto completo sulla sua spedizione e la battaglia; in questo rapporto affermava anche quanto segue: “Non posso concludere il mio rapporto senza dire che la condotta del Capitano Soule, Compagnia D, 1° Cavalleria del Colorado, fu riprovevole, dal momento che disse di aver ringraziato Dio per non aver ucciso Indiani e altre espressioni che lo fanno sembrare più in simpatia con gli Indiani che con i bianchi”.
Dopo il ritorno di Wynkoop a Fort Lyon e quando iniziarono a comparire sui giornali dell’est le prime notizie sul Sand Creek, le cose cambiarono. Il 20 gennaio 1865, Soule fu nominato Assistente Capo della Polizia Militare e trasferito a Denver. Fu il primo a testimoniare davanti alla Commissione d’inchiesta militare. Fu interrogato per una settimana, dal 15 al 22 febbraio, dal presidente della commissione Samuel Tappan e controinterrogato dallo stesso Chivington.
La sera del 23 Aprile, 2 mesi dopo la sua testimonianza, tava tornando a casa insieme alla moglie quando udì una sparatoria. Essendo capo della polizia militare, andò a indagare. Fu affrontato da Charles Squire, un soldato del 2° Cavalleria del Colorado, non presente al Sand Creek. I due spararono quasi contemporaneamente. Squire fu ferito al braccio, o alla mano destra, e si allontanò, lasciando una traccia di sangue. La sua pallottola colpì Soule alla guancia e penetrò nel cervello, uccidendolo all’istante. Il Black Hawk Journal scrisse che Soule era stato eliminato perché non potesse testimoniare, ma poi ritrattò quando apprese che aveva già testimoniato.
Sull’uccisione di Soule rimasero, e rimangono, alcuni punti oscuri. Squire, dopo l’uccisione di Soule, fuggì nel Territorio del New Mexico. Fu riconosciuto a Las Vegas e arrestato dal Tenente Cannon, che aveva guidato il 1° New Mexico Volunteers al Sand Creek. Fu riportato a Denver per essere processato davanti alla Corte Marziale. Il 14 luglio, 3 giorni dopo aver condotto a Denver Squire, Cannon fu trovato morto in una stanza della Tremont House. Il corpo non presentava ferite. Ci furono molte chiacchiere, e alcuni sostennero che fosse stato avvelenato dagli stessi responsabili della morte di Soule.


Silas Soule (in basso a destra) con Wynkoop tra gli indiani

Il Rocky Mountain News scrisse che Cannon aveva giocato e bevuto smodatamente la sera prima di morire e che era un consumatore di morfina. I dottori che eseguirono l’esame post mortem non erano sicuri circa la causa del decesso. Veleno, alcool, morfina o una combinazione tra le 3 sostanze? Dissero che era morto per “congestione cerebrale”. Il 5 ottobre, alcuni giorni prima del processo, Squire scappò dalla prigione – o fu fatto fuggire – e non fu mai più ricatturato.
Wybkoop rimase sempre convinto che dietro l’assassinio di Soule ci fosse Chivington, anche se non fi furono mai prove della sua colpevolezza. Soule aveva già testimoniato e Chivington lasciò Denver subito dopo la fine dell’inchiesta militare, il 30 maggio 1865, e non fu presente durante gli eventi successivi.

3) Gli Indiani erano pacifici

Questo, più che un mito da sfatare, è un aspetto fondamentale dell’affare Sand Creek. I Cheyennes e gli Arapahoes accampati sul Big Sandy si potevano considerare pacifici o no? Wynkoop affermò che gli Indiani si erano comportati in modo pacifico e non avevano più commesso razzie dopo che li incontrò sullo Smooky Hill River il 10 settembre. Quindi già 2 mesi e mezzo prima del Sand Creek. Ma abbiamo raccolto alcune prove e testimonianze in contrasto.
Ho trovato, a partire dal solo mese di ottobre, notizie di numerosi scontri tra bianchi e Indiani.
Il 10 ottobre il Capitano Nichols con 60 soldati assalì un piccolo villaggio Cheyenne il cui capo era Big Wolf. Ci fu un breve combattimento in cui morirono 6 guerrieri e 3 donne indiane. Quando le truppe entrarono nell’accampamento, trovarono una serie di oggetti. Tra questi, uno era un certificato incorniciato di buona condotta e amicizia rilasciato a Big Wolf dal Segretario del dipartimento di Guerra Edwin Stanton. Poi vi erano beni che provenivano da convogli e ranches, inclusi gli scalpi freschi di alcune donne, le scarpe insanguinate, alcuni capi di biancheria intima e ricevute di consegna prese da convogli che erano stati assaliti lungo l’Overland Trail meno di un mese prima.


Prigionieri sottratti ai guerrieri Cheyenne

Il 12 ottobre una pattuglia composta da 15 soldati che stava cavalcando a 5 miglia da Mullalha’s Station fu assalita da 60 Cheyennes. Due soldati furono subito uccisi, gli altri riuscirono a raggiungere la stazione e a respingere il nemico. Tra i superstiti vi era il Capitano Ribble che affermò di aver trovato 3 corpi sul campo di battaglia dopo che gli Indiani si erano ritirati. Disse che i morti furono identificati come guerrieri della tribù di White Antelope, uno dei cosidetti “capi pacifici”.
Gli Indiani attaccarono poi i taglialegna a Midway Station, sul Platte, il 28 ottobre.
La notte del 13 novembre, a Ash Creek, 12 miglia a est di Fort Learned, 30 guerrieri assalirono un convoglio di 5 carri che portava grano. Due uomini furono uccisi e gli altri 4 scapparono a piedi.
Il 20 novembre il Capitano Henry Booth e il Tenente Helliwell stavano ritornando a Fort Learned da Fort Zarah, quando furono attaccati da 25 Indiani. Spronarono i cavalli e riuscirono a raggiungere il forte. Durante l’inseguimento Booth fu colpito da 2 frecce alla schiena e al braccio. Le ferite erano severe, ma non mortali.
Il 26 novembre, 3 giorni prima del Sand Creek, 75 Indiani attaccarono una diligenza 5 miglia a est di Plum Creek Station, uccidendo 2 persone e ferendone 6. Il Capitano Major, che era in comando a Plum Creek, li inseguì con 30 uomini. Intercettò gli ostili a Spring Creek. Ci fu una scaramuccia in cui un soldato rimase ferito .Major affermò di aver ucciso 3 Indiani.
Appare chiaro che alcune bande di Indiani continuarono a combattere fino a poco prima del Sand Creek. Erano però diminuiti l’intensità e il numero delle razzie, poiché ormai si avvicinava l’inverno, che non era periodo di guerra per i nativi (ma lo era per i bianchi, ndr).
Vi furono, poi, testimonianze di scalpi di bianchi nel campo di Black Kettle. Il Dottor Caleb Burdsall ebbe modo di dire: “Mentre stavo medicando i feriti in una tenda, arrivò un soldato con 5 o 6 scalpi di bianchi. Uno o due di questi sembravano staccati da non più di 10 giorno; la pelle attaccata ai capelli era ancora umida. Li osservai da vicino perchè mi sembravano staccati di recente”. Il Dottor Bell: “Dopo la battaglia vidi un gran numero di scalpi bianchi nel villaggio. Ne vidi uno preso da non più di 5 o 8 giorni, staccato dalla testa di un uomo dai capelli rossi.” E ancora… Chivington: “Mi fu mostrato uno scalpo trovato in una delle tende che poteva essere stato preso 2 o 3 giorni prima”. Il soldato Howbert: “In alcune tende trovammo più di una dozzina di scalpi di persone bianche, alcuni staccati dalla testa di donne e bambini, come era evidente dal colore e dalla sottigliezza dei capelli”. Il tenente Wilson: “Vidi uno scalpo nuovo di un bianco e 2 scalpi vecchi. Trovai vestiti e scarpe da donna”. Il Sergente Coffin: “Combattemmo con la storia degli ultimi 6 mesi impressa nella mente. Un motivo in più fu la vista di uno scalpo di donna bianca, dai lunghi capelli biondi, appeso in una tenda”. Il Sergente Decatur vide dei soldati aprire alcune sacche. All’interno vi erano scalpi bianch un rossetto e un barattolo di cipria. Lo colpì in particolare uno scalpo che “era stato conciato al fine di essere conservato, e i capelli erano molto lunghi, di colore castano ramato. Nella pelle vi erano 2 buchi, in questo modo poteva essere appeso alla testa degli Indiani durante la danza dello scalpo”.


White Antelope

Ma ci furono anche testimonianze diverse. Il Caporale Miksh disse che “non sentii nulla di scalpi trovati nel campo Indiano fin quando non lo lessi sui giornali”. Il Maggiore Anthony sostenne che “seppi circa 20 giorni dopo di uno scalpo di una donna bianca vecchio non più di 3 giorni trovato nel campo Cheyenne. Non sentii nulla fin quando Chivington arrivò a Denver. Fui con lui per 10 giorni dopo il combattimento e non udii una sola parola su uno scalpo bianco trovato nel villaggio”.
Alcuni sostengono, inoltre, che i Cheyennes, sentendosi in pace o protetti da una tregua, non misero sentinelle intorno al campo e furono così colti completamente di sorpresa. Ma questa era un’abitudine dei nativi! Gli Indiani non difendevano i loro villaggi secondo la mentalità dei bianchi. Non si trinceravano e non mettevano picchetti di sentinelle. Si limitavano, generalmente, a inviare un piccolo gruppo di giovani a guardia delle mandrie. Non sapevano difendere un villaggio e tenevano sempre la guardia abbassata, sia in pace che in guerra. Greg Michno scrive di aver letto che i militari sorpresero gli Indiani nei loro accampamenti in ben 205 occasioni…
Vi sono poi racconti sulla presenza di “rifle pits” o “sand pits”, buche per tiratori scavate dai Cheyennes prima o durante l’attacco. Ecco alcune testimonianze. Il soldato Slater: “Il campo era circondato da rifle pits, infatti la neve copriva il fondo di queste buche. Era quindi evidente che erano state scavate prima, visto che la neve non era caduta nei 10 giorni precedenti”. John Chivington: “Le trincee furono trovate in vari punti e si estendevano lungo le rive del fiume per alcune miglia dal campo”. Il Sergente Decatur: “Vi erano molte sand pits… non contai il numero; erano abbastanza larghe da nascondere un uomo sdraiato, alcune erano più profonde di 3 piedi (circa 90 cm, ndr)”. Secondo altri le trincee furono scavate durante il combattimento. Il Caporale Miksh: “Non vi furono rifle pits, eccetto quelle che gli Indiani scavarono nelle rive sabbiose dopo che li attaccammo”. Il Maggiore Anthony: “Gli Indiani presero posizione lungo le rive sabbiose del fiume, scavarono trincee e ci spararono contro, mentre le donne e i bambini cercavano di fuggire”. Il Tenente Cramer: “Non vidi alcuna rifle pit”. Appare evidente come la presenza o meno di “rifle pits” sia un punto importante. Se furono scavate prima vuol dire che i Cheyennes si aspettavano, o temevano, un attacco. Stan Hoig osserva che queste rifle pits erano, probabilmente, depressioni o buche nel terreno già presenti naturalmente, ma un ricercatore, Chuck Bowen, ha trovato con il metal detector pezzi di pale e zappe sepolti nel terreno lungo le rive del fiume. Da un lato, scavare rifle pits non era abitudine dei nativi, dall’altro scavare trincee nel terreno gelato di fine novembre durante l’attacco, ci sembra una cosa poco fattibile. Se ci furono rifle pits, furono certamente scavate prima.

4) Nel villaggio era piantata una bandiera americana

Nel famoso dipinto di Robert Lindneux si può osservare, in mezzo al campo, una bandiera americana. La sua presenza è, però, motivo di controversia. Nelle tre inchieste che fecero seguito alla battaglia, quattro persone dissero di aver visto la bandiera. Due di queste erano soldati. ?Il soldato Norman Snyder disse di averla vista all’estremità occidentale del campo, mentre il soldato George Roan affermò “vidi un accampamento Indiano e le stelle e strisce sventolavano su di esso”. Disse che Chivington non aveva ancora raggiunto il villaggio quando vide la bandiera, poichè si trovava in posizione frontale e avanzata con il suo battaglione (il 1° Colorado). Le sue affermazioni furono però in contrasto con quelle del Capitano James Adam che era nella stessa compagnia (la compagnia G).


I Nativi venivano talvolta sorpresi nei loro stessi villaggi

Adam affermò che la compagnia G non si era trovata nella posizione più avanzata, come aveva detto Roan, ma che vi erano soldati più avanti rispetto a loro al momento dell’attacco. In seguito Roan ammise che altri soldati erano 3/4 di miglio davanti a loro. Due altri non combattenti affermarono di aver visto la bandiera. John Smith, che si trovava all’interno del villaggio al momento dell’attacco disse che Black Kettle sollevò una bandiera, quella che gli era stata donata dal commissario A. B. Grenwood, prima che l’assalto iniziasse. Robert Bent, che aveva guidato Chivington al Sand Creek e stava cavalcando accanto a lui, fece questa dichiarazione: “Vidi la bandiera americana sventolare e udii Black Kettle dire agli Indiani di stare intorno alla bandiera.” Gran parte dei soldati non videro nulla.
Il Sergente Decatur disse: “non vidi alcuna bandiera”. Il Cap Talbot: “Non vidi alcuna bandiera sventolata dagli Indiani”. Il soldato Milo Slater, che cavalcò nella fila più avanzata con Anthomy, quando udì che vi erano persone che dicevano che nel campo vi era una bandiera americana, rispose: “Permettetemi di dire che queste affermazioni sono decisamente false. Quando dico che il mio battaglione fu il primo a attaccare il villaggio, che io udii il primo sparo e che fui in mezzo al combattimento fino alla fine, scusatemi, ma credo di essere stato nella migliore posizione per conoscere quello di cui sto parlando”.

5) Il 3° Colorado era “la feccia dell’umanità”

Per capire di cosa si parla, basta girovagare per internet e leggere articoli, discussioni e interventi sul Sand Creek. I soldati del 3° Colorado sono stati chiamati in molti modi: feccia nera, demoni, macellai, rifiuti dell’umanità.
Cerchiamo allora di capire da chi era realmente composto il 3° Colorado.
Gli arruolati furono in totale 1.149. Di circa 800 uomini si conosceva l’occupazione, più di 500 erano agricoltori, allevatori e minatori; 200 circa erano braccianti, impiegati, carpentieri, ingegneri, insegnanti, stampatori e commercianti. Billy Breakenridge, che si arruolò a 17 anni nel 3° e che divenne in età adulta sceriffo nella Cochise County ai tempi di Wyatt Earp, scrisse nel suo libro di ricordi “Helldorado” che la sua compagnia (la B) era formata da minatori, mugnai, conducenti di carri, bancari, mercanti, avvocati e uomini d’affari che avevano lasciato le case e il lavoro per combattere gli Indiani e cercare di porre un freno ai loro attacchi. “Eleggemmo i nostri ufficiali. Hal Sayre, un ingegnere minerario, fu nominato Capitano, Harper Orahood, un farmacista di Central City fu promosso Primo Luogotenente e Harry Richmond, un attore che recitava Shakespeare, Secondo Luogotenente”. Irwing Howbert, nel suo libro di memorie “Indians of the Pike’s Peak Region” scrisse: “Voglio porre l’accento sul fatto che la gran parte degli uomini del 3° provengono da classi agiate; molti di loro sono agricoltori, mercanti e professionisti. Il Capitano Baxter di Pueblo e il Capitano Nichols di Boulder sono Legislatori del Colorado e tutti gli altri ufficiali sono persone molto stimate nelle rispettive comunità”.

6) Chivington era al comando del 3° Colorado al Sand Creek

George Shoup
Diversamente da quanto molti credono, John Chivington non fu il comandante del 3° Volontari del Colorado. Chivington fu nominato nel 1862 Comandante del Distretto del Colorado ed era a capo di tutte le truppe che erano stanziate in quello che era, a quel tempo, un territorio non ancora organizzato in Stato.
Il 3° cominciò a riunirsi a Camp Evans, un punto di raccolta 2 miglia a nord di Denver, il 21 agosto. Un mese dopo circa, il 21 settembre, il Colonnello George Shoup assunse il comando del reggimento. Shoup, che al momento dell’incarico aveva 28 anni, si era in precedenza distinto come abile ufficiale nella guerriglia contro gli Indiani ed era stato con Chivington a Glorieta Pass. Fu lui, quindi, a guidare l’attacco al campo indiano del 3° all’alba del 29 novembre. Il reggimento era proprio quello che fu accusato di gran parte delle atrocità. Quando poi scoppiò il caso Sand Creek, la sua posizione rimase defilata. Fu interrogato dalla commissione d’inchiesta militare e testimoniò, tra l’altro, di “aver osservato, dal suo punto d’osservazione, circa 300 Indiani morti e di aver visto uno o due soldati che stavano scalpando, ma che non poteva esserne certo”. Non fu, quindi, travolto dallo “scandalo”, non fu chiamato in causa come compartecipe del massacro e il suo nome rimase immacolato. In seguito andò a vivere nel nordovest, prima in Montana e poi in Idaho e fece una carriera politica folgorante. Divenne il primo Governatore del Territorio dell’Idaho nel 1889, nominato dal Presidente Harrison e guidò il movimento che voleva annettere l’Idaho all’Unione. Fu poi eletto Governatore del nuovo Stato nel 1890 e in seguito divenne Senatore per 2 legislature.

7) La carica nel villaggio

In quasi tutti i dipinti sul Sand Creek viene ritratta la carica dei soldati attraverso il campo Indiano. Secondo quanto è possibile leggere in ben più di un testo, questa “presunta carica”, invece, non avvenne. Tre giorni prima della battaglia John Smith aveva chiesto a Anthony il permesso di recarsi al campo Cheyenne per commerciare e il Maggiore glielo aveva concesso. Smith si era fatto accompagnare da un soldato, David Louderback, e da un conducente di carri, Watson Clark. Chivington aveva promesso ad Anthony che avrebbe fatto circondare il villaggio prima di assalirlo, per dare una possibilità di fuga ai bianchi.


Una mappa della battaglia

Inviò, quindi, all’inizio dello scontro, lo stesso Anthony e Wilson a disperdere e catturare le mandrie di cavalli che si trovavano ai due lati del villaggio, in modo da appiedare i nativi; poi fece avanzare il 3° del Colonnello Shoup verso l’accampamento. Improvvisamente l’avanzata si fermò. Per molti soldati l’alt fu inaspettato. Il soldato Theodore Chubbuck disse: “Pensai che la pausa fosse stata ordinata per mandare un interprete nel villaggio”. A questo punto il soldato George Pierce della compagnia F del 1° Colorado perse il controllo del cavallo. L’animale prese a dirigersi verso il villaggio.


La carica nel villaggio

Mentre il cavaliere si stava avvicinando, alcuni guerrieri, usciti dalle tende, gli spararono contro. Il cavallo stramazzò al suolo, Pierce si rialzò e cominciò a correre verso i soldati. Il soldato Alexander Safetly fu testimone di quanto accadde in seguito: “Vidi del fumo alzarsi dai fucili degli Indiani e George Pierce cadde”. “Questo fu il primo sparo”, disse il Maggiore Downing. Il primo morto della giornata fu un soldato. Subito dopo i Cheyennes iniziarono a ritirarsi verso il corso asciutto del fiume. Ancora Downing: “Quando arrivai vicino al villaggio, un Indiano mi sparò dalla riva del fiume, così tornai indietro, osservai la disposizione del campo e poi cavalcai da Anthony, che si trovava a sudovest del campo. Pensai che fosse in procinto di caricare e lo consigliai di non farlo, poichè i cavalli sarebbero stati ostacolati dalle funi”. Molti altri uomini smontarono e condussero i cavalli a mano. La tradizionale carica di Chivington attraverso il villaggio, quindi, non sembrerebbe essere avvenuta. Il Sergente Coffin disse: “Passammo vicino a un soldato morto; quell’uomo era Pierce. Procedemmo attraverso il villaggio a piedi, poichè l’accampamento era stato completamente abbandonato dagli Indiani”. Rober Bent, che era stato costretto a guidare Chivington all’accampamento, affermò che alcuni Indiani fuggirono al primo sparo, ma altri entrarono nelle tende e presero le armi, “ebbero tutto il tempo di farlo”.


Una mappa con la posizione delle ipotetiche buche

I soldati, quindi, passarono attraverso il campo a piedi e trovarono solo pochi Indiani morti. La guida Jim Beckwourth disse che i Cheyennes non combatterono e non si organizzarono in formazione da battaglia fin quando non furono fuori dal villaggio e lo fecero fino al momento in cui furono colpiti dalle cannonate; quindi si dispersero e iniziarono a combattere in tutte le direzioni. Il maggiore Anthony affermò che vi erano tra i 75 e i 100 guerrieri che gli sparavano contro dal letto del fiume. Lo scontro durò circa 7 ore. La battaglia del Sand Creek fu combattuta lungo il corso del fiume, che in quel periodo dell’anno era quasi in secco.

8) Il numero dei morti

Il numero dei morti non è evidentemente un mito da sfatare! I morti ci furono, senza alcun dubbio, ma è un piccolo mistero l’esatta stima dei caduti. Vi furono, infatti, testimonianze completamente discordanti. Eccone alcune. John Chivington: “Giudicai che vi fossero 500-600 morti”. Il Maggiore Anthony: “Suppongo fossero 125”. Il Capitano Soule del 1° Colorado: “Vidi 69 Indiani morti”. Il soldato Norman Snyder, 1° Colorado: “Ne vidi 98”. Il Colonnello Shoup, 3° Colorado: “Dal mio punto di vista, direi 300 caduti”. Il Tenente Joseph Cramer, 1° Colorado: “Stimai che fossero 175 o 180”. Il soldato Amos James, 1° Colorado: “Ne contai 100 o poco più”. Il soldato Asbury Bird del 1° Colorado: “Giudicai che vi fossero 400 o 500 Indiani uccisi”. Il Capitano Andrew Gill, 3° Colorado: “Suppongo che vi furono 500 morti”. Il Capitano Amos Miksch, 1° Colorado: “Contai 123 morti, solo 25 erano uomini adulti”. Il Sergente Stephen Decatur, 3° Colorado: “Vi erano 450 indiani morti, vidi solo un piccolo numero di donne uccise”. John Smith: “Vidi 70 o 80 corpi, gran parte dei quali erano donne e bambini”. Il Tenente James Cannon,1° New Mexico: “La mia stima è di circa 200 Indiani uccisi”. Il Maggiore Wynkoop, dopo aver ascoltato il racconto di alcuni partecipanti, testimoniò che a suo parere 60 o 70 Indiani erano stati uccisi. Rober Bent un mese dopo l’attacco disse di aver contato 69 corpi. George Bent, in una lettera al Col Tappan, scrisse che il numero dei morti era 137, di cui solo 28 adulti.
La gran disparità delle stime rende impossibile, ancor oggi, quantificare con precisione il numero degli indiani morti.

9) Non ci fu resistenza

Un altro mito del Sand Creek è che gli Indiani furono uccisi senza opporre resistenza, come agnelli al macello. Ma non fu esattamente così. Secondo Gregory Michno le prime notizie dopo lo scontro parlarono di 10 soldati uccisi e 38 feriti. Il 4 dicembre l’aiutante di Chivington Samuel Lorah riportò 11 morti e 40 feriti. Il numero finale fu, però, più alto. Il 3° Colorado perse 20 uomini e ebbe 31 feriti, mentre nel 1° Colorado ci furono 4 caduti e 21 feriti, per una cifra finale di 24 morti e 52 feriti. Le testimonianze di coloro che parteciparono allo scontro, descrissero una battaglia accanita. Il Sergente Decatur, che aveva preso parte alla guerra contro il Messico combattendo nelle battaglie di Brazito e Sacramento e si era scontrato coi Lipans vicino a Paras, disse: “Non vidi mai, in tutta la mia vita, un combattimento più feroce”. Il Sergente Coffin, dopo aver visto i soldati morti, affermò: “Pensai che la nostra battaglia fosse stata vinta a carissimo prezzo”. Il soldato Howbert disse che il numero dei morti e feriti dimostrava che gli indiani si erano difesi in modo accanito e ostinato.


Un’immagine relativa all’attacco

Il Maggiore Sayr disse: “Combattemmo per ore sotto il fuoco pesante di un gruppo di indiani ben armati che si erano nascosti dietro la riva meridionale del Sand Creek”. Il Maggiore Anthony: “Questa è stata la battaglia più dura e sanguinosa mai combattuta su queste pianure”. E Billy Breakenridge: “Gli Indiani erano meglio armati dei soldati e combatterono in maniera disperata, contendendoci ogni centimetro di terreno, fin quando furono lentamente respinti da una posizione all’altra per circa 4 miglia”.


Le perdite registrate dai soldati

Sempre secondo Michno, in solo 6 battaglie a ovest del Mississipi ci furono più vittime: Pyramid Lake (1860), Birch Coulee (1862), le Badlands (1864), Dove Creek (1865), Fetterman’s Fight (1866) e il Little Bighorn (1876). Evidentemente i Cheyennes e gli Arapahoes si difesero con accanimento e non rende loro giustizia lo scrivere che alzarono le mani in segno di resa o fuggirono come codardi, poichè non lo fecero.

10) I capi morirono cantando davanti alle loro tende

Una delle storie più raccontate e universalmente accettate sul Sand Creek riguarda il capo Cheyenne White Antelope. Secondo quanto scrive Stan Hoig, per esempio, White Antelope all’inizio della battaglia corse fuori dal villaggio con le braccia alzate, gridando ai soldati di non sparare. Le truppe continuarono a avanzare e così Antilope Bianca, uno tra i più valorosi tra i guerrieri Cheyenne, rimase in piedi immobile in mezzo al Sand Creek con le braccia incrociate al petto, un gesto che significava che i Cheyennes non volevano combattere.
Black Kettle
Il racconto afferma che White Antelope aspettò il proiettile fatale cantando la canzone di morte “Nulla vive a lungo eccetto la terra e le montagne”. Ma, anche in questo caso, ci furono testimonianze discordanti. David Louderback, che si trovava all’interno del campo, raccontò che White Antelope e Standing in the Water entrarono nelle loro tende, presero le armi, uscirono e iniziarono a sparare contro i soldati. Entrambi furono uccisi, a circa 50 yards l’uno dall’altro. White Antelope fu ucciso nel letto del fiume, Standing in the Water vicino alla riva sinistra. Il soldato Safely, che conosceva di vista Antilope Bianca, vide 3 Indiani avanzare verso la sua compagnia, la H, scagliando frecce. Uno di questi – secondo Safely – era White Antelope: “…Venne correndo verso la compagnia H, aveva una pistola nella mano sinistra e un arco e alcune frecce nella destra; arrivò a circa 50 yards dalla nostra compagnia e cominciò a sparare”. La compagnia H si trovava a circa 100 yards dal villaggio, con antilope Bianca in mezzo. I soldati gli spararono senza colpirlo. Safely si avvicinò all’Indiano e gli sparò, ma la pallottola finì nel terreno. Allora Antilope Bianca si voltò e iniziò a correre attraverso il villaggio, ma fu colpito alla testa da Billy Henderson mentre si trovava in mezzo al fiume. Il Tenente Andrew Templeton della compagnia G del 3° Colorado vide White Antelope sparare fino a quando fu ucciso. Affermò che fu ucciso dal soldato Hugh Melrose. Anche John Smith fu testimone del fatto: “Fu il primo Indiano ucciso a circa 100 yards dal punto in cui mi trovavo nel campo. Uno dei primi a raggiungere il corpo senza vita fu il soldato Hugh Mull che si appropriò della coperta Navajo finemente lavorata”. Il Tenente Cramer testimoniò che fu il capo Arapaho Left Hand a essere colpito mentre era in piedi con le braccia incrociate gridando che non voleva combattere i soldati: “…Soldati, non colpitemi, sono vostro amico”, ma la sua testimonianza fu l’unica e sembra che Cramer non comprendesse l’Arapaho.
George Bent raccontò di aver guardato verso la tenda di Black Kettle e di aver visto il capo Cheyenne davanti al proprio tipi mentre sventolava un palo a cui era legata una bandiera americana. Bent disse di aver udito Black Kettle gridare al suo popolo di non aver paura, che i soldati non avrebbero sparato. Ma essi aprirono il fuoco. Quando Black Kettle capì che non avrebbe goduto di nessun tipo di immunità, corse insieme alla moglie Medicine Woman verso il corso del fiume e con loro c’era la maggior parte dei fuggitivi. Ma Medicine Woman fu colpita e cadde. Black Kettle vide che sanguinava copiosamente e sembrava morta e corse via verso una “rifle pit”, una buca del terreno, in cui si erano nascosti alcuni guerrieri che stavano sparando verso i soldati. Black Kettle disse in seguito di essersi unito a un gruppo di donne e bambini che ricaricavano i fucili. La sua vista non era più buona e gli impediva di combattere. Il capo fuggì poi dal villaggio. La sera ritornò protetto dall’oscurità a cercare il corpo della moglie e la trovò miracolosamente ancora viva. I vestiti ghiacciati e il freddo avevano fermato la perdita di sangue proveniente da 9 fori d’arma da fuoco. Black Kettle se la caricò sulle spalle e la trasportò lungo il fiume. Incontrò un guerriero che gli diede un cavallo e così potè raggiungere il villaggio sullo Smooky Hill e la salvezza.

11) Il numero di donne e bambini presenti nel villaggio (o di guerrieri)

In molti racconti sul Sand Creek si trova scritto – forse per gettare discredito sui Volontari del Colorado – che nel villaggio era presente un gran numero di donne e bambini. E’ noto, però, che in tutti i campi indiani il numero di donne e bambini era superiore a quello dei guerrieri. Se una coppia aveva 2 figli, 3/4 della famiglia era composta da donne e bambini; se aveva 3 figli, 4/5 della famiglia era rappresentato da donne e bambini. E così via. Senza contare gli anziani. In genere, le famiglie indiane avevano ancor più figli e gli uomini, talvolta, avevano più mogli.
Il campo sul Sand Creek era composto da circa 115-120 tende, con una popolazione di 500-600 persone. Edmond Guerrier e John Smith, due mercanti che sposarono donne Cheyenne e che si trovavano nell’accampamento al momento dell’attacco, dissero che nel villaggio vi erano circa 200 guerrieri. Non pochi! Evidentemente non erano tutti lontani sulla pista del bisonte, come dice la famosa canzone di Fabrizio De Andrè… A causa del maggior numero di non combattenti, in gran parte degli assalti a villaggi indigeni (a partire dall’attacco a quello dei Pequots fino a Wouded Knee) il numero di morti fra i non combattenti fu superiore a quello dei guerrieri, dato che soldati di diverse nazioni, miliziani, regolari o irregolari, Rangers di Rogers o del Texas, sparavano, cannoneggiavano e mitragliavano nel mucchio, senza fare troppe distinzioni.
Tra gli uomini che andarono al Sand Creek ci furono quelli che spararono e uccisero a sangue freddo, in maniera indiscriminata. Duncan Kerr, fece questo racconto: “Vidi un soldato smontare da cavallo per poter meglio sparare. Nel momento in cui fece fuoco, il cavallo fuggì. Una donna Cheyenne uscì da un nascondiglio vicino e lo afferrò per le redini, pensando che questo gesto le avrebbe salvato la vita. Il soldato le si avvicinò, prese le redini e le sparò alla testa”.
Altri soldati testimoniarono che a causa della costante fucileria che proveniva dalle rive del fiume, spararono a tutto ciò che appariva. Irving Howbert: “Penso che gran parte delle donne fu uccisa in questo modo, era impossibile a una distanza di 200 yards (circa 200 metri, ndr) distinguere i due sessi, anche a causa della somiglianza dei vestiti.” Inoltre alcune donne Cheyenne combatterono a fianco dei guerrieri. Il soldato Connor, per esempio, fu ucciso da una freccia scagliata da una donna che lo colpì al polmone destro. Un Cheyenne, Morning Star, raccontò inoltre che la maggior parte degli Indiani fu uccisa dal fuoco dei cannoni, che spararono in maniera incessante fino a quando rimasero senza munizioni.
Vi furono poi altri tragici episodi. Il Maggiore Anthony vide una donna ferita scappare con i due figli. A causa della ferita non riusciva a correre e così fece venire i due bambini vicino e tagliò loro la gola con un coltello, e poi si uccise lei stessa. Il Tenente Cramer, uno dei principali accusatori di Chivington, verificò l’incidente e scrisse al Maggiore Wynkoop “che era noto che le donne uccidevano i loro figli e poi si suicidavano piuttosto che farli prendere prigionieri”. Una donna anziana si impiccò in una tenda.

12) Non ci furono prigionieri

I prigionieri, anche se non molti, ci furono. Charlie Bent, il figlio più giovane di William Bent e della sua seconda moglie Yellow Woman, si era nascosto in una tenda insieme a una donna indiana, ma fu trovato da Charles Autobees, un amico del padre. Furono entrambi portati dallo scout Jim Beckwourth. Charlie, che aveva lineamenti indiani, temeva per la sua vita e implorò Beckwourth di salvarlo. Lo scout lo fece salire su un carro ambulanza insieme alla donna e li condusse nell’area del villaggio in cui era stato allestito un ospedale. Pop Charlie fu affidato al Capitano Soule che lo riportò a Fort Lyon.
La sera dopo la battaglia, in un tepee, furono trovati due bambini e una donna anziana, mentre due ragazze e un bimbo in un’altra parte del campo. Furono trovati e salvati Zerepta, la moglie di John Smith, e il suo bambino di 4 anni, William Gilpin Smith. Amache, la moglie dell’interprete John Prowers fu salvata con i suoi due figli e così pure una donna Arapaho e il nipote che si nascondevano in un boschetto. Una donna ferita gravemente fu portata alla tenda-ospedale. Si chiamava Spanish Woman e aveva smarrito la sua bimba. Cercarono di curarla, ma era morente. Quando chiese della figlia, un soldato le rispose che era riuscita a fuggire.


Candice Bergen (Cresta Lee), improbabile prigioniera in Soldato Blu

Ci fu poi uno degli episodi più tragici del Sand Creek… Jack Smith, il figlio mezzosangue di John, si era consegnato durante la battaglia al Maggiore Sayr ed era stato rinchiuso nella tenda di War Bonnet. I soldati lo volevano morto. Lo accusavano di aver partecipato, insieme ai Cheyennes, a numerose scorrerie. In particolare, lo incolpavano di aver preso parte a un attacco contro un convoglio di tre carri nel luglio 1864. Tra i viaggiatori vi era una famiglia di quattro persone. Il marito e i due figli erano stati uccisi e mutilati, la moglie violentata in gruppo. Quando chiesero a Chivington che cosa si doveva fare di Jack, sembra che abbia risposto come Ponzio Pilato, se ne lavò le mani. David Louderback, che si trovava all’interno della tenda, la mattina del 30, sentì un soldato avvicinarsi e gridare “Jack, figlio di buona donna, avremmo dovuto spararti molto tempo fa”. Poi qualcuno fece fuoco con una pistola attraverso un buco della tenda, colpendo Jack al petto e uccidendolo. David Louderback affermò in seguito che “l’uccisione del giovane Smith fu una dannata vergogna, avrebbero potuto dargli almeno una possibilità”.

13) Le frasi e i discorsi di Chivington

La frase più spesso citata è la famosa “nits make lice”, le lendini fanno pidocchi, spesso associata a “kill and scalp all, little and big”, scalpateli tutti, grandi e piccini.. Si può trovare sui libri, in articoli, blog e forum… Per alcuni Chivington l’avrebbe pronunciata all’alba del 29 poco prima dell’attacco, per altri la sera del 28 durante una riunione con alcuni ufficiali a Fort Lyon. A causa del gran numero di volte in cui viene riportata, è facile credere che questa frase sia stata ascoltata da un sacco di testimoni. Con grande sorpresa si scopre invece che il testimone fu uno solo. Il procuratore distrettuale del Territorio del Coilorado e rivale politico di Chivington, Sam E. Brown, disse di averla udita nel mese di Agosto, tre mesi prima del Sand Creek, durante un comizio elettorale. Non furono quindi decine i testimoni, ma uno solo, un avversario politico che probabilmente colse l’occasione per denigrare ancora di più la reputazione del Colonnello. Chivington che dal canto suo negò con ostinazione di aver mai detto una cosa simile.
I discorsi citati più frequentemente sono due. La sera prima del Sand Creek ci fu una riunione a Fort Lyon nell’ufficio del Tenente Cossit, a cui parteciparono alcuni ufficiali, allo scopo di preparare l’attacco del giorno dopo.


Chivington ormai anziano

Durante l’incontro il Tenente Craner affrontò Chivington, criticandolo per la decisione presa e ricordandogli gli impegni che il Maggiore Wynkoop aveva preso con gli Indiani. “Wynkoop ha dato la sua parola e così tutti gli ufficiali sotto di lui; combattere gli indiani ci metterebbe in una situazione molto imbarazzante.” Quando finì di parlare, Chivington gli si avvicinò e disse “…La nazione Cheyenne ha condotto una guerra sanguinosa contro i bianchi per tutta la primavera, l’estate e l’autunno e Black Kettle è il loro capo principale. Si sono resi colpevoli di rapina, incendio, omicidio, violenza carnale e feroci torture, non risparmiando le donne e i bambini piccoli. Credo che sia giusto e onorevole usare tutti i mezzi, con la benedizione di Dio, per uccidere gli Indiani che uccidono e torturano donne e bambini. Sia dannato ogni uomo che ha simpatia per gli Indiani”.
All’alba del 29 Chivington fece avanzare gli uomini verso il villaggio. A circa un miglio dal villaggio li fece fermare e ordinò loro di lasciare a terra l’equipaggiamento superfluo. Fece anche una piccola arringa. Secondo Robert Bent disse: “Ricordatevi delle nostre mogli e dei figli assassinati sul Platte e sull’Arkansas”. Secondo Jim Beckwourth le parole furono: “Uomini, preparatevi all’azione. Non vi dirò di uccidere persone di tutte le età e sesso, ma guardatevi indietro verso le pianure del Platte dove le nostre madri, i padri, fratelli e sorelle sono stati massacrati e il loro sangue satura le sabbie del Platte”. Morse Coffin, che si trovava a circa 10 metri, udì queste parole: “Ragazzi, non vi dirò chi dovete uccidere, ma ricordatevi delle donne e bambini massacrati”.

14) Ottenne unanime condanna

Le prime accuse contro Chivington e i volontari non vennero da ufficiali e soldati presenti al Sand Creek, bensì da mercanti e Agenti Indiani. Il capitano Presley Talbot era stato ferito durante la battaglia e fu alloggiato a Fort Lyon in una stanza adiacente all’ufficio del Maggiore Samuel Colley, Agente Indiano per i Cheyennes e gli Arapahoes. Ebbe diverse conversazioni con lo stesso Colley e John Smith. Smith gli mostrò alcuni fogli, scritti da lui e Colley, e firmati anche dal soldato David Louderback. I due protestavano contro il Governo, dichiarando di aver perso, durante la battaglia, 105 pelli di bisonte, 2 cavalli bianchi e un carro di provviste. Stimavano il danno in 6.000 $, ma avevano chiesto un robusto risarcimento. Smith affermò: “Realizzeremo da quel che è accaduto 25.000 $ e che sia dannato il Colonnello Chivington”. Disse, inoltre, di avere amici potenti a Washington che l’avrebbero aiutato.
Il parere di Kit Carson
Mentre Talbot giaceva nella sua stanza, udì Smith e Colley leggere una lettera al Sovraintendente degli Affari Indiani, in cui denunciavano Chivington. Smith si vantò con Talbot che presto i giornali dell’est sarebbero stati invasi da lettere provenienti da Fort Lyon, si sarebbe così vendicato per l’assassinio di suo figlio. Il Maggiore Colley, Agente Indiano per i Cheyennes e gli Arapahoes, era stato presente alla riunione tra ufficiali tenuta la sera prima della battaglia. Durante l’incontro aveva detto a Chivington di avere, negli ultimi 6 mesi, fatto tutto quello che era in suo potere per tenere tranquilli gli indiani, ma che non aveva ottenuto alcun risultato. “Gli Indiani – disse – sono difficili da trattare e la sola cosa da fare è castigarli severamente. Vi sono Indiani che non mi piacerebbe veder puniti, ma dal momento che si sono affiliati con gli ostili non possiamo fare distinzioni”. Questo prima del Sand Creek; poi evidentemente Colley cambiò idea. Intervennero anche alcuni avversari politici di Chivington ed Evans. Già il 7 dicembre il racconto di un membro del 1° colorado era stato portato al Giudice Stephen Harding. Harding scrisse a John Wright, un vecchio rivale politico di Evans che viveva a Washington ed era amico di Colley e del Segretario degli Interni John Usher. La lettera conteneva frasi come “l’attacco contro i selvaggi indifesi è stato uno dei più mostruosi della storia”, “gli indiani erano quieti e in pace”, “le vittime sono donne e bambini e nessuno è stato risparmiato”. Scrisse pure che “questi Indiani non avevano mai molestato i viaggiatori che erano transitati in mezzo a loro, la maggior parte aveva consegnato le armi prima dell’attacco”. Le prime condanne del Sand Creek uscirono sui giornali dell’est. La lettera di Harding apparve il 26 dicembre sul New York Harald. Lo stesso giorno l’Advertiser & Union stampò le parole del Giudice del Colorado Benjiamin Hall: “Gli Indiani erano completamente pacifici”. Il 28 il Washington Star scrisse che il Sand Creek era stato un massacro di selvaggi indifesi e il giorno seguente l’Advertiser & Union affermò che “Chivington aveva sterminato 200 famiglie di Cheyennes senza alcuna provocazione”.
A seguito delle accuse comparse sui giornali dell’est, tre diverse commissioni furono chiamate a investigare su quanto era successo al Sand Creek. Un’inchiesta fu affidata a un “Comitato Speciale” che era già stato formato in precedenza.e il cui scopo era indagare sulle condizioni delle tribù indiane che vivevano a ovest e sul loro trattamento da parte delle autorità civili e militari. Il Comitato partorì poi il cosiddetto “Report on the Condition of the Indian Tribes”.
Il Presidente della commissione era il senatore Doolittle. Il rapporto fu diviso in 3 aree geografiche e il gruppo di Doolittle fu assegnato alle Pianure Centrali e quindi si occupò dell’affare Sand Creek. Ascoltarono alcuni testimoni a Washington, tra cui il Governatore Evans ,Colley e John Smith e poi partirono per l’ovest e si fermarono a Fort Riley, Fort Larned, Fort Lyon, Denver e Santa Fe.
A Washington l’Agente Colley – colui che aveva invitato Chivington a punire gli indiani e che non fu presente al Sand Creek – testimoniò che gli indiani erano amichevoli, che i capi erano stati uccisi davanti alle loro tende mentre sventolavano la bandiera americana e che gli Indiani erano stati macellati in maniera brutale.
Doolittle intervistò 30 persone, per la maggior parte non presenti il giorno della battaglia.
Tra i testimoni ci fu anche Kit Carson, che disse: “Ho sentito che le autorità del Colorado si aspettavano che le loro truppe sarebbero state mandate sul Potomac e così hanno scatenato la guerra, in modo che i soldati fossero costretti a rimanere”.
Carson condannò l’attacco per la sua brutalità, forse dimenticandosi che nello stesso anno centinaia di Navajos che aveva contribuito a catturare erano morti di freddo e fame durante la lunga marcia verso Bosque Redondo e di aver guidato il 25 novembre – pochi giorni prima del Sand Creek – una spedizione composta da 335 sioldati e 75 alleati Utes e Apaches contro i villaggi Kiowa-Comanche ad Adobe Walls. Parte della differenza tra i due eventi era stato il finale. I soldati di Carson e i loro scouts erano stati respinti e erano tornati a Fort Bascom ringraziando il cielo di aver salvato la pelle.
La Commissione concluse che “il fatto che dà tanta forza alla condanna dell’intero massacro di Arapahoes e Cheyennes, compiuto dalle truppe del Colorado sotto il Colonnello Chivington, vicino a Fort Lyon, è che questi Indiani erano accampati sotto indicazione dei nostri ufficiali e credevano di essere sotto la protezione della nostra bandiera.”
La seconda inchiesta fu affidata al “Joint Committe on the Conduct of the War”, una commissione formata nel 1861 e il cui scopo era occuparsi di problematiche riguardanti la Guerra Civile. Il titolo finale del rapporto fu “Massacro di Indiani Cheyenne” e probabilmente il termine massacro fu scelto prima che le testimonianze iniziassero.
La commissione cominciò i lavori nel marzo 1865 a Washington. Ascoltò testimoni e lesse deposizioni scritte.
Tra le testimonianze, il Maggiore Anthony affermò di non aver fatto alcuna pace con i Cheyennes, di non aver indicato loro alcun punto preciso dove accamparsi, se non tra il Sand Creek e lo Smoky Hill River e di non aver detto loro che li avrebbe avvertiti in caso di attacco. Disse che era in attesa di istruzioni dal quartier generale quando era arrivato Chivington.
Affermò poi che era stato un grave errore politico attaccare gli indiani al Sand Creek, poichè la loro banda principale si trovava sullo Smoky Hill e avrebbe subito assalito i coloni per vendicarsi. Sarebbe stato più opportuno assalire prima quegli indiani.
Il Maggiore Wynkoop inviò una deposizione scritta in cui affermava che gli indiani desideravano la pace e non erano ostili. Scrisse informazioni di seconda mano – visto che non era stato presente alla battaglia – sulle mutilazioni dei cadaveri. Accusò Chivington di aver incitato per tutto il tempo le sue truppe “a perpetrare questo diabolico oltraggio”, dichiarò che “Chivington sapeva che gli Indiani erano amichevoli” e che “quel mostro inumano aveva commesso un’atrocità senza precedenti”.
Disse, inoltre, che tutti gli ufficiali a Fort Lyon erano d’accordo con lui e che, “a causa dell’orribile crimine compiuto da Chivington, tutta la regione era ormai disabitata e desolata”.
Fu ascoltato anche il Governatore Evans che testimoniò che gli Indiani non erano pacifici, che egli non aveva garantito loro alcuna pace o sicurezza, che aveva cercato di fermare in più occasioni la guerra e che non era a conoscenza della spedizione di Chivington. Ma fu accusato dal comitato di essere un bugiardo.
Evans, in seguito, disse di essere stato prevaricato, poichè le sue affermazioni non erano in accordo con quanto era già stato prestabilito
La terza inchiesta fu condotta a Denver da un tribunale militare istituito dal Colonnello Moonlight, il successore di Chivington, che aveva lasciato il servizio nel gennaio 1865.
Fu l’arena del Colonnello.
La commissione militare non fu un processo e neppure una Corte Marziale, come forse molti credono. Lo scopo dell’indagine era stabilire se Chivington si era comportato secondo le regole della guerriglia “civilizzata” e se gli Indiani erano sotto la protezione del Governo.
Fu nominato Presidente il Tenente Colonnello Samuel Tappan.
L’inchiesta si aprì il 9 febbraio e Chivington partì subito all’attacco. Chiese che le udienze fossero aperte al pubblico e ai giornalisti. Affermò poi che il Colonnello Tappan era suo nemico personale dai tempi di Glorieta Pass. Pur essendo secondo in comando dopo il Colonnello Slough, era stato scavalcato da Chivington quando gli uomini del reggimento avevano votato per il nuovo comandante. Inoltre Tappan si era espresso sul Sand Creek descrivendo l’attacco “come la più grande ignominia militare della nostra epoca, fatale nelle conseguenze”; Chivington lo accusò di essere prevenuto in partenza e chiese che fosse sostituito.
Le sue richieste furono respinte.
Furono chiamati i testimoni. Prima quelli dell’accusa, che furono ascoltati dalla commissione e contro-interrogati dallo stesso Chivington e dal Maggore Downing, che era avvocato. Il primo fu il Capitano Soule, poi il Tenente Cramer e via via tutti gli altri.
Il 20 marzo il tribunale si spostò a Fort Lyon, dove interrogò Wynkoop. Testimoniò anche Jim Beckwourth, che disse che White Antelope era stato ucciso in mezzo al fiume dopo aver sparato contro i soldati e non nel villaggio; che il suo corpo era l’unico a essere mutilato – gli avevano tagliato il naso, le orecchie e i genitali – e che aveva ucciso lui stesso un indiano durante lo scontro.
In tutto i testimoni per l’accusa furono 20, quelli per la difesa 16. L’ultimo fu chiamato il 24 maggio 1865.
Secondo Michno, durante il dibattito il 63% delle obiezioni di Chivington furono respinte.
L’inchiesta finì senza un verdetto di colpevolezza o di innocenza e le 228 pagine di testimonianze furono stampate solo 2 anni dopo e finirono negli archivi governativi.
Ma ormai l’interesse per il Sand Creek era svanito. Vi era stata la fine della Guerra Civile, l’assassinio di Lincoln e i giornali dell’est non si erano più occupati di un fatto accaduto in un remoto territorio.
Alla fine del suo libro, pubblicato nel 1961, Stan Hoig scrive: “Oggi il sito del massacro risulta privo di interesse. Pioppi e salici segnano le rive del Sand Creek, un piccolo rivolo d’acqua scorre lungo il letto sabbioso. Quasi un secolo è trascorso, ma poco è cambiato sul suolo degli Cheyennes puniti da Chivington. Solo un triste senso di vuoto aleggia sul luogo dove una banda di Cheyennes si accampò in pace e fu assalita”.
Nel 1883 Chivington ritornò in Colorado. Era stato invitato a tenere un discorso a Denver in occasione del venticinquesimo anniversario della fondazione della città.
Il 13 settembre salì sul palco. Aveva 62 anni, ma il suo potere magnetico era intatto e era ancora un formidabile oratore. Quando iniziò a parlare, la folla ascoltò, trattenendo il fiato, il racconto di quei giorni ormai lontani. “Erano questi indiani in pace – tuonò – forse qualche centinaio di loro sarà rimasto in pace negli ultimi 19 anni e nessuno di loro è stato così ostile come prima del Sand Creek. Cosa dire dei convogli tra Walnut Creek e il Sand Creek, sull’Arkansas route e tra Little Blue e Kiowa sulla Platte route? Dei carri bruciati e portati via e degli uomini uccisi? Cosa dire degli scalpi degli uomini bianchi, delle donne, dei bambini, alcuni dei quali non avevano ancora fatto in tempo a seccarsi e a essere conciati da quando erano stati presi? Questi, tutti questi e più furono tolti dalle cinture dei guerrieri uccisi sul campo di battaglia di Sand Creek e dai tiepee che caddero nelle nostre mani il 29 novembre 1864. Che dire della coperta indiana che fu trovata ornata con gli scalpi di donne bianche? Che dire della polvere di 208 uomini bianchi, donne e bambini, coloni, emigranti, allevatori e soldati che persero la loro vita a causa di questi “indiani pacifici”. Lo dico qui, come lo dissi nella mia città una sera di settimana scorsa. Io ero al Sand Creek!”.
Il pubblico scattò in piedi acclamandolo, travolto dalla passione per la leggendaria figura.
Chivington morì di cancro nel 1894. I funerali furono tenuti nella sua vecchia chiesa, la Trinity Methodist, piena da scoppiare. Erano venuti molti soldati che avevano combattuto con lui a Glorieta Pass e al Sand Creek, compreso il Governatore Evans e il Maggiore Anthony. Il Reverendo Robert McIntyre, durante l’orazione, disse “quando il Colorado solleva la pergamena con i nomi degli uomini che l’anno onorato, quello di Chivington è in cima”.
John Chivington fu vituperato a est, acclamato a ovest.

Principali libri consultati per la stesura dell’articolo

– Battle at Sand Creek – the Military Perspective – Gregory Michno
– Blood at Sand Creek – Bob Scott
– Month of the Freezing Moon – Duane Schultz
– Sand Creek, un romanzo di Kevin Cahill
– The Sand Creek massacre – Stan Hoig
– The Indians of the Pike’s Peak region – Irving Howbert
– La mia gente Cheyenne – George Hyde
– Helldorado – William Breakenrigde

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