John Milton Chivington

A cura di Sergio Mura

John Milton Chivington
John Milton Chivington con i suoi ufficiali
L’eroe di Glorietta Pass e il macellaio di sand Creek, la figura di John M. Chivington si staglia come una delle più controverse dell’intera storia del Far West americano. Chivington nacque in una casa di campagna nell’Ohio nel 1821. Suo padre morì quando lui aveva 5 anni e il peso del sostentamento della famiglia ricadde sulla moglie e sui figli maggiori. Mentre cresceva, Chivington fu costretto a lavorare duramente nella fattoria di famiglia per cui non potè studiare se non in maniera assolutamente irregolare e insufficiente.
Per alcuni anni si dedicò anche ad un piccolo traffico di legname nell’Ohio. Sebbene non fosse particolarmente religioso, finì per seguire i dettami della Chiesa Metodista più o meno all’età di vent’anni.


Chivington durante la Guerra Civile

Fu ordinato nel 1844 e presto cominciò la sua lunga carriera di ministro del culto. Accettò qualunque destinazione gli venisse attribuita, trasferendo la sua famiglia nell’Illinois nel 1848 e poi nel Missouri l’anno seguente.
Come ministro si occupò di far nascere le congregazioni locali, di supervisionare l’edificazione di nuove chiese e, spesso, di operare come rappresentante della legge.
Un famoso ritratto di Chivington
Per un certo periodo, nel 1853, si affiancò ad una spedizione dei missionari metodisti tra gli indiani Wyandot nel Kansas.
La sua posizione contro la schiavitù e il punto di vista sulla secessione gli fruttarono non pochi contrattempi nel Missouri al punto che nel 1856 alcuni attivisti favorevoli alla schiavitù gli ingiunsero di non parlare dal pulpito di quegli argomenti.
Arrivarono persino ad attenderlo la domenica successiva per spaventarlo, ma Chivington si presentò sul pulpito mostrando la Bibbia e due revolver e dicendo: “Per grazia di Dio e di queste due pistole, oggi pregherò qui”.
Questa frase gli guadagnò il soprannome di “Fighting Parson”. Presto, dopo questo fatto, la Chiesa Metodista lo allontanò dal Missouri per scampare ai disordini, spedendolo nel Nebraska a Omaha.
Rimase lì fino al 1860 allorquando fu nominato Presidente del distretto metodista delle Montagne Rocciose e dovette andare a Denver per accudire alla costituzione della congregazione e alla costruzione della chiesa. Allo scoppio della guerra civile, il Governatore del Colorado, William Gilpin, gli offrì un posto da capellano, ma lui rifiutò l’incarico chiedendo invece una posizione “combattente”.

La mappa del massacro del Sand Creek

Col grado di Maggiore del I Reggimento Volontari del Colorado, Chivington ebbe un ruolo importante nella battaglia di Glorietta Pass (nel New Mexico orientale) in cui fu inflitta una sonora sconfitta alle forze confederate. Quando le sue truppe scesero dalle pareti del canyon all’attacco del convoglio dei rifornimenti, Chivington venne acclamato come un eroe di guerra.
Di ritorno a Denver dopo la definitiva sconfitta delle forze occidentali della confederazione, Chivington sembrava destinato a ricoprire ruoli assai importanti come quello di candidato Repubblicano per il seggio al Congresso per conto del Colorado che si accingeva a divenire Stato. In attesa che maturassero le condizioni per l’entrata in politica, le tensioni tra la popolazione bianca del Colorado e i pellerossa Cheyenne raggiunsero il culmine, al punto che il giornale The Denver dedicò al problema un editoriale infuocato nel quale richiedeva a gran voce lo sterminio totale dei “diavoli rossi”, sostenendo l’urgenza che tutti gli uomini lasciassero il loro lavoro per due mesi per dedicarsi a tale urgente necessità.


L’attacco dei soldati e degli irregolari

Chivington trasse grandi vantaggi nel cavalcare il malcontento della gente contro i governanti che sostenevano le necessità della pace con i Cheyenne. Nell’agosto 1864 dichiarò pubblicamente che “i Cheyenne dovranno essere completamente rinchiusi o allontanati prima che se ne stiano calmi. Io dico che se uno di loro sarà catturato nelle vicinanze, la sola cosa da fare è ucciderlo.” Un mese più tardi, mentre era occupato a scrivere una lettera ai diaconi, diede parere sfavorevole alla possibilità di fare un trattao con i pellerossa: “Semplicemente non è possibile per gli indiani obbedire o anche solo comprendere qualunque trattato; io sono assolutamente convinto che la sola strada che abbiamo per avere la pace in Colorado sia di ucciderli tutti.”


Chivington illustra ai suoi ufficiali i piani d’attacco

Parecchi mesi dopo Chivington mise in pratica le sue idee omicide. Nelle prime ore del giorno del 29 novembre 1864 guidò un reggimento di Volontari del Colorado fino alla riserva Cheyenne di Sand Creek, dove erano accampati Black Kettle (un famoso capo sempre favorevole alla pace con i bianchi) e la sua banda.
Robert Bent, guida al Sand Creek
Gli ufficiali dell’esercito federale avevano promesso a Black Kettle di lasciarlo in pace qualora avesse fatto pronto rientro nella riserva e, infatti, sulla sua tenda sventolavano la bandiera americana e una bandiera bianca.
Nonostante tutto Chivington ordinò l’attacco al campo che ignorava di essere in pericolo.
Dopo ore di combattimento i Volontari del Colorado avevano perso solo 9 uomini mentre avevano ucciso tra le 200 e 400 Cheyenne, perlopiù donne e bambini.
Dopo tutto questo macello, i Volontari scalparono la gran parte dei corpi e mutilandoli in più parti e in particolare nella zona dei genitali, non vergognandosi ad esibire i loro macabri trofei di fronte alla folla festante a Denver, al ritorno dalla missione.


La presa del campo indiano

Sulle prime Chivington fu acclamato e riconosciuto come un eroe per la “battaglia” di Sand Creek, ma presto iniziarono a circolare le voci secondo le quali si era trattato di un vero e proprio sterminio, che i soldati erano perlopiù ubriachi e che la gran massa degli uccisi era composta di donne e bambini.
Queste voci sembrarono trovar conferma quando Chivington arrestò sei dei suoi uomini accusandoli di codardia in battaglia.
Lone Wolf, bambino il giorno dell’attacco
Senonché tra i sei vi era anche il capitano Silas Soule, un amico di Chivington che aveva combattuto con lui al Glorietta Pass, e che ora parlava apertamente di “carnaio”, sostenendo di non essere codardo, ma di aver volutamente rifiutato di partecipare al gioco al massacro voluto da Chivington contro un gruppo di indiani amici e indifesi.
Per questo, subito dopo il loro arresto il Segretario alla Guerra ordinò l’immediato rilascio dei sei e il Congresso avviò un’indagine formale sui fatti di Sand Creek. Purtroppo Soule non potè testimoniare in quanto, una settimana dopo il rilascio, fu ucciso a Denver, colpito alle spalle con una revolverata.
Nonostante la formale incriminazione, Chivington riuscì a non essere condannato dalla Corte Marziale in quanto ormai aveva lasciato l’esercito e quindi non poteva più essere punito.
Comunque un giudice dell’esercito disse pubblicamente che “Sand Creek era stato un atto di profonda codardia e una strage perpetrata a sangue freddo, un gesto sufficiente a coprire i colpevoli di infamia indelebile e, nel contempo, a suscitare indignazione in tutti gli americani.”
Sebbene non si riuscì a condannarlo formalmente, Chivington pagò comunque un prezzo per il suo atto: fu costretto a dimettersi dalla milizia e a rinunciare alla carriera politica. Nel 1865 ritornò in Nebraska dove visse parecchi anni.


Chivington in tarda età

Andò quindi per un periodo in California e infine fece ritorno in Ohio dove riprese le attività legate ad una fattoria e diresse un piccolo giornale locale.
Nel 1883 riprovò ad entrare in politica, ma la colpevolezza del massacro di Sand Creek lo costrinse a gettare la spugna anche stavolta. Ancora una volta a Denver, lavorò come sceriffo per un breve tempo prima di morire a causa di un tumore.

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