Silas Soule, un coraggioso al Sand Creek

A cura di Ermanno Bartoli
Silas Soule, capitano e maggiore dell’esercito degli Stati Uniti, sincero abolizionista fin dalla più giovane età, al seguito di una folta pattuglia di volontari irregolari del Colorado comandata dal colonnello John Chivington prese parte al sanguinoso assalto al campo dei Cheyenne di Pentola Nera al Sand Creek (29 novembre 1864), ma in aperto contrasto con colui che fino a quel tempo gli fu amico ordinò ai suoi uomini di attraversare velocemente l’accampamento senza sparare. Il fatto che il capitano Soule non si fosse tirato indietro, magari passando il comando a un altro, fu di enorme importanza perché in quell’assalto ci fossero almeno dei superstiti.
Gli uomini guidati da Soule obbedirono alle consegna del loro capitano; nonostante ciò il Sand Creek passò alla storia degli USA come il più grande e vergognoso massacro perpetrato ai danni di una popolazione inerme: circa duecento tra donne, vecchi e bambini (solo una sessantina i guerrieri) furono trucidati, massacrati e mutilati dagli uomini di Chivington.
A destra: John Chivington
Dopo la battaglia, Chivington fu acclamato come un eroe, ma l’opinione pubblica cambiò idea prestissimo, quando cominciarono a circolare voci di un vero e proprio sterminio. Queste voci sembrarono trovar conferma quando Chivington arrestò sei dei suoi uomini accusandoli di codardia in battaglia.
Tra i sei c’era anche il capitano Silas Soule che ebbe il coraggio di denunciare le atrocità commesse dall’esercito e portare il “suo” colonnello davanti a una commissione d’inchiesta… “Quello di Sand Creek è stato un vero carnaio; un massacro orribile di donne, vecchi e bambini” ebbe poi a dire. E aggiunse particolari raccapriccianti di mutilazioni fatte con particolare accanimento sui genitali delle vittime e sulle donne gravide, alle quali vennero asportati i feti che poi i militari provvidero con ferocia a sopprimere. A quel punto il Segretario della Guerra ordinò l’immediato rilascio dei sei e il Congresso avviò un’indagine formale sui fatti.
A sinistra, Silas Soule
Purtroppo Soule non poté portare a termine la sua testimonianza in quanto, una settimana dopo il rilascio (non ancora ventiseienne) fu ucciso a Denver, colpito alle spalle con una revolverata da un sicario. Nonostante la formale incriminazione, Chivington riuscì a non essere condannato dalla Corte Marziale in quanto aveva ormai lasciato l’esercito e non poteva più essere punito. Ma le parole di Soule avevano già sortito effetto: un giudice dell’esercito disse pubblicamente che “Sand Creek era stato un atto di profonda codardia e una strage perpetrata a sangue freddo, un gesto sufficiente a coprire i colpevoli di infamia indelebile, e nel contempo, a suscitare indignazione in tutti gli americani”.
Chivington sopravvisse a Soule per circa vent’anni, ma intanto la sua stella s’era offuscata per sempre.
Nel 1883 provò ad entrare in politica, ma la colpevolezza del massacro di Sand Creek lo costrinse a rinunciare. Ancora a Denver lavorò come sceriffo per un breve tempo, prima di morire a causa di un tumore.

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