I forti dei trapper
A cura di Angelo D’Ambra
Fort Pierre, nel Sud Dakota
Le esigenze del commercio di pellicce, svolto com’era nel cuore dei territori indiani e a grande distanza dalla civiltà, portarono alla rapida istituzione di postazioni o forti. Questi forti dovevano assolvere a diverse funzioni. Erano centri di scambi commerciali, depositi per lo stoccaggio sicuro di merci e pellicce, magazzini e residenze difendibili per i commercianti, ma anche siti di produzione agricola e manifatturiera su piccola scala. Erano pure snodi importanti per molteplici tipi di informazioni. Diffondevano notizie delle città dell’est, comunicazioni governative, idee e avvisi sulle diverse tribù indiane.
Nel 1843 esistevano ad ovest di St. Louis, nel Missouri, non meno di centocinquanta forti occupati o abbandonati. Molti di essi si sono definitivamente persi, la reale collocazione di tanti resta avvolta nell’incertezza, altri sono divenuti città. Alcuni di questi forti erano davvero ottimi e sono durati molti anni, alcuni erano costruiti per essere ripari temporanei, parecchi furono rioccupati da società diverse, dopo essere stati abbandonati da chi li aveva costruiti.
Fort Vancouver
Il loro scopo principale era il commercio, ma in una terra così pericolosa, non potevano che servire pure come strutture difensive. Solitamente di pianta rettangolare, i forti godevano, pertanto, di robuste e alte mura di legno o adobe. In alcuni forti c’erano persino delle feritoie e passerelle lungo la staccionata per l’uso di moschetti, ma la difesa era incentrata su due bastioni a pianta quadrata, eretti ad angoli opposti. Erano generalmente dotati di un piccolo cannone al primo piano, e di feritoie per i moschetti a quello superiore. Ciò serviva per impedire qualsiasi tentativo di scalare o demolire le mura. Un edificio simile era praticamente inespugnabile per gli indiani, nemico privo di artiglieria. Di fatti, non c’è alcuna traccia di un assedio riuscito di un forte nell’intera storia del commercio di pellicce a ovest del Mississippi.
All’interno, sul lato opposto all’ingresso, si trovavano le case dei borghesi e degli impiegati, nonché l’edificio postale. L’accesso era controllato da una guardia portinaia e consisteva d’un pesante portone fornito di un cancelletto attraverso il quale la guardia poteva interloquire con chi chiedeva d’entrare. Se c’era anche un minimo sospetto che il nuovo arrivato potesse portar guai, il commercio avveniva lì, attraverso quel portello. Nei forti più grandi veniva, invece, costruita una doppia porta con un ambiente deputato agli scambi, più adatto ad ospitare i venditori senza correre rischi.
Non mancavano negozi e importantissima era l’officina del fabbro. Al centro del forte c’era un ampio cortile in cui normalmente si trovava un pezzo di artiglieria, indirizzato verso l’ingresso, e l’asta della bandiera.
Vicino al forte, protetto da un recinto, si trovavano un campo coltivato e un’area per il bestiame. Anche questo spazio era ben sorvegliato perché i cavalli che erano il grande oggetto delle incursioni indiane. Per tale ragione, diversi forti custodivano i quadrupedi all’interno delle proprie mura. Fondamentale era poi la vicinanza con un’area boschiva che si era soliti indicare come “cantiere”. Da qui proveniva la legna necessaria per ogni evenienza.
Fort Union, probabilmente il vecchio Fort Henry, fu la più importante stazione di commercio di pellicce dell’alto Missouri. Vi ebbero base, nel 1828, dagli uomini dell’American Fur Company di John Jacob Astor e presenta proprio questo schema.
Fu edificato su una piana alluvionale sulla riva nord del Missouri, a non più di venti metri dal fiume, servendosi dei tronchi degli olmi, dei frassini e dei pioppi presenti nell’area. I bastioni, che si trovavano agli angoli nord-est e sud-ovest del forte, erano costruiti in pietra calcarea e Edwin Denig, al servizio dell’American Fur Company come impiegato proprio a Fort Union, li descrisse come inespugnabili.
Fort Union
L’alloggio destinato ai borghesi era lungo ventitré metri e largo sette. Si affacciavano poi sulla piazza un ufficio, una sala da pranzo che fungeva anche da sala convegni, una sartoria e una selleria. Sul lato est, in un’unica struttura lunga 38 metri e larga 7, c’erano uffici e negozi per le spedizioni e il magazzino dove venivano conservate le merci e le attrezzature commerciali. Sorgevano poi le residenze di cacciatori e artigiani. Strutture più piccole includevano la ghiacciaia, dove veniva conservata la carne durante l’estate, le cucine, la bottega di un bottaio, quella di un fabbro, un caseificio e stalle per una cinquantina di cavalli. L’ingresso era fortificato e consisteva di un doppio portone. Quello esterno veniva aperto durante le operazioni commerciali, ma quello interno restava chiuso per sicurezza. Vi si presentarono assiniboine, corvi, cree, piedi neri e lakota per scambiare pellicce con perline, coperte e pentole. Denig fa sapere che era pure presente una polveriera, per la custodia di materiale esplosivo e armi, lunga sette metri e larga cinque, fatta di pietra calcarea e assolutamente ignifuga.
Nei forti di minori dimensioni non c’erano che strutture primitive e le loro capacità difensive erano lasciate ai collegamenti coi forti più grandi, da cui ricevevano rifornimenti, attrezzature e uomini.
La vita in questi siti non poteva che risultare noiosa per un trapper. Non è qui che si è scritta la loro epopea, ma nelle foreste e persino sui campi di battaglia.