Thomas Addis e “quella” consegna di Winchester…
A cura di Gualtiero Fabbri
Brownsville, Texas, dicembre 1866.
Il ragazzo corse verso il magazzino del cotone, ed appena arrivato, bussò forte al portone, dopo poco la porta secondaria si aprì ed apparve nella penombra un volto barbuto che lo scrutò silenziosamente, questo equivaleva ad una domanda.
“Señor están los hombres mexicanos al hotel que piden ustedes…” Senza un cenno il barbuto richiuse la porta e si avviò all’ufficio contiguo che fungeva sia da sala da pranzo e da camera del custode, mise via il revolver ed entrò.
“Pare che ci siamo, boss, sono arrivati i messicani.”
“Era ora! – rispose Addis chiudendo il libro e mettendolo da parte – Dovevano essere qui un mese fa, se la sono presa comoda, per la miseria, mi ero stancato di stare in questo buco, siamo quasi a Natale e ci sono ancora 25 gradi. Andiamo a concludere il contratto, che ne ho abbastanza di far da balia a queste casse!”
Le 125 lunghe casse contenevano mille nuovissimi fucili, ultimo modello della Winchester Firearms, erano quanto di più nuovo e tecnologicamente avanzato si fosse visto nel mondo delle armi portatili; erano l’evoluzione dello spettacolare ma delicato fucile Henry, col tempo avrebbero preso il nome di modello 1866, ma per allora erano solamente degli “Henry migliorati”, non erano nemmeno nominalmente dei Winchester, sulla loro canna comparivano soltanto i nomi di Henry e di King, anche gran parte dei suoi pezzi erano quelli del “fratello” più anziano.
Potevano sparare in modo efficace e rapido da tredici a diciassette colpi, un volume di fuoco impressionante in un mondo che praticamente sparava ancora con armi ad avancarica.
I committenti avevano voluto, come marchio, un leggero cerchio circolare con una piccola aquila in basso e la sigla “NL” (Nuevo Leon), il numero di matricola era sopra il cerchio, che era posto sopra la camera di cartuccia.
1866 “Yellowboy” Carbine
Molte altre casse di forma più tozza e rinforzate con barre metalliche contenevano 500.000 cartucce calibro 44 a percussione anulare, il “cibo” per il “Ragazzo Giallo” (Yellow Boy), come era stata da subito ribattezzata l’arma per via del caratteristico colore della cassa in ottone (che in realtà era di un particolare tipo di bronzo).
Il “Colonnello” Thomas Emmet Addis – che Colonnello non era – se non come titolo onorifico, era però diventato capitano di Marina Mercantile a soli 19 anni e questo dimostra di che pasta fosse il suo carattere. Addis era stato un dipendente della ditta di armi Remington, la ditta di Ilion che vendette armi a tutti gli eserciti del mondo e lui era uno dei loro “addetti alle consegne”.
Nel 1862 era passato alla concorrenza ed ora si trovava nella punta estrema del sud-ovest degli Stati Uniti perché era stato scelto per consegnare una delle più renumerative forniture d’armi che la giovane ditta era riuscita a piazzare: mille fucili e cinquecentomila cartucce per l’esercito di liberazione di Benito Juarez, contro cinquecentosettantamila dollari in pezzi d’argento.
Andò all’appuntamento con gli emissari messicani, convinto di aver portato a termine il lavoro, e invece si trovò all’inizio di una pericolosa avventura.
I messicani lo avvisarono che i termini del contratto erano cambiati e che per motivi logistici la merce non poteva essere ritirata, quindi se Addis voleva incassare il corrispettivo pattuito doveva egli stesso portare le armi fino alla città di Monterrey, in Nuevo Leon, ma notevolmente vicina al territorio di Chihuahua, la roccaforte di Juarez. Si trattava di duecento miglia in linea d’aria all’interno del territorio messicano, ma diventavano quasi trecento per seguire strade percorribili e abbastanza sicure, e sopratutto libere dalle forze francesi.
Uno dei carri di Addis
La vendita mai ufficiale di armi ai messicani era, se non apertamente sollecitata, certamente ignorata e occultamente sostenuta dal Governo Americano, alle prese con i postumi della Guerra Civile e preoccupato di non urtare apertamente il governo francese.
Addis aveva avuto ordini ben precisi, tra questi vi era quello di non sconfinare con le armi in Messico, per nessun motivo.
Ma il giovane e dinamico venditore era in giro ormai da due mesi con quel carico e non se la sentì di tornare a casa con la coda tra le gambe e la merce sulle spalle. Oltretutto la Winchester in quel periodo non navigava in buone acque e con la fine della guerra civile il mercato era pieno di surplus militari, tanto che un buon fucile da guerra “veniva via” con pochi spiccioli, (per esempio Bannerman ritirò dall’esercito Federale gli eccellenti “Remington Zuave a sette righe” ancora incartati e imballati per 80 centesimi l’uno) e mezzo milione di dollari per la ditta erano puro ossigeno!
Così, agli inizi di gennaio, una lunga fila di carri trainati da buoi e guidati da uomini che più che conducenti di carri sembravano armerie ambulanti si avviò lungo la riva est del Rio Grande risalendo verso monte, discretamente scortati da un pattuglia a cavallo di soldati del Generale Frederick Steele.
I reparti di Steele erano attendati nei pressi del vecchio forte fatto saltare dai Confederati ed ufficialmente erano incaricati di sorvegliare la turbolenta frontiera messicana; in pratica si limitavano a tenere d’occhio numerosi convogli di mercanti che portavano scorte a Juarez e a proteggerli, per quanto possibile, dalle bande di “desperados” che infestavano la zona.
I cavalleggeri che proteggevano la spedizione di Addis
Arrivati a Edinburg (l’odierna Hidalgo) in un paio di giorni la carovana venne traghettata a Reynosa, sulla riva messicana, e da qui partiva la pista che portava a Monterrey. Da quel punto in poi dovettero fare a meno della protezione dei soldati e contare solo sulle proprie forze.
Addis e suoi uomini, assieme alla merce, arrivarono a Monterrey dopo un viaggio di oltre due settimane. Lì lo attendeva un altro contrattempo, questa volta di tipo economico… Gli incaricati di Juarez tentarono di ritirare la merce senza pagarla, promettendo di saldare il conto in un secondo tempo. Conscio che una volta consegnate le armi non avrebbe più visto un centesimo, Addis – già messosi al di fuori dalle consegne avute dai suoi capi – dovette rifiutare e preso un capannone in affitto vi si asseragliò assieme a poche guardie, vi fece sistemare cucina e brande e praticamente non si mosse più da lì.
Vi furono diverse “incursioni” di emissari di Juarez per tentare di convincerlo, furono sollevate obiezioni sul prezzo esorbitante e sull’effettiva capacità di quelle armi… L’ultima obiezione Addis la fugò con diverse dimostrazioni pratiche del suo utilizzo!
Un attacco al magazzino era fuori discussione, perché avrebbe quasi sicuramente portato alla distruzione della merce rendendolo vano e Addis stesso aveva minacciato di incendiare la rimessa in caso di aggressione.
Una vista di Monterrey
L’impasse durò parecchie settimane. A sbloccare la situazione fu la voce dell’approssimarsi al Nuevo Leon di una colonna di soldati dell’imperatore Massimiliano D’Asburgo, che informato del continuo contrabbando di rifornimenti per Juarez, aveva deciso di stroncarlo alla radice.
Vera o meno, la notizia contribuì a sbloccare la situazione e il governo repubblicano si risolse a pagare il dovuto ed a ritirare le armi.
Avuto il denaro, sorgeva un altro grave problema per Addis: ripercorrere incolumi gli oltre quattrocento chilometri di Messico per arrivare alla relativa sicurezza del territorio statunitense, con addosso 570.000 dollari in argento, una cifra da capogiro, per l’epoca, quasi sufficiente per acquistare una intera Contea.
Con lo spirito di iniziativa di cui non difettava, Addis si procurò una carrozza coperta, la riempì di guardie armate, sistemò il denaro sopra l”imperiale”, si sedette a cassetta vicino al conducente imbracciando un fiammante Winchester 1866 e parti da Monterrey quanto più in fretta riuscì a fare, avviandosi lungo la strada che portava a Reynosa.
Furono percorsi una quarantina di chilometri a velocità sostenuta, poi, superate le paludi del San Juan (ora diga di Cuchillo), poco prima delle successive alture, la carrozza fece una sosta.
Le trattative con i Messicani
Non appena furono scese tutte le guardie, Addis gli spianò contro il fucile intimando loro di allontanarsi dalla carrozza, poi prese una borsa contenente il doppio del compenso che aveva loro promesso e gliela gettò, fece girare il veicolo al cocchiere e ripartì di carriera verso Monterrey, in questo modo le guardie dovettero tornarsene a piedi, e il tempo perso da loro serviva a sventare eventuali progetti di rapina che avrebbero potuto aver in mente, o che fossero stati predisposti più avanti, lungo il percorso.
Dopo pochi chilometri la carrozza svoltò a destra e percorrendo una vecchia pista si inoltrò attraverso i monti per raggiungere la strada che più a nord portava al traghetto di Miguel Aleman e poi, con un’ulteriore diversione, tagliando ancora più su, presero la strada per Laredo.
Il viaggio durò parecchi giorni e Addis disse che non chiuse occhio per tre giorni consecutivi e che si tormentò in tutti i modi per restare sveglio.
Nei rari momenti di sosta, impietoso ma prudente, immobilizzava il cocchiere legandolo con una corda!
Appena arrivato negli Stati Uniti, telegrafò alla Winchester annunciando la felice riuscita della vendita; erano trascorsi quasi sei mesi dalla sua partenza e il risultato dell’impresa gli fruttò il perdono per non aver rispettato gli ordini oltre che una promozione ad Agente Generale per le vendite all’estero.
L’unica memoria di questa impresa resta nel libro mastro della Winchester Repeating Arms Co.
Alla data del primo aprile 1867 viene registrata un’entrata di 570.000 dollari per un’imprecisata vendita di armi al Perù e al Cile, senza registrare la quantità e il tipo di armi.
Thomas Addis lavorò per la Winchester fino al 1901 e morì a New Haven il 10 agosto del 1909 alla veneranda età di 69 anni.