Lo sterminio dei bisonti

A cura di Sergio Mura


Nel 1871, in un giorno particolarmente caldo di fine settembre, William “Buffalo Bill” Cody era con un gruppo di facoltosi newyorkesi su una collina erbosa nei pressi del fiume Platte, nel Nebraska. Erano lì per una battuta di caccia che per i ricconi dell’est doveva suonare come avventurosa, pur non riservando alcun rischio. Ad appena due miglia di distanza da loro c’erano sei enormi bestioni color marrone, i bisonti.
Buffalo Bill era già una leggenda della frontiera, e le sue gesta (assolutamente improbabili e perlopiù inventate di sana pianta o, perlomeno, gonfiate fino all’inverosimile) venivano narrate in romanzi da dieci centesimi, i “dime novel”.
Gli uomini di New York si aspettavano di incontrare una specie di desperado del west, armato fino ai denti con pistole, coltelli e fucili, ma Cody non era così; era loquace ed aveva un fare amichevole, era un esperto cacciatore di animali, ma sapeva porsi anche con gli uomini.
Quel giorno Buffalo Bill aveva il vento che soffiava da dietro le spalle del suo gruppo e c’era il rischio che una folata un po’ più forte trasportasse il loro odore fino ai bisonti facendoli scappare via in pochi istanti. Il bisonte è un animale selvaggio che può anche rendersi estremamente pericoloso, ma vede pochissimo e affida la sua vita all’olfatto. Sarebbe stato sufficiente aggirare i bisonti e mettersi in favore di vento per cacciarli senza alcuna difficoltà. In fondo gli uomini d’affari dell’est erano stati armati con le migliori armi possedute dall’esercito statunitense ed avevano in dotazione i cavalli più veloci che era stato possibile trovare.
L’Esercito non aveva tra i suoi compito quello di accompagnare i ricconi dell’est a cercare emozioni nelle battute di caccia, ma era molto interessato a tutto ciò perché era tra i suoi interessi quello del controllo dei nativi americani e, se possibile, della loro disintegrazione e questo era possibile raggiungerlo anche attraverso il controllo dei bisonti che erano fonte primaria di cibo e di mille altre cose per gli indiani.


Cacciatori

Un colonnello delle giubbe blu, quattro anni prima, aveva parlato con un cacciatore che gli confessava di essersi sentito in colpa dopo aver ucciso in una sola battuta di caccia circa 30 enormi bisonti per il solo gusto di farlo. E lui – il colonnello – aveva detto: “Uccidi tutti i bufali che puoi! Ogni bufalo morto è un indiano in meno”.
Cody e gli uomini che accompagnava decisero di aggiungere alla battuta di caccia un po’ di competizione e decisero di fare una vera gara. Chiunque avesse ucciso il primo bufalo avrebbe vinto un calice d’argento istoriato. Anni dopo, in un articolo che scrisse per la rivista Cosmopolitan, Buffalo Bill non ebbe alcuna remora a definire quella battuta di caccia come la migliore che avesse mai avuto.
L’esercito aveva fornito ai cacciatori una forte scorta armata e anche ben 25 carri con cuochi, vettovaglie, rifornimenti, biancheria, porcellane, tappeti per le loro tende e una ghiacciaia viaggiante per mantenere il vino fresco. Il motivo di tale enormità nella stravaganza era senza dubbio perché i newyorkesi erano ben collegati con gente di potere dell’est, ma anche perché il generale Phillip Sheridan – l’uomo con il compito di costringere i nativi americani a lasciare la libertà delle Grandi Pianure e costringerli all’interno delle riserve – si era unito al loro gruppo.
Quella battuta di caccia era sì una caccia al bisonte, un modo di ammazzare la noia, ma per Sheridan era la ghiotta occasione di uccidere più animali possibile allo dopo di irritare e affamare gli indiani e in tal senso, si potrebbe sostenere che per lui fosse un’attività militare.
Dopo che gli uomini fecero il giro della collina per posi in favore del vento rispetto al branco, caricarono giù per la collina, inseguendo i sei bufali, cercando di vincere la gara per la prima uccisione.
Certamente oggi tutto questo suona persino pazzesco se si pensa che negli Stati Uniti il bisonte è da qualche anno “animale nazionale” insieme alla Bald Eagle, l’aquila calva.


Una mandria di bisonti

Eppure al tempo del west i coloni ed i cacciatori americani uccisero bisonti senza sosta fino quasi a portare quella specie animale alla quasi completa estinzione. I turisti dell’est fecero la loro parte, sparando agli animali dai finestrini dei treni come se il massacro potesse durare per sempre.
C’è stato un tempo in cui i bisonti erano ben oltre 30 milioni, ma alla fine del XIX secolo ne erano rimaste solo poche centinaia in libertà. Oggi, dopo lunghe campagne di protezione e ripopolamento, si contano circa 20.000-25.000 bisonti nelle cosiddette “mandrie pubbliche”.
Molte cose hanno contribuito alla morte dei bufali.
Tra tutti, un fattore importante fu la determinazione dei più alti generali, dei politici, e anche del presidente Ulysses S. Grant a distruggere le mandrie dei bufali come soluzione al “problema indiano”.
Sheridan fu un generale unionista durante la guerra civile ed è lì che apprese l’importanza di distruggere le risorse nemiche. Nella guerra civile aveva usato la stessa strategia della terra bruciata che William Tecumseh Sherman, allora generale, usò nella sua “Marcia al Mare”, strappando i binari delle ferrovie, facendo cadere i pali del telegrafo e bruciando quasi tutta Atlanta e tutto ciò che poteva essere dato alle fiamme.
Dopo la guerra civile, il presidente Grant chiese a Sherman e Sheridan di comandare l’esercito dislocato nelle Grandi Pianure.


Ancora cacciatori di bisonti

Tutto questo era parte integrante della teoria del destino manifesto e secondo essa non ci sarebbe mai stato abbastanza spazio per i nativi americani e per i coloni bianchi insieme. Dunque era più che giusto che i bianchi avanzassero e prendessero tutte le terre di cui abbisognavano, schiacciando gli indiani all’interno di anguste riserve.
E così, trattato dopo trattato, la terra concessa alle tribù delle Grandi Pianure si restringeva. Gli Stati Uniti volevano gli indiani docili, tutti intenti a dedicarsi all’agricoltura all’interno delle riserve. Ma i Sioux, i Kiowa e i Comanche e quasi tutte le tribù delle pianure amavano il loro stile di vita e non erano per nulla intenzionati ad abbracciarne un altro, né a farsi rinchiudere dentro dei recinti. Gli indiani vivevano al seguito delle enormi mandrie di bufali e prendevano da quegli animali le pellicce per le tende (e molto altro ancora) e la loro carne come cibo.
Quando i minatori scoprirono l’oro nel Montana in alcuni di quelli che erano tra i migliori terreni di caccia del paese, i Sioux combatterono ferocemente contro i coloni bianchi che si precipitavano a estrarre l’oro dalle loro terre. All’inizio era una piccola guerra, ma prestissimo crebbe di intensità finché non fu deciso l’intervento delle truppe. Fu allora che i Sioux uccisero il capitano William J. Fetterman e tutti gli 80 uomini del suo comando quando se li trovarono lanciati al galoppo contro di loro. A quel tempo, fu la peggiore perdita che gli Stati Uniti avessero mai sofferto nelle Grandi Pianure.


Ossa di bisonte

Nel 1868, Sherman e una speciale “commissione per la pace” firmarono il trattato di Fort Laramie con i Sioux e delineò l’idea di una riserva per loro, per vivere nella pace e lontani dai guai che la vita libera avrebbe finito per garantirgli. Parte del trattato permetteva anche ai Sioux di cacciare il bufalo a nord del fiume Platte – nella stessa terra in cui Buffalo Bill e i newyorkesi avrebbero cacciato il bisonte appena tre anni dopo. Questa possibilità era stat avversata decisamente da Sherman che odiava l’idea. “Era completamente contrario a quella clausola del trattato” – scrisse David D. Smits in The Western Historical Quarterly. “Era determinato a liberare la regione centrale delle pianure tra il Platte e l’Arkansas dagli indiani, in modo che le ferrovie, le diligenze postali e il telegrafo potessero operare indisturbati”.
Sherman sapeva anche troppo bene che fino a quando i Sioux fossero stati in grado di cacciare i bufali non si sarebbero mai arresi ad una vita dietro ad un aratro. In una lettera a Sheridan, datata 10 maggio 1868, Sherman scrisse che “fintanto che il bufalo circola da queste parti del Nebraska, gli indiani andranno là. Penso che sarebbe saggio invitare tutti gli sportivi dell’Inghilterra e dell’America, nel corso di questo autunno, ad una caccia al bisonte”.
Con l’avvento della ferrovia e con il passaggio regolare dei treni, i bufali che un tempo coprivano tutte le Grandi Pianure si divisero in due grandi mandrie, una al nord e una al sud della linea ferroviaria.


Il treno divide in due la mandria di bisonti

Tuttavia, le mandrie di bestioni marrone continuavano a pascolare e a restare imponenti nel numero complessivo, tanto che quando Sheridan chiese a un commerciante quanti bufali credeva vivessero nella mandria meridionale, l’uomo disse 10 miliardi. Ovviamente era una cifra impossibile, ma era chiaro che se l’esercito avesse pianificato di massacrare tutti i bufali per costringere alla fame le tribù, ci sarebbe voluto molto più tempo del previsto e più uomini di quelli di cui disponeva Sheridan.
Tuttavia, ci sono prove che lo sterminio dei bisonti fu scelto come opzione migliore e nell’ottobre del 1868 Sheridan scrisse a Sherman che la loro migliore opportunità di controllare i nativi americani era quella di “renderli poveri con la distruzione delle loro scorte e delle mandrie di bisonti e poi sistemarli sulle terre che sarebbero state loro assegnate.”
Presto Sherman si sarebbe deciso all’azione. Ma insieme al trattato di Fort Laramie, gli Stati Uniti avevano firmato anche il trattato di Medicine Lodge (nel 1867) con le tribù meridionali. Quindi, per il momento, le guerre indiane venivano messe in pausa.
Nel frattempo gente come William Cody aveva trovato altri modi per rimanere occupato e per fare soldi. Cody si era unito alla cavalleria quando aveva appena 17 anni e si guadagnò il nomignolo di “Buffalo Bill” perché in un periodo di soli 18 mesi uccise 4.280 bisonti, stando almeno alle sue dichiarazioni. Nel 1870, una pelle di bisonte veniva venduta per $ 3,50. Un uomo della frontiera, Frank Mayer, diceva di spendere 25 centesimi per ogni colpo e di recuperare la spesa ben 12 volte.
Per un po continuarono ad esserci molti bisonti. Poi nel 1873 una crisi economica colpì il paese e in moltissimi scelsero di guadagnarsi da vivere cacciando i poveri bisonti. A migliaia e migliaia sciamarono verso la frontiera armati di fucile e ciascuno di quei “cacciatori” poteva riuscire ad uccidere fino a 50 bisonti al giorno. Tagliavano le gobbe, spellarono la carcassa, strappavano la lingua e lasciavano il resto nelle praterie a marcire.
Quella gente massacrò talmente tanti bisonti che il prezzo di mercato subì un autentico tracollo, spingendoli ad uccidere e ancora uccidere senza respiro, senza sosta.


Carcasse di bisonti nella prateria

Nelle città le pelli si accumulavano in pile alte come case.
Tutto quel che accadeva era frutto di pura iniziativa privata, ma è noto – grazie alle testimonianze ed agli scritti del tempo – che i vertici dell’esercito e certi trafficanti dell’est e della frontiera osservavano quanto stava accadendo con grande soddisfazione, visto che si stava realizzando esattamente quanto avevano pianificato. In certi casi a fornire le pallottole ai cacciatori erano proprio i soldati! “Ho letto che i comandanti dell’esercito stavano persino fornendo proiettili a questi cacciatori”, ha detto Andrew C. Isenberg, autore del libro The Destruction of the Bison e professore di storia alla Temple University. “I militari osservavano quel che stava accadendo e non avevano bisogno di fare altro se non vederlo accadere”.
Isenberg disse che sebbene non fosse mai stata ufficializzata una politica governativa volta a massacrare i bufali per controllare i nativi americani delle pianure, l’esercito ne era certamente responsabile.
Le mandrie divennero più difficili da trovare. In alcune praterie erano completamente sparite. I cacciatori di bufali mandarono due uomini a Fort Dodge, nel Kansas, per chiedere al colonnello quale fosse la penalità qualora avessero attraversato il Texas Panhandle per andare a cacciare fin dentro le riserve indiane. Il Trattato di Medicine Lodge diceva che nessun colono bianco poteva cacciare lì, ma era lì che si erano radunati gli ormai pochi bufali rimasti. Il tenente colonnello Richard Dodge ricevette i due uomini e di quell’incontro abbiamo la testimonianza lasciata da uno che ricordò che il colonnello disse: “Ragazzi, se fossi un cacciatore di bufali andrei a caccia di bufali là dove sono i bufali!” Poi augurò loro buona fortuna.
Nel decennio successivo i cacciatori di pellicce sterminarono quasi tutti i bufali. Le praterie erano ormai diventate un colossale cimitero all’aperto dei poveri bestioni le cui carcasse punteggiavano ogni luogo. L’odore di marcio era insopportabile e le ossa biancheggiavano al sole in numero incalcolabile. Tutto era un deserto morto e solitario.


Una montagna di teschi di bisonte

Durante una dura siccità, rimasti ormai senza bufali, sia i coloni che i nativi americani raccoglievano le ossa dalla prateria per venderle come fertilizzanti. Nel libro di Isenberg si racconta di un giornalista che chiese a un ferroviere: “Gli indiani si guadagnano da vivere raccogliendo queste ossa?” “Sì”, rispose un ispettore ferroviario, “ma è una grazia che non possano mangiare le ossa. Non siamo mai stati in grado di controllare i selvaggi fino a quando il loro autonomo approvvigionamento di carne non è stato interrotto dalla fine dei bisonti.”
Non tutti gli uomini erano così cinici e neppure condividevano quello scempio che era stato compiuto, tanto che un gruppo di ambientalisti fece pressioni sul Congresso degli Stati Uniti affinché inviasse l’esercito a proteggere l’ultima piccola mandria di bisonti rimasta nel Parco nazionale di Yellowstone. Chiesero anche che il Congresso emettesse un disegno di legge per salvaguardare il bufalo americano. Sheridan non era assolutamente d’accordo e un cacciatore di pellicce in seguito disse che il generale difendeva a spada tratta l’operato dei cacciatori di bisonti dicendo: “Questi uomini hanno fatto così tanto e bene negli ultimi due anni e altro ancora faranno nel prossimo anno per risolvere la controversa questione indiana, rispetto a quanto l’intero esercito regolare ha fatto negli ultimi trenta anni”.
Il Congresso approvò comunque il disegno di legge per proteggere i bufali nel 1875, ma il presidente Grant rifiutò di firmarlo. I trattati di pace non erano stati rispettati e in quello stesso anno, in quella che è chiamata la Guerra del Red River, gli Stati Uniti respinsero i Comanche, i Kiowa, i Cheyenne e gli Arapaho nelle pianure meridionali e li costrinsero ad accettare di stare rinchiusi nelle riserve.


Pelli di bisonte pronte per i mercati dell’est

Senza più possibilità di cacciare i bisonti, il governo degli Stati Uniti consegnò del bestiame ad alcune tribù. Quando si scoprì che al nord, tra gli Oglala Lakota, si usava uccidere le vacche dopo averle inseguite a cavallo, in ricordo di quanto si faceva con la caccia al bisonte, il governo smise di mandare il bestiame vivo, preferendo inviare scorte di carne già macellata. Gli Oglala, infuriati attaccarono e incendiarono il mattatoio.
Ci sarebbero voluti altri quattro anni prima che i Nativi americani si rassegnassero alle riserve, da quando Cody, l’esercito americano e gli uomini facoltosi di New York stavano sulla collina erbosa in quel settembre insolitamente caldo del 1871 sopra il fiume Platte in Nebraska.
Cody e gli uomini avevano circondato i loro cavalli intorno alla mandria finché non erano sottovento. Un bufalo può pesare 2.000 libbre, correre a 35 miglia all’ora e ruotare rapidamente su sé stesso per combattere con le corna contro chi lo sta infastidendo. Quando gli uomini furono abbastanza vicini, Cody diede il segnale di caricare e lui e gli uomini di New York galopparono verso i sei bisonti, ciascuno sperando di vincere il trofeo d’argento, tutti entusiasti di uccidere. I bisonti si accorsero dei nemici e si misero a correre alla loro massima velocità, mettendo a dura prova i cavalli dei cacciatori che li inseguivano. La caccia era iniziata ed avrebbe richiesto il massimo impegno ai cacciatori.

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