Buffalo Bill
A cura di Sergio Mura
Nel 1867, quando fu assunto dalla Union Pacific Railroad, la società che per volontà del presidente Abramo Lincoln stava realizzando la ferrovia transcontinentale che avrebbe collegato New York a San Francisco in otto giorni, Buffalo Bill aveva solo vent’anni e tutti lo conoscevano ancora come William Cody. Per sfamare i milleduecento operai impegnati nella grande opera, la società costruttrice aveva pensato di attingere all’imponente risorsa di bisonti che pascolavano liberamente per le praterie. La scelta della persona a cui affidare l’incarico fu presa in poche ore.
Nei pressi della città di Hays, vicino all’attuale Kansas City, Cody dovette confrontarsi, vincendo, con Bill Comstock, allora famoso come cacciatore di bisonti.
Il suo primo incarico fu come staffetta-portaordini presso la ditta Russel-Majors & Waddel al seguito di una carovana di bestiame da macello diretta a Salt Lake City.
Durante il viaggio dovette imbracciare il fucile per difendersi da un attacco di pellirosse e la leggenda vuole che ne uccidesse uno. Non aveva ancora undici anni. Dopo aver lavorato con un certo McWord a preparare trappole per castori lungo il corso del Lamie nello Wyoming, per due mesi lavorò nel Pony Express. La fama e l’accresciuta sicurezza economica gli permisero di sposare nel 1866, a St. Louis, Luisa Frederici, di origini Alsaziane. I primi anni di vita matrimoniale trascorsero felici e la giovane coppia ebbe un figlio maschio al quale fu posto il nome di Kit Carson, l’eroe tanto caro a Buffalo Bill e alla cui figura si ispirava. Le giornate monotone erano interrotte, di tanto in tanto, dall’improvvisa chiamata da parte dell’Esercito.
Buffalo Bill presterà la sua opera preziosa presso il VII Cavalleggeri del generale Custer ogni qual volta sarà necessario: il suo bagaglio di esperienza, la conoscenza del territorio, i buoni rapporti con le bellicose tribù di pellirosse, ne facevano lo scout ideale. Eccolo allora intervenire e risolvere situazioni diffìcilissime, come quando, grazie alla delazione di Orso Rampante, da lui fatto prigioniero, riuscì a conoscere il piano di attacco di Nuvola Rossa e a salvare gli oltre mille soldati del generale Sawyer.
Al tempo della sua collaborazione con il generale Sheridan che tanto dovrà alla fama riflessa dello scout, Buffalo Bill, a capo degli esploratori del V Cavalleggeri, fu ricompensato con lo stipendio di colonnello, titolo che gli verrà successivamente riconosciuto “ad honorem” da un’apposita commissione della Guardia Nazionale del Nebraska. Ma l’esploratore si dedicò anche a lavori meno impegnativi come quello di “guida turistica” per gli sterminati territori delle praterie dove accetterà di organizzare cacce al bisonte per personaggi di sangue blu come il granduca Alessio di Russia. Dopo tanto successo, però, l’eroe osannato in tutta l’Unione e stimato dai capi indiani, si trovò senza lavoro. Pensò allora di recitare se stesso nella vita, una commedia che lo impegnerà fino alla fine. Nel 1872, dopo una breve esperienza con il Circo Barnum, fu lui stesso ad organizzare le sue tournées.
Il debutto avvenne in dicembre a Chicago, nell’Illinois. Il successo fu strepitoso. Confortato dal calore dei sostenitori, l’eroe e i suoi collaboratori pensarono di proseguire per Cincinnati e poi per New York. La gente, che tanto aveva sentito parlare delle sue gesta, accorreva in massa per conoscerlo. Il 22 aprile 1876, però, un grande dolore colpì Buffalo Bill: Kit, il figlio di sei anni morì improvvisamente. Distrutto dal dolore, sospese ogni attività e sciolse la compagnia. Decise poi di tornare all’ovest e di acquistare un ranch nel Nebraska, a North Platte. A toglierlo da quella brutta situazione fu ancora una volta la chiamata della patria, quando, il 17 giugno 1876, settecento guerrieri Sioux, Cheyenne e Arapaho guidati da Cavallo Pazzo e da Toro Seduto attaccarono il generale Crook e i suoi milletrecento uomini, costringendoli a ritirarsi. Per lui, tornato a fare il capo scout per il V Cavalleggeri, sarà l’occasione per consolidare definitivamente la sua fama con un duello memorabile. Per evitare l’inutile strage, i capi dei due eserciti raggiunsero l’accordo di far combattere in duello il capo Cheyenne Mano Gialla e Buffalo Bill. Era il 17 luglio. I due si affrontarono a cavallo. Mano Gialla, quando i due si trovavano a una trentina di metri di distanza, fu il primo a sparare, ma mancò il colpo. Buffalo Bill invece riuscì a colpire il cavallo che fece rovinare a terra l’avversario.
In un attimo gli fu addosso per colpirlo mortalmente, tagliargli lo scalpo e inviare il macabro reperto alla moglie dell’ucciso. Un comportamento esaltato e inusuale per uno come lui, se non ci fosse stata la necessità di vendicare la morte del generale Custer e l’eccidio dei suoi uomini avvenuto venti giorni prima.
Era la consacrazione definitiva. Nonostante la richiesta, a furor di popolo, di poter vedere esibire l’eroe del West, solo nel 1880 Buffalo Bill tornerà allo spettacolo con il suo organizzatissimo Wild West Show-Rocky Mountain and Praire Exibition, la cui prima esibizione verrà celebrata nella città di North Platte i primi di luglio del 1882. Di qui raggiungerà Boston, Newport e Chicago. Nel dicembre 1883 un altro lutto colpì la sua famiglia, con la morte della figlia Orra. Gli spettacoli saranno ripresi solo nella tarda primavera. Nel marzo 1885 entrerà nello show Anne Oakley, tiratrice infallibile, in grado di centrare su un cavallo in corsa e da trenta metri una carta da gioco. Ancora alcuni mesi e anche Toro Seduto si aggregherà allo spettacolo per un compenso di cinquanta dollari la settimana e un dollaro e mezzo per ogni foto autografata. Ma il vecchio e orgoglioso capo Sioux non resse a lungo all’avventura. Alla fine della tournée preferì tornare alla sua riserva, dove poco dopo morirà assassinato. Nel momento del massimo successo lo spettacolo fu trasferito al Madison Square Garden, dove un milione di persone si affollarono per applaudire le sue imprese. n lontano West, grazie all’eroe dalla miracolosa abilità e dal carattere schivo, entrava nelle case di ogni americano.
La fama di Buffalo Bill travalicò presto l’Oceano. Nel febbraio del 1887 la compagnia decise di raggiungere l’Europa, portando con sé anche Alce Nero, un altro grande capo pellerossa. Londra si esalterà ai suoi spettacoli ai quali, per ben due volte, presenzierà anche la regina Vittoria. Poi ancora a New York e poi ancora in Europa. A Parigi tutto ciò che ricordava il West divenne di moda. La gente passeggiava per le vie della città vestita da cowboy, ma Buffalo Bill, nonostante il calore con il quale era accolto, appariva sempre più a disagio. Aveva l’impressione che i suoi fans e lui stesso, come bambini viziati, si ostinassero a “giocare agli indiani”. Poi ancora gli Stati Uniti e ancora l’Europa, in un carosello senza fine. Il successo lo spinse a tentare anche l’avventura cinematografica e fondò la William Frederick Cody Historical Pictures Company. Intanto, già dal 1899, un settimanale, il Cody Interpose, era stato dedicato esclusivamente alla sua vita e alle sue gesta. Un periodico che, a distanza di oltre cento anni, viene ancora regolarmente stampato. Nonostante il successo crescente, ad ogni spettacolo era sempre più appesantito. Agilità e precisione erano sempre più appannati. In Italia dovette subire anche l’onta di una sconfitta ad opera di un anonimo “buttero” laziale. Quando l’11 novembre 1916 si presentò per l’ultima volta al suo pubblico, Buffalo Bill portava già da molti anni il parrucchino, era afflitto da una crescente miopia, beveva una bottiglia di whisky al giorno e non era più in grado di salire da solo a cavallo. Ai suoi funerali parteciparono oltre duemila persone. I libri, il cinema e i fumetti si impossesseranno ed esalteranno il suo mito che non conosce tramonto e che lo stesso Buffalo Bill, da buon attore professionista, seppe illuminare, ostinatamente, fino alla fine dei suoi giorni. Morì a Denver il 10 gennaio 1917.