Robert Rogers

A cura di Pietro Costantini

Robert Rogers
Pochi momenti storici americani hanno catturato la fantasia del pubblico come la sezione del romanzo di Kenneth Roberts, Passaggio a Nordovest, poi reso nell’omonimo film con Spencer Tracy, in cui il maggiore Robert Rogers attacca il villaggio Abenaki di St. Francis nel 1759 e poi riesce a malapena a sfuggire all’inseguimento degli Indiani e dei Francesi.
Robert Rogers nasce nel Massachusetts da famiglia irlandese protestante e, come altri irlandesi, va a colonizzare la frontiera nella parte meridionale del New Hampshire: fin da ragazzo è quindi a contatto con la dura realtà dei boschi e con le terribili scorrerie indiane, in particolare di quelle degli indiani cattolici di Kahnawake e di St. Francis. Quest’ultimo era un villaggio Abenaki (oggi Odanak) in Quebec, fondato da profughi della Confederazione degli Abenaki occidentali scacciati dalle loro terre dalla Confederazione Irochese (i Mohawk in particolare si erano allargati nei loro territori di caccia) e, in seguito, dalla pressione dei coloni del Massachusetts.
Si arruolò ancora ragazzo nella milizia del New Hampshire durante King George’s War, ma non vide alcuna azione. È interessante sapere che parlava il francese correntemente. Lo vediamo poi arrestato insieme a una banda di falsari nel 1755, ma la fortuna vuole che stesse scoppiando la guerra dei Sette Anni, la Guerra franco-indiana vera e propria, così il processo non fu mai fatto e Rogers si unì come arruolatore nelle forze del New England, sotto John Winslow. Quando fu autorizzato un reggimento del New Hampshire, egli fu messo a capo di una compagnia come capitano. Il reggimento operò nell’alta valle del fiume Hudson sotto un altro irlandese, il maggiore-generale William Johnson, con cui però Rogers non ebbe mai buoni rapporti. Johnson utilizzò Rogers per azioni di intelligence ed esplorazione nell’area dei laghi George e Champlain nella colonia di New York, dove sorgevano i forti francesi di Saint Frédèric (poi Crown Point) e Carillon (poi Ticonderoga).


Raffigurazione del Maggiore Roberts

Quando William Shirley, facente funzione di comandante generale, diede l’incarico a Rogers di formare una compagnia di Rangers per azioni di intelligence e guerriglia, non si trattava di una novità, visto che unità di questo tipo avevano già operato sotto John Gorham in Nova Scotia nel 1744, ma la sua unità venne a identificarsi con i Rangers dell’esercito inglese. Rogers, inoltre, mise per iscritto le regole basilari della guerra non ortodossa nei suoi Journals. Tra i Rangers c’erano i suoi fratelli, James, che poi guiderà i ranger lealisti e i Mohawk contro gli Americani durante la Rivoluzione, e Richard. Nel 1757 ebbe luogo la Prima Battaglia delle Racchette da Neve tra Rangers e forze franco-indiane presso Fort Carillon, dove Rogers con 74 Rangers fece un’imboscata a una forza di circa un centinaio di Francesi, Canadesi e Ottawa, ma poi fu sorpreso da quasi duecento tra regolari Francesi, Canadesi e Indiani. A Fort William Henry morì di vaiolo Richard Rogers, il cui corpo fu poi dissotterrato e mutilato dagli indiani “francesi” nello scempio del cimitero e dell’infermeria. Dopo la caduta di Fort William Henry, episodio tra i più importanti de L’ultimo dei Mohicani di Cooper, che macchiò gravemente l’onore militare francese per le atrocità commesse dagli alleati Indiani, in gran parte Abenaki, contro i prigionieri, i ranger vennero stazionati a Rogers Island presso Fort Edward, dove si addestravano alle tattiche di guerriglia e al tiro al bersaglio di precisione. Nel 1758 ebbe luogo la Seconda Battaglia delle Racchette da Neve, dove Rogers sorprese una colonna franco-indiana e, in seguito fu di nuovo a sua volta sorpreso dal nemico.


Rangers con divise invernali

Rogers prese poi parte all’attacco inglese contro Fort Carillon, a un nuovo scontro nella zona tra Fort Edwards e Half-Way Book , dove una grossa forza franco-indiana sorprese un convoglio inglese, e allo scontro di Crown Point, New York, dove una forza inglese di Rangers, fanteria leggera e provinciali tesero un’imboscata ai franco-indiani. Tutte le cifre dei caduti, feriti e prigionieri riportati da Rogers nei suoi Journals e nei rapporti differiscono enormemente da quelle francesi. Se ciò sia dovuto a esagerazione da una parte e sottovalutazione interessata dall’altra o a causa della difficoltà di fare valutazioni precise delle perdite negli agguati in mezzo alla foresta, è da discutere, anche se è probabile che tutti e tre questi fattori siano da considerare.
Il 6 aprile 1758 il comandante generale Abercrombie aveva dato a Rogers un brevetto ufficiale sia come capitano di una compagnia di Rangers che come maggiore dei Rangers al servizio di Sua Maestà; Rogers arruolò due compagnie di Rangers indiani e accettò africani liberi tra i suoi uomini. Non tutti erano convinti dell’efficienza dei Rangers, sia per le perdite subite negli scontri, sia a causa della loro indisciplina, tuttavia queste unità giunsero ad ammontare a dodici compagnie. Il generale Gage, in seguito grande nemico di Rogers, favorì la formazione dell’80° Fanteria, detto la Fanteria Leggera di Gage, un’unità regolare specificamente studiata per la guerriglia nei boschi, mentre il suo rivale, generale Amherst, che diventò comandante in capo britannico nel 1758, si convinse in parte della bontà dei metodi degli irregolari di Rogers e lo appoggiò.


I Rangers in marcia verso Fort Carillon – disegno di Frederic Remington

Tuttavia i Rangers, come paga, costavano assai di più dei regolari inglesi e questo favorì la costituzione, da parte di Amherst, di unità di forze speciali scelte all’interno dei regolari, che costavano meno ed erano molto più disciplinate, secondo un modello ripreso dai Commando prima e dalle SAS britanniche poi. Sei compagnie di Rangers andarono a Quebec con il generale James Wolfe nel 1759 e altre sei sotto lo stesso Rogers fecero parte dell’esercito di Amherst che avanzava lungo la via del Lago Champlain. In settembre Amherst diede l’ordine a Rogers di intraprendere una spedizione molto all’interno del Canada francese per distruggere il villaggio Abenaki di Saint-François-de-Sales (St. Francis, oggi Odanak). Amherst diede precisi ordini scritti di non uccidere donne e bambini, ma come vedremo, Rogers li disattese. Questo attacco, popolarmente noto come il “Raid di Rogers”, avvenne il 3 ottobre 1759 e divenne famoso specialmente in New England, poiché mise virtualmente fine a 85 anni di attacchi indiani. Il documento fondamentale sul raid sono i Journals di Rogers stesso, in cui afferma che furono uccisi almeno 200 indiani, lasciando 20 donne e bambini da far prigionieri. Egli prese cinque bambini e bruciò il villaggio tranne tre case. Gli storici che hanno estrapolato da queste cifre si sono ingannati concludendo che il villaggio fosse stato distrutto. I Francesi, che andarono a controllare subito dopo, riferirono che c’erano stati 30 morti, di cui 20 donne e bambini. Anche se le cifre francesi possono far pensare a una sottovalutazione delle perdite per motivi politici nei resoconti ufficiali, in realtà sono attendibili, perché ricorrono anche nella corrispondenza interna, dove non c’era motivo di mentire. Le cifre di Rogers, anche se possono sembrare gonfiate, erano basate su una ricognizione fatta prima dell’attacco, per cui egli presunse che, tranne i 20 sopravvissuti, gli altri fossero morti negli incendi o fossero stati uccisi mentre tentavano di fuggire.


Corsa in controluce

La discrepanza sul numero delle vittime del raid di St. Francis viene spiegata dalle tradizioni orali Abenaki: secondo queste, gli Abenaki vennero avvisati da uno degli Indiani di Rogers dell’attacco imminente e molti abitanti se ne andarono alla chetichella. Altri già dormivano lontano dal villaggio per sfuggire al rumore delle celebrazioni, secondo alcuni di un matrimonio, secondo altri Abenaki di una vittoria o di una danza del grano. Anche se le cifre di Rogers sono sbagliate, esse hanno un certo valore, perché ci dicono che la popolazione di St. Francis la notte prima dell’attacco era di 220 persone, di cui una gran parte erano donne e bambini, dato che molti guerrieri erano via. Infatti alcuni guerrieri erano stati inviati da Vaudreuil, insieme a un distaccamento della milizia canadese, per tentare di intercettare Rogers prima che raggiungesse St. Francis. Rogers seppe dai prigionieri che c’erano 300 Francesi e Indiani che lo aspettavano alla foce del fiume Saint-François (St. Francis) e che 200 Francesi e Indiani erano andati ad aspettarlo a Yamaska. Gli indiani di questi contingenti non erano molti e in parte appartenevano all’altro villaggio-missione Abenaki di Becancour. I primi inseguitori di Rogers in ritirata furono miliziani francesi con alcuni guerrieri Abenaki di St.Francis che si erano nascosti durante l’attacco e che erano tornati. Tre anni più tardi il missionario di St. Francis, Roubaud, scrisse un resoconto per il generale Amherst in cui diceva che gli abitanti di St. Francis erano quasi 500 al tempo dell’attacco di Rogers, ma non parla dei molti contingenti di guerrieri che erano assenti al momento.


Rangers e indiani

Può sembrarci strano che gli Abenaki avessero lasciato donne e bambini indifesi, ma gli Indiani lo facevano quasi sempre. Solo per citare un episodio tra i molti, e non solo in questa regione, quando i Mohawk cattolici di Kahanwake attaccarono i villaggi Mohawk nella colonia di New York durante la King William’s War alla fine del 17° secolo, i guerrieri erano assenti e i nemici poterono entrare indisturbati nei tre villaggi e portare via quasi tutte le donne e i bambini. Vennero bloccati nel loro intento dalla velocità di reazione degli Inglesi di Albany, che misero insieme una spedizione di miliziani e qualche guerriero Mohawk (gli altri erano a caccia) e riuscirono a riprendere quasi tutti i prigionieri prima che arrivassero in Canada. Nella ritirata da St. Francis, i Rangers si divisero in piccoli gruppi, di cui uno venne sorpreso dagli Abenaki di Missisquoi che in quel periodo si erano in parte ritirati a St. Francis e a Becancour e in parte erano rimasti al forte francese su Isleaux-Noix. Durante la ritirata attraverso i fitti boschi dell’attuale Vermont i Rangers finirono le provviste, ma riuscirono a raggiungere un luogo sicuro presso il forte abbandonato di Wentworth, lungo il fiume Connecticut. Qui Rogers li lasciò accampati e tornò dopo pochi giorni con cibo e rinforzi dal Fort Number 4, che oggi si trova presso Charleston, New Hampshire. La spedizione costò la perdita di circa 50 uomini, ma fu un’importante vittoria psicologica, perché gli sfortunati Abenaki compresero che non erano più fuori dalla portata di una rappresaglia. Gli attacchi franco-abenaki non cessarono, ma diminuirono considerevolmente. Con la caduta di Quebec nel 1759 e di quella di Montreal nel 1760, le ostilità indiane sulla frontiera orientale cessarono e le Sette Nazioni del Canada, di cui facevano parte gli Abenaki cominciarono colloqui di pace con Amherst, che si mostrò assai generoso nei termini del negoziato.


Rangers in combattimento – dipinto di A. Pierini

Amherst trasferì i Rangers sotto il comando del brigadiere generale Robert Monckton, comandante di Fort Pitt (ex Fort Duquesne e oggi Pittsburg, Pennsylvania). Seguendo il consiglio di Amherst, Monckton spedì Rogers e i suoi Rangers a prendere Fort Detroit (oggi Detroit, Michigan), il solo forte con una grossa guarnigione francese. Dopo aver preso Fort Detroit, egli cercò di raggiungere i più piccoli forti Mackilimackinack e Fort Saint-Joseph (Nile), ma ne fu impedito dal lago Huron ghiacciato. Ottenne comunque la loro resa: fu l’ultimo atto della sua carriera nella guerra Franco-Indiana o dei Sette Anni. Poco dopo i Rangers furono sciolti; Rogers ebbe l’offerta del comando di una compagnia di regolari in South Carolina, ma preferì scambiarlo con quello di una compagnia nella colonia di New York, che però fu sciolta poco dopo e lui si ritrovò a mezza paga come ufficiale in tempo di pace. Rogers si sposò e andò a stare nelle terre ricevute dal governo nel New Hampshire, dove aveva servi a contratto e schiavi, tra cui uno dei prigionieri di St. Francis, ma Rogers in tempo di pace era un’anima in pena e intestò tutta la proprietà alla moglie e al suocero. Nel 1761 accettò il comando di una compagnia di mercenari per andare a pacificare i Cherokee, poi tornò a casa. Nel 1763 la pace di Parigi metteva ufficialmente fine alla guerra dei Sette Anni, ma qualche mese dopo scoppiò la Guerra di Pontiac. Rogers offrì di nuovo i suoi servigi ad Amherst e partecipò alla sfortunata spedizione in aiuto di Fort Detroit, assediato da un gran numero di Indiani di una mezza dozzina di tribù. Nel 1764 Rogers si trovava in gravi difficoltà economiche, non solo perché aveva anticipato il denaro per attrezzare i suoi Rangers, ma anche perché, secondo il suo grande nemico, il generale Gage, aveva perso grosse somme al gioco. Oltre a ciò la sua associazione commerciale con un mercante di pellicce era finita male con la rivolta di Pontiac.


La resa di Detroit – 1760

Comincia da qui la discesa umana di Rogers, a parte la parentesi del suo grande successo a Londra nel 1766, dove pubblica i suoi Journals e A Concise Account of North America, una descrizione geografico – storica del continente, breve e vivace. Entrambi i libri dimostrano forza e lucidità, anche se ebbero un notevole contributo di “lucidatura” da parte del segretario di Rogers, un laureato del College of New Jersey (poi Princeton), in seguito suo nemico. Nonostante l’appoggio del re nel suo progetto di trovare il mitico Passaggio a Nord Ovest, a causa delle sue disavventure legali per l’accusa di tradimento da parte di Gage, Rogers declinò sempre più. Allo scoppio della Rivoluzione Americana, dopo il rifiuto dei suoi servigi da parte di Washington, che non si fidava di lui – anche se molti Ranger diventarono noti rivoluzionari tra i Minutemen – Rogers si arruolò tra i lealisti britannici. Era già un alcolizzato e i Rangers lealisti furono in realtà guidati da suo fratello James. Alla fine della rivoluzione andò in Inghilterra, dove passò i suoi ultimi anni in povertà, a mezza paga e, spesso, in prigione per debiti. Morì a Londra nel 1795. Intanto la legislatura del New Hampshire aveva proclamato il divorzio da sua moglie per abbandono nel 1778. Il suo solo figlio, Arthur, restò con la madre. La straordinaria carriera di combattente di Rogers, astuto e spietato, che aveva avuto il suo culmine durante la guerra dei Sette Anni, finì nell’oscurità e nel degrado, in gran parte a causa dai suoi errori. Questa personalità enigmatica ha affascinato gli Americani, anche se le sue scelte, durante la rivoluzione, lo hanno reso ingombrante in New Hampshire. Comunque, già durante la Rivoluzione, la nave dell’ammiraglio americano John Paul Jones fu chiamata The Ranger, dai Rangers di Rogers e fu una delle poche della Marina Continentale a essere vittoriosa contro gli Inglesi.


Pontiac e Rogers

Nel 1754 George Washington guidava un reggimento della Virginia alla sconfitta a Fort Necessity. Convinto che un altro ufficiale inglese avrebbe sofferto lo stesso fato, egli sottolineò l’importanza tattica degli alleati Indiani, dimostrando di non aver capito niente di quella sconfitta. In realtà, l’immagine popolare nei manuali scolastici e nelle opere degli storici americani è quella di soldati britannici che combattevano una guerra con metodi vecchi e poco adatti al terreno americano, che invece richiedeva una forma più offensiva e mobile di piccole unità che avanzavano in modo indipendente e che sparavano in modo accurato. A Benjamin Church, l’eroe della guerra contro i Wampanoag di Re Filippo del 17° secolo, è di solito riconosciuto il merito di aver iniziato la trasformazione tattica delle forze della Nuova Inghilterra coloniale, adottando la guerriglia indiana e a Robert Rogers di averle applicate e teorizzate per iscritto nel 18° secolo. In realtà le tattiche europee non erano né fuori moda né inefficaci sul terreno americano, come dimostrò la guerra dei Sette Anni e permisero, sia in operazioni offensive che difensive, di vincere i propri avversari. Facendo un paragone tra la prima generazione dei comandanti delle colonie della Nuova Inghilterra, dalla mentalità militare convenzionale europea, e i cosiddetti comandanti “americanizzati” delle successive guerre coloniali, questi ultimi fanno una magra figura, perché, se le loro tattiche furono efficaci per vincere qualche battaglia, è certo che non fu certo grazie a quelle che gli Inglesi vinsero la Guerra Franco-Indiana. Ovviamente i proponenti delle tattiche “americane” valutano positivamente quelle “indiane”, anche se concedono che gli Inglesi avevano un vantaggio strategico e logistico sui nativi. Essi presuppongono che i coloni non potessero essere all’altezza degli Indiani e gli Indiani di oggi sono più che contenti di sostenere questa tesi consolatoria. In realtà, furono proprio i miseri risultati delle forze coloniali nella guerra contro i Wampanoag di Re Filippo e nella King William’s War del 17° secolo che convinsero i magistrati coloniali a cercare di aggiustare gli insuccessi delle forze coloniali facendo un maggiore affidamento sulle forze inglesi e sugli amministratori imperiali. Come controprova, i Francesi misero in ginocchio gli irochesi in modo efficace solo dopo l’arrivo dei reggimenti d’elite dalla Francia alla fine del 17° secolo.


Il reggimento Carignan-Salières, impiegato contro i Mohawk nel 1666

La teorizzazione della superiorità della guerra “americana” su quella europea fa parte di un complesso ideologico che si basa una presunta eccezionalità delle colonie americane, e in seguito degli Stati Uniti, in rapporto all’Inghilterra e all’Europa in genere. Per tutta l’era coloniale sia le forze coloniali che quelle britanniche dimostrarono ripetutamente che, ogni volta che mantenevano una tattica difensiva e di logoramento, il terreno americano e le tattiche indiane non rendevano obsolete le tattiche europee. Per questo motivo né i generali inglesi, né quelli americani durante le guerre indiane all’Ovest, si fecero convincere da combattenti come Church o Rogers e i loro successori a dubitare della bontà dei metodi militari europei. Church e Rogers però godettero di grande popolarità presso la stampa e catturarono l’immaginazione del pubblico e nutrirono l’idea romantica che la guerra fosse un’arte e che in America il terreno e gli abitanti rendessero inefficaci i principi scientifici della guerra all’europea. Durante la guerra dei Sette Anni i successi dei militari inglesi dimostrarono che le tattiche “americane” erano in realtà dilettantesche, con scarsa attenzione ai dettagli – per esempio, l’imprevidenza di Rogers nel portare scarse provviste da utilizzare nella marcia forzata di ritorno da St. Francis, vide i Rangers ridotti a mangiare persino quel poco di pelle attaccata agli scalpi che avevano preso – , fondi insufficienti per preparare una guerra, mancanza di preparazione logistica e frammentazione amministrativa. Anche le battaglie della Rivoluzione Americana confermano questa tesi: le prime scaramucce furono vittoriose solo perché i ribelli aggredirono soldati che non pensavano che stesse scoppiando una rivoluzione, e in seguito Washington cominciò ad avere risultati importanti sul piano tattico solo dopo che i generali europei von Steuben e Poniatowski gli misero insieme un vero esercito secondo criteri e addestramento europei.

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