Sparatoria di San Valentino a Stoneville
A cura di Sergio Mura da un articolo di Les Kruger
Il bandito George Axelby era temutissimo dalle sue parti perché con la sua banda si era distinto per violenza e rapacità. Ma era famoso anche per avere la bocca troppo grande, ossia per non saper tacere. Invece di limitarsi ad agire, preferiva spesso dare aria alla sua bocca, combinando più di un pasticcio. A dire il vero, a causa del suo viziaccio di parlare troppo, Axelby aveva rischiato la pelle in più di un’occasione.
Prima parlava e poi iniziava a sparare.
Nel febbraio del 1884 Axelby era venuto a sapere che il suo compare di rapine, un tale Jesse Pruden, era stato arrestato a Miles City, nel Territorio del Montana, e che da lì sarebbe stato presto trasferito a Spearfish, nel Territorio del Dakota, per essere processato per numerosi atti criminali.
Invece di agire – giusto o sbagliato che fosse, per carità – Axelby fece ciò che sapeva fare meglio: si mise a fare grandi annunci. Disse in giro che lui e la sua gang avrebbero impedito a chiunque di condannare e incarcerare il suo amico Pruden e che per lui avrebbero combattuto fino all’ultimo uomo.
La voce arrivò prontamente al Deputy Marshal A. M. Willard, che conosceva bene Axelby e ancora non risuciva a capacitarsi di quanto fosse stupido.
IL Capitano “Cap” Willard – così era conosciuto dai tempi in cui comandava velieri nella zona dei Grandi Laghi del Nord – organizzò imemdiatamente una posse a Spearfish. Lui e i suoi pards – i deputies John “Jack” O’Harra e Fred Willard (suo fratello), i territorial deputies John Duffy e Frank Jackson e, infine, un cowboy il cui nome era McNarboe – organizzarono al volo la posse per intercettare Axelby ed i suoi banditi all’ingresso di Stoneville, nel Territorio del Montana, prima che riuscissero a mettere in pratica il loro intento criminoso di liberare l’amico.
Pruden era stato catturato e dalla prigione sarebbe stato spostato…
Secondo le previsioni, li avrebbero dovute prendere il giorno di San Valentino del 1884.
Ne seguì una sparatoria che non fu un vero e proprio massacro, ma comunque abbastanza sanguinosa. In quell’occasione si dimostrò come degli uomini di legge particolarmente arrabbiati potessero essere capaci di una giustizia primitiva, al pari di quella della folla infuriata…
Stoneville era una semplice stazione di scambio posta sulle rive del Little Missouri River nella Custer County e doveva il suo nome al fondatore Lew Stone che nel 1877 ebbe l’idea di stabilirsi lì aprendo l’unico saloon di tutta la zona sud-orientale del Montana. Nel paesotto venne aperto un ufficio postale nel 1880.
Nel Montana c’era anche un’altra cittadina con lo stesso nome, così, l’anno successivo alla sparatoria di cui parliamo qui, venne scelto un nuovo nome, Alzada, in onore di Alzada Sheldon, la moglie di un pioniere.
Nel 1884, il bandito Axelby aveva una sinistra fama, abbastanza consolidata nei dintorni di Spearfish, la cittadina fondata all’ingresso dello Spearfish Canyon nel 1876. A quel tempo Spearfish serviva come base per l’invio di rifornimenti ai campi auriferi delle Black Hills.
Axelby era temuto e le sue gesta venivano apertamente paragonate a quelle della Gang di James Younger. La zona in cui imperversava era quella compresa tra il Little Missouri e l’area del Powder River.
Axelby era ricercato sia per furto che per omicidio, ma nessunoe ra riuscito a mettergli il sale sulla coda, nonostante fosse noto che la banda aveva un rifugio nei dintorni della Devil’s Tower. Gli sceriffi della zona erano disperati e, nonostante i molteplici tentativi, non erano mai riusciti a catturarlo. I giornali raccontavano che Axelby avesse un odio viscerale nei confronti degli uomini di legge, ma che un odio ancor più grande lo provasse per gli indiani che non esitava ad uccidere ogni volta che li incontrava sulla sua pista. Il 23 febbraio del 1884 il St. Paul Pioneer scriveva che Axelby era “nuovamente in caccia di indiani e non perde una sola occasione per ammazzarne quanti più riesce.”
La banda di Axelby arriva a Stoneville
Non si sa quando fosse nata l’amicizia tra George Axelby e Jesse Pruden, sopratutto perché il secondo era il figliastro di J. B. Maxwell, il rispettato proprietario della linea di diligenze “Miles City – Spearfish”. Il giovane, invece di seguire le orme del patrigno, decise di fare da sé, ottenendo un gran successo come ladro di ponies indiani.
La legge tollerò anche troppo le attività illegali di Pruden, specialmente per rispetto al padre. Nello stesso periodo, anche Axelby batteva la zona con una sua piccola banda e probabilmente in qualche occasione i due si sono incontrati, unendo le forze.
Successivamente, Pruden venne segnalato da un deputy di Miles City nel febbraio del 1884: “Ho notato che sta ronzando dalle nostre parti un tizio con fare sospetto; è Pruden, il figlio di Maxwell.” Lo sceriffo di Miles City, John W. “Jack” Johnson prese in consegna Pruden, attirandolo con un piccolo inganno. Non potendolo trattenere a lungo, dato che l’uomo era ricercato nel Territorio del Dakota e non aveva pendenze nel Territorio del Montana, lo sceriffo telegrafò la notizia allo sceriffo di Spearfish, Al Raymond, pregandolo di venire a prendere Pruden per portarlo oltre il confine. Lo sceriffo Raymond spedì subito il deputy Joe Ryan per portare via il bandito.
A pensarci bene, il piano di Axelby di intervenire lungo la strada per Spearfish per liberare il suo amico Pruden non era malaccio. Solo che il viziaccio di non tenere la bocca chiusa era una vera iattura per qualunque piano!
Come di consueto, il capo-banda contava sull’aiuto dei suoi amici per riuscire nell’intento di liberare Pruden… Il suo uomo di punta era un certo “Billy The Kid” McCarthy, un giovane velenoso, sveltissimo con le pistole e assolutamente senza alcuna paura di alcunché. Particolarmente pericoloso era anche Jack Campbell, uomo di esperienza e cattivo quanto bastava. C’erano poi altri due uomini di cui non sono stati tramandati i nomi, ma ai quali possiamo risalire attraverso una lettera dello stesso Pruden che, tempo dopo, dichiarò che uno era Badland Charley (“Broncho Charlie” Brown), mentre l’altro venne registrato da Willard come Axel Grady. Il sesto uomo era Harry Tuttle, un tizio che viaggiava sulla stessa strada di Axelby ed i suoi e pensò, sbagliando, che se avesse continuato in loro compagnia sarebbe stato più al sicuro. Non poteva fare uno sbaglio peggiore, visto che lo sceriffo Willard aveva deciso di bloccare le attività criminali di Axelby una volta per tutte.
Scende in campo la posse di A. M. Willard
Il pomeriggio del 14 febbraio del 1884 – festa di San Valentino – Axelby ed i suoi 5 accoliti stavano bevendo smodatamente all’interno del saloon di Stoneville, in attesa di muoversi per realizzare il loro piano.
Al di fuori del saloon erano legati i loro cavalli. A dire il vero ce n’era uno in più, probabilmente destinato a Pruden per la fuga.
Willard e McNarboe arrivarono a Stoneville poco prima di mezzogiorno e andarono subito alla casa di Lew Stone dove i deputies Fred Willard e Jack o’Harra li informarono che le “prede”, i banditi di Axelby, erano in paese, nel saloon a poco più di 250 metri da loro. La scelta di Willard e dei suoi uomini fu quella di evitare il rischio dell’irruzione nel saloon e di appostarsi all’esterno in attesa dell’uscita di Axelby.
Poco dopo le 3 del pomeriggio George Axelby e la sua gang uscirono dal saloon, ubriachi e urlanti… Gli uomini della posse di Willard presero posizione intorno al saloon ed attesero che i banditi fossero saliti a cavallo. Da quel momento iniziò la frenesia. I banditi si accorsero degli uomini di legge, il deputy Fred Willard e il bandito Jack Campbell spararono contemporaneamente. McCarthy, l’ultimo ad essere uscito dal saloon, non era ancora montato a cavallo, prese il suo Winchester dalla sella, si riparò dietro una parete e iniziò a sparare contro glis ceriffi. Lo stesso fecero gli altri della gang di Axelby in un tentativo di aprirsi la strada.
Il deputy O’Harra venne sfiorato da 8 o 9 pallottole prima di essere colpito sul fianco sinistro da una pallottola sparata dal Winchester di McCarthy. Un’altra pallottola ferì Fred Willard ad una spalla, mentre altri due spari gli bucarono gli abiti.
Anche A. M. Willard venne sfiorato da alcune pallottole. O’Harra, ferito in maniera seria, ebbe modo di dire: “Fred, ti sono stato accanto ed ho retto finché ho potuto, ora me ne sto andando. Dagli quel che si meritano!” Due uomini lo sollevarono e lo trascinarono al riparo, ma morì dopo appena 10 minuti.
Nel frattempo, le cose non andavano molto bene per i banditi… Fred Willard ferì di striscio alla testa Jack Campbell, buttandolo giù dal cavallo. Quando il bandito si riprese, strisciò via dalla scena, per evitare danni peggiori. Lo stesso Axelby ebbe il cavallo ucciso e fu ferito ad una coscia e scappò come un fulmine, inseguito dalle pallottole degli sceriffi.
La sparatoria fuori dal saloon di Stoneville
Harry Tuttle, che montava un asino, non appena iniziò la sparatoria fu travolto dal somaro che imbizzarrì per il terrore e della confusione approfittò qualcuno della posse per avvicinarsi e ferirlo con una pallottola al gomito sinistro. Tenendosi il gomito ferito, anche Tuttle scappò via nel boschetto che c’era lì vicino.
L’idea di Fred Willard di abbattere le cavalcature dei banditi si rivelò grandiosa! Axelby e la sua gang, feriti o meno, furono costretti a scappare a piedi. Durante la fuga Axelby esplose numerosi colpi ed uno di quelli colpì a morte William Cunningham, cuoco del Driscoll Ranch che si era fermato nei pressi del saloon ad osservare la scena. Un altro cowboy, Jack Harris, venne colpito da una pallottola e morì in seguito per la ferita.
Quando si spense l’eco dell’ultimo sparo, gli uomini di legge prestarono il primo soccorso a Fred Willard e si occuparono del corpo del povero O’Harra. Subito dopo fecero la stima della situazione. Axelby e gli altri gaglioffi erano scappati via e ormai iniziava a fare buio. Stava anche cadendo la neve e questo fece ben sperare gli uomini della posse: avrebbero potuto seguire le tracce meglio l’indomani mattina!
Nella sparatoria erano morti anche due persone che non c’entravano nulla e questo fece infuriare la gente del posto,tanto che alcuni cowboys chiesero di aggregarsi alla posse per ottenere giustizia… o vendetta.
L’indomani mattina, sabato 16 febbraio, lo sceriffo A. M. Willard ed i suoi uomini partirono presto per tentare di raggiungere il deputy Ryan ed il suo prigioniero, Pruden, nei pressi di Box Elder Creek, una ventina di miglia a nord di Stoneville.
Dopo aver raggiunto Ryan, lo sceriffo Willard preferì lasciargli un altro uomo che lo accompagnasse nel viaggio verso Spearfish. Non che ci fosse timore di un nuovo assalto, dato che Axelby ed i suoi erano rimasti senza cavalli e in alcuni casi avevano anche riportato ferite… Lo fece solo per maggiore prudenza. In quel frangente, la posse di Willard si arricchì di nuovi volontari che arrivarono da Stoneville e a quel punto ripartirono tutti all’inseguimento di Axelby e della sua banda.
La fuga dei banditi e l’inseguimento degli sceriffi
Harry Tuttle, ferito in maniera non grave, non riuscì comunque ad andare lontano. Si fermò per farsi medicare nei dintorni dello Shuster Ranch. Il cowboy che provò ad aiutarlo, gli strinse un laccio intorno alla ferita per arrestare l’emorragia, ma lo fece in maniera così forte da arrestargli quasi la circolazione e, per giunta, aumentandogli il dolore in maniera considerevole. Quando, poco dopo, fu raggiunto dalla posse, non era certo in grado di nuocere e dopo la cattura venne spedito all’ospedale di Spearfish.
Jack Campbell seguì il fiume Little Missouri per un po’ di tempo, verso il ranch di James Walker e da lì spedì una breve nota ad un soprastante di un ranch al saloon di Stoneville. Scriveva: “Caro Hood, sono stato malamente ferito durante la sparatoria di ieri pomeriggio ed ho anche perso il cavallo. Tutti i ragazzi sono stati feriti e la banda è finita a pezzi e messa in fuga. Ti prego di voler consegnare un cavallo al latore della presente più in fretta possibile, dato che vorrei approfittare del buio per svignarmela e sfuggire agli sceriffi.”
Billie Chase, che era il portalettere della zona, si incaricò di consegnare il biglietto a Hood nel saloon, ma non riuscì nell’intento. Gli sceriffi tenevano d’occhio tutti e non si fecero sfuggire quel movimento, così riuscirono ad entrare in possesso della nota di Campbell. A Chase venne detto di portare un cavallo al bandito ferito, di legare l’animale al corral e di suggerirgli di scappare via prima possibile.
Quello che accadde subito dopo resta un piccolo mistero. Alcuni anni dopo, Henry Walker, figlio del padrone dell’omonimo ranch e testimone oculare dei fatti, diede la sua versione. Henry disse che gli sceriffi arrivarono al ranch nel pieno della notte e quando apparve Campbell, iniziarono a sparare senza neppure intimare la resa. A terra e ormai morente, Campbell chiese di poter dettare un breve messaggio per la madre, ma nessuno volle dargli retta.
Subito dopo, ogni sceriffo scaricò la sua pistola sul corpo del bandito. Secondo Walker, il corpo restò esposto nel piazzale per ben due giorni perché la gente del ranch non aveva avuto cuore di spostarlo. Il terzo giorno venne mandato un carro funebre da Stoneville per recuperare il corpo ormai congelato. Walker sottolineò che i due uomini mandati a prelevare il corpo si sedettero sul suo corpo come se fosse un sedile.
In caccia sotto la neve
Si tratta di un resoconto abbastanza raccapricciante, anche se non impossibile ai tempi del west e in condizione di grande tensione. Ma è un racconto piuttosto differente da quello rilasciato dall’ufficio dello sceriffo.
Il 19 febbraio il Daily Yellowstone Journal scrisse che quando Campbell uscì allo scoperto nel piazzale del ranch dei Walker per prendere il cavallo che gli era stato portato, uno degli sceriffi intimò il classico “Mani in alto!”.
Sentendosi in pericolo, Campbell fece una rotazione del busto e sparò in direzione della voce. E i suoi spari anticiparono quelli degli uomini di legge che lo uccisero.
Il 20 febbraio il Black Hills Times dichiarò che il corpo di Campbell – sfuggito alla sparatoria di Stoneville – “venne ritrovato il giorno successivo, ormai morto e crivellato da almeno 15 proiettili”. Questo resoconto non fa menzione degli sceriffi della posse.
Anche una giovane di Stoneville, una certa Sarah Ann Motz, dichiarò alla stampa di aver visto “Campbell dentro un fossato e parzialmente ricoperto di terra”. Sostenne anche di aver convinto alcune persone a seppellirlo. Altri ancora sostennero che la Motz non riuscì a convincere gli uomini che, invece, gettarono il corpo del bandito in un macchione ad est di Stoneville.
Sessantaquattro anni dopo, il 25 giugno 1948, un giornale locale, l’Ekalaka Eagle, riferì che era stato ritrovato un corpo dalle caratteristiche simili a quelle di Campbell, con ancora indosso gli stivali e crivellato di pallottole, nei dintorni del paese.
George Axelby, Billy McCarthy e gli altri 2 banditi riuscirono a raggiungere lo Sheldon Ranch a circa 5 miglia da Stoneville. Il capo-banda si fece rabberciare la ferita alla gamba pagando 40$ per il disturbo. La posse di willard riuscì a stargli dietro fino al ranch, ma quando gli sceriffi arrivarono lì, la pista era diventata ormai fredda.
Campbell venne ucciso senza pietà
Willard sospettò che Axelby potesse aver scelto al zona della Devil’s Tower quale rifugio e provò a stargli alle calcagna per alcune settimane, ma senza fortuna… Axelby era sparito dalla circolazione. Sul suo destino si sono diffuse in queglia nni due possibili ricostruzioni, una che lo vedeva morto in seguito alle ferite riportate nel corso della sparatoria ed un’altra che lo indicava in salvo in Messico insieme ad alcuni suoi amici.
Considerando ciò che era successo a Campbell, si disse che Axelby, McCarthy e gli altri 2 banditi, ebbero fortuna a scampare alla cattura degli infuriati uomini di legge. A conferma del rischio corso, possiamo citare uno stralcio di un articolo apparso il 20 febbraio 1884 nel Deadwood Daily Times: “Possiamo assicurarvi che la posse non farà alcun prigioniero; i banditi saranno semplicemente arrestati, salutati e spediti dritti dritti all’inferno!”
All’inferno, invece, non ci finì Harry Tuttle. La sua ferita al gomito aveva causato una bruttissima infezione ed il medico che lo aveva in cura dichiarò che il bandito sarebbe morto, quasi certamente. E poiché appariva chiaro a tutti che non c’era rischio, lo sceriffo non dispose neppure un servizio di guardia al ferito. Alcuni altri malati fasciarono bene la ferita di Tuttle e tale operazione venne ripetuta l’ultima volta mercoledì 27 febbraio di mattina presto. In seguito si sa che quella sera Tuttle fumò una sigaretta prima di coricarsi.
Tra le 3 e le 4 del mattino 7 o 8 uomini armati, col volto nascosto e coperti con delle pelli di buffalo, fecero irruzione nell’ospedale.
Quattro vigilantes sollevarono a forza il bandito e lo trascinarono fuori dalla stanza. Nonostante fosse ferito e molto debole, Tuttle usò la forza della disperazione per fare un minimo di resistenza e per urlare chiedendo l’aiuto degli altri pazienti. I vigilantes intimarono a tutti di restare buoni e fermi fino all’alba. Amos Benson, uno dei pazienti, ricordò in seguito la frase che venne urlata dai vigilantes: “Signori, state buoni e non vi accadrà nulla di male.” Un altro paziente, Lemuel Hudson dichiarò che era convinto che i vigilantes avessero ucciso Tuttle nel suo letto, ma le urla del disgraziato gli fecero capire che era ancora vivo.
Uno dei vigilantes restò all’interno dell’ospedale per accertarsi che nessuno si muovesse, mentre gli altri portarono via il bandito così com’era, coperto da un pigiama leggero, fino ad un piccolo promontorio roccioso nei pressi della Spearfish Academy. Lì tirarono fuori dalle borse della sella una corda, fecero il nodo scorsoio e fecero passare la corda intorno ad un ramo di un albero. Poi passarono il cappio intorno al collo di Tuttle e gli diedero una vigorosa spinta che gli provocò la rottura di una gamba, ma non quella dell’osso del collo… Lo sceriffo stabilì poi che il bandito era morto molto lentamente per soffocamento; una morte tragica e dolorosa.
A volte la carriera criminale finiva così
Dopo il brutale linciaggio, alcuni giornali scrissero che quel gesto si era reso quasi necessario per via delle precarie condizioni di salute del bandito. “Inoltre – scrisse il Daily Yellowstone Journal – la gente di queste parti non prova alcuna simpatia per i delinquenti.” Altri giornali, invece, protestarono contro un gesto oltraggioso e incivile, un’uccisione codarda che avrebbe dovuto imporre alla legge di andare in caccia dei vigilantes per assicurarli alla giustizia.
Ma cosa accadde a Pruden, la vera causa della sparatoria di Stoneville? Restò chiuso in una cella e sparì dalla cronaca e dalla storia, senza lasciare altre tracce di sé.
La sparatoria aveva ripulito il Dakota ed il Montana dai banditi della banda di Axelby e tutti i fatti che seguirono dimostrarono – mai ce ne fosse stato bisogno – che la giustizia del west poteva essere amministrata in maniera severa e talvolta anche spietata e che in quei territori persino un processo poteva essere considerato un lusso!