I bisonti
A cura di Gaetano Della Pepa
Link dello speciale sui bisonti e gli indiani: 1) I bisonti, 2) Gli indiani e la conoscenza del bisonte, 3) Gli indiani a caccia del bisonte, 4) L’utilità del bisonte, 5) I mantelli di pelle di bisonte, 6) Ritualità della caccia al bisonte
La presenza dei bisonti nel territorio americano – specialmente in quella parte che oggi si riconosce negli USA – è stata ampiamente documentata fin dalla prima apparizione di uomini bianchi nelle terre degli indiani.
Le mandrie erano talmente grandi che gli osservatori non riuscivano ad esprimerne la dimensione se non facendo riferimento a termini noti. Ad esempio, alcuni esploratori dei primi dell’800 riferivano di mandrie che attraversavano certe zone lungo un arco temporale di tre giorni.
Altri provarono a riferire di mandrie gigantesche che riempivano il campo visivo, fino all’orizzonte, in tutte le direzioni.
Qualcun altro provò a stimare in maniera scientifica la dimensione spaziale delle mandrie, arrivando a parlare di gruppi di animali stanziati su superfici pari a 15×10 Km!
Queste mandrie incutevano terrore in chi si trovava nella loro traiettoria poiché nulla pareva in grado di fermarne l’avanzata.
Il loro arrivo era annunciato con decine di minuti di anticipo da un fortissimo e sordo rombo che lentamente, ma inesorabilmente, si avvicinava.
Possiamo facilmente sostenere che i bisonti fossero in origine alcune decine di milioni, ma si tratta di stime assolutamente approssimative, basate su metodi molto diversi tra loro.
E’ diffusa l’opinione che i bisonti siano stati anche 50 o 60 milioni, ma alcuni studiosi hanno obiettato che l’esigenza di erba e la sua stessa disponibilità conduce a parlare al massimo di 30 milioni di capi. In ogni caso si tratta di cifre altissime che ci restituiscono intatto il fascino di un animale che ricopriva l’America del Nord e che ad esso legava la vita e la fortuna di moltitudini di indiani.
La grande fortuna del bisonte è durata secoli e secoli, fino al decennio compreso tra il 1870 ed il 1880, quando si scatenò la “grande caccia”, sfociata in un autentico sterminio dai risvolti anche politici, legati alla conclusione delle guerre indiane.
Nel pieno dell’estate – racconta George Catlin – questi grossi animali, che certamente soffrono molto per via dell’abbondante pelliccia che li ricopre, pascolano nelle terre più basse della prateria, dove ristagna un pò d’acqua ed il terreno ne è impregnato. Lì gli immensi maschi si lasciano andare sulle ginocchia, conficcando in terra le corna e la testa, sollevano la terra, e in tal modo riescono a fare uno scavo dentro cui filtra in superficie l’acqua. Così per un pò il bestione può concedersi un bagno ristoratore, e sembra proprio un maiale nel suo pantano.
Un meraviglioso esemplare di bisonte maschio
Già dal 1820 era impossibile trovare mandrie di bisonti ad est del fiume Mississippi. Non possiamo neppure affermare che la successiva sparizione di questo “bestione” sia legata alla sola e semplice presenza dell’uomo bianco. Fino al 1870, infatti, l’uomo bianco avanzò e prosperò esattamente quanto avanzò e prosperò successivamente, ignorando il bisonte. Semplicemente, accadde che in un certo momento certe parti del bisonte finirono per incuriosire i mercati dell’est ed europei in genere, aumentandone la richiesta e la conseguente quantità di abbattimenti. La lingua, ad esempio, ma soprattutto la pelliccia erano richiestissimi, al punto da finire per giustificare un ingiustificabile gioco al massacro (ed allo spreco!).
Il bisonte era presente ovunque fino all’Atlantico, persino nelle zone ricoperte di foreste, ma in questo caso si hanno buoni motivi per ritenere che si trattasse di una varietà di bisonte ben diversa da quella che popolava, ad esempio, le grandi pianure.
Giovani bisonti al pascolo
Eppure le piste non furono il peggiore dei mali. Anzi, non furono niente rispetto alla costruzione delle ferrovie!
Ancora George Catlin ricorda: “Seguendo una grossa mandria all’epoca in cui i piccoli hanno solo poche settimane, mi sono divertito ad osservare tutte le strane manovre che fanno. In mezzo alla confusione incredibile creata da una folla di centinaia o di migliaia di capi, molti vitelli perdono di vista la madre. Allora restano indietro sia dalla mandria che dai cacciatori che passano via veloci e loro cercano di nascondersi acquattandosi nella prateria, dove c’è solo erba alta sei-otto pollici, a parte qualche raro cespuglio selvatico un poco più alto. Verso di questi la povera cosa corre spaventata, cadendo sulle ginocchia e andando a ficcare il muso nell’erba. Resta così per ore con gli occhi chiusi, convinto di essersi messo al sicuro, mentre è invece ritto sulle zampe posteriori e quindi ben visibile anche da lontano. E’ un consueto divertimento per noi tornare indietro là dove poco prima è passata una mandria e avvicinarsi ad una di quelle piccole creature tremebonde che tenacemente mantiene la sua posizione, col naso ficcato nell’erba. Non si muove da quella posizione fino a che non gli si mettono addosso le mani. Dopo una breve lotta, il piccolo è battuto e non oppone più resistenza. Molto spesso, secondo un uso di queste parti, gli ho tenuto le mani davanti agli occhi e ho soffiato forte nelle sue narici, poi sono tornato all’accampamento col piccolo prigioniero che trotterellava dietro al cavallo, vicino vicino e con quell’affetto che per istinto avrebbe riservato alla madre.”
Una montagna di teschi di bisonte
Delegati della cooperativa Inter Tribal del Bisonte (ITBC) hanno sperato di restituire al bisonte milioni di acri di terre tribali e di ridargli un posto centrale nella vita tribale. Questo perchè riconoscono il bisonte come simbolo di resistenza e affinchè la reintroduzione del bisonte nelle terre tribali contribuisca a guarire lo spirito sia della gente indiana sia del bufalo. Finora più di 40 tribù hanno unito lo sforzo e hanno creato un gregge collettivo di quasi 10.000 capi.