Fine della pista per John Wesley Hardin

A cura di Omar Vicari

Nato il 26 maggio 1853 a Bonham nel Texas, figlio di un pastore Metodista, John Wesley Hardin rivelò presto il suo istinto omicida. All’età di soli undici anni accoltellò un suo compagno di strada, mentre a quindici uccise il suo primo uomo.
Abilissimo con le armi, Hardin è stato sicuramente la pistola più veloce dell’intera storia della frontiera. Nessuno si avvicinò mai, neppure lontanamente, alla sua destrezza nel maneggiare una sei colpi. Forse l’unico che avrebbe potuto fronteggiarlo in qualche modo era Wild Bill Hickok.
Un confronto tra i due effettivamente ci fu e si risolse a favore di Hardin.
Nel 1871, durante uno dei suoi raid dal Texas verso Abilene al seguito del bestiame, Hardin venne affrontato da Hickok allora marshal della città.
Abilene a quel tempo era una città violenta a causa delle continue sparatorie causate da cowboys sbandati che alla fine della pista si ubriacavano nei vari saloon.


James Gibson Hardin, padre di John Wesley Hardin

Hardin era uno di questi e per di più tremendamente micidiale. Le pistole di Hardin erano un tutt’uno con se stesso. Egli le estraeva con la stessa rapidità di riflessi che un uomo normale impiega a chiudere gli occhi quando qualcosa li minaccia. Tale rapidità non gli lasciava il tempo per meditare su ciò che stava facendo. La sua non era emotività eccessiva, né paura, ma una pura e semplice reazione al pericolo. Il bersaglio poteva essere un serpente, un indiano o un uomo dai riflessi simili ai suoi, ma regolarmente meno veloci.
Anni dopo, a El Paso, lo sceriffo Jeff Milton, anch’egli un esperto della sei colpi, ebbe a dire che Hardin era l’uomo più veloce con la colt che avesse mai visto. La stessa cosa venne detta anni prima da un altro esperto della colt, il ranger Jim Gillette durante uno degli spostamenti di Hardin da una prigione a un’altra. In quel frangente Jim Gillette e l’altro ranger N. O. Reynolds che lo accompagnavano, vollero vedere quanto quel mago della sei colpi fosse in grado di fare.


Mary Elizabeth (Dixon) Hardin, madre di John Wesley Hardin

Essi dettero a Hardin una colt naturalmente scarica e il pistolero non si fece pregare. Quello che Gillette e Reynolds videro lo si può immaginare riportando la mente alla scena del film “Tombstone” nella quale Ringo davanti a Doc Holliday da sfoggio della sua maestria nella velocità di estrarre e di roteare la colt . Jim Gillette, che era un esperto, disse di non aver mai visto nulla di simile.
Quello che accadde ad Abilene di fronte a Hickok lo possiamo leggere nella sua biografia scritta dallo stesso Hardin. E’ plausibile che Hardin possa aver esagerato nel descrivere i fatti e che qualche autore possa aver nutrito dubbi sulla dinamica dell’azione, fatto sta che alla richiesta delle armi da parte di Hickok, Hardin estrasse le pistole, le fece roteare sul guardiamano con la velocità che gli era usuale e un attimo dopo le canne delle sue colt puntavano minacciose in direzione del marshal. Hickok saggiamente decideva che non era il caso di insistere.


Hardin e la prima moglie Jane Bowen

Questo era il personaggio, un uomo al quale vengono attribuite dalle 40 alle 50 uccisioni, un killer spietato la cui velocità nello sparare era simile a quella di un cobra.
Braccato in Florida nel 1877, Hardin venne condannato ai lavori forzati nella prigione di Huntsville (Texas ).
Il 30 marzo 1895, il giornale di El Paso, “The El Paso Herald”, annunciò la presenza di uno straniero in città, un uomo il cui nome era conosciuto in ogni angolo del Texas : John Wesley Hardin di professione avvocato.
Per quanto strano possa essere, Hardin negli anni passati nella prigione di Stato di Huntsville aveva preso a studiare legge ed aveva conseguito il titolo di avvocato. Graziato nel1894 per buona condotta , Hardin si spostò a El Paso sistemando il proprio ufficio al secondo piano del palazzo della “Wells Fargo”.


Jane Hardin e la figlia Mollie

Più o meno allo stesso tempo in cui Hardin si sistemava in città, Martin M’Rose, noto ladro di bestiame, vendeva il proprio ranch e assieme alla moglie Beulah e l’amicoVic Queen si trasferiva a El Paso.
A Ciudad Juarez, la parte messicana di El Paso, Vic Queen venne arrestato dalle autorità messicane con l’accusa di furto di bestiame. Martin M’Rose riuscì a farla franca, ma poco dopo anch’egli venne arrestato e imprigionato a Ciudad Juarez.
Beulah, la moglie di Martin M’Rose, si rivolse a John Wesley Hardin affinché perorasse la causa del marito. I due, Vic Queen e Martin M’ Rose, vennero in seguito rilasciati dopo che Hardin aveva profuso a piene mani denaro alle autorità messicane. Denaro non certo suo, ma di Beulah, la moglie di Martin. Da quel momento Hardin e Beulah cominciarono a frequentarsi assiduamente e in atteggiamenti che non rientravano più nel normale rapporto esistente tra il cliente e il proprio avvocato.


John Wesley Hardin Jr e Mollie, figli di Wess Hardin

Sebbene la donna rimanesse comunque accanto al marito a Ciudad Juarez, Hardin, oltre a essere il proprio legale, divenne anche il suo personale consigliere.
Le cose cambiarono radicalmente quando, dopo il rilascio di Martin, la donna rifiutò di parlare o anche solo di incontrare il marito.
Il 21 aprile 1895 alcuni amici di Martin tra i quali Andrew Jackson, Tom Fennessey e Vic Queen si imbatterono in una strada di Juarez in Wes Hardin e lo aggredirono verbalmente. Hardin ebbe il buon senso di non rispondere alle provocazioni.
La sera successiva, sempre a Juarez, Hardin, assieme al cugino Mannie Clements, incontrò Jeff Milton e George Scarborough, il marshal e il suo vice di El Paso. I quattro si strinsero la mano ed entrarono per bere qualcosa al Dieter’s and Saur’s saloon. Seduti a un tavolo dello stesso locale c’erano Tom Fennessey, Andrew Jackson, Sam Kaufman e altri amici che discutevano con Martin M’Rose del rapporto di sua moglie con Hardin e dei soldi che lei gli aveva consegnato durante la sua assenza.
A un certo punto Fennessey chiese sarcasticamente ad Hardin se egli, come legale della signora Beulah, fosse a conoscenza di nuovi sviluppi sul caso di Martin. Alla provocazione Hardin scattò in piedi, fece un passo avanti in direzione di Fennessey, lo schiaffeggiò e gli puntò una pistola allo stomaco. Jeff Milton, prontamente, afferrò l’arma di Hardin strappandogliela dalle mani e gliela riconsegnò solo quando Hardin riprese il proprio controllo.


Callie Lewis, seconda moglie di John Wesley Hardin

Nel frattempo, data la scarsità di persone che si avvalevano del suo aiuto per questioni legali, Hardin aveva ripreso a bere pesantemente passando la maggior parte del suo tempo nei vari saloon di El Paso.
Il 1°maggio 1895, dopo aver perso una certa somma al poker presso l’Acme saloon, Hardin si alzò dal tavolo, raccolse il denaro restante e uscì senza profferire parola.
La sera seguente Hardin uscì dal suo ufficio e, attraversata El Paso street, entrò nel “Gem” saloon.
Il locale, elegante, era in evidente contrasto col portamento rozzo dei clienti. Tra la mezzanotte e l’una del mattino seguente Hardin si alzò indispettito dal tavolo di faraone gestito da Phil Baker.
Hardin, come spesso gli capitava, stava perdendo e quando Baker sarcasticamente ebbe a dire qualcosa sulla sua sfortuna, Hardin tirò fuori la colt, girò attorno al tavolo e, avvicinatosi a Baker, gli mise la canna del revolver sul viso intimandogli di consegnargli il denaro che aveva appena perso. I clienti ben conoscendo la fama dell’uomo, si tirarono fuori dalla linea del fuoco mentre il mazziere si affrettò a dire a Hardin che gli avrebbe consegnato tutto quello che voleva.
Baker cominciò a contare il denaro e quando arrivò a 95 dollari, Hardin lo fermò dicendo che quella era la somma e che non avrebbe voluto un centesimo in più di quello che aveva perso.


Il documento attestante il rilascio di Hardin nel1894

Rimise la pistola nella fondina e senza la minima fretta uscì dal “Gem” saloon.
Il fatto venne ripreso dalla stampa locale e un reporter del “El Paso Times ” scrisse che la città aveva perso la faccia, aggiungendo che appena due anni prima nessun uomo avrebbe potuto comportarsi in quella maniera e uscire vivo dal locale.
Già, ma quel uomo era John Wesley Hardin ! Il 6 maggio 1895 Hardin venne arrestato dal deputy sheriff Will Ten Eyck.
Ad Hardin venne confiscata una colt calibro 0.41 e notificate due accuse, una per porto abusivo d’armi all’interno del “Gem” saloon e l’altra per gioco d’azzardo.
L’8 di maggio il giudice aggiunse una terza accusa, quella di rapina a mano armata sempre all’interno del “Gem” saloon.
Il 16 maggio 1895 Hardin si presentò dinanzi alla corte della contea presieduta dal giudice Frank E. Hunter per rispondere delle accuse a suo carico.
Phil Baker, il mazziere di faraone, sostenne che Hardin portava una pistola nella fondina all’interno della giacca. Un altro testimone affermò che nel momento in cui Hardin scendeva al piano di sotto del locale, qualcuno vicino al tavolo aveva fatto una sprezzante osservazione a proposito della sua lealtà.


Un’immagine di Hardin forse presa ad Abilene

Hardin, al quale non erano sfuggite quelle parole, era tornato indietro sfidando ad un confronto quelli che dubitavano della sua lealtà. Nessuno si fece avanti e allora il testimone proseguì dicendo che non era ragionevole dubitare del suo comportamento. Hardin comunque disse al giudice che egli aveva bisogno delle pistole per la sua difesa personale. La sua vita, disse, era minacciata da Martin M’Rose, il marito della signora Beulah.
Anche Jeff Milton, il capo della polizia di El Paso, venne ascoltato come testimone. Sebbene gli storici abbiano messo i due uomini su piani diversi, uno antagonista dell’altro, nella realtà i due nutrivano tra loro un reciproco rispetto. Milton disse di conoscere assai bene Wess Hardin e sapeva che, come avvocato, si stava occupando degli interessi della signora Beulah.
Milton aggiunse che era a conoscenza degli attriti esistenti tra Hardin e Martin M’Rose i cui amici volentieri gli avrebbero fatto la pelle se avesse attraversato il Rio Grande per recarsi a Juarez. Lo stesso Milton suggerì a Hardin di portare con se una pistola poiché avrebbe potuto tornargli utile.


El Paso ai tempi di Hardin

“In più di una occasione Hardin ha cercato protezione presso di me, disse Milton, ed io gliel’ho sempre assicurata . Io credo che la vita di Wess Hardin sarebbe stata in pericolo se non avesse avuto con se una pistola”.
Malgrado l’intervento di un personaggio apprezzato come Jeff Milton, Hardin venne trovato colpevole per porto d’armi in luogo pubblico e multato con 25 dollari. La Corte confiscò il revolver in questione e anche altre due pistole sottratte a Hardin dallo sceriffo Frank Simmons.
Hardin venne subito dopo processato anche per sottrazione indebita di denaro al “Gem” saloon per la quale venne posta una multa di 10 dollari.


Il ponte sul Rio Grande sul quale venne ucciso Martin M’Rose

Nel frattempo, dopo essere stato rilasciato, Martin M’Rose a seguito di voci circa una relazione tra la moglie Beulah e Wess Hardin, decise di ritornare a El Paso per parlarle e convincerla a tornare a Juarez.
Martin mise al corrente della sua decisione sia George Scarboruogh che Jeff Milton.
Martin M’Rose in verità voleva riappropriarsi del denaro che la moglie aveva consegnato a Wess Hardin, e per farlo ne aveva promesso una parte ai due poliziotti di El Paso.


La Colt Lightning sequestrata a Hardin dallo sceriffo Will Ten Eyck per l’incidente al “Gem” saloon

Martin M’Rose e Scarborough si videro a Juarez il 29 giugno 1895 e si accordarono per un incontro al calar del sole sul ponte della ferrovia che attraversava il Rio Grande.
Scarborough tornò subito a El Paso e parlò della faccenda sia con Milton che col cognato, il Texas Ranger Frank Mc Mahan.
I tre a tarda sera, come convenuto, si trovarono nei pressi del ponte e George Scarborough si avviò a incontrare Martin M’Rose che veniva dalla parte messicana del fiume. Appena i due uomini si trovarono a metà del ponte, Milton intimò a M’Rose di alzare le mani e di consegnarsi senza opporre resistenza.


Colt Single Action usata da John Selman per uccidere Hardin e Smith & Wesson rinvenuta addosso a Hardin al momento della sua uccisione

Era un’imboscata in piena regola. Martin M’Rose, resosi conto del fatto, accennò a prendere la pistola, ma Milton e Mc Mahan non gli diedero il tempo di difendersi.
Martin venne colpito ripetutamente e l’uomo morì nell’arco di alcuni minuti. Un alone di mistero circonda ancora oggi l’uccisione di Martin M’Rose. Dopo la sua morte a El Paso circolavano voci secondo le quali John Wesley Hardin fosse il mandante dell’omicidio di M’Rose. La sua morte, si diceva, sarebbe stata una liberazione per Hardin che voleva a tutti i costi la moglie di Martin.


L’immagine di Martin M’Rose morto

Si vociferava anche che Hardin avesse pagato per quel omicidio Milton, Scarborough, Frank Mc Mahan e forse il conestabile John Selman. Costoro vennero inquisiti per l’uccisione di M’Rose, ma dopo appena due anni, cadute le accuse, vennero assolti.
Hardin nel frattempo in quell’estate del 1895 stava conducendo una vita sregolata caratterizzata da continue ubriacature nei vari saloon della città. Non aveva clienti e la scarsa disponibilità di denaro lo aveva portato a vendere le azioni del ” WigWam “saloon , azioni che aveva comprato coi soldi di Beulah , la moglie di Martin M’Rose. Quest’ultima non stava di certo meglio. Anch’ella, spesso ubriaca, la sera del 1° agosto 1895 vagava senza meta per San Antonio street a El Paso.


Jeff Milton e George Scarborough

Fermata da John Selman Jr, la donna cercò dapprima di resistere e poi minacciò di uccidere il giovane agente. Il poliziotto confiscò alla donna due colt 0.41 conducendola poi in galera con l’accusa di porto d’armi abusivo.
Portata davanti al giudice, la donna si dichiarò dispiaciuta e pagò una multa di 50 dollari.
Il 5agosto1895, Hardin, ormai schiavo della bottiglia, ebbe la brillante idea di confidare a un reporter dell’ El Paso Times che aveva pagato George Scarborough per l’uccisione di Martin M’Rose. Le affermazioni di Hardin giunsero all’orecchio del marshal il quale, incontrandolo in un saloon, pretese pubbliche scuse da parte sua.


Seppure ubriaco, le carte perforate testimoniano l’abilità di Hardin nel colpirle (5 luglio 1895)

Furioso per l’umiliazione, Hardin, una volta a casa, sfogò la sua rabbia su Beulah che, sebbene ubriaca, riuscì a fuggire e a rifugiarsi presso gli uffici sottostanti dell’El Paso Tribune.
La donna venne salvata da un Hardin ormai fuori di testa dall’intervento di Annie Williams, la loro padrona di casa. Alcune ore dopo Beulah e suo figlio Albert lasciarono El Paso per trasferirsi a Deming nel New Mexico. Qualche tempo dopo la donna tornò perché Hardin era ormai l’ombra di se stesso e la continua assunzione di alcool lo cacciava inevitabilmente nei guai.
In capo a una settimana la donna scappò di nuovo e i due non dovevano vedersi più.


Un’immagine di John Selman Sr

Gli ultimi giorni di John Wesley Hardin non possono essere documentati con precisione, ma esistono sufficienti indizi per fare un quadro approssimativo di quello che accadde.
Dal mese di aprile in poi Hardin frequentò in pratica tutti i saloon di El Paso. Come si può vedere dalla foto riguardante le sue consumazioni presso il “WigWam” saloon, Hardin il 1° di maggio 1895 aveva sul suo conto un addebito di 3 dollari che, unito a quelli di aprile, facevano un totale di 13.30 dollari saldati regolarmente il 2 di maggio.
Il suo debito nei giorni successivi aumentò notevolmente sino a raggiungere il 19 agosto, il giorno in cui sarebbe stato ucciso, la somma notevole di 198.25 dollari.


Il “Gem“ saloon di El Paso dall’esterno

Una quantità di denaro che Hardin non sarebbe mai stato in grado di pagare. A causa della sua vita sregolata Hardin non aveva lo straccio di un cliente, non aveva soldi e aveva imboccato la strada della depressione.
Hardin non era più l’uomo di vent’anni prima quando il suo nome era sinonimo di morte certa.
Il fatto che George Scarborough pretendesse le sue scuse per la vicenda M’Rose umiliandolo dinanzi a una moltitudine di gente è emblematico. Qualche anno prima questo non sarebbe successo e Scarborough sarebbe stato soltanto una tacca in più sul calcio della sua pistola.


Il ”WigWam“ saloon di El Paso ai primi anni del nuovo secolo

Il pomeriggio del 19 agosto 1895 il conestabile John Selman Sr avvicinò Hardin per la strada dicendogli che sapeva delle minacce fatte a suo figlio a causa dell’arresto di Beulah.
Selman lo aveva sfidato seduta stante ( in quelle condizioni poteva permetterselo pure lui…), ma Hardin replicò di non essere armato. I due uomini si separarono con oscure minacce da parte di Selman, mentre Hardin si dirigeva verso il “WigWam” saloon per la solita e forse ultima bevuta.


John Wesley Hardin nel suo letto di morte

Alle 10 di sera del 19 agosto 1895 Hardin entrò nell’Acme saloon a quell’ora ancora molto affollato. Anche Selman entrò quella sera nel saloon sapendo di trovarci Hardin.
Egli era in compagnia di un amico, tale E. L. Shackelford e, insieme, a detta di vari testimoni, pare che entrassero e uscissero dal locale diverse volte come a studiare la situazione e l’eventuale strategia da seguire. Hardin poteva non essere più l’uomo di una volta, ma era pur sempre John Wesley Hardin. Un brutto cliente per il quale bisognava prendere le opportune precauzioni.


Il certificato di morte di Hardin

Più o meno intorno alle 11 di sera, Selman stazionava fuori dal saloon aspettando un cenno dal suo amico Shackelford che stava all’interno del locale. Ad un preciso istante Shackelford uscì e fece un cenno a Selman volendo significare che quello era il momento giusto per agire.
Hardin all’interno dell’Acme saloon era infatti appoggiato al bancone del bar con le spalle alla porta di ingresso del locale. A detta di testimoni Shackelford entrò per primo seguito da Selman che già aveva la pistola in pugno. Hardin, che non poteva immaginare cosa stesse succedendo alle sue spalle, aveva appena tirato alcuni dadi sul bancone del bar, dopo di che rivolgendosi a Henry S. Brown, l’uomo addetto al servizio, pronunciò le sue ultime parole : “Brown, devi avere quattro sei per battermi”.


La tomba di Hardin come appariva all’origine

In quel preciso istante un proiettile calibro 0.45 della pistola di Selman lo raggiunse dietro la nuca.
La morte fu istantanea e Hardin cadde pesantemente all’indietro sul pavimento in legno.
Selman, non pago, sparò altri due colpi sul suo corpo, ma il leggendario pistolero era già morto.
John Selman, arrestato, giustificò l’omicidio per proteggere il figlio dalle minacce di Hardin per l’arresto di Beulah.
Questo è quanto disse il vecchio conestabile, ma la verità va ricercata probabilmente nella morte di Martin M’Rose ucciso in circostanze misteriose. Si vociferava a El Paso che Hardin avesse assunto per l’assassinio dell’uomo Jeff Milton, George Scarborough, il Texas Ranger Frank Mc Mahan e lo stesso John Selman. Sembra che il solo Selman non fosse stato ancora pagato per quello sporco lavoro e il conestabile non aveva digerito la cosa. Questa era con tutta probabilità la ragione per la quale Selman lo uccise sorprendendolo alle spalle senza concedergli la minima possibilità di difesa.


La mappa delle tombe di Hardin e Martin M’Rose presso il Concordia Cemetery

Ma anche Selman qualche mese dopo trovò la pallottola giusta che lo spedì a raggiungere Hardin.
Il conestabile, a detta di George Look proprietario del “Gem” saloon, sembra che andasse a batter cassa da George Scarborough per avere la sua parte.
Il marshal di El Paso non ci pensò due volte a scaricare il suo revolver su Selman nel vicolo dietro l’Acme saloon la mattina di Pasqua 1896.
Quattro anni dopo, nel 1900, anche George Scarborough avrebbe trovato la pallottola giusta sparata da Harvey Logan alias “Kid Curry”, uno dei componenti del Mucchio Selvaggio di Butch Cassidy.
Si chiudeva cosi il triangolo Hardin-Selman-Scarborough, tutti uccisi con gli stivali ai piedi come si suol dire. L’unico a morire nel proprio letto quasi novantenne fu Jeff Milton.
Milton si spense a Tucson nel 1947 in tempi in cui la frontiera era solo un ricordo. Tempi diversi sicuramente, con un modo diverso di vivere e pensare. I nuovi tempi avevano ucciso Wess Hardin, non John Selman.

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