Sangue sul Rio Grande: la Bandit War

A cura di Giampaolo Galli

La cosiddetta “bandit war” fu una lunga serie di episodi violenti tra messicani e americani che insanguinarono il Texas meridionale tra il 1914 e il 1919.
La frontiera del Rio Grande, che dopo il trattato di Guadalupe Hidalgo divideva i due paesi, era sempre stata una zona turbolenta, fin dalla sua costituzione. Nel corso della seconda metà dell’800 il numero delle violenze, delle razzie e dei traffici illegali, compresi quelli di migranti, non aveva accennato a diminuire, ma la situazione degenerò ancor di più allo scoppio della Rivoluzione Messicana del 1910, quando una moltitudine di dissidenti messicani cercò rifugio negli Stati Uniti.
Questa migrazione di massa alterò i già precari equilibri tra i messicani residenti detti tejanos, e gli “anglos”, che detenevano da sempre il potere politico ed economico dello Stato.
Al repentino mutare della composizione etnica del Texas meridionale, si accompagnarono fenomeni di banditismo e malcontento sociale che portarono anche a riesumare vecchie e mai sopite questioni sulla legittimità territoriale degli Stati Uniti a nord del Rio Grande. Era ovviamente impensabile rimettere in discussione i confini tra i due paesi dopo quasi sessant’anni di relativa pace, ma il numero crescente di rifugiati e l’instabilità politica del Messico rivoluzionario, avevano ridestato l’orgoglio nazionale in molti messicani che già vivevano in Texas, innescando al contempo forti spinte secessioniste.

LE CESSIONI TERRITORIALI DEL MESSICO AGLI STATI UNITI

Fu in questo clima di disagio e d’incertezza sociale e politica, che il 20 febbraio 1915 prese forma il cosiddetto Piano di San Diego, redatto a San Diego, Texas da un gruppo di tejanos e ribelli messicani. Nella sua stesura originale, il documento prevedeva la secessione di California, Arizona, New Mexico, Colorado e Texas, e la conseguente creazione di una società paritaria e multirazziale per messicani americani, afroamericani, nativi americani e immigrati asiatici.

Gli “anglos” erano totalmente esclusi da questo disegno e sarebbero stati uccisi tutti i maschi bianchi al di sopra dei sedici anni di età. Una volta completata la “reconquista” delle terre perdute ai danni degli Stati Uniti, la neo costituita repubblica avrebbe poi continuato a creare disordini negli stati confinanti al fine di realizzare una zona cuscinetto di neutralità, e solo in un secondo tempo avrebbe chiesto l’annessione al Messico.
Il progetto, folle e utopico, mirava a ripercorrere in senso inverso gli eventi che avevano portato alla repubblica del Texas di Sam Houston e alla successiva annessione agli Stati Uniti, rovesciando quindi il gioco delle parti.
In realtà, molti suppongono che il vero scopo del piano non fosse di questa portata, bensì celasse un obbiettivo ben più limitato e concreto, cioè quello di destabilizzare l’intera fascia di confine per costringere gli Stati Uniti a riconoscere la legittimità di una delle varie fazioni rivoluzionarie in lotta per la presidenza messicana, probabilmente i seguaci di Victoriano Huerta o quelli di Venustiano Carranza; e in effetti fu ciò che accadde.
A partire dal 1915, una serie di razzie e attacchi isolati, lanciati da bandidos mexicanos, più tardi chiamati seditionistas, insanguinò per diversi anni la frontiera texana lungo il Rio Grande, provocando pesanti ritorsioni da parte dei Texas Rangers.

BANDITI MESSICANI

Il 4 luglio 1915, anniversario dell’indipendenza americana, un gruppo di quaranta ribelli a cavallo attraversò il confine texano e fece irruzione nel Los Indios Ranch, nella Contea di Cameron. Il primo spargimento di sangue avvenne cinque giorni dopo, il 9 luglio, con l’uccisione di uno dei predoni vicino al Norias Ranch, subito seguito dall’omicidio di due guardie di confine a Brownsville.

Nel corso delle due settimane successive, vi fu un’escalation di attacchi e razzie a fattorie isolate lungo la frontiera, che costrinsero il Governatore del Texas James Ferguson a richiedere l’intervento del capitano Harry Ransom dei Texas Rangers nella Lower Rio Grande Valley per condurre una “campagna di pacificazione”. A onore del vero, le azioni di Ransom si tramutarono in una campagna di annientamento e terra bruciata nei confronti di tutti i messicani, sia colpevoli che innocenti. I crimini si sommarono ad altri crimini e la popolazione messicana residente perse ogni fiducia nei confronti dei Rangers, che vennero accusati di giustizia arbitraria e linciaggio. Più di qualcuno cominciò a pensare che questi incidenti sarebbero presto degenerati in una nuova guerra contro il Messico.

TEXAS RANGERS CON I CORPI DEI MESSICANI GIUSTIZIATI

In questo clima di disordine e violenza, si inserirono anche vendette private e interessi personali, come la vicenda di Aniceto Pizana, il proprietario del Los Tulitos Ranch.
Jeff Scrivener, un latifondista confinante, era noto per aver sempre anelato alle terre di Pizana e colse l’occasione per denunciare il vicino, dichiarandolo in combutta con i ribelli. Pur non essendoci alcuna prova che legasse Pizana ai seditionistas, una trentina di Texas Rangers, diversi soldati americani e alcuni vicesceriffi, attaccarono in forze il suo ranch il 3 agosto. Al termine della violenta sparatoria, un soldato rimase ucciso e tre persone furono ferite, tra cui due vicesceriffi e il figlio di Pizana. Il padre invece riuscì a fuggire e si unì ai ribelli messicani guidati da Luis De La Rosa.

Tre giorni dopo De La Rosa condusse i suoi all’attacco della cittadina di Sebastian, dove uccise Charles Austin e suo padre, noti per aver sempre maltrattato i messicani. La ritorsione dei Texas Rangers non si fece attendere, e qualche giorno più tardi diversi messicani vennero uccisi da Ransom e dai vigilantes condotti dal giudice Henry Hutchings. Nel frattempo i ribelli stavano distruggendo la ferrovia, strappando binari, bruciando ponti e attaccando gli operai che erano stati mandati a risolvere i problemi.
La notte dell’8 agosto, una sessantina di ribelli attaccarono il Norias Ranch, difeso da uno squadrone di cavalleggeri, alcuni poliziotti e diversi allevatori. L’assedio alla fattoria durò due ore, durante le quali vennero uccise ben dodici persone, dopodiché i razziatori si ritirarono verso il Messico, ma poco prima di attraversare il Rio Grande vennero intercettati da un folto gruppo di Texas Rangers. La battaglia che ne seguì fu feroce e un’altra dozzina di uomini perse la vita lungo le sponde, andando ad arrossare le acque del fiume.
La situazione sembrava ormai sfuggita a ogni controllo, e nelle settimane successive vendette e ritorsioni condotte da ambo le parti, raggiunsero nuove vette di brutalità. Allevatori e contadini lungo il Rio Grande vivevano nel terrore di vedere comparire all’orizzonte un drappello di uomini armati a cavallo, e prima ancora di capire se si trattasse di americani o messicani, l’intera famiglia impugnava le armi e si appostava alle finestre, come avevano fatto i loro padri mezzo secolo prima, quando le fattorie venivano assalite dalle bande di guerra kiowa o comanche. In quei giorni non era raro imbattersi in cadaveri che penzolavano tra i rami di qualche albero lungo la strada, perlopiù messicani, che erano stati catturati e giustiziati sul posto dalle bande di Texas Rangers alla ricerca di sospetti seditionistas.
Il 19 ottobre una banda di guerriglieri fece deragliare il treno a ca. 6 miglia a nord di Brownsville e uccise diversi bianchi a bordo, risparmiando invece la vita ai messicani. Quando Ransom giunse sul luogo del misfatto e notò quattro di questi passeggeri ancora nei pressi del treno li giustiziò seduta stante, credendoli in combutta coi ribelli.
Il 21 ottobre De La Rosca e Pizana condussero un folto gruppo di guerriglieri nell’ultimo importante raid dei seditionistas, che però si tramutò in un fallimento. Otto soldati americani vennero sorpresi dai guerriglieri a Ojo De Agua, e furono sottoposti a un duro assedio. In loro aiuto venne inviato uno squadrone del 3° Cavalleggeri al comando del capitano WJ Scott. Nello scontro i ribelli riportarono 7 vittime e sette feriti, mentre le perdite fra gli americani ammontavano a quattro morti, un civile e tre soldati, e otto uomini feriti.

TEXAS RANGERS PATTUGLIANO IL RIO GRANDE

Sul finire del 1915 le aggressioni dei ribelli messicani diminuirono, per poi riprendere l’estate seguente con maggiore virulenza nei dintorni di Laredo. Quell’anno, nel 1916, Luis De La Rosa reclutò anche suo cugino Josè Morin, sostenitore di Pancho Villa, con le sue milizie, per lanciare un attacco in grande stile su San Antonio, ma un fornaio di Kingsville, noto come Victoriano Ponce, riuscì ad avvertire in tempo i Texas Rangers. Sia De La Rosa che Josè Morin furono arrestati sul finire di maggio e vennero probabilmente giustiziati dai ranger, perché non si seppe più nulla di loro.

Dopo la scomparsa di De La Rosa e di suo cugino, gli attacchi seditionistas lungo il confine cessarono, ma non le violenze private e le faide intestine.
Gli episodi che condussero alla Bandit War del 1915-1916, vanno infatti inquadrati in un contesto molto più ampio, che esacerbò gli animi tra i residenti della valle del Rio Grande tra il 1910 e il 1920, cioè l’arco di tempo che i messicani definiscono come “La Matanza” o “La Hora de Sangre”, e che abbraccia l’intero decennio della Rivoluzione Messicana.
Se allo scoppio della Rivoluzione furono molti i messicani che ripararono negli Stati Uniti oltre il Rio Grande, dopo i disordini causati dai seditionistas e le feroci ritorsioni dei Texas Rangers, il flusso migratorio s’invertì, e oltre 50.000 messicani fecero ritorno al Paese d’origine. In questo clima di crisi e incipiente povertà, il controesodo spopolò molte contee lungo il confine, e già dopo il 1916 gli stessi allevatori texani cominciarono a lamentarsi della scarsità di manodopera disponibile. Parecchie attività economiche entrarono in crisi. A fuggire non furono solo le manovalanze, ma anche ricchi proprietari terrieri di origine messicana, che terrorizzati dalle violenze, fuggirono in Messico nottetempo con le loro famiglie, abbandonando migliaia di capi di bestiame al di qua del confine.

FAMIGLIA MESSICANA IN FUGA DAGLI STATI UNITI ATTRAVERSA IL RIO GRANDE

Nella notte del 28 gennaio 1918, la compagnia B dei Texas Rangers e quattro allevatori di bestiame, guidati dal capitano James Monroe Fox, circondarono il villaggio di Porvenir nella contea di Presidio, in Texas. Con l’aiuto dell’8 ° reggimento di cavalleria, i Ranger e i soldati svegliarono gli abitanti intorno alle 2:00 del mattino e li condussero fuori dalle loro case. Dopo aver preventivamente isolato una quindicina di uomini dalle loro famiglie, i Texas Rangers procedettero a una minuziosa ricerca di armi all’interno delle abitazioni.

Al termine delle perquisizioni, ritenendo la missione ormai conclusa, il capitano Fox diede ordine ai suoi uomini di abbandonare il villaggio e di far ritorno al proprio quartier generale. I ranger, dopo la partenza dei soldati e ormai liberi da occhi indiscreti, condussero i quindici uomini verso una serie di colline poco distanti, li legarono con delle corde e aprirono il fuoco su di loro, sparando a bruciapelo a meno di un metro di distanza. Fu un massacro in piena regola, che terminò fino a quando non esaurirono tutti i proiettili. I morti non furono nemmeno seppelliti e vennero lasciati in pasto agli avvoltoi e ai coyote. Il giorno successivo, il figlio di uno degli uomini uccisi, il tredicenne Juan Flores, scoprì il luogo della feroce mattanza e portò l’orribile notizia agli altri 140 abitanti del villaggio, che decisero di lasciare per sempre il Paese.

Prelevarono i corpi dei parenti defunti e li portarono con loro oltre il Rio Grande, a Pilares, Chihuahua, dove finalmente trovarono una degna sepoltura. Nei giorni successivi al massacro, il villaggio disabitato di Porvenir venne raso al suolo dai soldati americani, che tentarono di cancellare ogni traccia dell’eccidio.
Due mesi dopo il massacro, Il Neville Ranch venne assalito per ritorsione da una banda di razziatori messicani. Il proprietario morì subito nello scontro a fuoco, mentre la domestica venne catturata viva, violentata, selvaggiamente mutilata e infine uccisa.
Per quanto riguarda le conseguenze giudiziarie degli autori materiali del massacro di Porvenir, si arrivò a un sostanziale nulla di fatto. La Compagnia B dei Texas Rangers venne sciolta e alcuni dovettero rassegnare le dimissioni, ma non vi fu alcun arresto dei responsabili. Questo orribile delitto portò però a una severa revisione sull’operato dei ranger degli ultimi anni, e un’indagine più approfondita condotta da una Commissione congiunta Camera-Senato nel 1919, stabilì che i Texas Rangers avevano commesso un numero enorme di atrocità e uccisioni extragiudiziali nei confronti dei messicani.

Si stimò che dal 1914 al 1919 oltre 5000 messicani erano stati uccisi nel corso delle violenze perpetrate lungo il confine.
A seguito di tali indagini, la Texas Ranger Division venne ampiamente ridimensionata. Il numero degli effettivi fu ridotto e vennero introdotti dei criteri di arruolamento molto più severi e restrittivi. Questa profonda ristrutturazione del corpo, portò alla fine delle violenze lungo la fascia del Rio Grande e al tramonto di uno dei simboli della frontiera americana.

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