Agenzia Pinkerton: il fondatore e gli scontri dell’Homestead Strike
A cura di Lorenzo Barruscotto
Un ritratto di Allan Pinkerton, eseguito da Lorenzo Barruscotto
Allan Pinkerton, era figlio di un poliziotto di Glasgow, Scozia.
Emigrato come tanti in America si stabilì nei dintorni di Chicago. Il giovane Allan riuscì a sgominare da solo dapprima una banda (pare) di falsari, spiando le loro mosse ed informando in seguito le autorità per poi continuare a smascherare altri crimini.
Nel 1849 grazie alle sue abilità ricevette la nomina di primo detective della polizia di Chicago, partendo da quella di vice sceriffo della Contea di Cook, Illinois. Nel 1850, collaborò con l’avvocato Edward Rucker nel formare la “North-Western Police Agency”, che in seguito divenne “Pinkerton & Co”, ed infine “Pinkerton National Detective Agency”.
Con l’espansione degli Stati Uniti, il trasporto ferroviario era aumentato. L’agenzia di Pinkerton risolse una serie di rapine ai danni di treni durante la decade successiva, portando dapprima lo stesso Allan in contatto con George McClellan, ingegnere capo e vicepresidente della “Illinois Central Railroad”, e con Abraham Lincoln, sì, proprio “quel” Lincoln, avvocato della compagnia (si è parlato di lui da giovane e delle sue interazioni con l’Agenzia in una storia della collana “Tex Willer” tra l’altro, quella in cui il futuro sakem dei Navajos è ancora un fuorilegge ricercato ingiustamente, avventura in cui la detective Kate Warne, realmente esistita e della quale si parlerà in modo approfondito “prossimamente su questi schermi”, e Tex cooperano in nome della giustizia).
Nel 1859, partecipò agli incontri segreti tenuti da John Brown e Frederick Douglass a Chicago insieme agli abolizionisti John Jones e Henry O. Wagoner. In quegli incontri, Jones, Wagoner e Pinkerton aiutarono l’organizzazione al fine di acquistare vestiti e forniture per Brown.
La sua Agenzia insediò il quartier generale proprio a Chicago, diciamo sua città adottiva. La ben meritata fama di Pinkerton crebbe a tal punto che perfino la protezione dei presidenti degli Stati Uniti venne affidata al celebre detective: l’Agenzia salvò la vita ad Abramo Lincoln sventando un attentato ai suoi danni, a Baltimora. Beh, prima di quello che purtroppo gli fu fatale a Washington.
Tranquilli, non mi metterò in questa sede a ri-raccontare per filo e per segno cosa successe a Lincoln e perché gli spararono un colpo di Derringer alla nuca mentre si trovava a teatro. Come si dice, questa è un’altra storia. Mi limito a ricordarvi che il suo omicidio viene attribuito all’attore di teatro John Wilkes Booth e che tra i moventi ufficiali, e sottolineo ufficiali, c’era la sua delusione per come era andata a finire la Guerra Civile, essendo Booth un simpatizzante per il Sud. Ma guarda un po’, povera tortorella. In ogni caso l’attentato al presidente Lincoln ha, come molti eventi che hanno cambiato la Storia, fatto nascere parecchie teorie e la vera verità talvolta si è fusa con la leggenda. Come il fatto che l’assassino, feritosi ad una gamba saltando giù dagli spalti per atterrare sul palco, prima di fuggire si sarebbe rivolto alla folla per gridare “Sic semper tyrannis”, un’espressione latina che significa “Così accade sempre ai tiranni”, parole pronunciate da Bruto dopo aver contribuito a trasformare Cesare in un setaccio a coltellate. Ma sinceramente io, per quanto non sia più un bamboccio in fasce ed abbia i miei anni sul groppone, non c’ero in nessuna delle due occasioni e non posso confermare né smentire.
Il marchio dell’Agenzia Pinkerton
La Pinkerton National Detective Agency, che potremmo identificare come “nonna” della moderna FBI è stata ufficialmente fondata, come detto, nel 1850 sotto la presidenza di Zachary Taylor.
Per la cronaca, quando Lincoln venne assassinato, la sua sicurezza non era affidata ai Pinkertons, ma all’esercito. Per lo meno così si desume dalle fonti che ho consultato.
Il famoso “occhio” con la scritta “We never sleep” (“Noi non dormiamo mai”) è diventato un’icona ed aveva fatto guadagnare il soprannome di “Occhio privato” (private eye in inglese) ai detectives che militavano alle dipendenze dello sbirro di origini scozzesi. Tale ente esiste ancora oggi, anche se per certi versi è stato ormai surclassato da altre famose “sigle” quali proprio l’ FBI e diverse altre (in totale ce ne sono una quindicina negli Stati Uniti), e sembra che funzioni come compagnia di sicurezza: si chiama “Pinkerton Consulting & Investigations Inc.”, sono specialisti in sicurezza aziendale e gestione del rischio.
Quando iniziò la Guerra civile, Pinkerton fu a capo del servizio di Intelligence dell’Unione durante i primi due anni, sventando un (altro) presunto complotto per omicidio a Baltimora, nel Maryland, mentre sorvegliava proprio Lincoln, diretto a Washington DC. I suoi agenti spesso lavoravano sotto copertura come soldati Confederati o simpatizzanti del Sud per raccogliere informazioni militari. Lo stesso Pinkerton prestò servizio in diverse missioni simili usando l’alias Major E.J. Allen. Lavorò concentrandosi su fortificazioni e piani dei Sudisti. Fu scoperto a Memphis ma riuscì a scappare prima di rimetterci le penne. Ciò è paragonabile al lavoro svolto dagli agenti speciali di controspionaggio dell’Esercito americano o della Marina (come l’NCIS, un’altra sigla vera e non solo titolo di una serie tv) di oggi, infatti l’agenzia di Pinkerton ne è considerata un illustre predecessore. Pensate che queste attività hanno portato alla creazione del Servizio Segreto Federale.
Fu poi assunto dalle compagnie ferroviarie per rintracciare il fuorilegge Jesse James, ma dopo che non riuscì a catturarlo, non ci provò una volta sola, gli vennero ritirati i sostegni finanziari e Pinkerton continuò a dare la caccia a James a sue spese. Alcuni considerano questo fallimento la sua più grande sconfitta.
Nel 1872, il Governo spagnolo assunse Allan per aiutare a reprimere una rivoluzione a Cuba, rivolta che intendeva porre fine alla schiavitù e dare ai cittadini il diritto di voto. Però nel suo libro “The Spy of the Rebellion” professa di essere un ardente abolizionista e si dichiara avverso della schiavitù. Non si sa di preciso che cosa fece il detective, se si mise davvero al servizio degli Spagnoli oppure operò qualcuno dei suoi “magheggi” favorendo i ribelli. Comunque sia, lo stesso governo che lo aveva ingaggiato abolì la schiavitù nel 1880 ed un regio decreto ne eliminò le ultime vestigia nel 1886.
Allan Pinkerton
Allan Pinkerton morì il 1 luglio 1884. Si dice che scivolò sul marciapiede e si morse la lingua, causando una cancrena. Rapporti contemporanei forniscono cause contrastanti, pendendo comunque a favore dell’ipotesi di un ictus (ne aveva già avuto uno un anno prima) o della malaria, contratta durante un viaggio negli Stati Uniti meridionali.
Al momento della sua morte, stava lavorando ad un sistema per centralizzare tutti i documenti di identificazione criminale, un database ora gestito dall’Ufficio federale di indagine. La sua tomba è nel Graceland Cemetery a Chicago. E’ stato inserito come membro alla “Hall of Fame” dell’Intelligence militare.
Dopo la sua scomparsa, e sottolineo dopo, soprattutto con buona pace di chi appioppa etichette facilmente senza grattare un po’ oltre la superficie dei fatti, l’Agenzia continuò a funzionare diventando presto una forza contro il movimento dei lavoratori in via di sviluppo negli USA ed in Canada. Questo “sforzo di repressione” ha cambiato per anni l’immagine dei Pinkertons. Dopo i fatti del Homestead Strike (1892), venne addirittura emanato un “Anti-Pinkerton Act”, vietando al Governo federale di assumere i suoi investigatori. Però quando era vivo, lo stesso Allan fu fortemente coinvolto nelle politiche a favore del lavoro soprattutto da giovane anche se non si disse mai a favore di scioperi e manifestazioni di “pubblico disordine”.
Allan Pinkerton era e rimane un simbolo positivo, che non può essere infangato né da chi cerca di decontestualizzare ogni personaggio dal periodo in cui è vissuto né tanto meno da fatti avvenuti al di là del suo controllo, specie una volta deceduto.
Divenne talmente famoso da trasformarsi egli stesso un “eroe di fantasia” in libri e racconti. Ad esempio i romanzi di “Mr. Pinkerton”, dello scrittore americano Jones Brown (sotto lo pseudonimo di David Frome), riguardavano il detective dilettante gallese Evan Pinkerton. Chissà a chi si ispiravano…
Lo stesso Allan in vita ha prodotto numerosi libri polizieschi popolari, apparentemente basati sulle sue indagini e su quelle dei suoi agenti. Alcuni sono stati pubblicati postumi e sono considerati più motivati dal desiderio di promuovere la sua agenzia investigativa che da un impegno letterario. La maggior parte degli storici crede che Pinkerton abbia assunto dei ghostwriters, ma i libri portano il suo nome e senza dubbio riflettono le sue opinioni.
Lo sciopero, Homestead Strike
Fu una “manifestazione” come diremmo oggi indetta allo scopo di ottenere aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, iniziata il 30 giugno 1892 e culminata in una cruenta battaglia fra lavoratori ed agenti di polizia privata il 6 luglio. Avvenne presso la fabbrica “Homestead Steel Works” a Pittsburgh, Pennsylvania. La disputa era sorta fra il sindacato “Amalgamated Association of Iron and Steel Workers” (sì, amalgamated) e la “Carnegie Steel Company”, un’industria metallurgica creata da un certo Andrew Carnegie per la lavorazione e produzione di materiali ferrosi. Il risultato fu una cocente sconfitta per il sindacato ed una battuta d’arresto per i tentativi di regolamentare le varie mansioni nell’industria dell’acciaio.
Tale Frick, il presidente dell’acciaieria, prese contatto con la Pinkerton per garantire la sicurezza degli stabilimenti. Il suo intento era quello di aprire la trattativa con gli uomini non aderenti all’organizzazione dei lavoratori ma lo sciopero fece fallire questa sua iniziativa. I legali di Frick escogitarono allora un piano per ottenere la presenza degli uomini della Pinkerton sulla proprietà. Con la fabbrica circondata dagli operai, gli agenti avrebbero dovuto accedere all’impianto non raggiungendolo via terra: trecento agenti Pinkerton vennero radunati sull’isola Davis del fiume Ohio a circa cinque miglia a valle di Pittsburgh, la sera del 5 luglio 1892. Erano armati ognuno con un Winchester e si sistemarono su apposite chiatte attrezzate e trainate lungo il corso d’acqua.
I “Private eyes” tentarono di sbarcare col favore delle tenebre. In parecchi avevano però visto le chiatte, agganciate ad un rimorchiatore, giungere dalla città. Anche in questo primo avvicinamento un paio di fucilate vennero sparate contro le imbarcazioni, tuttavia nessuno rimase ferito. La folla raccoltasi abbatté il recinto di filo spinato e gli operai e le loro famiglie invasero il terreno dell’impianto di Homestead. Alcuni tra la calca lanciarono pietre contro i barconi, ma i capi dello sciopero li invitarono alla moderazione.
Esistono diverse tesi su chi sparò il primo colpo nella battaglia effettiva. Secondo almeno un testimone oculare, furono i sindacalisti. John T. McCurry, un barcaiolo sul battello a vapore “Little Bill” che era stato assunto per trasportare gli agenti all’acciaieria ed uno degli uomini colpiti in seguito dagli scioperanti, dichiararono: “… < The Pinkertons > cominciarono a salire sulla riva, armati, e subito gli operai aprirono il fuoco su di essi. I poliziotti risposero al fuoco, non prima che tre di loro fossero caduti a terra. Sono disposto a giurare che gli operai hanno sparato per primi e che gli uomini di Pinkerton non spararono fino a quando alcuni di loro non rimasero feriti”.
Ma secondo il “New York Times” furono “the Pinkertons” a sparare per primi.
Indipendentemente da ciò i primi due uomini ad essere stati concretamente feriti furono Frederick Heinde, capitano dell’Agenzia e William Foy, un operaio. Gli agenti rimasti a bordo dei barconi aprirono il fuoco sulla ressa uccidendo due persone e ferendone undici. Gli assedianti si fecero a loro volta sentire ulteriormente causando la morte di altri due agenti e ferendone dodici. Il tutto si protrasse per circa 10 minuti.
Un gruppo di agenti di Pinkerton
Lo scontro però a fasi alterne proseguì per l’intera notte ed alle prime luci gli scioperanti chiesero l’intervento della milizia dello Stato. Lo sceriffo tergiversò e soltanto il giorno seguente informò il Governo di quanto stava accadendo. Comunque si dovette attendere fino alla mattina del 12 luglio affinché l’esercito giungesse sul posto. Quattromila uomini arrivarono in treno ed in poco tempo circondarono la fabbrica, mentre altri duemila si fermarono in un secondo momento in città.
Nel mentre gli uomini della Pinkerton si erano arresi ai quasi cinquemila operai in sciopero, ma la fabbrica continuava ad esser ferma.
Nonostante la presenza di picchetti davanti agli uffici di collocamento in tutta la nazione, Frick trovò facilmente altri dipendenti disposti a lavorare. L’azienda costruì rapidamente baracche con letti a castello, refettori e cucine per assistere gli operai. I nuovi assunti, molti dei quali di colore, giunsero il 13 luglio e gli altiforni vennero riaccesi il 15. Quando alcuni lavoratori tentarono di prendere d’assalto l’impianto per fermare la riaccensione vennero affrontati dai militari all’arma bianca e sei rimasero feriti dalle baionette. Il 22 luglio come se non bastasse scoppiò una vera e propria zuffa all’interno della fabbrica, fra operai bianchi (quelli che non avevano incrociato le braccia) e di colore non aderenti ai sindacati. Il 18 luglio, la città fu messa sotto legge marziale.
L’attenzione nazionale si puntò su Homestead quando, il 23 luglio, Alexander Berkman, un anarchico di New York, complottò, assieme alla sua amante Emma Goldman, di assassinare Frick. L’attentatore riuscì ad entrare nell’ufficio del direttore e gli sparò contro tre colpi di pistola, infierendo poi per quattro volte con un punteruolo acuminato. Nonostante questa feroce aggressione Frick riuscì a salvarsi e continuò ad essere il presidente della compagnia. Berkman venne condannato a 22 anni di carcere. Avrebbero dovuto dargliene almeno il doppio per l’aggravante di stupidità e per altro (per fortuna) incapacità.
Il tentativo di assassinio da parte di Berkman minò il sostegno pubblico e portò al crollo finale dello sciopero. Hugh O’Donnell venne rimosso dalla carica di presidente del comitato di sciopero quando propose ai suoi “seguaci” di tornare al lavoro con un salario ridotto se il sindacato non avesse potuto ottenere la riassunzione di tutti gli operai. Il 12 agosto la società annunciò che circa millesettecento uomini erano presenti presso lo stabilimento e la produzione aveva ripreso a pieno regime. Il sindacato nazionale rifiutò di intervenire, lo sciopero era fallito.
Chi vi scrive non “sta dalla parte” né degli agenti nè dei lavoratori della fabbrica, non è d’uopo esprimere opinioni favorevoli per una o per l’altra parte, ed in generale non lo si dovrebbe fare se non in situazioni comprovate come quella per esempio del balordo attentatore menzionato poche righe fa, indubbiamente dalla parte del torto, come lo è ogni persona che usa la violenza come “messaggio”: non sta a me né a noi uomini moderni (e moderni non sempre purtroppo è sinonimo di civili o super-intelligenti, quante prove ne abbiamo in questi terribili e difficili mesi del 2020) ergersi a giudici identificando presuntuosamente senza palesare alcun dubbio i “cattivi” della vicenda, specie quando si riportano fatti storici sulla cui veridicità non si hanno verifiche documentate al cento per cento o peggio ancora, come in questo caso, non vedono contrapposti oggettivamente galantuomini e furfanti. E’ invece necessario, lo voglio ribadire, contestualizzare gli accadimenti, in questo caso avvenuti 15 decadi or sono.
Altrimenti ogni considerazione, ogni commento che se ne ricaverebbe, sarebbe paragonabile a sostenere, tanto per dire, come mi è capitato di leggere, che Tombstone all’epoca della sfida all’Ok Corral non fosse una città violenta perché erano già presenti le gelaterie!