Incursioni e razzie nelle terre dei Mormoni

A cura di Gianni Albertoli

Nelle terre dello Utah i popoli “Numic”, meglio conosciuti come “Shoshonean”, e parlanti dialetti delle lingue Uto-Aztecan, si sarebbero divisi in quattro gruppi distinti: gli Shoshone settentrionali, i Goshute o Western Shoshone, i Southern Pajute e gli Ute veri e propri. Questi ultimi (“Nuciu”) erano divisi in due gruppi, l’orientale e l’occidentale. Il primo gruppo occupava gli altopiani e le Rocky Mountains del Colorado, ma anche alcune terre del New Mexico settentrionale. Gli Ute orientali comprendevano gli Yamparka e i Parianuc (White River Utes), i Taviwac (Uncompahgre Ute), i Wiminuc, i Kapota e i Muwac (Southern e Ute Mountain). Il gruppo occidentale (Utah Utes) occupava le terre centrali dello Utah e comprendeva i Cumumba (Cucumbah o Weber Ute), i Tumpanuwac (Timpanogo), gli Uinta-ats, i Pahvant, i San Pitch e gli Sheberetch (Uintah Utes).
L’eminente studioso John R. Swanton affermava che gli Utes erano strettamente affini ai Paiutes, ai Kawaiisu e ai Chemehuevi, ma le sue suddivisioni erano ben diverse da quelle sopra citate.
Lo Swanton ricordava i seguenti gruppi: Capote, Ute “Elk Mountain” (Sabuaguanos), Tah-bah-was-chi, Kosunats, Moache, Pahvant, Pavógowunsin, Pikakwanarats, Sampits (Sanpet), Seuvarits (Sheberetch), Tabeguache, Tumpanogots (Timpaiavate o Timpanogo), Uinta, Wiminuche, Yampa e, inoltre, alcune bande poco note come i Sogup, gli Yubuincariri, i Kwiumpus, i Nauwanatats e gli Unkapanukints. Nei tardi anni delle riserve la nazione Ute si sarebbe ridotta a soltanto tre divisioni: i Tabeguache (Uncompahgre), i Kaviawach (White River Utes) e gli Yoovte (Uinta). Se l’avanzata spagnola ebbe ben poca importanza per lo Utah, furono sicuramente i primi “mountains men” e, soprattutto i Mormoni, a rendere instabile il territorio portando a forti contrasti tra i nativi e gli invasori bianchi. Ciò avrebbe portato alla “Walker War” (1853-54) e alla “Black Hawk War” (1863-68). Colorow Ignacio Walkara (1808?-29 gennaio 1855), noto anche come Wakara, Walker o Wakarum, apparteneva alla banda Timpanogo della nazione Ute; nel 1848, quando i primi Mormoni entrarono nello Utah, Walkara era uno dei capi più influenti della tribù, ed aveva grande reputazione, abile nella diplomazia, nel cavalcare e una grande abilità guerriera; inoltre, era un abile e astuto razziatore di cavalli che si dedicava alla tratta di schiavi nativi.


Una vecchia mappa con gli insediamenti indiani

Walkara nacque lungo le rive dello Stinking River (Utah County) ed era uno dei cinque figli di un capo dei Timpanogo; salito alla ribalta, riunì un gruppo di valorosi guerrieri e iniziò a compiere scorrerie contro le tribù nemiche e gli insediamenti coloniali. La sua banda comprendeva elementi Utes, ma anche Pajute e Shoshone e, successivamente, anche Navajo. Le sue incursioni colpirono duramente anche le carovane di emigranti che si addentravano nel Grande Bacino e la famosa “Old Spanish Trail”, che dal New Mexico conduceva in California. Walkara divenne tanto potente ed influente che giunse ad imporre tributi a vari gruppi in cambio di protezione e assistenza ma, soprattutto, la sua notorietà fu dovuta alla sua meravigliosa cavalleria ben disciplinata, che gli permetteva di pianificare ed organizzare fortunate incursioni. Secondo alcuni studiosi Walkara rimase comunque un “bandito”, un razziatore chiamato “Falco delle Montagne” o “Napoleone del Deserto”. Il capo era ben noto in California, soprattutto per la sua campagna che, attraverso il Cajon Pass, si abbatté sulla parte meridionale dello Stato; le stime riguardanti questa campagna sono poco chiare, ma parlano di una fortunata razzia che avrebbe portato dalle diverse centinaia ai tre mila animali razziati nei “ranchos”. Famosi personaggi come James Beckwourth e Thomas “Pegleg” Smith, avrebbero appoggiato il capo commerciando cavalli. Fu lo stesso Walkara ad invitare Brigham Young a colonizzare la Sanpete Valley così, nel 1849, i Mormoni, circa 225 coloni, si stabilivano nelle zone di Manti, mentre altri si spargevano a macchia d’olio nelle zone limitrofe. I rapporti furono subito amichevoli e i commerci cominciarono ad espandersi fra le due comunità. Qualche anno dopo però i rapporti iniziarono a deteriorarsi, proprio nel momento in cui i Timpanogo stavano intensificando le incursioni sotto la pressione militare americana. I Mormoni si opposero fermamente alla pratica schiavistica del capo e spesso interferirono nelle sue operazioni; nel frattempo l’avanzata americana continuava e quando alcuni Ute vennero assassinati gli indiani si ribellarono.


Scenari dello Utah meridionale

L’intensificarsi delle razzie degli Shoshone e una devastante epidemia di morbillo (1890) avrebbero fatto il resto, dando così vita alla “Walker War”, iniziata il 17 luglio 1853, quando durante uno scontro i coloni di Springville uccisero alcuni Timpanogo, fra i quali Shower-Ocats, un parente del capo. Furono soprattutto i capi Arapeen e Wanship a rifiutare qualsiasi tipo di tregua, così gli scontri si intensificarono e portarono alla morte alcuni coloni. La guerra consistette principalmente in varie incursioni contro gli avamposti mormoni dello Utah centro-meridionale, con le conseguenti rappresaglie operate dai bianchi. Gli americani cercarono di fronteggiare al meglio la situazione, ma dovettero anche ripiegare dopo alcuni scontri, ma anche Walkara era ormai in seria difficoltà visto che i suoi guerrieri erano ben decisi ad inasprire le ostilità. Dopo gli attacchi dell’agosto 1853, la guerra sarebbe divampata anche nello Utah settentrionale e, nei mesi autunnali, sotto la guida di Wyonah, gli Ute continuarono ad assalire gruppi isolati di coloni. Quando una carovana di emigranti entrò nelle terre dei Pahvant, sorsero problemi per l’assassinio di un vecchio indiano e il ferimento di altri due nativi che stavano commerciando con gli emigranti. L’indiano ucciso era il padre di Kanosh, il leader principale dei Pahvant a partire dal 1850-51; anche Kanosh non riuscì a trattenere i suoi guerrieri e la guerra riprese con grande furore portando ad una lunga serie di massacri ed uccisioni, soprattutto ai danni degli indiani. In effetti la “Walker War” avrebbe portato alla morte soltanto 12 bianchi ed anche un numero piuttosto modesto di indiani, anche se le fonti riportano che la guerra sarebbe costata ai bianchi almeno 200 mila dollari.


Indiani Utes in esplorazione

Da segnalare fu sicuramente il “Gunnison Massacre”, avvenuto all’alba del 26 ottobre 1853 sul basso corso del fiume Sevier, nelle terre dei Pahvant, dove gli “scheletri mutilati brillavano al sole”. I sette bianchi furono sorpresi da un attacco e il capitano John Williams Gunnison avrebbe perso la vita con i suoi colleghi. Soltanto nel gennaio-febbraio 1854 alcuni leader decisero di accettare le condizioni di pace, fra questi vi erano Amon e Migo; qualche tempo dopo anche Walkara si disse propenso a trattare la pace con Brigham Yong e i suoi. L’incontro si tenne sul Chicken Creek (Juab County) l’11 maggio 1854 ed avrebbe portato alla conclusione della guerra, ma non alla risoluzione di tutti i problemi che si frapponevano fra i Mormoni e gli indiani. Nel febbraio 1856 sarebbe scoppiata la “Tintic War”, una serie di scaramucce che dettero vita ad un piccolo conflitto che prendeva il nome di un sottocapo degli Utes; ma Walkara era morto l’anno precedente e seppellito nel Dry Canyon. Il giorno della sua sepoltura sarebbero state sacrificate due “squaw” e alcune bambine Paiate, ma la sua tomba sarebbe stata poi profanata da alcuni malviventi bianchi. Il problema non fu comunque risolto e, nel 1860, sarebbe scoppiata la “Black Hawk War”, la cui causa primaria fu dovuta alla forte avanzata coloniale bianca. Salì alla ribalta un giovane capo guerriero di nome “Antoñga” (o “Nooch”), meglio conosciuto come Falco Nero; questi sarebbe ben presto succeduto al capo Yenewoods. Molti degli attacchi indiani furono comunque dovuti a ritorsioni e vendette di fronte alle continue promesse non mantenute o per maltrattamenti nei confronti dei nativi. Questa guerra fu ben più cruenta della precedente e le razzie di bestiame furono numerose. Il 9 aprile 1865 Falco Nero e Arapeen rifiutarono di intavolare trattative nonostante alcuni leader come Sow-ok-soo-bet, Toquana e il figlio di Sowiette propendevano per una soluzione pacifica. Tra l’aprile 1865 e l’ottobre 1872 si ebbero almeno un centinaio di incursioni ed attacchi indiani che avrebbero costituito gli eventi principali della guerra. Il primo attacco si ebbe il 10 aprile a Manti, quando il capo e 16 guerrieri razziarono bovini nel territorio, e quando i Mormoni inseguirono i razziatori furono bloccati dalla furia indiana; poco dopo la banda di Falco Nero si sarebbe riunita con quella di Arapeen nel Salina Canyon, così gli indiani potevano contare su almeno 90 guerrieri.


Un accampamento degli Utes

La reazione mormone portò alla all’intervento della Milizia Territoriale proveniente da vari insediamenti. Gli 84 uomini, guidati dal colonnello Reddick Allred, raggiunsero il Salina Canyon il 12 aprile, dove caddero in un’imboscata e i miliziani, poco addestrati, fuggirono vergognosamente verso l’imboccatura del canyon. Fu allora che l’Allred venne sostituito dal colonnello Warren S. Snow, il quale decise di chiedere aiuto al potente capo Sanpitch, di cui comunque era poco propenso a fidarsi. Intervenne allora il Brigham Young che organizzò un nuovo Consiglio, nel quale si presentarono il vecchio Sowiette dei Northern Utes, Tabby e Antero degli Uintah, Kanosh dei Pahvant, Kibets – fratello di Falco Nero – e Sow-ok-soo-bet, soltanto il Sanpitch si presentò in ritardo. Il Trattato venne firmato l’8 giugno, ma alcuni leader non ne furono particolarmente convinti. Nel frattempo Falco Nero continuava la sua lotta e nuovi attacchi si abbatterono sui coloni; il 26 novembre 1865 gli indiani assalivano Circleville dove alcuni bianchi perdettero la vita, fra questi due giovani ragazzi di 13 anni. Il 18 luglio 1866 la Milizia entrava nella Grass Valley dove assaliva di sorpresa una piccola “rancheria”, 10 indiani avrebbero perso la vita, il massacro sarebbe diventato noto come “Squaw Fight”. Nell’ottobre dello stesso anno Falco Nero si lanciava nelle zone di Ephraim dove 5 coloni vennero uccisi e intanto alla sua banda si univano alcuni guerrieri Capote e Jicarilla, poi anche Navajo; infine, dopo l’assassinio di alcuni Pajutes, anche questo gruppo dello Utah meridionale avrebbe ingrossato le fila di Falco Nero.
Nel tentativo di soffocare la resistenza indiana gli americani decisero di catturare e tenere in ostaggio i leaders principali della nazione Utes, fra questi venne arrestato il potente Sanpitch, accusato di aver intenzione di assalire l’insediamento di Nephi. L’orgoglioso capo in catene si disse disposto ad aiutare Snow, così parecchi indiani ribelli sarebbero caduti in una trappola, e tre guerrieri vennero così giustiziati a Manti.


La Escalante Route (Clicca per ingrandire)

Dopo altri assassini di indiani, fu il potente Kanosh a richiedere la liberazione di Sanpitch, ma ricevette un perentorio rifiuto, allora i guerrieri di Falco Nero devastarono la Salina Valley. Infine, la notte del 14 aprile, i prigionieri cercarono di fuggire ma, scoperti, dopo un breve scontro, lo stesso Sanpitch venne ferito e riuscì a fuggire con alcuni dei suoi; altri, meno fortunati, furono ripresi ed immediatamente giustiziati. Sanpitch venne ripreso il giorno dopo, era stremato e gravemente ferito, incapace di muoversi, il capo sarebbe stato giustiziato con i suoi compagni fuggiaschi. Ormai gli americani e i Mormoni conoscevano soltanto la legge del taglione e molti nativi perirono sotto i colpi degli assassini, fra questi alcuni indiani Pajutes delle zone di Circleville, che nel territorio erano conosciuti come “Piedes”. Accusati di aver ferito un soldato di Fort Stanford, vennero incarcerati. Il 23 aprile la Milizia di Circleville circondava un piccolo accampamento di Pajutes deportando l’intera popolazione all’interno della cittadina e accusandola poi di parteggiare per Falco Nero. La situazione stava complicandosi a vista d’occhio e, ancora una volta, furono i gruppi Pajutes a farne le spese; infatti, alcuni giorni dopo la maggior parte dei prigionieri furono assassinati a Circleville, e soltanto quattro bambini risparmiati; infine, “Le teste delle vittime furono poi montate su dei pioli ed esposti al pubblico”. Falco Nero continuava la sua lotta, era troppo astuto per farsi sorprendere, così spostò i suoi uomini nella Sanpete Valley, che venne devastata da nuove razzie di bestiame, e alcuni bianchi vennero massacrati, tra cui un giovane pastore di 14 anni, e l’odiato James Ivie trafitto da decine di frecce.


I ritratti di due capi Ute

Sicuramente, queste razzie nella Sanpete Valley furono le più devastanti dell’intera guerra. Qualche giorno dopo che giunsero i rinforzi di William Pace, questi vennero bloccati dagli indiani presso il guado del fiume Sevier, ma nello scontro Falco Nero e Tamaritz vennero feriti. Gli Utes abbandonarono la partita, ma non la guerra, i due leader feriti sarebbero stati sostituiti da altri capi, fra i quali Kibets. I giorni successivi furono segnati da episodi di vendetta operati dalla famiglia Ivie, il James, omonimo figlio del padre appena ucciso, da tempo meditava vendetta, e fu un vecchio sciamano dei Pahvant, chiamato “Panikari”, a subirne le tristi conseguenze, venne brutalmente crivellato di colpi dall’Ivie. Il capo della tribù, Kanosh, riuscì a tenere a freno i suoi guerrieri nonostante la furia di Moshoquop, il leader di guerra. Nel giugno 1866 anche gli Uintah sarebbero entrati in guerra al fianco di Falco Nero, nonostante gli sforzi del capo Tabby. Le incursioni continuarono sotto la guida di Kibets, ma fu Tabby ad essere accusato. I guerrieri si erano spinti nelle zone dello Spanish Fork dove veniva ucciso William Berry. La Milizia si mosse velocemente e riuscì ad intercettare gli indiani sul Diamond Fork River, dove la superiorità numerica degli Utes nulla poté contro l’organizzazione militare; dopo alcune scaramucce tre guerrieri persero la vita poi, sottoposti ad un fuoco incessante ed incrociato, gli indiani si ritirarono. Questi fatti dettero comunque una svolta importante alla guerra. Il capo Tabby prese in mano la situazione e gli Uintah abbandonarono il sentiero di guerra. Nel frattempo Falco Nero stava cercando di riprendersi dalla grave ferita subita, non si era mai ripreso completamente ed anche la tubercolosi lo aveva colpito seriamente. In agosto, alla guida di una piccola banda guerriera, Falco Nero si presentava nella Uintah Reservation per trattare la pace, avrebbe promesso di sospendere le incursioni e di cercare di convincere il bellicoso Tamawitz ad entrare nella Riserva.


La Nauvoo Legion Militia

Nella primavera del 1868 si sarebbe mossa la prima carovana di carri per raggiungere la Sevier Valley, ma venne attaccata dagli Utes di Tamawitz. Il bellicoso leader si sarebbe arreso in agosto, subito seguito da Alce di Montagna, autore di parecchi attacchi contro alcune case coloniali. La guerra era praticamente terminata e i successivi eventi sarebbero stati soltanto degli isolati incidenti che, nel 1872, avrebbero portato al termine delle guerre fra gli Utes e i bianchi. Il grande Falco Nero era morto due anni prima e, 49 anni dopo, nel 1919, i suoi resti sarebbero stati disseppelliti da un gruppo di Mormoni che intendevano disonorare la sua tomba. Il The News riportava: ” Falco Nero, il desperado, è morto nella sua capanna, al suo fianco vi era il fratello Mountain… Questa mattina il pianto degli indiani è stato sentito nel suo campo e fu anche vista una squaw con due cavalli, uno dei quali venne ucciso, poi Falco Nero è stato seppellito “.

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