Kerry il Trapper un gioiello western-horror (di Tiziano Sclavi) dimenticato
A cura di Gian Mario Mollar
Mi piace pensare che il fumetto western italiano abbia da sempre flirtato con il genere horror.
È una storia d’amore antica, iniziata con gli albi disegnati dal trio EsseGesse (Sinchetto-Guzzon-Sartoris), che trasponeva nei deserti assolati della frontiera un po’ del fascino austero e misterioso di Torino.
Lo testimoniano Kinowa, scalpato dagli indiani e trasformatosi in diabolico persecutore del popolo rosso, e la fascinazione che traspare qua e là sulle pagine del Comandante Mark o del Grande Blek per elementi gotici quali tombe, castelli e caverne misteriose. Anche Tex Willer, l’espressione più genuina del western a fumetti all’italiana, si trova fin dall’inizio a fare scaramucce occasionali nel mondo dell’horror e dell’occulto, soprattutto grazie a Mefisto, prestigiatore e spia con connotati man mano più magici e inquietanti. Tra le pagine di Tex, nel corso degli anni sono apparsi anche alieni, stregoni, dinosauri, scimmioni tagliatori di teste e tribù indiane misteriose e letali.
La medesima tendenza è evidente in Zagor, dove l’elemento fantastico si fa ancor più preponderante, con una pletora di personaggi inquietanti e weird, quali il Barone Rakosi, un Dracula nostrano, il Professor Hellingen, uno scienziato pazzo che ricorda da vicino il dott. Frankestein, Mortimer, parente del Moriartry di sherlockiana memoria, Kandrax il Druido ecc…
Kerry il Trapper
Per avere un coronamento di questa liaison semi clandestina tra western e horror, tuttavia, si dovrà attendere il 1997, quando comparirà nelle edicole il Magico Vento di Gianfranco Manfredi, saga western che coniuga in modo bilanciato la storia della frontiera, esposta in modo accurato, con elementi genuinamente horror e fantastici, tratti dal folklore nativo nordamericano e da spunti letterari eterogenei. La stessa spalla di Magico Vento, Willy Richards, è il perfetto sosia di Edgar Allan Poe, in un esplicito omaggio al genere. I 130 numeri di Magico Vento sono un capolavoro che coniuga con equilibrio figure storiche del calibro di Cavallo Pazzo o del Generale Custer con mostri tradizionali quali il Wendigo e oscure sette di sapore lovecraftiano.
Nella storia d’amore tutta italiana che ho appena tracciato a grandi linee, ancor prima del matrimonio celebrato da Manfredi c’è un momento il cui la Frontiera e il weird si fidanzano, decidendo di approfondire una conoscenza piuttosto superficiale. Si tratta di Kerry il Trapper, una saga sceneggiata da un giovane Tiziano Sclavi per le chine di Marco Bianchini e dei Fratelli Di Vitto.
L’esordio di Kerry il Trapper
Kerry il Trapper fa la sua comparsa nel 1983 per l’Editore Araldo, in appendice alle storie del Comandante Mark. È uno strano connubio: si può ben comprendere la perplessità degli irriducibili lettori delle tradizionali avventure dei Lupi dell’Ontario nell’affrontare, anche solo per qualche pagina, delle storie in cui la componente magica e spirituale giocano un ruolo fondamentale.
Tiziano Sclavi, che di lì a poco, nel 1986, darà vita all’indagatore dell’incubo Dylan Dog, lascia già presagire quel che sarà, dimostrando uno straordinario talento narrativo messo al servizio della paura e dell’inquietante. È importante evidenziare, tuttavia, come la componente fantastica non vada a discapito della parte genuinamente western perché, tra le pagine di Kerry, Sclavi squaderna una conoscenza enciclopedica del western. La storia è accurata anche dal punto di vista dell’ambientazione e dei riferimenti storiografici, tanto da esibire, qua e là, qualche trucco tratto dal mondo dei trapper, i mitici cacciatori di pellicce.
L’impianto della trama è il classico racconto di formazione: il giovane Kerry lascia il gelido oceano di Nantucket per raggiungere Fort Union, nello Yellowstone, alla ricerca del padre che è misteriosamente scomparso mentre era alla ricerca di un favoloso tesoro. Seguendo le sue tracce, Kerry si addentrerà in un mondo insolito e soprannaturale, fatto di magie indiane, visioni, montagne incantate e valli tenebrose.
Una tavola originale di Kerry il Trapper
A guidarlo nella ricerca, l’enigmatico e colossale Queeg – vagamente ispirato al Queequeg di Moby Dick – ultimo esponente della tribù perduta dei Manitoes e custode del tempio nella “Valle del silenzio”,dotato di grandi poteri psichici.
Per stemperare la tensione e bilanciare le storie, Sclavi affianca all’austero Queeg una spalla comica: lo scozzese McBull, un vecchio trapper cieco come una talpa e propenso ai distillati, che si inserisce in una lunga tradizione di “spalle comiche” beone e maldestre, ma al contempo sagge e confortanti, che vanno dal Doppio Rhum di Capitan Miki al Brandy Jim del Piccolo Ranger.
Le avventure di Kerry hanno un sapore iniziatico, in quanto ognuna di esse costituisce una prova che conferisce al giovane trapper una maggiore consapevolezza e conoscenza: passando attraverso visioni ed esperienze oniriche, affrontando miniere infestate dai fantasmi e stregoni dotati di terribili poteri, il ragazzo lascia il posto all’uomo.
Purtroppo, malgrado l’impianto narrativo originale e promettente e i disegni gradevoli e curati, Kerry il Trapper non avrà il successo sperato e uscirà di scena nel giro di un paio d’anni, dopo solo dodici avventure, di cui sette firmate da Sclavi, che passerà poi la penna al fumettista senese Marcello Toninelli.
Un’altra tavola originale di Kerry il Trapper
Per chi fosse curioso di far conoscenza con un personaggio così inconsueto e originale, due sono le strade possibili: una caccia appassionata ai vecchi numeri del Comandante Mark tra mercati delle pulci ed Ebay, oppure due bei volumi pubblicati dalle Edizioni BD nel 2008, anch’essi, purtroppo, sull’orlo dell’estinzione e dell’irreperibilità.
Buona lettura!