Dal grigio al blu: i Galvanized Yankee

A cura di Mario Raciti

Sembrerà strano, e forse anche un po’ tirato per i capelli, ma la chimica ha dato una mano nella storia del West e della Guerra Civile fornendo la definizione, entrata poi nell’uso corrente, per uno degli elementi che hanno reso mitico l’ottocento americano, e uno dei rari che collega pienamente la storia della Guerra Civile con quella del West, pure se semisconosciuto ai più.
Stiamo parlando della curiosa storia dei Galvanized Yankee, letteralmente “Yankee Galvanizzati”. È il termine con cui vennero invariabilmente nominati i prigionieri confederati che, per varie ragioni, scelsero di vestire la giubba unionista, e passare così dalla parte del nemico.
L’appellativo venne riportato per la prima volta dal giornalista Samuel Bowles del Republican di Springfield (Massachusetts), nel 1865.
Due “Galvanized Yankee”
Cito da Wikipedia, per rendere meglio il concetto: Nella metallurgia, la galvanizzazione è il processo di applicazione mediante elettrolisi di un sottile strato di zinco, stagno, nichel e cromo sull’acciaio (o un altro metallo) per proteggerlo dalla corrosione o farlo sembrare più prezioso.
È facile capire il perché di quest’etichetta: i sudisti si “galvanizzavano” indossando la divisa blu, come fossero pezzi di metallo che indossassero una divisa di zinco. Tuttavia, con lo stesso termine si indicavano, almeno all’inizio, sia i prigionieri unionisti che diventavano confederati, che, in generale, i sudisti simpatizzanti per il Nord. Può anche darsi che venne usato pure per indicare una sorta di “entusiasmo” che prendeva i prigionieri sudisti, chissà, magari nella prospettiva di uscire dalla prigionia.
Una fotografia di Charles Dimon
L’idea di reclutare ex confederati venne al colonnello James Mulligan, nel 1862, quando si accorse che i prigionieri sudisti erano contenti di combattere per l’Unione in cambio della libertà. Non accettavano di venir scambiati con i prigionieri unionisti presi dai confederati e Mulligan li reclutò, illegalmente, per buttarli poi nelle battaglie sul fronte. Illegalmente perché fu solo nel 1864 che il presidente Lincoln, entusiasta, approvò la legge che permettesse il reclutamento di ex sudisti nelle file dell’esercito dell’Unione.
La scelta delle giubbe grigie di “tradire” il proprio esercito può forse trovare spiegazione nelle condizioni in cui erano organizzate le prigioni di guerra e in cui quindi erano tenuti i prigionieri: non c’era praticamente eccezione alla sporcizia, alla mancanza di igiene, di cibo e di acqua, di vestiti e di riparo. Agli inizi le prigioni erano soltanto ammassi di tende su un pezzo di terra, dove si svolgevano gli scambi di prigionieri tra i due eserciti. Un riparo, l’insofferenza, il pensiero di un pasto caldo regolare, la libertà, furono senz’altro i motivi per cui i prigionieri scelsero di mettere da parte i loro ideali e sposare (ma fino a che punto sinceramente?) quelli del nemico.


Fort Rice

Ma anche meno nobili pensieri poterono spingerli a cambiare bandiera: il progetto di disertare successivamente o la vigliaccheria.
Gli arruolamenti avvenivano nelle prigioni di Point Lookout (Maryland), Rock Island, Alton e Camp Douglas (Illinois), Camp Chase (Ohio) e Camp Morton (Indiana).
Il generale Grant fu assolutamente contrario a questi arruolamenti, che tra l’altro erano anche stati incoraggiati dal brigadiere generale Gilman Marston e dal segretario alla guerra Edwin Stanton, che progettavano di chiamare gli ex sudisti per la Marina. Tuttavia i prigionieri non erano per nulla entusiasti di prendere la via del mare (visto che ne sapevano poco e niente), preferendo scegliere di rimanere con i piedi sulla terraferma: ciò venne sostenuto dal maggiore generale Benjamin Butler, e l’idea venne così presentata a Lincoln da parte di Stanton: il presidente approvò. Grant considerava Lincoln, Butler e Stanton inadatti a prendere decisioni d’ambito non-militare e per questo si rifiutò di utilizzare i Galvanized lungo i fronti orientali della guerra, affermando che i nuovi unionisti si sarebbero sentiti disertori a combattere in quei luoghi che li avevano già visti impugnare le armi confederate.


Point Lookout

Li destinò pertanto alla frontiera nordoccidentale, a combattere gli indiani. Fu così che una piccola parte di Guerra Civile trovò posto pure nel West.
Questa decisione fu intelligente perché, nonostante la volontaria scelta dei prigionieri, il loro trasferimento in una zona dove era indispensabile l’aiuto comune evitava loro di combattere contro i compagni, magari durante un lampo di patriottismo tardivo. Era quindi chiaro che non c’era totale fiducia nel loro giuramento di servire l’Unione, non i primi tempi comunque.
Samuel Bowles
Così sei reggimenti di Galvanized Yankee, al comando del giovanissimo colonnello Charles Dimon, furono inviati nel West a combattere i Sioux ribelli, che si erano rivoltati alla presenza continua dei bianchi e ai ladrocini del governo.
Destinazione era Fort Rice, Territorio del Dakota, che il gruppo raggiunse il 17 Ottobre 1864 dopo un tormentato viaggio via fiume lungo il Missouri e poi via terra per l’ultimo tratto, nella paura di una diserzione in massa.
Il colonnello Dimon fece più danni che bene, scatenò una rivolta di Sioux (guidati da Toro Seduto) proprio durante i preparativi per una pace, e venne sostituito dal tenente colonnello John Pattee, che rinforzò i reparti e riuscì a sconfiggere i Sioux insorti.
Nell’Ottobre del 1865 i reggimenti vennero congedati.
Henry Morton Stanley
C’era stato un bassissimo tasso di diserzione e a conti fatti i Galvanized si distinsero per il loro coraggio, dissipando i dubbi su di loro tanto che a poco a poco anche i termini dispregiativi con i quali venivano spesso chiamati (“ribelli”, “disertori”, “ribelli mascherati”) scomparvero.
I reggimenti che si acquartierarono a Fort Rice non furono gli unici che raggiunsero il West: i reggimenti I, II, V e VI presidiarono le piste per l’Oregon e quella di Santa Fe, ne aprirono di nuove, fecero da scorta alla Union Pacific, combatterono sul Platte, costruirono la linea telegrafica tra Fort Kearny e Salt Lake City, distrutta dagli indiani, batterono le pianure del Kansas e servirono addirittura come postini tra il Missouri e la California, tutto tra il 1864 e il 1866. Vennero sparpagliati in tutto l’Ovest, toccarono il Wyoming, il Nebraska, il Missouri, l’Utah, persino il New Mexico, come la Compagnia H del Quinto, l’ultima formata da Galvanized a essere congedata, il 13 Novembre 1866, insieme alle Compagnie I e K.
Prigionieri sudisti
I Galvanized furono oltre 6000 e, alla fine, ben visti, niente di diverso dai loro fratelli in giubba blu: come loro combatterono e affrontarono il caldo e il freddo, le malattie e la solitudine, il tedio e la carestia, gli indiani e la natura selvaggia. Morirono e rimasero feriti, uccisero e furono uccisi. Quelli stanziati a Fort Rice aprirono addirittura un giornale, il The Frontier Scout, e almeno un Galvanized divenne famoso in tutto il mondo: Henry Morton Stanley, l’avventuriero che trovò il dottor Livingstone in Africa.
La maggior parte rimase nel West anche dopo il congedo, anche se tutti sognavano le terre natie della Virginia, della Louisiana, dell’Alabama.

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