I film western

Un uomo chiamato cavallo (1970) – Regia: Elliot Silverstein – Attori: Richard Harris, Judith Anderson, Jean Gascon Manu.
Da un racconto di Dorothy M. Johnson, sceneggiato da Jack De Witt. Ai primi dell’Ottocento un baronetto inglese viene catturato sugli altipiani del Montana da una tribù di Sioux, portato al villaggio e assegnato come “cavallo da lavoro” alla madre del capo. Col tempo impara la lingua, dimostra di essere un uomo, supera la prova del coraggio e diventa pellerossa e poi capo tribù. Dopo l’uccisione della moglie indiana decide di restare per sempre con loro. Molto sopravvalutato negli anni ’70 per la puntigliosa ricostruzione storica ed etnologica sulla vita tribale dei Sioux, è anche un buon film d’avventure con un R. Harris credibile ed efficace in ogni situazione. Alcune tra le più impressionanti scene dell’indimenticabile rito d’iniziazione sono state tagliate per le versioni televisive. Ebbe 2 seguiti: La vendetta dell’uomo cavallo (1976) e Shunka Wakan-Il trionfo dell’uomo chiamato cavallo (1982) sempre con Harris.

La vendetta dell’uomo chiamato cavallo (1976) – Regia: Irvin Kershner – Attori: Richard Harris, Gale Sondergaard.
Annoiato dalla vita inglese e preda della nostalgia per le praterie del Nordamerica, Lord Morgan torna nella regione dove visse la sua avventura di “indiano bianco”. I suoi amici Sioux sono stati scacciati dalle loro terre da una tribù rivale, alleata a bianchi avidi e sopraffattori. Lord Morgan addestra anche donne e bambini e li guida alla riconquista. Seguito, 6 anni dopo, di L’uomo chiamato cavallo: il regista è cambiato, protagonista e sceneggiatore sono gli stessi. Non vale. Fiacca e schematica ripetizione, ma non si può negare a I. Kershner un robusto mestiere narrativo e un prezioso gusto figurativo. Seguita, per giunta, da Shunka Wakan – Il trionfo dell’uomo chiamato cavallo.

Lo straniero senza nome (1973) – Regia: Clint Eastwood – Attori: Clint Eastwood, Verna Bloom, Marianna Hill Mitchell.
Uno sceriffo senza nome (Eastwood) impone la sua legge per difendere i vigliacchi abitanti di un villaggio da tre criminali che avevano già ucciso lo sceriffo.
Fa dipingere la città di rosso, le cambia il nome in “Hell” (inferno), nomina sindaco un nano, e tratta le donne non proprio come farebbe un gentiluomo.
Seconda regia per il celebre attore che affronta con idee chiare il genere che lo ha reso famoso.
Sesso e violenza come ingredienti per Clint Eastwood al suo terzo film come regista che è anche il suo 1° western.
E qualche risvolto fantastico nello svolgimento del tema della vendetta. Bello il finale.

Maverick (1994) – Regia: Richard Donner – Attori: Mel Gibson, Jodie Foster, James Garner, Graham Green, Alfred Molina, James Coburn.
Maverick è un baro. Dal fascino irresistibile. Il suo sguardo blu è unico. La sua furbizia anche. Ama le donne e il gioco. Con fortune alterne. Ma solo nel secondo caso…
Passa la vita a girovagare nei saloon con Annabelle, ladra anche lei. E forse anche più astuta. Una donna di quelle che non si dimenticano. Bella e furba. Ma i problemi sono all’orizzonte. Arrivano a Saint Louis, una cittadina tranquilla, dove si tiene un importante torneo di poker.
Da dietro le vetrate del suo ufficio, a tenerli d’occhio, senza troppa simpatia, c’è uno sceriffo dalla pistola facile e dai pochi scrupoli. A questo incontro, partecipano i migliori giocatori del west. Biscazzieri abituati a vincere. E a giocare duro. Il perfido Angel, un cinico spagnolo, e il misterioso Commodore, oltre ad una serie di nomi eccellenti. La tranquillità di Saint Luis, non resterà tale molto a lungo… Tra tavoli verdi, sparatorie e praterie Maverick lascerà la sua zampata. Lo sceriffo cercherà di impossessarsi del malloppo. Ma Annabelle…avrà la meglio.

Tombstone (1993) – Regia: George Pan Cosmatos – Attori: Kurt Russel, Val Kilmer, Sam Elliott, Bill Paxton, Powers Boothe, Michael Biehn, Charlton Heston, Jason Priestley. Wyatt Earp è l’ex sceriffo di Dodge City. Un uomo che fa, dell’osservanza della legge, la sua ragione di vita. Ma adesso basta. Vuole essere considerato un cittadino comune. Godere di una vita privata, accanto alla famiglia.
Con i suoi fratelli Morgan e Virgil e le loro mogli Mattie, Louise ed Allie, si trasferisce a Tombstone, in Arizona. Con l’intenzione di aprire una casa da gioco. Ma la fama di Wyatt lo precede. I fuorilegge non vogliono fra i piedi un tipo come lui ed il suo inseparabile amico Doc Holliday. Così due loschi figuri di nome Ike Clanton e Johnny Ringo decidono di dargli battaglia. Sono a capo di una banda conosciuta col nome di Cowboys. Violenza, ruberie e confusione è il loro biglietto da visita. Intendono costringere Wyatt e la sua famiglia ad andare via. È un affronto esagerato per l’ex sceriffo: che non può evitare lo scontro, la famosa sfida all’O.K. Corral. Ma prima del verdetto finale, cadranno lacrime…

Sfida all’OK Corral (1957) – Regia: John Sturges – Attori: Burt Lancaster, Kirk Douglas, Jo Van Fleet, John Ireland.
Nel 1880 a Tombstone, lo sceriffo Wyatt Earp, aiutato dai due fratelli e dall’amico medico Doc Holliday, deve affrontare in un duello all’ultimo sangue la feroce banda dei Clanton. È uno dei tanti western – e, forse, il più vicino alla realtà storica – che rievocano la celebre sparatoria. I risultati non corrispondono sempre alle ambizioni e c’è, nella sceneggiatura di Leon Uris, qualche eccesso melodrammatico in cui si avverte lo sforzo di nobilitare la materia, poco adatta al robusto mestiere senza inventiva di J. Sturges. Ambientazione suggestiva, buon uso tattico dello spazio e una costante ombra di morte sull’azione e sui personaggi, tutti ben serviti dagli interpreti. La bella canzone dell’inizio è cantata da Frankie Laine.

Vendetta all’O.K. Corral (1967) – Regia: John Sturges. Attori: James Garner, Jason Jr Robards, Robert Ryan, Steve Ihnat.
Dopo la sparatoria all’O.K. Corral di Tombstone (avvenuta il 26 ottobre 1881) lo sceriffo Wyatt Earp decide di regolare una volta per tutte i conti con i resti del clan dei Clanton.
Vendetta all’O.K. Corral è il penultimo degli 11 western di J. Sturges che, 10 anni dopo Sfida all’O.K. Corral (1957), decide di riprendere i prolungamenti e gli aspetti collaterali (ma non meno imprtanti) della vicenda con una secchezza e una complessità di dettagli da verbale di polizia, ridimensionando enormemente la figura eroica di Wyatt Earp.
Questo film è stato sottovalutato almeno quanto fu sopravvalutato il precedente.

Wyatt Earp (1994) – Un film di Lawrence Kasdan. Con Bill Pullman, Tom Sizemore, Gene Hackman, Isabella Rossellini, Kevin Costner, Dennis Quaid, Annabeth Gish, Jeff Fahey, Michael Madsen, Mark Harmon, Joanna Going, Téa Leoni.
l lungo film è la biografia di Wyatt Earp. Copre un arco di circa trent’anni. Da quando, ragazzo, segue gli ammaestramenti del padre, Nicholas Earp, fino alla sua maturità. Originario dello Iowa, si trasferisce nel Missouri, dove sposa la giovane Urilla, che muore di tifo. Wyatt si indurisce. Diventa fuorilegge per disperazione. Il padre riesce a riportarlo alla ragione. Radunati i suoi fratelli, li trascina con sé a Wichita, Dodge City e Tombstone. Da giocatore professionista si trasforma in sceriffo e qui ha inizio la sua leggenda. Tra nemici crudeli, come i Clanton, e amici sinceri, come il celebre “Doc” Hollyday, la sua vita è un susseguirsi di episodi drammatici e di sparatorie. La donna della sua vita, Josie Marcus, vivrà con lui per ben quarantasette anni. E Earp non sarà mai sfiorato da una pallottola. Il materiale per riempire le tre ore e più di proiezione non manca. Ma se il film è lungo è solo per innalzare un fragile monumento al narcisismo di Costner. Wyatt Earp è un’occasione mancata, con improvvise impennate non sorprendenti dato il valore del regista, ma con una cifra qualitativa insoddisfacente a causa probabilmente della troppa sicurezza che il cast tecnico artistico sembrava assicurare. Lo scarso successo di pubblico punisce il film al di là dei suoi demeriti. La sfida tra Earp e i Clanton rimarrà nella nostra memoria per un bel pezzo, per merito di John Ford e John Sturges e dei cari volti di Fonda, Lancaster, Douglas, ai quali non ci sentiamo di aggiungere Victor Mature.

Young Guns (1988) – Regia: Christopher Cain. Attori: Emilio Estevez, Charlie Sheen, Jack Palance.
1878 Contea di Lincoln. Sei ragazzi sbandati vengono reclutati da John Tunstall proprietario terriero – d’origine inglese – in guerra con il boss della zona, un corrotto possidente di ranch di nome L.G.Murphy. Quando Tunstall viene ucciso in un agguato, i sei giovani decidono di vendicare la sua morte prima come rappresentanti della legge, poi come veri e propri banditi. Tra di loro si mette in evidenza un ragazzo particolarmente bravo con la pistola: William H. Bonney soprannominato Billy The Kid che lotterà tenacemente fino all’ultimo per portare a termine l’assalto contro gli assassini di Tunstall.
L’ennesima pellicola su Billy The Kid coincide con la prima volta insieme, su un set, dei figli di Martin Shenn, Charlie – qui al suo sedicesimo lungometraggio – ed Emilio Estevez alla sua quattordicesima interpretazione.

Young guns II (1990) – Regia: Geoff Murphy. Attori: Emilio Estevez Christian Slater.
Nel 1950 un avvocato incontra nel deserto un certo Brushy Bill Roberts (E. Estevez) che sostiene di essere il famigerato Billy the Kid, autore di ventun omicidi “senza contare i messicani”, compiuti settant’anni prima. Vorrebbe il perdono promessogli dal governatore Lew Wallace. E racconta come, con i due superstiti del film precedente (L.D. Phillips e K. Sutherland), si rifugiò nel Messico, in cerca di nuove reclute per la banda. Ancora scritto da John Fusco, è un western tutto finto che ha la vivacità di uno zombi.

Buffalo Bill e gli indiani (1976) – Regia: Robert Altman. Attori: Paul Newman, Burt Lancaster, Geraldine Chaplin.
Western assolutamente anomalo, privo di qualunque elemento classico di questa categoria. D’altronde non poteva essere diversamente visto il nome del regista: Bob Altman. Questa volta l’autore di Nashville se la prende con la leggenda di Buffalo Bill che smantella con divertito e divertente cinismo. La storia si svolge sullo sfondo della carovana circense del Wild West Show popolata da una folla di personaggi falsi e opportunisti, tutti intenti a trarre il massimo beneficio personale dal successo dello spettacolo. Il più falso di tutti è proprio lui, Buffalo Bill, protagonista narciso e umorale, così instabile da dialogare con il suo fantasma; interpretato da un Paul Newman a suo agio in un ruolo un po’ particolare. La lezione di storia arriva da Toro Seduto e dai suoi indiani che portano lo scompiglio nel circo con il rigore e la loro stupita semplicità. Uscito nel giorno del bicentenario dell’indipendenza americana, il film ebbe più successo in Europa che in patria (come spesso accade alle opere di Altman), vincendo l’Orso d’Oro al Festival di Berlino.

Silverado (1985) – Regia: Lawrence Kasdan. Attori: Kevin Kline, Scott Glenn, Danny Glover, Kevin Kostner.
Uscito in un periodo in cui i film western erano considerati qualcosa di simile a pezzi d’antiquariato, questa pellicola ebbe comunque un discreto successo al botteghino. Merito della firma di Lawrence Kasdan (Il Grande Freddo) che conferisce spessore e stile ad una storia non originalissima che vede quattro cowboy, ex detenuti, arrivare in un paese dell’ovest, Silverado appunto, e far giustizia nei confronti dei cattivi locali. Il cast di tutto rispetto giova molto a questo che, alla fine, può essere giudicato come un western rigoroso, ortodosso, ben diretto e ben recitato. Accanto ai rodati Kevin Kline, Scott Glenn e Denny Glover, troviamo un acerbo, ma efficace Kevin Kostner che studia da “Balla coi lupi”.

Soldato Blu (1970) – Regia: Ralph Nelson. Attori: Candice Bergen, Peter Strauss, Donald Pleasence, John Anderson.
L’uscita di questo film, nel 1970, unitamente a quella di “Piccolo Grande Uomo” e “Un uomo chiamato cavallo” costituì una sorta di spartiacque nella filmografia western per quanto riguarda il ruolo degli indiani. E’ infatti un film chiaramente filo-pellerossa nel quale una donna bianca (Candice Bergen), che ha vissuto con i Cheyenne, cerca di spiegare ad un giovane soldato (Peter Strauss) la versione indiana del conflitto con i bianchi. Celebre la scena della strage del Sand Creek, dove, forse per la prima volta, vennero mostrate crude immagini di violenze commesse dai soldati.Il film usa la metafora western per mandare un forte messaggio all’opinione pubblica americana contro la guerra in Vietnam, allora in pieno svolgimento. Una curiosità: nella sceneggiatura c’è un clamoroso errore che pospone il massacro del Sand Creek (1864) alla battaglia di Little Bighorn (1876).

Open Range (2003) – Regia: Kevin Costner. Attori: Kevin Costner, Robert Duvall, Annette Bening.
A 13 anni dal successo di Balla coi Lupi, e a 9 da Wyatt Earp, Kevin Costner torna al western con questa pellicola che lo vede attore, regista e produttore. Non ci sono indiani, questa volta, ma il tema trattato è comunque un classico della categoria: la lotta al potente ranchero che, con violenza e prevaricazione, tiene in pugno un’intera città, sceriffo compreso. Charley Waite (Kevin Costner) e Boss Spearman (Robert Duvall) sono 2 allevatori nomadi che entrano in rotta di collisione con gli uomini del padrone della città per questioni di pascoli, fino alla resa dei conti finale. La prima parte del film è lenta, contemplativa, dominata dalle inquadrature degli infiniti orizzonti del nord-ovest americano (gli esterni sono stati girati in una riserva indiana del Canada). La seconda parte si snoda attraverso la preparazione e la realizzazione della sparatoria finale, mostrata con inquadrature originali che ne accentuano il realismo. C’è anche una storia d’amore tra Charley e Sue (Annette Bening) che, nonostante veda protagonisti maturi, non scivola mai nel patetico. Ottima la fotografia e buona anche la sceneggiatura che ha il pregio di far esprimere a bovari dell’800 concetti semplici e plausibili. Proprio il realismo sembra essere la qualità migliore di questo film che va a posizionarsi nel filone del western crepuscolare che ha in “Gli Spietati” il suo indiscusso capolavoro. Proprio al personaggio di Clint Eastwood sembra ispirarsi Kevin Costner che ripropone la figura dell’ex pistolero redento che, suo malgrado, è costretto a rispolverare colt e spietatezza per riportare la giustizia in città. Il cast è di altissimo livello e non tradisce. Lo stesso Costner non si fa problemi ad apparire anche stanco e imbruttito, a conferma di quanto poco sia interessato all’immagine patinata da star hollywoodiana.

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