Nelle terre degli Ottawa

Nel 1750 i francesi costruirono una nuova postazione sul Sandusky, proprio mentre gli inglesi stavano spingendosi ancor più a occidente. Le tribù dell’Ohio – Shawnee, Delaware e Mingo – erano da tempo sotto la protezione irochese, fu allora che aprirono le loro terre ai commercianti inglesi, i quali entrarono in contatto anche con Memeskia, un capo dei Miami chiamato “la Demoiselle” dai francesi e “Old Britain” dagli inglesi. Memeskia, nel 1748, a Lancaster, firmava un Trattato con gli inglesi e permise loro di costruire una postazione commerciale nell’Ohio occidentale, poi guidò i suoi guerrieri contro le postazioni francesi del Wabash; infine, portò la sua gente dall’Indiana all’Ohio occidentale. Nel giugno 1752 venne distrutto il villaggio di Memeskia, il cui corpo sarebbe poi stato “bollito e mangiato” dai guerrieri Ottawa.
Il compagno ferito
Nel frattempo gli inglesi erano ormai decisi a scacciare i nemici dal territorio ed allora inviarono il generale Edward Braddock, un grande esperto militare di guerre europee, ma talmente arrogante da portare le sue truppe al disastro più completo. Nella primavera del 1755 il generale muoveva verso ovest con una ingente forza, mentre i nemici francesi potevano mettere in campo soltanto 600 guerrieri e 300 franco-canadesi; con il generale vi erano invece circa 2.200 uomini ben armati. In luglio, nelle zone di Fort Duquesne, gli inglesi subirono una devastante sconfitta e fra le numerose vittime vi era anche l’arrogante generale; nello scontro era presente anche Pontiac, la nuova stella del firmamento indiano, un giovane capo degli Ottawa. Negli anni successivi gli Ottawa parteciparono, sempre al fianco dei francesi, a numerose incursioni nella parte settentrionale dello Stato di New York ma, nel 1757, durante l’assedio di Fort William Henry, contrassero nuovamente il vaiolo e così abbandonarono la partita. I francesi vennero duramente battuti e, in settembre, Pontiac incontrava il maggiore Robert Rogers nei pressi di Detroit, proprio mentre l’Agente Indiano, William Johnson, si dichiarava disposto ad operare come in precedenza avevano fatto i francesi. Sembrava essere un buon accordo ma, gli inglesi non avevano fatto i conti con il Comandante Generale delle truppe, Jeffrey Amherst, un generale che non amava i nativi e ciò creava seri problemi. In un meeting tenutosi a Detroit, nel 1761, il Johnson era ormai costretto a tenere a freno le ire degli indiani, offrendo una cintura di wampum ad un capo dei Seneca. Gli effetti delle restrizioni commerciali furono devastanti e le tribù erano inferocite perché ormai dipendevano interamente dai commerci con i bianchi. Gli indiani erano inoltre esausti dalle continue guerre e dalle lunghe cacce, ed erano in serio pericolo di esistenza; la tensione aumentava a dismisura e, nel 1762, i gruppi di Detroit (Ottawa, Wyandot, Chippewa e Potawatomi) erano entrati in collisione con gli Shawnee. Nel frattempo gli inglesi stavano spremendo anche i Seneca, loro alleati da lungo tempo. A complicare la situazione si ebbe una nuova guerra intertribale che vide coinvolte le tribù di Detroit, i Caughnawaga e gli Illinois. Durante l’estate del 1762 le tribù della valle dell’Ohio si erano riprese dagli effetti devastanti di una epidemia di vaiolo, fu proprio allora che iniziarono a coalizzarsi in funzione anti-inglese, soprattutto quando salì alla ribalta uno sciamano dei Delaware, il Profeta Neolin, detto “l’Illuminato”. Pontiac divenne subito un suo seguace, era a capo degli Ottawa di Detroit e figlio di una donna Chippewa. Pontiac era notoriamente un grande leader, famoso per la sua abilità guerriera e, soprattutto, per la sua grande oratoria; inoltre era diventato il leader assoluto di una sorta di società religiosa (la Società della Grande Medicina, meglio nota come “Metai”) che aveva grande influenza sulle genti dei Grandi Laghi. Pontiac si mise subito all’opera inviando messaggeri a tutte le tribù e, al suo fianco, si schierarono gli Ottawa, i Chippewa, i Kickapoo, i gruppi Illinois, i Miami, i Potawatomi, i Seneca, gli Shawnee, i Wyandot e parte della tribù Delaware. La sua opera venne comunque notata dagli inglesi e allora il generale Amherst dovette rinforzare le difese e prepararsi al peggio. Il 27 aprile 1763 si tenne un Consiglio di Guerra sul fiume Aux Ecorces, dove si decise di assalire tutte le postazioni britanniche del territorio; in maggio i ribelli riuscirono a catturare ben otto delle dodici postazioni inglesi a ovest degli Appalachians: Sandusky (Ohio), St. Joseph (Michigan), Michilimackinac (Michigan), Fort Miamis (Indiana), Ouiatenon (Indiana), Venango (Pennsylvania), Le Boeuf (Pnnsylvania) e Presque Isle (Pennsylvania).


Il soldato catturato

Inoltre, Fort Edward Augustus, sulla Green Bay, dovette essere evacuato. Resistevano soltanto le postazioni di Fort Niagara, Fort Detroit e Fort Pitt. Soltanto gli Ottawa di Arbre Croche, i Menominee, i Sauk, i Fox, gli Iowa e i Winnebago non avrebbero partecipato alla guerra. Fort Michilimackinac venne distrutto con annesso massacro, padre Du Jonais e Charles Langlade, presenti allo scontro, non fecero assolutamente nulla per impedire il massacro dell’intera guarnigione britannica. Numerosi inglesi avrebbero perso la vita e, i più fortunati, si salvarono soltanto per il fatto di essere caduti nelle mani dei Miami, i quali li ben trattarono e successivamente li liberarono. Nello stesso periodo gli Shawnee, i Delaware e i Mingo devastavano le frontiere della Pennsylvania. Il capo degli Ottawa era però intenzionato a distruggere Fort Detroit, così si mise alla testa di numerosi guerrieri appartenenti alle tribù Potawatomi, Wyandot e Chippewa di Saginaw, oltre ad alcuni indiani Mississauga dell’Ontario. La postazione era difesa da circa 120 soldati e da una quarantina di traders ben armati e decisi a vendere cara la pelle. Il capo chiese di poter incontrare il comandante – il maggiore Henry Gladwyn – e, il 7 maggio, entrò con alcuni leader nella postazione. Gli inglesi non si fidavano, infatti erano stati avvisati da una donna Chippewa, chiamata Catherine, delle vere intenzioni del capo, fu allora che Pontiac si accorse di aver fallito e non dette l’ordine di attacco, l’effetto sorpresa non aveva dato alcun esito. Il 9 maggio gli indiani iniziarono l’assedio con pochi risultati, dovettero accontentarsi di massacrare i coloni del territorio circostante. Incapace di prendere il forte, Pontiac chiamò a raccolta altri guerrieri Potawatomi ma, dopo due-tre settimane di assedio, il Gladwyn riusciva ad inviare un messaggero a Fort Niagara per chiedere rinforzi, ora la situazione si complicava. Nello stesso periodo, il capitano Donald Campbell, accompagnato dal capo della Milizia, McDougal, raggiungeva il villaggio di Pontiac per chiedere una tregua. Gli inglesi furono ben accolti e, alla fine, il capo accettò di entrare nella postazione per trattare, il Campbell e il McDougal furono però tenuti come ostaggi nel suo accampamento. La situazione precipitò quando Catherine, una donna comunque alcolizzata, morì in circostanze poco chiare, ed allora un guerriero Chippewa uccideva a colpi di tomahawk il Campbell; per Pontiac la situazione degenerava, era in grande imbarazzo, non aveva saputo difendere l’ostaggio ed era riuscito soltanto a far fuggire il McDougal. Fu a quel punto che Pontiac, vista la situazione, chiese aiuto ai coloni francesi del territorio, ma questi preferirono restare neutrali. Il 13 maggio una flotta inglese di 20 battelli, con a bordo 96 armati sotto la guida di Abraham Cuyler, lasciava Fort Niagara per dirigersi verso Detroit; il 28 dello stesso mese gli inglesi ponevano il campo a est della postazione assediata, ma vennero assaliti dai guerrieri Wyandot che posero fine alla vita di 56 soldati e catturarono alcuni bianchi.


Di guardia nella neve

Dopo altri assalti alle postazioni britanniche, da Fort Niagara si mosse il maggiore Wilkens, ma le sue truppe vennero circondate e ripetutamente assalite fin quando una novantina dei suoi uomini riuscirono a mettersi in salvo a Niagara Portage, dove vennero rinforzati da altri 60 uomini ben armati. Qualche tempo dopo avrebbero ripreso la marcia verso la postazione e, il 23 giugno, raggiungevano la foce del fiume Detroit, dove ebbero subito altri scontri. Le truppe vennero assalite durante la notte da almeno 800 guerrieri, i quali, dopo aver subito parecchie perdite, preferirono dileguarsi nelle foreste; il 30 giugno le truppe sarebbero entrate nella postazione. Nel frattempo, Francia e Inghilterra firmavano a Parigi una nuova pace, per Pontiac era l’inizio della fine, ora non poteva più contare sui rifornimenti di armi e munizioni francesi. Il 30 luglio, una ventina di imbarcazioni, guidate dal capitano James Dalyell, raggiungevano Detroit con un contingente di 280 uomini, fra loro vi era anche il maggiore Rogers. Avanzando da Fort Niagara, queste truppe avevano distrutto un villaggio dei Wyandot sul fiume Sandusky, ma avevano anche perso una quindicina di soldati; quando giunsero alla postazione, il Dalyell e il Rogers riuscirono a convincere il comandante ad assalire gli indiani. Il Gladwyn acconsentì e, durante la notte, 247 soldati uscirono dal forte e si misero in marcia per raggiungere il villaggio di Pontiac. Le truppe superarono il Crossing Parents Creek per cadere in una imboscata; questa battaglia, nota come “the battle of Bloody Creek”, portò alla morte di 70 inglesi e al ferimento di altri 40 soldati, fra i morti vi era anche il Dalyell. Soltanto grazie all’abilità del Rogers le truppe riuscirono a sfuggire ad un vero e proprio massacro. Incapace di prendere la postazione, il 31 ottobre Pontiac chiedeva una tregua al Gladwyn e si ritirava nel suo villaggio di caccia, sull’alto corso del Maumee (Indiana), per passarvi l’inverno. Intanto la situazione si stava facendo preoccupante a Fort Pitt, mentre nelle zone di Detroit una nuova epidemia di vaiolo stava mietendo nuove vittime. Fu allora che il generale Amherst ordinò al capitano Simeon Ecuyer di portare l’epidemia di vaiolo anche nelle terre degli Shawnee, dei Delaware e dei Mingo. Gli effetti furono devastanti e il colonnello Henry Bouquet tentò, con circa 460 uomini, di ripristinare la difficile situazione impegnandosi nella battaglia di Bushy Run (agosto 1763), per poi muoversi verso Fort Pitt.


In soccorso del guerriero colpito

Gli Shawnee, i Delaware e i Mingo dovettero così ritirarsi nell’interno dell’Ohio, pur continuando a compiere incursioni sulle frontiere della Pennsylvania. In novembre Amherst venne sostituito dal generale Thomas Gage, al cui fianco si poneva subito William Johnson. In quel periodo la coalizione di Pontiac era al limite del collasso. Nella primavera del 1764 il colonnello John Bradstreet entrava nelle zone di Detroit con circa 1.200 soldati e miliziani; in luglio era a Fort Niagara e, con il Johnson, organizzò immediatamente una Conferenza di Pace con gli indiani, vi avrebbero partecipato almeno due mila nativi, in rappresentanza di 22 tribù distinte. Alla fine della Conferenza il Bradstreet sarebbe ripartito (6 agosto), scortato da parecchi guerrieri Mississauga e Caughnawaga; il 23 agosto, a Presque Isle (Pennsylvania), ebbe modo di incontrare i leader degli Shawnee, dei Delaware e dei Mingo, con i quali avrebbe concluso una nuova pace. Pontiac non ritornò invece a Detroit durante la primavera, ma rimase sul fiume Maumee dopo essere stato abbandonato dai Wyandot, dai Potawatomi e dai Chippewa, proprio mentre il Bradstreet aveva seria intenzione di assalire il suo villaggio. Una nuova Conferenza di Pace si tenne a Detroit il 7 settembre, vi parteciparono gli Ottawa, i Potawatomi, i Wyandot e i Chippewa, tutte tribù ormai decise a riappacificarsi con gli inglesi; inoltre, anche i Miami, i Mississauga occidentali e i Chippewa si Saginaw erano dello stesso parere anche se non erano presenti. Nello stesso periodo il Bouquet muoveva verso occidente da Fort Pitt, la sua intenzione era quella di intrappolare gli Shawnee, i Delaware e i Mingo, così, in novembre, queste tribù dovettero accettare un durissimo Trattato a Coshcton. Ormai soltanto Pontiac restava sulle sue posizioni, dove ancora cercava di organizzare una nuova alleanza indiana sperando nell’appoggio dei francesi del basso Mississippi. Fu allora che Pontiac, con circa 400 guerrieri, si mosse verso sud per incontrare Louis St. Ange, il comandante di Fort Chartres; fu tutto vano, il francese non aveva alcuna intenzione di rifornire di armi i suoi guerrieri, così Pontiac ritornava infuriato sul Maumee. Fu allora che i Miami organizzarono un meeting da tenersi in estate a Ouiatenon fra il Croghan e Pontiac. Il capo accettò e, in ottobre, si presentò a Detroit per stipulare la pace. Nello stesso mese i francesi ammainavano la loro bandiera a Fort Chartres, rimpiazzata da quella inglese. Nel luglio 1766 Pontiac, con William Johnson, raggiungeva New York per stipulare un nuovo Trattato, ma ormai la sua grande fama stava scemando velocemente e, in un Consiglio tenutosi nell’Ontario, i guerrieri Ottawa lo sfidarono apertamente. Il capo, furente, venne duramente attaccato dalle parole di Matachinga (Capo Nero), un leader dei Peoria, lasciandosi trascinare dall’ira lo pugnalò, la ferita non fu mortale e Cane Nero giurò vendetta. Nel 1767 Pontiac lasciava Detroit per raggiungere il fiume Kankakee (Illinois settentrionale); l’anno dopo gli Irochesi cedevano la valle dell’Ohio agli inglesi, proprio mentre gli Illinois si opponevano alla cessione di nuove terre indiane.


Giochi tra guerrieri

Nell’aprile del 1769 Pontiac si dirigeva verso St. Louis per incontrarsi con il suo vecchio amico St. Ange, ora alle dipendenze degli spagnoli; il capo si era vestito con una uniforme francese che gli aveva dato il barone de Montacalm nel 1757. Alcuni giorni dopo decise però di visitare il villaggio di Cahokia, appartenente agli indiani Illinois e sito sul fiume Mississippi. Nel villaggio vi erano molti francesi, ma il St. Ange gli disse che sarebbe stato pericoloso per la sua stessa vita. Nonostante le raccomandazioni, il giorno 20 aprile, il capo entrava a Cahokia e dopo una colossale bevuta con i suoi uomini si stabilì presso un trader inglese di nome Williamson, dove Pontiac ebbe una discussione con un giovane guerriero di nome Pina, appartenente alla tribù Peoria, era un nipote del suo nemico Matachinga. Quando Pontiac uscì dalla capanna dell’inglese venne assalito alle spalle da Pina e ucciso a tradimento a colpi di tomahawk; quando i suoi seguaci si resero conto dell’accaduto inseguirono l’assassino che non poté però essere raggiunto, in quanto si era rifugiato nel villaggio degli Illinois. Il St. Ange seppellì il capo con tutti gli onori presso St. Louis, ma l’esatta ubicazione della sua tomba è ancor oggi sconosciuta. Secondo alcune dicerie il Williamson avrebbe poi dato all’assassino un barile di whisky. La morte di Pontiac meritava rispetto, nonostante tutto il capo aveva guidato gli indiani contro l’arroganza britannica. Qualche tempo dopo Minavavana, capo dei Chippewa di Mackinac, sarebbe entrato in Cahokia per parlare con Williamson, non trovandolo si sarebbe vendicato uccidendo due dei suoi dipendenti commerciali. La situazione divenne particolarmente difficile per gli Illinois, si erano attirati l’odio delle tribù circostanti – Ottawa, Chippewa, Potawatomi, Kickapoo, Fox, Sauk, Mascouten e Winnebago -, tutte queste popolazioni avevano seria intenzione di vendicare la morte del leader, gli Illinois dovevano essere sterminati fino all’ultimo uomo.

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