L’attraversamento delle pianure con i carri

A cura di Matteo Pastore

La partenza di una carovana
Al riguardo degli avventurosi viaggi con i carri attraverso le pianure, ci pare di grande utilità riportare una lettera pubblicata su un giornale del 1934 e contenente un resoconto assai dettagliato di uno di quei viaggi.
Nell’anno 1850 i miei nonni, mia madre e i suoi due fratelli attraversarono le pianure dal Missouri alla California con sei carri trainati da buoi. Essendoci molte famiglie i carri erano ben 175.
Erano in viaggio da sei giorni, quando per caso mia madre, allora appena una bambina , cadde dal carro e le ruote schiacciarono il suo corpo. Mia nonna, con delle lenzuola legò i quattro angoli agli archi del carro creando un letto.
In questa disposizione, simile ad un’amaca, mia madre ha percorso il resto del viaggio lento e doloroso verso la California. Passarono sei settimane prima che potesse mettersi a sedere, e per molto tempo pensarono che non sarebbe più stata in grado di sedersi e camminare.


Il lungo viaggio

Un mese prima della carovana di mio nonno, i nativi ne avevano attaccata una, massacrato tutte le persone e bruciato i carri. Lo stesso gruppo, composto da 300 guerrieri, iniziò a seguire la carovana mio nonno. Mia madre la raccontava spesso in questo modo:
“Gli indiani stanno arrivando! Fate un cerchio con i carri!”
Una mattina presto, padre e Dave Doudle, l’interprete, videro davanti a loro un cavaliere solitario.
Mio padre disse: “Dave, sembra un indiano” mentre quest’ultimo disse di no.
Ma verso le 11, Dave venne dal padre ed esclamò: “Certo che sono indiani! Metti le donne e i bambini sui carri e posizioniamoci a cerchio”.e i carri iniziarono a girare in tondo. Mio padre decise di alzare la bandiera bianca.
I “selvaggi” arrivarono con il loro grido di guerra. Circa un centinaio di loro ci accerchiarono ma all’improvviso il loro capo lanciò un urlo strano e ognuno di loro si fermò. Poi vennero al carro di mio padre e fecero un gesto. Dave Doudle non voleva che sapessero che lui fosse l’interprete, perché sapeva quanto sarebbe costato alla carovana. Ma dopo un po’ mio padre scoprì che gli indiani volevano trenta grossi buoi, così li diedero gratuitamente. Immediatamente divennero tutti pacifici e silenziosi.
Papà aveva dipinto una grossa lettera G sul suo carro poco prima di partire. Quando i nativi seppero di chi fosse il carro, chiamarono la famiglia di mio padre. Allora mio padre prese per mano il capo e lo condusse al carro. Vedendomi nella mia amaca, si lamentò del mio pietoso stato. Prendendomi la mano, mi accarezzò e strofinò la testa, io ero spaventata a morte.
La nostra carovana, quella notte, dovette accamparsi e 50 dei guerrieri galopparono verso la collina. Nel frattempo, Dave aveva cercato di conoscere e capire la lingua dei nativi.


Un attacco indiano ad una carovana

Il giorno successivo, Dave e il capo mostrarono a mio padre cinquecento tra donne, uomini e bambini che scendevano dalla collina. Misero mio padre su una sedia e lui strinse la mano di ciascuno di loro. Ci accampammo lì per cinque giorni.
Quando partimmo, il capo lascio partire mio padre in pace, dicendogli che non avrebbe arrecato nessun fastidio per il resto del viaggio e ringraziandolo per aver sfamato la sua tribù.
Poi accadde una cosa orribile. Nel nostro treno c’era un ragazzo appena sposato, un sapientone. Nessuno poteva dirgli niente. Giurò che avrebbe ucciso il primo indiano che avesse visto. Ci imbattemmo in una vecchia donna nativa. Così questo ragazzo decise di estrarre la pistola e le sparò, uccidendola. Tutti gli avevano implorato di non farlo. Mio padre era circa a cinquanta carri avanti, ma disse che non sapeva che il ragazzo avesse un’arma del genere, altrimenti gliela avrebbe portata via.
Tre giorni dopo centinaia di guerrieri stavano arrivando da dietro verso la nostra carovana. Non si fermarono finché non arrivarono da mio padre, Dave e un altro uomo che era un predicatore. Chiesero chi avesse ucciso la donna ma ancora nessuno dei tre uomini lo sapeva.
“Se non ce lo dici”, dissero, “massacreremo tutti voi!”
Mio padre fermò i carri, riportò gli indiani con sé e gli altri due uomini. Quando arrivarono circa cinquanta carri indietro, un bambino di dieci anni gli parlò e disse che l’uomo che aveva ucciso l’anziana era in quel carro con un letto di piume.
“Vieni fuori”, urlò mio padre, “e raccontaci perché hai fatto questa cosa; se non lo fai, verremo tutti uccisi”.


Un altro attacco a sorpresa

Il ragazzo uscì e glielo disse. I suoi genitori e i suoceri hanno cercarono di corrompere gli indiani, ma loro rifiutarono. Lo catturarono, lo appesero ad un palo e lo scuoiarono vivo. Poi dissero a mio padre che potevano andare e di non toccare quell’uomo. La famiglia del ragazzo rimase sotto shock per lungo tempo.
Dopo diversi giorni di viaggio arrivammo al fiume Pecos nel Texas occidentale. Gran parte del nostro bestiame era assetato che semplicemente caddero in acqua e alcuni annegarono. Furono tolte le ruote ai carri per poter creare varie zattere per poter attraversare il fiume. Proprio in questo modo riuscimmo ad attraversarlo senza molti problemi. Successivamente procedemmo verso la California senza incontrare tante difficoltà”.
Quanto sopra conclude parte della storia di mia madre mentre il resto lo racconterò un’altra volta.

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