Pascual Orozco traditore della Rivoluzione Messicana?

A cura di Angelo D’Ambra

Pascual Orozco – al centro
Orozco nacque il 28 gennaio 1882 nella hacienda de Santa Inés a San Isidro, municipio di Guerrero, nello stato di Chihuahua. Sin da bambino lavorò nel negozio di suo padre, Pascual Orozco Merino, che avrebbe partecipato al suo fianco durante la rivoluzione. Nel 1902 divenne un mulattiere per le compagnie minerarie. Nel 1907 aprì un negozio di alimentari. Due anni dopo aderì al movimento contro la rielezione di Porfirio Díaz, affiancandosi a Abraham González Casavantes, sponsorizzando con i propri soldi il quotidiano Grito del Pueblo ed importando armi dagli Stati Uniti per il fronte maderista.
Prese così parte alle battaglie di San Isidro, Pedernales e Cierro Prieto, affermandosi con Villa come leader rivoluzionario dello stato di Chihuahua.
Il 2 gennaio 1911, fece spogliare i soldati federali catturati a seguito della battaglia di Mal Paso ed inviò le divise a Porfirio Díaz con una lettera ironica che diceva: “Ecco le foglie, mandami più tamales”. Il successivo 8 maggio entrò a Ciudad Juárez con Villa, assicurando la vittoria di Francisco I. Madero.
Da subito però nacque in lui una profonda insoddisfazione. Ottenne la paga per i suoi uomini, ma fu respinta la sua candidatura a segretario di guerra. Madero gli affidò il comando della polizia rurale a Chihuahua e gli chiese poi di incaricarsi della repressione degli zapatisti. Orozco rifiutò, si dimise ai primi di gennaio 1912 ed aderì al Plan de Ayala di Emiliano Zapata, proclamando decaduto Madero.
Ancora sui campi di battaglia, ottenne diverse vittorie, ma fu sconfitto da Villa e Huerta e dovette riparare negli USA. Dopo l’assassinio del presidente, sorprendentemente si unì a chi l’aveva ordito: Victoriano Huerta. L’usurpatore lo impiegò contro Villa, ma c’è da dire che Orozco tentò anche di convincere i zapatisti ad unirsi a Huerta. Tragicamente, Zapata fece fucilare i suoi emissari, e tra questi c’era anche il padre di Orozco.
Dopo le dimissioni di Huerta, il nostro non ebbe altra scelta che fuggire negli Stati Uniti, finendo ammazzato in uno scontro coi Texas Rangers ed un battaglione di cavalleria, il 30 agosto 1915.
Pascual Orozco
I due punti su cui indagare nella vita di Orozco sono questi: il cambio di rapporti con Madero, e quindi con Villa, e l’appoggio a Huerta, e quindi il passaggio da alleato a nemico di Zapata.
Analizziamo il primo tema.
Contro Madero mobilitò un esercito di cinquemila uomini, finanziandosi con denaro proprio e col furto di bestiame rivenduto poi in Texas, dove acquisì anche armi e munizioni. Orozco si impadronì dello Stato di Chihuahua e presto estese la sua ribellione alla regione di Lagunera e Sonora. La ribellione orozquista fu più potente di quella zapatista, con la partecipazione dei cittadini, della borghesia rurale e persino di membri dell’élite regionale.
Madero rispose col sospendere le garanzie costituzionali nello stato di Chihuahua e inviando lì quattromila soldati al comando del generale José González Salas, dimessosi da Ministro della Guerra e della Marina per dirigere personalmente la campagna. Gli orozquisti intanto si erano triplicati. Il loro piano fu efficacissimo, lasciarono entrare i federali nelle pianure di Rellano poi, il 24 marzo 1912, gli lanciarono addosso una locomotiva carica di dinamite e, infine, li investirono a sorpresa con la cavalleria su entrambi i lati. González, sconfitto e disperato, si suicidò.
Orozco proclamò allora il Plan de la Empacadora, accusò Madero di aver vinto le elezioni con brogli, di pratiche nepotistiche e di svendere il paese agli USA e chiese un nuovo governo che si impegnasse ad approvare misure come la giornata lavorativa di 10 ore, gli stipendi pagati solo in contanti, la nazionalizzazione della ferrovia, il divieto di lavoro per i bambini sotto i dieci anni e l’espropriazione e la redistribuzione dei terreni incolti.
Madero replicò con l’invio di un secondo contingente, accettando inevitabilmente l’aiuto dei vecchi generali porfiriani come Victoriano Huerta, il quale si servì pure degli irregolari di Francisco Villa che avevano piena conoscenza del territorio nel quale si muoveva Orozco. Con questo generale rimescolamento delle carte, la rivoluzione messicana mostrava il suo volto irruento e caotico.
Lo scontro tra Orozco e Huerta si ebbe a Conejos, il 22 maggio. Davanti alle artiglierie maderiste, gli orozquisti ripiegarono. Il 4 luglio, però, Huerta, a Bachimba, accerchiò il nemico con fanteria e artiglieria da montagna e lo travolse con la cavalleria. Dopo questa sconfitta, Pascual Orozco cessò di essere una minaccia per il governo Madero, limitandosi a deboli azioni di guerriglia nelle zone rurali del nord del paese per poi riparare negli USA e tornare solo dopo il colpo di stato di Huerta.
Veniamo ora al rapporto con Emiliano Zapata.
Come per Zapata, anche per Orozco il presidente Madero aveva soddisfatto solo le sue ambizioni personali. I due rivoluzionari si strinsero la mano e Zapata proclamò nel Plan de Ayala: “L’illustre generale Pascual Orozco, secondo del caudillo D. Francisco I. Madero, è riconosciuto come Capo della Rivoluzione di Liberazione, e nel caso non accetta questa delicata carica, il generale Emiliano Zapata sarà riconosciuto Capo della Rivoluzione”. Come i zapatisti, anche gli orozquisti procedettero all’occupazione delle terre. Entrambi, Zapata e Orozco, fronteggiarono poi il brutale Huerta. Entrambi patirono i danni dell’isolamento e della mancanza di rifornimenti d’armi e munizioni: la ribellione di Orozco, di fatti, si esaurì per il blocco proclamato dagli Stati Uniti che impedì la vendita di armi al confine. Tuttavia, nel febbraio 1913, dopo l’assassinio di Madero, Zapata continuò la sua lotta e, invece, Pascual Orozco si unì all’usurpatore Huerta.
La rivolta di Orozco mise in ginocchio il governo maderista. Il presidente dovette chiedere prestiti negli USA ed in Europa per pagare la campagna, inoltre per guadagnarsi la fedeltà dell’esercito dovette aumentare gli stipendi ed il reclutamento. Era un peso incredibile per un bilancio pubblico già pessimo.
E’ lecito chiedersi se quello di Orozco fu un tradimento.


Pascual Orozco con il padre e il fratello

Ci sono alcuni elementi gravi che destano sospetto. Contro Orozco, Huerta acquisì la sua rilevanza politica e, appena assunta la carica di presidente, questi contattò Orozco per farlo entrare nel suo governo. Agli occhi di Zapata tali indizi dovettero risultare delle prove evidenti così, quando, su ordine di Huerta, Orozco inviò un gruppo di negoziatori a Morelos per convincere gli zapatisti ad unirsi a Huerta, Zapata rispose facendo fucilare tutti, compreso il padre di Orozco che guidava la missione.
Indubbiamente la scelta di congedare i capi rivoluzionari che l’avevano portato al governo, non fu felice per Madero. Pascual Orozco, prima di essere traditore, si sentì egli stesso tradito. Probabilmente Madero non lo riteneva un personaggio degno d’attenzione o addirittura lo giudicava con sguardo classista. Questo scontento pose le basi poi per un ragionamento politico più ampio sull’inconcludenza del governo maderista.
Quali furono, però, le basi dell’alleanza con Huerta?
L’usurpatore aveva bisogno del rivoluzionario per dar luogo ad una pacificazione ampia e imporre, al contempo, la sua autorità. Così decise di chiedere l’alleanza persino a zapatisti e orozquisti. Propose loro l’amnistia generale come base per un dialogo. Zapata, come detto, lo rifiutò subito. Orozco invece no. Con successo avanzò delle proposte che Huerta accolse: la trasformazione in rurales per i soldati orozquisti, il pagamento degli stipendi dall’erario federale, la pensione alle vedove ed agli orfani della lotta contro Madero, l’emissione di leggi per risolvere il problema agrario.
E’ dunque lecito parlare di tradimento della rivoluzione?
Bisogna riconoscere che il governo di Huerta, prima che la guerriglia ne rendesse palese il volto dittatoriale, si mostrò piuttosto permeabile a certe istanze sociali. Sebbene lontano dal radicalismo zapatista, ebbe un dialogo tollerante coi sindacati ed il progressista Andrés Molina Enríquez fu capo del dipartimento del lavoro.
Orozco, quando nacque il governo, era ancora una personalità con un discreto potere di mobilitazione delle masse, aveva ancora il comando di un numero considerevole di forze a Chihuahua e parte di Durango. Huerta ritenne essenziale ottenere il suo sostegno e, dall’altro lato, Orozco ritenne di poter sfruttare la sua forza per ottenere dei provvedimenti sociali forti, oltre che riconoscimenti per i suoi soldati.
Così, nell’aprile del 1913, lo stesso mese in cui Juvencio Robles fu spedito a compiere i massacri di Morelos, il governo Huerta anunciava la nascita di un dipartimento per la redistribuzione della terra. A partire da luglio entrò pure in vigore il riposo domenicale obbligatorio. A settembre fu presentato un progetto per la nazionalizzazione dell’industria petrolifera. Queste misure soddisfecero Orozco, ma poi le cose mutarono. Nelle contingenze della vasta guerriglia che affliggeva il paese, crebbero le dimensioni dell’esercito e la dipendenza del governo da esso. Nel febbraio 1913 Huerta aveva 45.000, a fine anno ne aveva 150.000 e 200.000 a gennaio 1914 per salire ancora ad un quarto di milione di uomini nel marzo 1914. Personalità di spicco della vita politica e della cultura scomparvero assassinati o incarcerati, il 10 ottobre 1913, Huerta mandò i suoi soldati a chiudere il Congresso ed arrestò 110 senatori e deputati, di cui 74 furono accusati di alto tradimento.
Orozco dovette ritenere queste delle misure necessarie per tutelare lo stato dal disordine, tuttavia, ripetutamente sconfitto da Villa, dopo la battaglia di Ojinaga, vide Huerta consegnare le dimissioni. Restò allora spiazzato e fu costretto a rifugiarsi ancora una volta sul suolo americano. Si stabilì a El Paso, in Texas, dove, insieme ad altri rivoluzionari in esilio, iniziò a pianificare una ribellione armata di enormi proporzioni collegata ad emissari del governo tedesco (si era in piena Grande Guerra). Scoperto, fu messo agli arresti domiciliari.
Egual sorte toccò a Huerta. I due si sarebbero dovuti incontrare in New Mexico, ma l’esercito americano arrestò l’ex dittatore per sedizione, appena scedo dal treno preso a New York.
Dagli arresti domiciliari Orozco fuggì il 3 luglio 1915 e tentò di passare la frontiera, ma il 30 agosto, rintracciato dai texas ranger e dal Tredicesimo Cavalleria, presso il Cañón del Río Verde, finì ucciso.
Pascual Orozco aveva solo 33 annio. Fu un traditore della Rivoluzione? Da sempre la sua figura è al centro di infinite polemiche. Probabilmente fu più opportunista che idealista, più concreto che sognatore.

Prima che scoppiasse la rivoluzione messicana, era un piccolo uomo d’affari, un negoziante, un mulattiere. Proveniva da una famiglia della classe medio-bassa, oppressa dal regime di Porfirio Díaz, che tendeva a favorire l’alta borghesia, a serbare le vecchie strutture e un sostanziale immobilismo sociale, a schiacciare i ceti popolari, senza possibilità di miglioramento.
Madero lo deluse per questo. Lui non era Zapata e non era Pancho Villa, non stava combattendo per ideali, ma per la sua ascesa sociale e nella rivoluzione aveva investito ogni suo soldo. Madero aveva rimesso nei posti chiave del governo i vecchi porfiriani, i rivoluzionari li aveva spediti a casa senza incarichi di rilievo ed aveva chiesto loro il disarmo, la terra ai contadini non l’aveva data. Orozco si unì a Huerta per le stesse ragioni che l’avevano portato a sostenere Madero. Concreto come era, gli bastò ottenere riconoscimenti e premi per sé e i suoi uomini.

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