La saga del Winchester “Yellow Boy”

A cura di Gian Carlo Benedetti

Il primo luglio del 1865 Oliver Fisher Winchester, in società col figlio William Wirth e l’amico John M. Davies, rilevò la decotta ditta armiera New Haven Arms Co., di cui era il maggior azionista, fondando a Bridgeport (Connecticut) la Winchester Arms Co. e ponendola sotto la sovrintendenza del capace capo tecnico Nelson King. L’avveduto uomo d’affari aveva rilevato la New Haven produttrice della carabina Henry mod. 1860 la quale, pur avendo dato buona prova durante la guerra civile, non ne aveva però risollevato le sorti finanziarie a causa del surplus di armi a buon mercato della fine del conflitto fratricida ed alla preferenza accordata dall’U.S. Army alla rivale carabina ideata da Cristopher M. Spencer.
Nel 1864 erano sorte acrimonie con l’inventore Benjamin Tyler Henry costretto ad abbandonare la New Haven Co. dopo aver subdolamente cercato di estrometterne O. Winchester allorquando si trovava in giro per l’Europa, Italia compresa, per la promozione dell’arma nel Vecchio Continente.
L’Henry mod. 1860 calibro .44 a percussione anulare era al momento lo stato dell’arte della carabina a leva, ultimo sviluppo di una lunga serie di brevetti della fallita Volcanic Repeating Arms detentrice di quelli più datati di Louis Jenkins (del 25.12.1849), Walter Hunt (del 16.2.1850), Courtland Palmer (del 26.8.1861) ed infine di Horace Smith & Daniel B. Wesson (dell’8.8.1851 e 10.10.1854).
Ancora prima di rilevarla Oliver Winchester, di fatto il dominus della New Haven, aveva cercato di migliorare la creatura di B. T. Henry, fatto che sicuramente avrà inasprito i rapporti tra i due.


Henry mod. 1860 calibro .44

Uno dei problemi dell’Henry, oltre al poco potente calibro .44 Henry rimfire, era il macchinoso sistema di caricamento fatto quasi dall’altezza della volata ruotando un manicotto la cui testa guida-molla scorreva in una lunga fresatura, ricettacolo di polvere e fango, nel tubo sottocanna che fungeva da caricatore. Ciò impediva il anche montaggio dell’astina lignea a protezione della mano debole del tiratore. Inoltre, scendendo i colpi nel serbatoio per gravità, doveva essere caricato mantenendolo più possibile verticale al terreno e quindi esponendosi al tiro del nemico.
In questo lo Spencer a sette colpi, neppure la metà di quelli dell’Henry, più rustico e con una cartuccia cal. 56 rimfire di poco più potente, era superiore poiché si caricava dal calcio, aveva il cut-off, ed inoltre era stato brevettato dal Col. Erastus Blackeslee, alla fine della CW, un dispositivo con cartucce stipate dentro dei tubicini precaricati (portati a tracolla in dentro un cassettina) che ne permetteva il caricamento veloce.
La miglioria della carabina Henry passava quindi attraverso un sistema di caricamento più funzionale. Vari congegni furono nel tempo ideati, prima da James D. Smith, poi da George Briggs (applicato su 500 carabine fornite al Regno di Bavaria) e dall’armaiolo svizzero Weber Ruesh. Questi progetti non furono però applicati alle carabine vendute in America.
La soluzione migliore fu infine quella di Nelson King, con la finestra di caricamento al lato destro castello, divenuta un must per tutti i lever actions successivi. Applicando il brevetto di King all’Henry, con piccolissime migliorìe e l’astina lignea, nacque il Winchester 1866, chiamato “Yellow Boy”, ma pure più correttamente “Henry King’s Improved”, per la sua appariscente cassa in bronzo color oro.
L’uso del bronzo (Gun Metal) era dovuto alla sua facilità di lavorazione rispetto al ferro (acciaio) e poi permetteva di usare i macchinari esistenti della catena dell’Henry. Vi sono invero dei rari esemplari di carabina Henry con il fusto in acciaio (iron frame) ma la produzione normale è quella col castello in bronzo (brass frame).


Fucili Henry

Oliver Winchester nel 1866, sfruttò la possibilità di produrre la nuova arma avendo anche acquisito la proprietà del brevetto di B. Henry e nel febbraio 1866 spostò la catena produzione da Bridgeport a New Haven (Connectucut).
Vi sono tesi controverse sulla reale data di inizio della produzione del fucile che dovrebbe essere nel luglio 1866 anche se alcuni la pospongono al gennaio del 1867. E’ però assodato che dal 15 settembre 1866 al 31 gennaio 1867 ben 4500 carabine “King’s Improved” furono vendute al turbolento Messico con triangolazione tramite la Francia a causa dell’embargo.
La produzione del modello ’66 nel suo lungo periodo di produzione ha subito leggere modifiche allontanandosi (molto poco in verità) dalle classiche linee dell’Henry.
Altro mistero è la matricola iniziale che sembra partire dal numero 12476: è quindi probabile che la numerazione prosegua da quella del progenitore Henry il cui numero di esemplari prodotti però non è certo.
Il Winchester ’66 è la prima arma prodotta sotto la nuova ragione sociale “Winchester Repeating Arms” e nelle tre classiche configurazioni di Sporting Rifle (circa 28 mila esemplari con canna da 24 pollici), Carbine (127 mila pezzi con canna da 20 pollici) e Musket militare dal 1869 con circa 14 mila esemplari.
La produzione viene distinta in quattro modelli.
Il Primo Modello aveva calciatura e la gobba (Henry Drop) sul castello avanti la battuta del cane ed il raccordo con la canna a fianco liscio (flat side). E’ il più raro e la sua matricola va da 12476 a circa 15500, incisa sul codolo nascosto dal calcio.


Sopra: un First Model Winchester 1866. Quelli “Iron Frame” sono più pregiacti e sempre on matricole molto basse a tre cifre. Vi è una teoria che li vuole prodotti in subappalto dalla Colt MfG dovuta alla fantasiosa interpretazione di una lettera di credito vantato dalla Colt sulla Winchester.


Sopra: Winchester 1866 Secondo Modello con l’”Henry Drop” meno pronunciato e una fresatura laterale di alleggerimento sul raccordo con la canna (flared front). La matricola spazia dal numero 15500 a 25000, dopo la 21 mila fu introdotta la mezza monta di sicurezza del cane (half cock). La matricola è visibile sempre sul codolo ma più vicina al grilletto, quindi leggibile senza dover smontare il calcio.


Sopra. Un Terzo Modello con l’Henry Drop ancor meno pronunciato. Ha la matricola dietro al grilletto ma in posizione non sempre identica. La sua numerazione spazia tra 25000 e 149000. E’ il più diffuso e di solito il meglio rifinito. Se ne incontrano anche splendidi esemplari riccamente incisi da artisti del calibro di Gustave Young, Louis D. Nimscke e dai fratelli Conrad, Hermann e John Ulrich con motivi floreali e volute (scroll engraving) di scuola mitteleuropea.


Sopra. Il Quarto Modello è difficilmente distinguibile nelle linee dal Terzo ed ha la matricola, inscritta nel codolo leggermente arretrata, nel range compreso tra 149000 e 170101.

Si è detto che uno dei problemi dell’arma era la sua scarsamente potente cartuccia a percussione anulare. La .44 Henry era caricata con 26 grani di Polvere Nera, poi aumentati a 28, dietro una palla ogivale (round nose) od a testa piatta (flat) del peso di 200 o 216 grani. Le carabine a leva tradizionali infatti non possono usare pallottole appuntite (spitzer) per ragioni di sicurezza essendo ogni pallottola posizionata dietro l’altra nel caricatore tubolare.
Nonostante i supposti difetti l’arma è stata in produzione dal 1866 sino quasi al 1899 quando nel mercato vi erano ormai levers più potenti, tra cui il più famoso modello 1873 della stessa Winchester con il fusto in acciaio e cartucce a percussione centrale: questo la dice lunga sulla bontà del progetto di Henry.
Oltre che nel Far West era diffusa in America Centrale e Meridionale, in Turchia e Giappone ed usata dai Garibaldini in soccorso alla Francia contro la Prussia. L’impero Ottomano in particolare ne acquistò rilevanti quantitativi soprattutto in versione Musket che adoperò sapientemente durante l’assedio di Plevna (1877) falcidiando col suo inusitato volume di fuoco i fanti Russi addestrati alle tattiche di carica contro i monocolpo europei.


Sopra. Alcune configurazioni dello “Yellow Boy”. Il numero dei colpi nel serbatoio variava con la lunghezza del caricatore (ovvero la canna di sotto) che nel Musket arrivava a ben 17.


Sopra. Dipinto di James Ayers in cui è ritratto un guerriero Sioux Lakota con Winchester ’66 Carbine.

Il nomignolo di “Yellow Boy” (Ragazzo Giallo) gli fu dato dai pellerossa per il colore oro della cassa in bronzo, non in ottone come alcuni scrivono. I pellerossa delle Grandi Pianure erano soliti abbellire i legni delle loro armi con chiodini di rame.
Nel 1870 un Winchester 66 Sporting Rifle costava intorno ai 50 dollari, la Carabina 40 ed il Musket con la relativa baionetta 45.
I modelli nickelati od incisi avevano un sovrapprezzo da 10 a 50 dollari a seconda del tempo di lavorazione.
Mille cartucce cartucce calibro .44 Henry costavano 20 dollari.
Il ’66 non arrivò minimamente a competere con le vendite del ’73 ma permise alla Winchester di consolidare il suo capitale in un momento molto difficile contribuendo alle future fortune della ditta.


Sopra. Due eleganti repliche della Uberti di Winchester 1866 Sporting Rifle. Quella a sinistra ha la finestra di caricamento King del tipo più antiquato senza l’invito della cartuccia.


Sopra. Winchester 1866 da esibizione inciso da Conrad F. Ulrich.


Sopra. Winchester 1866 inciso da Louis Daniel Nimschke. Armi originali incise e firmate da artisti del genere raggiungono oggi cifre a cinque zeri nelle aste.

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