Gli indiani e l’uso di piante stimolanti e allucinogeni


Una cerimonia che prevedeva l’uso del peyote
E’ noto a tutti gli studiosi delle culture native americane che gli indiani americani usavano una gran varietà di piante, tra cui alcune selvatiche ed altre coltivate, sia per scopi religiosi, sia pratici sia per semplice piacere o gusto. Per quanto riguarda la religione e i molti rituali che caratterizzavano la vita comunitaria dei nativi, le qualità allucinogene di certe sostanze facilitarono certamente la ricerca di visioni e del “contatto” con il mondo degli spiriti. Altre applicazioni erano puramente medicamentose, in quanto le piante psicotrope – così si chiamano scientificamente – vennero usate quali rimedi e antidolorifici o stimolanti, nei casi in cui le stesse sostanze erano usate per aumentare l’energia e il coraggio; infine, avevano anche una funzione sociale perché l’uso delle sostanze in comune, creava legami di amicizia e di lealtà.
In molti casi, specie in periodi di guerra e di pacificazione, esse servivano sia a scopi ritualistici che pratici, e determinate sensazioni piacevoli derivavano da certe loro applicazioni.
Gli indiani sudamericani facevano uso di diverse piante psicotrope, di cui la più nota era la foglia della coca da cui è derivata la cocaina. Nell’America settentrionale e centrale i maggiori stimolanti, intossicanti ed allucinogeni erano il tabacco, le bevande alcoliche, il peyote, lo stramonio, i funghi, il mescal, la bevanda nera e l’ololiuqui.

Il tabacco

Già alcune generazioni dopo l’arrivo di Colombo, l’uso e la coltura del tabacco noto in Europa attraverso gli Arawak, indiani delle Indie Occidentali, si diffuse in molte regioni del mondo.


Un’altra cerimonia con uso di allucinogeni

La parola tabacco è la versione spagnola del termine arawakano di sigaro. I tipi noti di questa pianta sono più di una decina, ma solo alcuni sono originali dell’America meridionale. La conoscenza della pianta si diffuse probabilmente da sud a nord, insieme all’agricoltura e al granoturco. In base ai luoghi archeologici si può presumere l’inizio dell’uso del tabacco già in tempi anteriori al “Contatto”.
Il tabacco e la pipa
In seguito fu introdotta una coltura estesa della pianta e con essa l’uso della pipa. Oltre ad essere fumato (anche in miscela insieme ad altre piante), il tabacco veniva anche masticato, fiutato e mescolato con bevande. Gli indiani di tutte le regioni del Nord America, ad eccezione delle zone artiche e di alcune subartiche e dell’Altopiano del Columbia, usavano il tabacco nell’una o nell’altra forma, ancora prima dell’arrivo dei bianchi che diffusero l’uso della pianta tramite i loro mercanti anche in quelle regioni.
Fumare, fiutare o mangiare tabacco, faceva parte di un rituale che concerneva la guerra, la pace, il raccolto, la pubertà e la morte. Gli indiani bruciavano la pianta come incenso, ne spargevano le foglie o le seppellivano con i morti. Molti di tali usi danno l’impressione che si trattasse di offerte sacrificali. Le applicazioni religiose inclusero l’eccitazione in tempi di tensione come la guerra o il lavoro, scopi estetici, conforto fisico e divertimento. L’alcaloide fisiologicamente attivo nel tabacco è la nicotina.

Le bevande alcoliche

Per molti indiani nordamericani il consumo di alcool era un fenomeno sorto dopo il “Contatto”, ossia dopo l’arrivo dell’uomo bianco. Infatti l’alcool ebbe un ruolo importante nelle relazioni tra gli indiani e gli europei: serviva da bene commerciale in cambio di pellicce, per ingannare gli indiani nei negoziati, e da catalizzatore di agitazioni e di violenze; comunque, in certe regioni del continente, dopo l’agricoltura, l’uso dell’alcool era altamente sviluppato, e in Mesoamerica, nella zona circumcaraibica e nel Sud-Ovest veniva anche usato su vasta scala già in tempi antecedenti il “Contatto”.


Commercio di whisky con gli indiani

Le bevande alcoliche indiane venivano ricavate sia da piante coltivate che da piante selvatiche. Ce n’erano almeno 40 tipi diversi solo nel Messico… come birra di grano, vino di maguey e di sotol e balche, una bevanda fatta di miele fermentato. Gli indiani del Sud-Ovest facevano le bevande dal cactus e i popoli del Sud-Est dal kaki. In molte zone del Sud-Ovest, tra gli Zuni, gli Yuman e gli Apache, come anche nel Sud-Est, l’uso dell’alcool era per lo più sconosciuto. I Papago e i Pima del Sud-Ovest credevano comunque che il consumo di bevande alcoliche portasse la pioggia. Tra gli Aztechi l’intossicazione serviva ad indurre la meditazione e la profezia. L’ubriachezza pubblica venne disapprovata e in alcuni casi, anche indiani di classe elevata, vennero condannati a morte come gente comune.

Il peyote

Il peyote è il frutto della Lophophora williamsii, un cactus selvatico che cresce nel Messico settentrionale e lungo la valle del Rio Grande del Sud-Ovest americano. La punta rotonda a forma di fungo viene tagliata, essiccata e trasformata nel peyote. A volte viene chiamato “mescal button” per la presenza dell’alcaloide allucinogeno mescalina, benché il peyote non abbia nessuna affinità con la vera pianta del mescal. Ci sono fino a nove alcaloidi nel peyote, di cui alcuni stimolanti ed altri sedativi, e quando la punta (che ha un gusto amaro) viene masticata o usata come tè, induce prima nausea, poi un sollevamento di tutti i sensi, una sensazione di benessere e infine visioni. Le tribù messicane e gli Apache nomadi che vagavano verso sud, usavano peyote per scopi sia sacri che profani prima dell’arrivo dei bianchi.
Gli usi rituali comprendevano la perdita dell’appetito e della sete, l’invigorimento nella guerra, nel lavoro, la scoperta tramite la magia dell’avvicinarsi del nemico, la previsione del tempo o del risultato di una battaglia o il ritrovamento di oggetti perduti o rubati.


L’uso del peyote

Gli usi rituali variavano da una regione e da una tribù all’altra. In generale si può dire che in Messico le cerimonie dove compariva il peyote servivano alla richiesta stagionale di cibo e di pioggia ed era usato insieme a danze, corse e giochi della palla, ai quali partecipavano sia uomini sia donne, mentre tra gli Apache ed altre tribù nomadi come i Comanche – che adottarono più tardi l’uso della pianta – le cerimonie duravano tutto l’anno, con la partecipazione dei soli uomini, in quanto si trattava della preparazione della guerra. Le incursioni dei Comanche nel Messico erano infatti la principale ragione per cui il peyote venne diffuso verso il nord fra i loro vicini nelle Grandi Pianure, e cioè presso i Kiowa, i Cheyenne e gli Arapaho. La cultura del peyote si diffuse quindi nei secoli, mentre le usanze mutavano parecchio da una tribù all’altra e anche i rituali stessi per i quali veniva usato. Nel tardo secolo XIX, dopo il crollo del movimento “Ghost Dance” nel 1890, la cultura del peyote si evolse quale religione organizzata intertribale, la cosiddetta Chiesa Americana Indigena (Native American Church).


La Native American Church

Le sconfitte militari, la perdita di territori e le restrizioni della vita in riserve, contribiiirono alla rapida crescita di quella Chiesa tra gli indiani occidentali nonostante i tentativi di sopprimerla da parte dei missionari cristiani e da ufficiali del governo e la proibizione dell’uso del peyote sul territorio dell’Oklahoma nel 1898. Ciononostante non tutti gli indiani del centro culturale del peyote adottarano la nuova religione. Molti indiani Pueblo, per esempio, mantennero le loro forme tradizionali di venerazione.
Nel 1918 lo stato dell’Oklahoma ritirò la proibizione del peyote sul suo territorio e garantì una carta che autorizzava l’opera della Chiesa Amcricana Indigena. Intorno al 1930 si stimava che metà della popolazione indiana appartenesse alla chiesa che aveva grande importanza nel movimento panindiano di quel periodo. Dopo il 1934 l’amministrazione di John Collier dell’Ufficio di Affari Indiani che difese l’autodeterminazione degli indiani stessi, nessun tentativo ufficiale per sradicare quella religione è più avvenuto.

Lo stramonio

Lo stramonio o Datura è una pianta alta, ruvida e di crescita annuale, appartenente alla famiglia delle Solanacee. Gli indiani dell’America centrale, del Sud-Ovest e della California usavano la pianta, solitamente come tè, dopo aver tritato e bagnato le foglie, gli steli e le radici, per ottenere un effetto come quello ottenibile con il consumo di peyote. Nel Messico lo stramonio veniva a volte usato insieme al peyote, ma altrove avevano ciascuno la propria cultura. Come nel caso del peyote, il suo uso era sia profano che religioso.


Lo stramonio

L’impiego medicamentoso comprendeva l’uso come anestetico per operazioni e come ingrediente di pomate.
Il nome popolare, in America, dello stramonio “jimsonweed” deriva da “Jamestown weed” (erbaccia di Jamestown), che i soldati inglesi di guarnigione in Virginia nel 1676 davano alla pianta di cui mangiavano le foglie senza conoscerne le conseguenze. Non esiste comunque nessuna prova che gli indiani del Sud-Est usassero lo stramonio per le sue proprietà psicoattive.

Altre piante psicotrope

Il termine mescal viene a volte impiegato sia per la mescalina, un alcaloide del peyote, sia per il maguey (agave). Il vero mescal o “fagiolo rosso”, Sophora secundiflora appartiene comunque alla famiglia dei fagioli (Fabacee) e contiene il soforino, alcaloide dall’effetto somigliante a quello della nicotina. Vari popoli del Sud-Ovest, delle Grandi Pianure e un piccolo gruppo del Sud-Est, mangiavano i fagioli mescal.
L’uso dell’emetica “bevanda nera” era unicamente un fenomeno del Sud-Est, ad eccezione dei Karankawa, indiani del Texas, che vengono considerati parte dell’area culturale del Sud-Ovest. L’ingrediente principale della bevanda era la pianta Ilex cassine (o Ilex vomitoria). A volte anche il tabacco veniva aggiunto. Gli indiani bevevano la “bevanda nera” ritualmente quale purgativo o stimolante della purificazione e dell’ispirazione prima di riunioni, funerali, guerre o cerimonie stagionali come il rituale della stecca (Busk ritual), anche chiamato festa del grano verde (Green Com Festival), un rito annuale di rinnovamento.


L’uso del fungo magico tra gli Aztechi

Il “fungo magico”: i popoli dell’America centrale, innanzi tutto gli Aztechi, ingerivano il fungo teonanacatl (Psilocybe) per la sensazione di euforia che provocava, ma anche per scopi religiosi. I medici stregoni dei Mazatec usano tale droga ancora oggi.
Come il fungo teonanacatl, i semi della pianta ololiuqui vennero usati per scopi di divinazione nella valle del Messico e nei dintorni. L’ololiuqui fu usato come una specie di siero della verità.

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