La cerimonia del peyote tra i Nativi Americani
A cura di Isabella Squillari
Peyote ceremony
Fin dall’alba della civiltà la religione ha sempre ricoperto un ruolo molto importante nella vita dell’uomo.
Ha viaggiato di pari passo con la comparsa sul nostro pianeta delle prime creature appartenenti al genere umano, e si è moltiplicata nei suoi numerosi culti, servendo da scudo contro le forze del male. La religione ha fornito agli antichi guerrieri armi efficaci quanto incredibili per combattere le altre tribù, esercitando un influsso sinistro sul nemico. Nel 1870 la religione apparve tra gli indiani delle pianure in una forma fino ad allora sconosciuta chiamata “Peyotismo”, anche se già nel 1560 gli spagnoli giunti da poco in Messico scoprirono che i nativi si nutrivano di una “radice diabolica”.
Il peyote era al centro di un culto che si diffuse anche tra gli indiani del Sud e del Sudovest. I missionari si opposero al suo utilizzo e stigmatizzarono questo rito come diabolico e blasfemo, a causa delle allucinazioni provocate dalla droga che generavano le visioni, portando l’individuo in un regno spirituale al di là del mondo reale, in un paradiso insolito e surreale che nulla aveva a che fare con l’esistenza materiale.
Sembra che sotto l’effetto di questa droga i nativi riuscissero a stabilire un rapporto intimo e profondo con le forze spirituali.
Un dipinto della cerimonia del peyote
Il peyote, o mescal, è una strana, misteriosa e potente droga che provoca visioni e allucinazioni che vanno oltre la realtà della vita quotidiana. Gli indiani guardano ad essa come a qualcosa di spirituale, i bianchi come a una forza diabolica.
L’utilizzo di questa pianta per scopi medici e religiosi è molto antico. Vi sono testimonianze del fatto che la cerimonia del peyote era diffusa in tutte le tribù dal fiume Arkansas alla valle del Messico, e dalla Sierra Madre fino alla costa, sebbene pare che gli indiani Navajo e Moki non la conoscessero.
Tutti gli strumenti in uso nella cerimonia
James Mooney, del dipartimento di Etnologia degli Stati Uniti, fu il primo a rendere nota questa cerimonia in una relazione presentata alla Società Antropologica di Washington il 3 novembre 1891. Si legge: “So per esperienza che il mescal è un potente stimolante e consente alle persone di resistere a grandissimi sforzi fisici senza riportare alcun danno; è qualcosa di totalmente differente da ogni altro stimolante conosciuto.”
Gli indiani considerano il mescal come una fonte di ispirazione e una chiave per accedere alle meraviglie di un’altra dimensione. In campo medico lo ritengono una panacea, particolarmente efficace per combattere le emorragie e le malattie polmonari. Essi preparano spesso un decotto con il mescal, senza alcun rituale, efficace contro la febbre e il mal di testa.
Un danzatore del peyote
Masticare la droga, secondo il rituale indiano, svela il mistero del paradiso e avvicina al Grande Spirito. Il Peyotismo è molto popolare tra alcune tribù di indiani per lo stato di contentezza e di esaltazione mentale che genera, stato che offre loro un meccanismo di fuga dall’esistenza quotidiana. Il culto prevede l’uso della droga sotto forma di sacramento durante le cerimonie, le quali necessitano per il loro svolgimento dell’attrezzatura necessaria.
Essa non è un’attrezzatura convenzionale, ma varia da una tribù all’altra. Una parte del rito è caratterizzata dall’uso simbolico di ventagli puramente decorativi, che raffigurano uccelli variopinti che servono da messaggeri tra lo spirito divino e l’uomo. La grandezza e la forma dei ventagli variano, e vengono utilizzate le piume di numerose varietà di uccelli, sia per gruppi singoli che per composizioni. Generalmente l’impugnatura, alla quale viene appeso un fiocco, è ricoperta da bellissime decorazioni di perline colorate che rappresentano le visioni avute sotto l’effetto della droga.
La struttura di una capanna in uso nella cerimonia del peyote
I tamburi, molto importanti nel rituale del culto, sono ricavati da bricchi in ghisa con treppiede ai quali sono state rimosse le impugnature. Alla sommità viene distesa una pelle di daino bagnata che asciugando si restringe, rimanendo così molto tesa. I lembi laterali vengono fissati con una corda, fino a descrivere il disegno di una stella a sette punte. Sul lato esterno, sotto i lembi della pelle, si trovano sette pietre tonde in marmo che rappresentano le punte della stella e che servono per fissare la corda.
Il disegno che viene descritto dalla corda tesa potrebbe somigliare al bottone del peyote o alla Morning Star. Le corde sono trattenute da punte di corna di cervo. Il bricco viene riempito a metà con acqua, e vengono gettati dentro alcuni carboni ardenti. Si aggiungono erbe officinali o essenze, a seconda se la cerimonia sia condotta o meno per la cura di malattie. Viene utilizzata una sola bacchetta per il tamburo, di lunghezza variabile e spesso intagliata; in genere si tratta di un piccolo bastone senza corteccia. Secondo il culto Kiowa, il tamburo simboleggia il tuono, l’acqua contenuta in esso la pioggia, e i carboni ardenti rappresentano il fulmine.
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