John Brown, l’abolizionista
John Brown, figura storica assai dibattuta, è stato un abolizionista radicale animato da un fervente e sincero odio contro la schiavitù e tutto quanto ad essa poteva essere connesso. Per condurre la causa antischiavista, propugnò anche mezzi estremi di combattimento come la lotta armata. Questo lo portò a compiere un gesto estremo assalendo la postazione dell’esercito statunitense a Harper’s Ferry nell’ottobre del 1859.
È ampiamente diffusa tra gli storici e gli studiosi la convinzione che la vera intenzione di John Brown fosse di catturare un numero sufficiente di armi da distribuire successivamente agli schiavi di cui voleva guidare una ribellione. Va detto però che questo punto di vista è stato ripetutamente negato, a suo tempo, dall’interessato.
John Brown nacque a Torrington il 9 maggio 1800 e morì a Charles Town il 2 dicembre 1859. Catturato dopo un fallito assalto a un’armeria federale con cui intendeva innescare una rivolta, fu condannato a morte per tradimento e impiccato.
Personaggio tra i più noti della storia dell’abolizionismo negli Stati Uniti, gli fu dedicata una canzone popolare, “John Brown’s Body”, divenuta inno di battaglia informale delle truppe nordiste durante la successiva guerra di secessione. Benché sia popolarmente riconosciuto come martire della causa abolizionista, una parte della critica storica lo considera il primo terrorista ante-litteram che abbia mai operato nei territori dell’Unione.
John Brown (1856)
Nel 1848 Brown sentì parlare di Gerrit Smith di Adirondack che faceva concessioni di terra di poveri uomini neri, e decise di spostare la sua famiglia tra i nuovi coloni. Acquistò quindi un terreno nei pressi di North Elba, vicino a Lake Placid, nello Stato di New York per 1 dollaro l’acro, e trascorse 2 anni lì. Dopo l’esecuzione, la moglie decise di seppellirlo nella sua proprietà. Dal 1895, l’azienda è di proprietà statale, mentre la fattoria di John Brown e la vicina tomba sono ora un monumento storico nazionale.
In origine Brown attirò su di sé l’attenzione quando condusse piccoli gruppi di volontari durante la sanguinosa crisi del Kansas. A differenza della maggior parte degli altri abitanti del Nord, che sostenevano la resistenza pacifica alla fazione pro-schiavitù, Brown chiese azioni violente in risposta all’aggressione del sud. Egli credeva di manifestare la volontà di Dio nel punire gli uomini per il peccato di possedere schiavi.
Nel corso del 1856 in Kansas, comandò un gruppo d’uomini nella cosiddetta battaglia di Black Jack e in quella di Osawatomie.
Il 24 maggio i suoi seguaci uccisero anche cinque sostenitori della schiavitù a Pottawatomie Creek.
Il 16 ottobre 1859 John Brown attaccò l’arsenale federale di Harper’s Ferry, in Virginia allo scopo di provocare una rivolta degli schiavi neri della Virginia che sarebbero stati poi armati col materiale prelevato dall’arsenale stesso.
I marines attaccano i volontari di John Brown ad Harper’s Ferry
Il tentativo fallì, mentre gli schiavi che avrebbero tratto vantaggio dal successo dell’azione rimasero del tutto apatici, forse per timore delle reazioni governative. Nell’assalto delle truppe regolari, che intendevano stroncare l’azione, morirono due Marines e dieci seguaci di John Brown.
Questi, catturato con altri cinque suoi compagni, fu condannato a morte il 2 novembre 1859 per cospirazione, omicidio e insurrezione armata e il 2 dicembre impiccato.
Gli ultimi momenti di vita di John Brown
Victor Hugo, dal suo esilio nel Guernsey, tentò di ottenere l’assoluzione per John Brown: mandò una lettera aperta che fu pubblicata dalla stampa di entrambi i lati dell’Atlantico (Atti e parole). Questo testo, scritto alla Hautesville House il 2 dicembre 1859, metteva in guardia contro una possibile guerra civile:
Politicamente parlando, l’omicidio di John Brown sarebbe un peccato imperdonabile. La sua morte probabilmente consoliderà la schiavitù in Virginia, ma darà una scossa all’intera democrazia americana. Si creerebbe così in seno all’Unione una ferita che, rimanendo latente, nel lungo periodo si aprirà. Vi siete così salvati dalla vergogna, ma avete rinunciato alla gloria. Moralmente parlando, sembra che una parte della luce umana si chiami fuori dalla vostra causa, e che le nozioni di giustizia e ingiustizia siano così nascoste nell’oscurità, aspettando il giorno in cui la luce rifulga e si vedrà l’assassinio commesso ai danni dell’emancipazione commesso nel nome stesso della libertà.
Lasciate che gli Stati Uniti pensino che c’è qualcosa di più spaventoso di Caino che uccide Abele, ed è Washington che uccide Spartaco.
Dopo la sua morte, avvenuta poco prima della guerra di secessione, John Brown, soprannominato il Capitano per aver militato con tale grado nella milizia dello Stato del Kansas (di sentimenti anti-sudisti) dei freesoilers, venne acclamato come un eroe.
La sua azione del 1859, benché fallimentare, entusiasmò la nazione. Fu processato per tradimento contro il Commonwealth della Virginia, l’omicidio di cinque sudisti a favore della schiavitù, e incitamento alla rivolta degli schiavi e, riconosciuto colpevole su tutti i fronti, fu impiccato. I sudisti hanno affermato che la sua ribellione è stata la punta di un iceberg abolizionista, espressione dell’abolizionismo del Partito Repubblicano.
La condanna a morte di John Brown fornì agli abolizionisti una causa per cui combattere, un martire a cui rifarsi. D’ora in poi, egli diventerà un esempio da seguire per i combattenti, e ispirerà una canzone che diventerà l’inno della causa dell’Unione:
John Brown’s body lies a-mold’ring in the grave.
His soul goes marching on.
(Il corpo di John Brown giace nella tomba.
La sua anima marcia tra noi.)