L’odissea della carovana Utter
A cura di Denis Giotta
L’attacco alla carovana Utter
La carovana di Elijah Utter si era formata a Geneva, nel Wisconsin, nel 1860 e contava 38 persone, di cui 21 bambini, appartenenti a quattro famiglie, alle quali si aggiungevano alcuni uomini non sposati.
Con Elijah c’era la moglie Abegal, sposata un anno prima, e la loro neonata, Susan. Viaggiavano col loro i tre figli della donna, Elizabeth, Christopher ed Emeline Trimble, e i suoi precedenti sei figli, Mary, Charles, Henry, Wesley, Emma e Abby.
Joseph Myers era in compagnia della moglie, Mary, e dei loro cinque figli, Isabella, Margaret, Eugene, Harriet e Carolyn.
Con loro c’era pure il fratello di Joseph, John Myers. Daniel Chase, dell’Illinois, viaggiava con la moglie Elizabeth, i due figli, Daniel Jr. e Albert e la piccola Mary.
Alexis Van Ornum era originario di Chautauqua, nello Stato di New York. Si era messo in viaggio con la moglie Abigail e i loro cinque figli, il sedicenne Marcus, il piccolo Reuben di otto anni e le tre bambine, Eliza, Minerva e Lucinda.
Con i Van Ornum viaggiavano altre persone: Judson Cressey, il diciottenne Samuel Gleason, Lewis Lawson, Goodsel Munson e i fratelli Jacob e Joseph Reith, due giovani attorno ai vent’anni.
La carovana in movimento
Il 21 Agosto, il gruppo raggiunse il vecchio Fort Hall, nell’Idaho, un consueto luogo di sosta per le carovane dirette all’Ovest lungo l’Oregon Trail. Nella regione correvano voci di turbolenze con gli Indiani e le truppe avevano garantito la sicurezza dell’ultimo convoglio in viaggio verso l’Oregon, qualche tempo prima. L’esercito non era però a conoscenza della presenza di questo convoglio e Utter decise di partire ugualmente per il pericoloso viaggio, nonostante l’assenza di una scorta. 22 dragoni vicino al congedo li scortarono fino a Twin Falls, ma poi tornarono indietro. Quattro soldati e un sergente in congedo furono armati dai coloni e assoldati come guardaspalle. A loro si aggiunse un giovane disertore dell’esercito.
Il mattino del 9 Settembre, la carovana di 44 persone si trovava poco oltre il Castle Creek, sulla sponda meridionale dello Snake River a Ovest del Castle Butte, presso l’attuale confine tra l’Idaho e l’Oregon. Il gruppo possedeva otto grossi carri trainati da buoi, un centinaio di bovini e alcuni cavalli. Una grossa banda di guerrieri bannock e shoshone del Boise River, cento o duecento uomini, si avvicinò minacciosa alla carovana, costringendo Utter a ordinare immediatamente la disposizione in cerchio dei carri.
Il vecchio Fort Hall, nell’Idaho
Gli Indiani cercarono di far fuggire la mandria di cavalli e bestiame dei coloni, ma questi si difesero e li costrinsero alla momentanea ritirata. Nella speranza di salvare la vita e riprendere il viaggio, i pionieri offrirono cibo e altre vettovaglie agli Indiani che, apparentemente, accettarono l’offerta e se ne andarono. Poche ore dopo, tornarono all’assalto e per la carovana di Utter, che si era spostata di un solo miglio, sembrava proprio la fine. Per tutto il giorno e il successivo, i coloni si difesero, trincerati dietro i carri dove, nel frattempo, il piccolo Reuben Van Ornum, di otto anni, assisteva atterrito all’imminente massacro, assieme alle sue tre sorelle e altri 17 bambini. Uno dei sopravvissuti, Joseph Myers, raccontò che il gruppo si difese strenuamente e mise a segno parecchi colpi, uccidendo dai 25 ai 30 Indiani. Uno dei ragazzini, Charles Utter, di soli 13 anni, colpì a morte tre tre di loro. Naturalmente, si trattava di una esagerazione, perché i Bannock e gli Shoshone non accennavano ad andarsene. L’avrebbero fatto, subendo tali perdite. Probabilmente, il loro scopo era conquistare il bottino della carovana, non commettere un massacro.
Gli indiani si avvicinano alla carovana
I difensori non avevano più acqua e vedevano il numero degli Indiani aumentare sempre più. Fu presa una difficile decisione, nella speranza di sfuggire al massacro. Avrebbero abbandonato agli Indiani la metà dei carri e del bestiame, tentando di fuggire con il resto.
La sera del 10 Settembre, momento scelto per l’azione, tre ex militari, il disertore e i due fratelli Reith, che dovevano distrarre gli assalitori per coprire la fuga degli altri, scapparono a cavallo o a piedi, vanificando il piano. I pionieri, presi dal panico, cercarono di fuggire da tutte le parti, abbandonando i carri e dileguandosi nella notte. Nel corso delle oltre 30 ore di assedio e durante i primi tragici momenti della fuga, alcuni membri della carovana trovarono la morte. Lewis Lawson e due dei militari furono uccisi il primo giorno durante l’assedio, mentre Judson Cressey e John Myers morirono nella fuga. Elijah Utter era gravemente ferito. La moglie Abagel e quattro dei suoi figli (Mary, Wesley, Emma e Abby) non vollero abbandonarlo, così furono tutti uccisi presso i carri.
I tre soldati fuggiti non pensavano a cercare aiuto, consapevoli che sarebbero stati accusati di avere abbandonato i migranti al loro destino. Spinsero le loro cavalcature verso Ovest e, presso il John Day River, furono intercettati giorni dopo da Indiani ostili e uno solo riuscì a salvare la pelle. Fu ritrovato tempo dopo da un colono, mezzo morto di fame e sull’orlo della pazzia. Degli altri tre fuggiaschi sentiremo ancora parlare.
I 27 migranti in fuga avevano conservato solo i vestiti, poco cibo, alcune armi e altre cose. Per oltre una settimana vagarono lungo lo Snake River, verso valle, nascondendosi di giorno e camminando la notte. Coprirono 75 miglia fino all’Owyhee River, dove giunsero il 18 Settembre, troppo deboli per proseguire, esausti e affamati. Improvvisarono un campo tra i salici e tentarono di catturare qualche pesce.
L’assalto alla carovana
Erano rimasti in 25, sei adulti, 18 bambini e il giovanotto, Gleason. L’undicenne Christopher Trimble e Goodsel Munson, il giorno prima, avevano lasciato la compagnia per cercare aiuto. Il 22 Settembre, nei pressi del Malheur River incontrarono i fratelli Reith e il disertore, Charles Chaffee. Forse colto dal rimorso, Chaffee uccise il suo cavallo e affidò al bambino tanta carne quanto riusciva a portare, rimandandolo dai suoi parenti. Il ragazzino, che sarà forse il maggiore eroe di tutta la storia, riuscì a ritrovare i migranti sull’Owyhee River, portando loro un po’ di cibo. Purtroppo, si era dovuto sbarazzare di parte del carico, troppo pesante per lui.
Attorno al primo di Ottobre, i 26 sopravvissuti furono raggiunti all’accampamento sull’Owyhee River da altri Shoshone. Ancora una volta, il giovane Trimble si trovò in mezzo alla scena. Stava pescando lungo il fiume, un miglio dal campo, quando fu avvicinato dagli Indiani, che lo ricondussero dai suoi parenti e chiesero di potere scambiare salmoni con le poche cose che ancora possedevano. Gli Indiani sembravano amichevoli, ma sottrassero loro coperte e armi da fuoco con la forza. Christopher si offrì come ostaggio, pensando di riuscire a recuperare un po’ di cibo per la sua gente e infatti, tre giorni dopo, tornò al campo con del pesce.
Nel frattempo, il 2 Ottobre, i fratelli Reith riuscirono a raggiungere la Riserva Indiana di Umatilla e dare l’allarme.
Il 4 Ottobre, Alexis Van Ornum decise di lasciare il campo. Non si fidava degli Indiani e temeva per la vita dei suoi famigliari. Con la moglie Abigail, il figlio sedicenne Marcus, il giovane Reuben e le tre bambine, Eliza, Minerva e Lucinda, fuggì nuovamente verso valle, lasciando nel piccolo campo 16 compagni esausti. Con la sua famiglia c’erano gli ultimi sopravvissuti degli Utter, Charles e Henry, e il giovanotto di nome Gleason.
Nel campo sull’Owyhee River, la morte iniziò a reclamare il suo tributo. Daniel Chase sr. morì forse lo stesso 4 Ottobre, avendo mangiato del pesce avariato. Libbie (Elizabeth) Trimble morì il 13, seguita dalla sorellina acquisita Susan, di un solo anno, cinque giorni dopo. Il 19 Ottobre morì Danny (Daniel jr.) Chase e il 21 toccò a suo fratello, Albert. Tutti morirono di fame. Dopo molte discussioni e preghiere, i sopravvissuti si decisero a cibarsi della carne dei bambini, nella speranza di resistere fino all’arrivo dei soccorsi.
L’attacco continua
Un drappello di soldati di The Dalles, comandati dal capitano Frederick T. Dent, era stato allertato il 9 Ottobre e, guidato da uno dei fratelli Reith, Jacob, si mise alla ricerca dei migranti. Il 19 Ottobre, un distaccamento agli ordini del tenente Marcus Reno (proprio lui, quello del Little Big Horn) soccorse Munson e Chaffee, recuperandoli lungo la pista, nei pressi del Burnt River. Chaffee fu condannato e impiccato in seguito, per la diserzione, non per la codardia. Il giorno dopo, Reno scoprì i cadaveri di sei persone in un antico cratere presso lo Snake River, a Farewell Bend. Erano Alexis Van Ornum e parte del suo gruppo. La moglie Abigail era stata frustata a sangue, violentata e scalpata. I due giovani Utter erano stati uccisi con le frecce. Van Ornum, il figlio Marcus e il giovane Gleason avevano la gola tagliata e il corpo trafitto di frecce. Erano morti da quattro-sei giorni, probabilmente il 16 Ottobre e i lupi non li avevano ancora molestati. La decomposizione stava avanzando e il tenente li seppellì sul posto.
Il 27 Ottobre, i soldati soccorsero i dieci sopravvissuti nel campo sull’Owyhee River. Erano i sette membri della famiglia Meyrs, Elizabeth Chase e sua figlia Mary, oltre a Emeline Timble. Stavano arrostendo parte del corpo di Daniel Chase, sr. Gli Indiani lo avevano seppellito, ma i morsi della fame avevano obbligato Joseph Myers e gli altri a tirarlo fuori dalla tomba. Il tenente Anderson, inorridito e disgustato, prese i poveri resti e li scagliò nel fiume.
Il capitano Smith testimoniò che ‘erano in condizioni pietose, praticamente nudi e morti di fame, essendosi sostenuti con bacche e, come ultima risorsa, dei resti di uno del loro gruppo che era morto da pochi giorni’. I dragoni portarono cibo e coperte, appena in tempo per evitare che divorassero i resti della piccola Susan. Tempo dopo, Myers raccontò di avere ‘mangiato di tutto, semi, erba e qualsiasi cosa trovassimo. Finalmente, uno dei bambini morì, lo facemmo a pezzi e lo mangiammo. E così via fino ad averne mangiati tre. La madre ci aiuto? a mangiare il suo stesso figlio…’ Emeline Trimble, nel 1892, confessò in un libricino che ‘eravamo fuori di testa, avevamo bisogno di cibo, ma dove trovarlo? Poi, un’idea prese posto nelle nostre menti, una cosa che non potevamo dirci l’un l’altro, così orribile e rivoltante anche solo pensarla, ma la terribile follia della fame si era ormai impossessata di noi, così cucinammo e mangiammo i corpi di quei poveri bambini, prima la sorella Libbie, poi i piccoli figli della Signora Chase…’
Il capitano Dent riportò l’uccisione del giovane Christoper Trimble, da parte degli Indiani. Il suo corpo fu trovato a qualche distanza dal campo, tra i cespugli, in avanzato stato di decomposizione e mezzo divorato dai lupi. La sua era una storia eroica. Aveva combattuto per difendere il suo gruppo dagli Indiani durante l’assedio e si dice, ma probabilmente è una leggenda, che ne aveva ucciso alcuni. Vagò nel deserto alla ricerca di aiuto e tornò dai parenti con la carne di cavallo ottenuta da Chaffee, poi si offrì volontariamente prigioniero agli Shoshone sull’Owyhee River, nella speranza di potere rifornire i suoi compagni con del cibo. Tre settimane prima c’era stata la sua ultima visita, con del salmone. Probabilmente fu ucciso il 7 Ottobre.
I quattro bambini della famiglia Van Ornum erano scomparsi, probabilmente rapiti dagli Indiani.
Lo zio di Reuben e fratello di Alexis Van Ornum, Zacheas, cercò i nipoti per due anni ed era presente quando, nel Novembre 1862, il maggiore Edward McGarry riscattò il ragazzo dagli Shoshone del capo Cacciatore d’Orsi, nella Cache Vally, nello Utah. Il destino delle tre bambine è rimasto avvolto nel mistero. Alcuni migranti testimoniarono di avere visto Eliza e Minerva imprigionate con una corda attorno al collo, forse vendute ai mormoni, mentre Lucinda, 14 anni, era stata uccisa durante un
tentativo di fuga. Si racconta avesse ucciso due donne shoshone, prima di essere massacrata dai guerrieri. Lo stesso Reuben pensava che le tre sorelle fossero morte di stenti.
Reuben era sopravvissuto all’assedio, al combattimento, all’omicidio della sua famiglia e a due anni di prigionia. Dopo pochi anni dal suo riscatto, il ragazzo sparì nuovamente e scomparve per sempre, forse raggiunse gli stessi Indiani che lo avevano rapito e che ora considerava la sua famiglia.
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Lo zio Zacheas servì come scout per le truppe del colonnello Patrick Connor e fu presente al Massacro di Bear River nel Novembre 1863. I militari assalirono un villaggio di Bannock e Shoshone dove, secondo alcune informazioni, si nascondevano gli autori dell’attacco alla carovana di Utter. I soldati speravano di trovare le ragazzine, ma non c’erano.
Reuben Van Ornum era un bambino di otto anni, quando fu catturato. Non aveva nessuna conoscenza dell’ambiente naturale in cui si trovava e nessuna speranza di fuggire. Le tecniche che utilizzò per sopravvivere sono ancora oggi considerate intelligenti ed essenziali per ostaggi in simili situazioni, sebbene non sempre possano essere praticate. Quando fu ritrovato, non sembrava essere in pericolo. Gli Shoshone lo avevano probabilmente trattato come uno dei loro bambini. Ripulito e rimesso in ordine, divento? un membro della famiglia che lo adotto? e parte attiva della comunità. Forse il piccolo aveva intuito che più si inseriva in quella società, più speranze aveva di sopravvivere. In breve tempo, adottò i costumi dei suoi rapitori e, dopo il suo riscatto, attese il momento propizio per fuggire e tornare da loro, all’inizio degli anni ‘70.