I saloon

A cura di Sergio Mura

Un cowboy entra a cavallo dentro un tipico saloon del west
Non è davvero possibile parlare di Far West senza menzionare le migliaia di saloon che ne hanno punteggiato la storia e lo sviluppo. Lo stesso termine “saloon” è un’icona del west, almeno nella nostra mente. Lo immaginiamo con la facciata di legno e l’insegna che invita ad entrare ed i classici vicoletti scuri ai lati della costruzione.
Immaginiamo anche le classiche porte cigolanti che si aprono e chiudono al passaggio dei cow-boys che cercano un sollievo nel whisky per le loro gole riarse dal sole e dalla polvere.
Quando l’America decise di diventare una grande nazione e di conquistare ogni spazio del suo territorio a ovest, ebbene i saloon si misero subito al seguito della gente che si spostava.
Erano onnipresenti.
Sebbene posti come Taos e Santa Fe, nel New Mexico, ospitassero alcune “cantinas” messicane, questo era nulla rispetto al pullulare di saloon veri e propri che spuntarono ovunque qualche gruppo di pionieri si stabiliva o dove le piste si incrociavano.


L’interno di un saloon piuttosto elegante

Il primo locale a fregiarsi del nome “Saloon” fu a Brown’s Hole, nei pressi del confine tra Wyoming, Colorado e Utah. Era il 1822 e il Brown’s Saloon fu una manna dal cielo per i trappers che vi si recavano per alleggerire le durissime giornata di caccia.
I saloon erano anche ben noti in posti occupati dai soldati. A Bent’s Fort (Colorado) venne aperto uno dei primi saloon del west sul finire degli anni ’20, e lo erano anche tra i cow-boys, come a Dodge City (Kansas). C’erano saloon anche nei luoghi in cui i minatori e cercatori d’oro scavavano le montagne o i canyon in cerca di fortuna. Quando l’oro fu scoperto in California, nei pressi di Santa Barbara, nel 1848, anche lì vi era almeno un saloon! Bastarono pochi anni, però, perché se ne contassero circa 30. Nel 1883, Livingston (Montana), sebbene fosse appena un paesello che ospitava 3.000 anime, pullulava di saloon. Ce n’erano ben 33!
I primissimi saloon ad apparire nel west non avevano certamente l’aspetto che siamo abituati ad immaginare. Erano perlopiù tende montate in fretta e in furia per ospitare gli uomini che volevano bere ed attaccare bottone con qualcuno. I soldati vi trascorrevano le loro ore libere, i cow-boy cercavano un ingaggio ed i minatori favoleggiavano di tesori nascosti.


Clienti appoggiati al bancone del saloon

Bastò poco, però, affinché i saloon conquistassero chiara e sicura fama tra gli uomini del tempo e questo li fece prosperare quanto bastava per darsi un aspetto più ordinato e stabile, più simile alla classica iconografia del west. In quei tempi duri nei saloon si serviva prevalentemente un whisky grezzo i cui ingredienti erano l’alcool puro, il tabacco da masticare e lo zucchero. I nomi che gli venivano affibbiati erano assai “centrati”: succo di tarantola, occhio rosso, vernice per bare. Il termine più popolare per definire il whisky di frontiera era “acqua di fuoco” la cui origine si trova nei primi scambi tra mercanti ed indiani, allorquando i primi convincevano i secondi della bontà del prodotto decantandone l’alto contenuto alcolico. Per ottenere il convincimento degli indiani bastava gettare qualche goccia di whisky nel fuoco per vedere che questo si attizzava di colpo.
Nei saloon il liquore non era sempre di elevata qualità, ma nessuno osava fiatare, né ordinare altro perché un vero uomo doveva essere capace di bere di tutto! Anche la birra veniva servita, ma la temperatura era sempre tale da renderla poco gustosa, almeno rispetto ai canoni attuali. I padroni tenevano la birra nel retro dei saloon, nella speranza di mantenerla un po’ fresca, ma fu solo dopo gli anni ’80 – con l’invenzione della refrigerazione artificiale – che un certo Adolphus Busch riuscì a mantenere la birra fresca.
Lo stesso Adolphus Busch lanciò sul mercato la Budweiser che non tardò ad affermarsi tra la gente.
Nei saloon non tardò ad affermarsi la presenza dei tavoli da poker attorno ai quali tutti, cow-boys, soldati, minatori, impiegati, boscaioli, sceriffi, banditi e lavoratori dlla ferrovia, tentavano la fortuna nella speranza d cambiare vita. Al tavolo da gioco era molto praticato “Faro”, un gioco d’azzardo che affascinava tutti, ma il “Poker” spadroneggiava, creando una folta genia di praticanti, più o meno esperti. In tal senso come non ricordare con simpatia i “gamblers”, ossia i “praticoni” più o meno disonesti del tavolo da gioco? Passavano le loro giornate seduti al tavolo da gioco in attesa del pollo da spennare.
La classica porta di un saloonLa classica porta di un saloon
Alcuni tra questi gamblers impararono ad usare la pistola tanto quanto usavano le carte e la sei-colpi teneva loro compagnia sul tavolo da gioco, incutendo anche la giusta dose di paura negli altri giocatori che raramente osavano protestare se erano vittime di imbrogli. Molti pistoleri del tempo crebbero in fama proprio attorno ai tavoli da gioco. Tra questi si distinsero Doc Holliday e Wild Bill Hickok. Esistevano vari tipi di saloon. Vi erano saloon dedicati al ballo, altri dedicati al gioco delle carte, altri ancora al bowling! Onnipresente era il saloon “just drinking”, cioé dedicato al solo bere. I saloon prendevano nomi bizzarri come il “First chance saloon” di Miles City, Montana, il “Bull’s Head” di Abilene, Kansas e il “Holy Moses” a Creede, Colorado. Non era raro trovare saloon che restavano aperti tutto il giorno, tutti i giorni dell’anno ed alcuni mancavano anche di una porta d’ingresso! Quasi tutti i saloon stabili (non nelle tende-saloon della frontiera più avanzata) erano dotati di un lungo ed ampio bancone di quercia o mogano, lavato e lucidato a specchio, lungo il quale si disponevano gli avventori per bere in compagnia. Il padrone lasciava anche a disposizione un certo numero di teli per consentire l’asciugatura dei baffi. Le decorazioni che arricchivano i saloon erano assai varie e riflettevano generalmente la tipologia degli avventori e delle cittadine. Così accadeva che saloon delle città in cui si smerciava il bestiame fossero decorati con corna di animali, selle e speroni. Non mancava quasi mai uno squallido ritratto di donna nuda dietro il bancone. I clienti dei saloon non bevevano mai da soli. Si ricercava la compagnia e nessuno avrebbe mai pensato di bere tra le mura di casa. Per questo motivo i saloon erano quasi sempre pieni di gente nelle ore di apertura. Nei saloon erano ben accetti solamente uomini di razza bianca. Gli indiani erano esclusi ovunque. Qualche nero riusciva ad entrare, specialmente se era un gambler o un giocatore di carte; un cinese che decideva di entrare in un saloon rischiava letteralmente la pelle!


Il “First Chance Saloon” di Thuss

Tra i bianchi erano abbastanza malvisti i soldati e questo per una serie di motivi. Principalmente, però, era forte il risentimento per chiunque ed in qualunque modo fosse collegato alla legge. A quel tempo, infatti, i saloon era frequentati anche da gentaglia di ogni genere che aveva ampi motivi per covare l’odio nei confronti di sceriffi o soldati. Infine, molti accusavano ingiustamente i soldati di portare strane malattie nelle case di tolleranza. Allo stesso modo era meglio che le donne si tenessero alla larga dai saloon, a meno che non fossero donne losche o che fossero collegate ai saloon da un rapporto di lavoro. Per bilanciare questo divieto, le donne partecipavano attivamente a tutte le leghe conto l’alcool, i vizi e la perdizione.
Nei saloon nessuno osava pensare di andare oltre il semplice nome o nomignolo dei presenti. Il rispetto per il passato di ciascuno era totale. Contava solo il presente. Fare domande sul passato di qualcuno era considerato un pericoloso “ficcare il naso” tipico di sceriffi o uomini di legge in genere. In generale la curiosità era considerata inadatta a qualunque uomo. Per esempio, nessuno si sarebbe mai azzardato a chiedere ad un rancher la dimensione della propria mandria perché ciò era come chiedere, oggigiorno, il reddito imponibile. Un altro uso rispettato nei saloon era quello, quando si entrava nel locale, di offrire da bere al vicino. Se qualcuno dimenticava di fare l’offerta, veniva certamente richiesto del perché dagli altri astanti. Identicamente offensivo era rifiutare l’offerta di bere, a prescindere dalla scarsa qualità del liquore che veniva generalmente servito. Famoso era il caso del tale che in un saloon di Tucson aveva rifiutato di bere ed era stato portato di saloon in saloon, sotto la minaccia delle armi, affinché imparasse “un po’ di buone maniere!” Chi non aveva soldi per pagare riusciva sempre ad ottenere qualcosa da bere, ma chi beveva sapendo di non pagare rischiava di essere bastonato se non peggio. Poiché il saloon era quasi sempre una delle prime vere costruzioni all’interno di un insediamento, finiva spesso per essere utilizzato anche come semplice luogo di ritrovo o per altri scopi ancora. Il giudice Roy Bean, ad esempio, utilizzava un saloon di Langtry nel Texas per i dibattimenti processuali.


Il “Last Chance Saloon” di Dry Gulch

Un altro saloon a Downieville veniva regolarmente utilizzato dal locale giudice di pace. A Hays City, nel Kansas, le prime funzioni religiose vennero tenute presso il Tommy Drum’s Saloon. Numerosi e noti pistoleri finirono, prima o poi, per possedere un saloon o una sala da gioco. Tra questi si possono ricordare Wild Bill Hickok, Bill Tighman, Ben Daniels, Wyatt Earp, Bat Masterson, Ben Thompson, Doc Holliday. L’elenco sarebbe ben più lungo, ma già questo è significativo.
Wild BillWild Bill Hickok era un accanito frequentatore di saloon
La cosa più significativa, però, è che nei saloon si finiva per commettere atti di violenza che in qualche modo erano istigati dallo stesso ambiente dei saloon. Nel 1876 Bob Younger ebbe a dire: “Siamo gente rude e usiamo modi rozzi!” Il libero accesso, i fiumi di liquore che vi scorrevano, e la generale carenza di rispetto per la legge facevano dei saloon i luoghi di ritrovo ideali per gente poco raccomandabile. All’interno o negli immediati dintorni dei saloon del vecchio west si consumarono alcuni terribili delitti. Tra questi possiamo inserire il brutale omicidio di Wild Bill Hickok, ucciso da Jack McCall mentre giocava a poker nel Saloon n° 66 di Deadwood (South Dakota). Bob Ford, l’assassino di Jesse James, finì i suoi giorni nel suo saloon-tenda a Creede (Colorado). John Wesley Hardin venne ucciso a colpi di arma da fuoco nel 1895 in un saloon di El Paso (Texas). Moltissimi atti di violenza trovavano origine nei saloon, anche se finivano per essere consumati nelle strade.
Nei saloon nessuno osava pensare di andare oltre il semplice nome o nomignolo dei presenti. Il rispetto per il passato di ciascuno era totale. Contava solo il presente. Fare domande sul passato di qualcuno era considerato un pericoloso “ficcare il naso” tipico di sceriffi o uomini di legge in genere.
In generale la curiosità era considerata inadatta a qualunque uomo. Per esempio, nessuno si sarebbe mai azzardato a chiedere ad un rancher la dimensione della propria mandria perché ciò era come chiedere, oggigiorno, il reddito imponibile.

Un altro uso rispettato nei saloon era quello, quando si entrava nel locale, di offrire da bere al vicino. Se qualcuno dimenticava di fare l’offerta, veniva certamente richiesto del perché dagli altri astanti. Identicamente offensivo era rifiutare l’offerta di bere, a prescindere dalla scarsa qualità del liquore che veniva generalmente servito. Famoso era il caso del tale che in un saloon di Tucson aveva rifiutato di bere ed era stato portato di saloon in saloon, sotto la minaccia delle armi, affinché imparasse “un po’ di buone maniere!”
Chi non aveva soldi per pagare riusciva sempre ad ottenere qualcosa da bere, ma chi beveva sapendo di non pagare rischiava di essere bastonato se non peggio.
Poiché il saloon era quasi sempre una delle prime vere costruzioni all’interno di un insediamento, finiva spesso per essere utilizzato anche come semplice luogo di ritrovo o per altri scopi ancora. Il giudice Roy Bean, ad esempio, utilizzava un saloon di Langtry nel Texas per i dibattimenti processuali.


Il saloon del giudice Roy Bean

Un altro saloon a Downieville veniva regolarmente utilizzato dal locale giudice di pace. A Hays City, nel Kansas, le prime funzioni religiose vennero tenute presso il Tommy Drum’s Saloon.
Numerosi e noti pistoleri finirono, prima o poi, per possedere un saloon o una sala da gioco. Tra questi si possono ricordare Wild Bill Hickok, Bill Tighman, Ben Daniels, Wyatt Earp, Bat Masterson, Ben Thompson, Doc Holliday. L’elenco sarebbe ben più lungo, ma già questo è significativo.
La cosa più significativa, però, è che nei saloon si finiva per commettere atti di violenza che in qualche modo erano istigati dallo stesso ambiente dei saloon. Nel 1876 Bob Younger ebbe a dire: “Siamo gente rude e usiamo modi rozzi!” Il libero accesso, i fiumi di liquore che vi scorrevano, e la generale carenza di rispetto per la legge facevano dei saloon i luoghi di ritrovo ideali per gente poco raccomandabile.
All’interno o negli immediati dintorni dei saloon del vecchio west si consumarono alcuni terribili delitti. Tra questi possiamo inserire il brutale omicidio di Wild Bill Hickok, ucciso da Jack McCall mentre giocava a poker nel Saloon n° 66 di Deadwood (South Dakota). Bob Ford, l’assassino di Jesse James, finì i suoi giorni nel suo saloon-tenda a Creede (Colorado).
John Wesley HardinJohn Wesley Hardin
John Wesley Hardin venne ucciso a colpi di arma da fuoco nel 1895 in un saloon di El Paso (Texas). Moltissimi atti di violenza trovavano origine nei saloon, anche se finivano per essere consumati nelle strade.
Infine, non dobbiamo scordare i saloon dedicati a quelle persone in cerca di compagnia femminile. In essi lavoravano le saloon-girl o le dance-hall-girl. Contrariamente a quanto possiamo immaginare, queste ragazze erano assai di rado dedite alla prostituzione. Questo accadeva, infatti, solo nei saloon peggiori. Il loro lavoro era piuttosto quello di dedicarsi ai clienti, cantando e ballando con loro, tenendogli compagnia e parlando con loro.
In alcune circostanze potevano anche accettare un minimo di corteggiamento da parte dei clienti, a patto che questi restassero all’interno del locale, meglio se in prossimità del bar ad acquistare e consumare bevande.
Com’é facile intuire, non tutti i saloon ospitavano queste ragazze. Vi erano saloon “rispettabili” che non lo avrebbero mai fatto! Molte ragazze erano fuggite da una vita di stenti nei ranch, altre erano vedove, altre ancora bisognose ed una parte aveva persino creduto a qualche pubblicità ingannevole che prometteva una vita facile, un lavoro dignitoso, soldi e bei vestiti. In un tempo in cui non era facile sopravvivere, anche quel lavoro finiva per andare bene.
Quando tutto filava liscio, le saloon-girl potevano guadagnare anche 10 dollari alla settimana; a questa cifra si sarebbero sommate le mance e le percentuali sui liquori venduti per merito loro.
In generale si può dire che le saloon-girl venissero trattate in maniera dignitosa, sia perché a quel tempo era buon uso comportarsi bene con le donne, sia perché un comportamento corretto era richiesto dai padroni dei locali. Chiunque si fosse comportato male con le ragazze dei saloon, avrebbe persino rischiato la vita!
Se da un lato le saloon-girl potevano essere oggetto del discredito delle “donne per bene”, dall’altro potevano quasi certamente contare sul completo appoggio dei maschi. Raramente le saloon-girl si mostravano interessate all’opinione delle “donne per bene” che a loro modo di vedere erano grigie, tristi e sovraccariche di lavoro. In genere erano anche pochissimo propense ad immaginare per se stesse una vita dietro i pantaloni del marito o i panni dei bambini.
Durante la corsa all’oro della California (1849) le sale da ballo iniziarono a moltiplicarsi ovunque nelle “boom-towns”.
I clienti pagavano solitamente una cifra compresa tra 75¢ e $1.00 per una serata di danze e questo incasso veniva diviso tra il proprietario della sala da ballo e le ballerine. Dopo i balli la saloon-girl avrebbe accompagnato i clienti al bar per convincerli a consumare delle bevande per ottenere anche una piccola percentuale su quel tipo di vendita.

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