La prima battaglia di Bull Run, 21 luglio 1861

A cura di Renato Panizza

Il 21 Luglio di 150 anni fa, nei pressi della cittadina di Manassas, situata nel territorio della Virginia settentrionale, si combatté la prima grossa battaglia della guerra civile americana: la prima battaglia di Bull Run, dal nome del fiume che scorre sul luogo dello scontro.
Nello stesso luogo, circa un anno dopo, ne sarebbe infatti stata combattuta una seconda. A pochi mesi dai primi colpi di cannone a forte Sumter, che aprirono definitivamente le ostilità tra la neonata Confederazione degli Stati d’America (CSA) e l’Unione, la Madre-patria da cui gli Stati “ribelli” si erano separati, i giornali chiedevano un deciso attacco contro il Sud. La voce “…a Richmond… a Richmond!” correva per tutto il Nord, infiammando gli animi a prendere la capitale nemica, e por fine rapidamente alle ostilità: conquistata la città dove il Governo confederato si era da poco insediato, tutti pensavano che la ribellione si sarebbe sciolta come neve al sole. I pochi responsabili del “colpo di testa” separatista si sarebbero dati alla fuga, e la situazione sarebbe ben presto tornata alla normalità.
L’esercito nordista, forte di circa 30.000 uomini (più una riserva di altri 10.000) era comandato dal generale di brigata Irvin McDowell, uomo dell’Ohio di 42 anni, che nella guerra contro il Messico aveva fatto parte dello stato maggiore del generale Scott. Era un uomo rispettato più che amato; intelligente, capace e coscienzioso, aveva fatto rapidamente carriera pur senza aver mai comandato in azione neppure una compagnia! Ciononostante -e con un certo suo stupore! – gli venne affidato il comando per la prima grossa manovra contro il nemico.
Irvin McDowell
Il piano che elaborò era semplice e razionale: muovere da Washington verso Centreville, a sud-ovest, e dirigersi verso il fiume Bull Run; fingere un attacco frontale, ma, con il grosso delle truppe, aggirare a est l’esercito nemico, sul suo fianco orientale; colpire la linea ferroviaria Orange-Alexandria, e tagliare così i rifornimenti di Beauregard con Richmond. Dopo averlo battuto sul campo, la strada per la capitale nemica sarebbe stata libera!
Nel frattempo, però – cosa fondamentale! – il contingente nemico di Johnston doveva essere trattenuto da Patterson ben lontano, nella valle dello Shenandoah, nella parte occidentale della Virginia, sulle Blue Ridge Mountains.
A metà di Luglio del 1861, un mese che si rivelò tra i più caldi e afosi mai avuti, l’esercito nordista iniziò la sua marcia da Washington diretto verso il villaggio di Centreville, il fiume Bull Run e Manassas.
I soldati erano male equipaggiati, inesperti, con una “ferma” di soli tre mesi, quindi ben poco addestrati e parecchio indisciplinati; abbandonavano il materiale che ritenevano superfluo per il gran caldo, e continuamente si sbandavano nei boschi per riposarsi e cercare refrigerio nell’acqua, o addirittura… andavano per more! Così scrisse, lamentandosi, un giovane colonnello nordista: William Tecumseh Sherman, il soldato che diventerà uno tra i più famosi comandanti della guerra civile, il temuto conquistatore di Atlanta!
William Tecumseh Sherman
La marcia si rivelò quindi più lenta e difficoltosa del previsto. Ma il pericolo non consisteva solo nella rilassatezza degli uomini: le divise dei vari reparti erano le più disparate, trattandosi per lo più di milizie locali dei vari Stati e città di provenienza, che vestivano in blu e in grigio indifferentemente. Lo stesso McDowell si era raccomandato perché gli ufficiali prestassero molta attenzione che i loro uomini… non si sparassero addosso gli uni gli altri per errore! E per l’esercito sudista le cose non andavano tanto meglio! Si profilava insomma una battaglia tra… dilettanti!
Le forze sudiste erano in mano al generale di brigata Pierre Gustave Toutan Beauregard, di ricca famiglia schiavista, di origini gallesi e francesi, uomo del “profondo Sud”, della Louisiana.
Era il comandante che aveva ordinato ai mortai di Charleston di aprire il fuoco contro forte Sumter. Quarantatreenne dalla carnagione scura, creolo, elegante, raffinato e un po’ vanaglorioso, si era innamorato della carriera militare quando, recatosi in un collegio al Nord (dove imparò anche a parlare l’inglese!) era stato istruito da un ufficiale ex-combattente napoleonico: a quei tempi, le tattiche e le strategie del grande corso erano le più ammirate e studiate in tutte le accademie militari.
Pierre Gustave Toutan Beauregard
Beauregard poteva contare su circa 25.000 uomini, ma altri 10.000, o più, erano con il generale Joseph Johnston, nella Valle dello Shenandoah, a una notevole distanza; ma se fossero riusciti ad arrivare in tempo utile per la battaglia, avrebbero potuto riequilibrare le forze in campo.
Ai tempi di Bull Run, i Nordisti disponevano di unità a livello di Divisione, con ognuna dalle due alla quattro Brigate; i Sudisti non avevano Divisioni, ma due Corpi d’Armata (il primo di Beauregard, il secondo di Johnston) che raccoglievano Brigate indipendenti, comandate da un generale o da un colonnello.
I primi scontri si ebbero il 18 di Luglio, nei pressi di due guadi sul Bull Run, il Mitchell e il Blackburn, che erano tenuti dagli uomini di un comandante dal temperamento freddo; sarebbe divenuto il “cavallo di battaglia” di Lee, e uno dei più fidati e capaci suoi luogotenenti: il generale James Longstreet. Il generale Tyler, che comandava la Divisione più potente di McDowell, la prima, con ben 12.795 soldati, aveva avuto l’ordine di marciare verso il fiume, nella parte meridionale, in direzione di Manassas, ma senza ingaggiare combattimenti, per “saggiare” le forze del nemico e fargli pensare ad un attacco frontale in forze: il vero obbiettivo, come detto, sarebbe stato invece quello di aggirarlo a est, e piombare sulla ferrovia per distruggerla. Ma Tyler, che odiava McDowell, gli disubbidì, e tratto a sua volta in inganno dal continuo ritirarsi dei Sudisti, cercò di coprirsi di gloria, dando “una spallata” decisa al nemico. I Sudisti erano ben posizionati e ricevettero rinforzi, cosicché il tentativo di Tyler fallì. Fu proprio in questi combattimenti che iniziarono le confusioni causate dal colore delle uniformi, e in questa circostanza a danno dei Nordisti. Inoltre, McDowell si accorse che la natura del terreno non avrebbe consentito la manovra di aggiramento, e il suo piano andò all’aria! La mancanza di adeguate mappe a disposizione dei comandanti è un ulteriore segno di quanto fosse grande l’impreparazione degli eserciti all’inizio della guerra.


La mappa della battaglia. Clicca per ingrandire!

I soldati sudisti furono galvanizzati da quel primo successo, ma Beauregard temeva che il giorno dopo il nemico, rafforzatosi, avrebbe sferrato l’attacco decisivo, e li avrebbe sopraffatti: gli uomini di Johnston, partiti dalla valle dello Shenandoah a piedi, fino alla stazione ferroviaria di Piedmont per poi salire sul treno, che in tempi brevi (per l’epoca!) avrebbe percorso i 54 Km fino a Manassas, non avrebbero comunque fatto in tempo ad arrivare!
Johnson, grazie alla copertura di un grande cavalleggero, J.E.B.Stuart, e alla eccezionale abilità di colui che, solo di lì a poco, sarebbe stato chiamato “il muro di pietra”, Thomas J. Jackson, era riuscito a eludere la “stretta marcatura” del generale Patterson (altro indeciso ed eccessivamente cauto comandante nordista, come lo sarebbe stato McClellan in seguito), e stava muovendo con il grosso delle sue forze (circa 9.000 uomni) in soccorso a Beauregard. Ma ci voleva tempo! Il treno doveva andare avanti e indietro e fare più viaggi per riuscire a trasportare tutti i soldati di Johnston. Solo il 20 Luglio essi poterono sistemarsi a fianco del Corpo di Beauregard. Intanto, McDowell non aveva fatto ancora niente! Ora doveva pensare a un altro piano, e decise di aggirare di nuovo il nemico, ma questa volta a Ovest, convinto com’era (e aveva ragione!) che il nemico sarebbe rimasto fermo ad aspettare un attacco dove c’era già stato.
Bisognava mandare pattuglie per cercare un guado, un passaggio, e ci volle tempo. Ma il tempo scarseggiava… perché molti soldati cominciavano a fare i bagagli: la ferma di tre mesi era scaduta, e loro volevano tornarsene a casa! Oltretutto, scarseggiava anche il cibo, perché le provviste erano finite, e la pianificazione dei rifornimenti lasciava a desiderare!


Spettatori che osservano la battaglia

Il piano era buono: mentre si impegnava il nemico a valle, nei guadi succitati e anche un po’più a nord, presso un ponte di pietra, vicino al guado Lewis, la seconda e la terza divisione (Hunter ed Heintzelmann, 13.000 uomini), avrebbero passato un guado molto più a nord-ovest, presso Sudley Springs, e sarebbero piombati alle spalle del nemico, distruggendolo! L’estensione delle linea di dispiegamento delle forze superava i dieci chilometri, e i Sudisti, sul loro fianco sinistro, nei pressi del ponte di pietra avevano solo poco più di 4.000 uomini: la manovra di aggiramento di McDowell poteva trasformarsi in una grande vittoria per il Nord!
Beauregard, che aveva della guerra un’idea grandiosa e audace (scimmiottando Napoleone Bonaparte!), pare che volesse addirittura passare all’attacco verso il centro dello schieramento, per respingere i Nordisti a Centreville: sarebbe stato quasi sicuramente un fiasco totale! Ma non lo fece…
L’operazione scattò la notte tra il Sabato e la Domenica.
Lo spostamento notturno di soldati così male addestrati fu un vero incubo: gli ufficiali non riuscivano a radunare e mantenere unita la truppa; gli schermagliatori e gli esploratori si cacciavano nei pasticci in mezzo ai rovi alla sterpaglia; l’artiglieria non riusciva a procedere sul terreno accidentato: per far percorrere poco più di 1 Km a un grosso cannone da 30 libbre ci volle più di un’ora! Fatto sta che, alle 6 del mattino di Domenica 21 Luglio, finalmente partirono i primi colpi di cannone contro i difensori al ponte di pietra.
Il colonnello Nathan Evans
Il colonnello Nathan Evans, valorosissimo comandante sudista, non solo “tenne duro” a quel ponte, ma capì del pericolo alla sua sinistra e -come vedremo- salvò la situazione alla collina Matthew.
La postazione sudista al ponte sarebbe caduta facilmente, perché il rapporto di forze era enormemente a favore dei Nordisti; Evans avrebbe potuto essere tranquillamente “spazzato via”! Ma i Nordisti si limitarono a tenere impegnato il nemico: l’ordine era quelloo, l’attacco vero doveva essere sferrato più a nord, da Hunter ed Heintzelmann. Nel frattempo, Evans vide nuvole di polvere in lontananza, segno di una colonna in marcia, ed ebbe la conferma di ciò che temeva dagli uomini del Servizio Segnalazioni, che tramite bandierine lo avvisarono dell’avvicinamento del nemico.
Prontamente spostò sulla collina (Matthew Hill) dominante l’area di salita degli Yankees circa 900 dei suoi uomini: erano comunque ancora troppo pochi! Il nemico, che lentamente ma costantemete lo attaccava, contava già 6.000 uomini, ma altri ne arrivavano. Se non fossero giunti al più presto dei rinforzi sarebbe stata la fine, ed Evans si affrettò a richiederli! Ma Evans disponeva di soldati fenomenali, tra i quali le famose “tigri della Louisiana” di Wheat, che si batterono come… tigri!!
Verso le dieci del mattino, quando anche quei valorosi soldati cominciavano a cedere, arrivarono il generale Bee e il colonnello Bartow, con 2800 uomini dell’Alabama, del Mississippi e della Georgia: meglio di niente! Ed ebbero anche il coraggio di contrattaccare!! Furono respinti, ma intanto avevano fermato il nemico.


Infuria la battaglia

Il peggio stava ora per arrivare: la brigata di Sherman e di Keyes, si erano aggiunte agli attaccanti, già fortissimi! Verso le undici la difesa sidista si dovette spostare indietro, su un altro colle, detto di Henry, perché c’era una casa abitata dalla vecchia e invalida vedova del dottor Isaac Henry, che era stato medico della Marina.La situazione per i Sudisti pareva disperata. Ormai solo i 650 Sud-caroliniani freschi di Wade Hampton (freschi per modo di dire: in realtà erano arrivati all’alba con un treno da Richmond e avevano poi marciato per oltre tre ore!), facevano opera di contenimento, ma tennero quel tanto che bastò per consentire il posizionamento dell’ultimo rinforzo: la brigata di Jackson. I Virginiani di Jackson erano accorsi sul luogo da cui avevano udito provenire il fragore della battaglia, e si posizionarono a circa 130 metri dietro la cresta della collina Henry, con alle spalle il bosco e in linea semicircolare: un’ottima posizione che li avrebbe tenuti fuori dalla vista delle artiglierie nemiche, e avrebbe consentito loro di “spazzare”il nemico in modo convergente appena fosse spuntato all’orizzonte della cresta,. La battaglia riprese, con Jackson che teneva la posizione, fermo come “un muro di pietra”.
La resistenza della Brigata di Jackson
Arrivarono anche Johnston e Beauregard, e riuscirono a riorganizzare la linea difensiva raccogliendo gli uomini dispersi e confusi per la morte dei loro comandanti. Il rapporto di forza era tuttavia sempre a favore dei Nordisti, ma i Confederati occupavano una posizione dominante e il nemico attaccava in salita e allo scoperto. Inoltre, McDowell commise l’errore di mandare all’attacco un solo Reggimento alla volta, e uno dopo l’altro vennero tutti respinti con gravi perdite.
A complicare enormemente le cose, durante gli scontri su questa collina, si verificarono parecchi incidenti dovuti alle uniformi di colore uguale tra i nemici. Uno dei più gravi fu quando le batterie nordiste Griffin e Ricketts, a cui era stato ordinato di riposizionarsi per colpire meglio i sudisti sulla Henry Hill, scambiarono un reggimento sudista in divisa blu (il 33° Virginia), per una unità amica venuta per proteggerli: se ne accorsero quando era ormai troppo tardi, e vennero falciati!
La lotta proseguì su quel colle per ore, nel fragore e nel clamore più totale. Poco per volta ai valorosi attaccanti yankees cedette il morale, alla vista di tutti i caduti dei reggimenti che li avevano preceduti, e a nulla valse più essere in superiorità numerica.
Alle 15 del pomeriggio, McDowell, dopo aver mandato al macello anche i soldati del Maine e del Vermont di Howard, non aveva più rinforzi da impiegare.
Alle 16 arrivarono le ultime due brigate sudiste “fresche”, quella di Jubal Early e subito appresso quella di Kirby Smith. Quando Beauregard vide la prima esclamò: “Ecco… è arrivato il nostro Bluker!” [nota: Bluker fu il comandante tedesco il cui arrivo determinò a Waterloo la disfatta di Napoleone]. E infatti quando l’intera linea sudista, forte dei nuovi arrivi, caricò, iniziò la disfatta dell’esercito nordista. All’inizio non tutte le unità si ritirarono in disordine, ma ben presto alla disorganizzazione subentrò il panico, che contagiò tutti, specialmente perché vennero coinvolti nella ritirata tutti i civili che si erano recati nei pressi del campo di battaglia per assistere allo “spettacolo”. Fu un fuggi-fuggi generale, quale non si era mai visto prima!
Ma di civili nei campi di battaglia, per tutto il resto della guerra, non se ne videro mai più: la faccenda ormai si era fatta troppo seria!

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