L’assassinio del Presidente Lincoln

A cura di Renato Panizza
L’assassinio di Lincoln
Washington D.C.- Casa Bianca – 14 Aprile 1865 – ore 20 circa.
Una signora con una graziosa cuffia ornata di fiorellini rosa e un abito scollato si infila i guanti: ”Caro… vuoi che arriviamo in ritardo?!“ Il Presidente si fruga in tasca e guarda l’orologio. Già!… quella sera c’era da andare a teatro. “Ho promesso alla Signora Lincoln di andare a teatro con lei – disse rivolto alle persone cui era vicino – è uno di quegli impegni cui non manco mai“. Si riferiva alle promesse fatte alla moglie. Leggi il resto

La banda dei cospiratori di Booth

A cura di Renato Panizza

John Wilkes Booth
Il 14 Aprile 1865 un attore piuttosto affermato di quei tempi si assicurò un posto nelle pagine della Storia portando a segno uno dei gesti più clamorosi che si possano compiere: assassinare il Presidente degli Stati Uniti d’America. Nel Novembre del 1864 il ventiseienne attore aveva messo in piedi una banda di cospiratori il cui scopo principale inizialmente era rapire Lincoln e consegnarlo alle autorità confederate per ottenere un grosso riscatto.
Gran bel colpo se fosse riuscito! Un gesto oltretutto di grande teatralità, come si confaceva a un tipo come Booth, smanioso di raggiungere quel successo che fino ad ora le scene gli avevano negato. Booth, sin dai primi giorni della secessione, aveva manifestato la sua simpatia per la Confederazione e il suo odio per Lincoln. Leggi il resto

Come finì il regno di Manitù

A cura di Siegmund Ginsberg

George Washington
Gli ordini venivano direttamente da Washington. Non si sarebbe dovuto mostrare la minima esitazione nell’operazione contro «le tribù ostili delle sei nazioni», e i loro «sodali e clienti». Niente compromessi, nessun «tentativo di pacificazione», quando è in gioco la sicurezza dell’America. «La nostra sicurezza futura risiede nel renderli incapaci di danneggiarci e nel terrore che la severità della punizione saprà instillare nelle loro menti», suonavano gli ordini firmati da George Washington il 31 maggio 1779, indirizzati al maggior-generale John Sullivan. «L’obiettivo immediato è la distruzione totale dei loro insediamenti e la cattura del maggior numero di prigionieri di entrambi i sessi e di tutte le età… sarà essenziale devastare i campi impedendo il raccolto in corso e quelli futuri… consiglio e raccomando di insediarsi al centro del territorio indiano con una scorta sufficiente di vettovaglie munizioni e da lì far partire le spedizioni contro i villaggi all’intorno, dando istruzioni di farlo nel migliore e più efficace dei modi, così che il paese non venga semplicemente saccheggiato, ma distrutto…» Leggi il resto

Apache Chiricahuas a Washington nel 1886

A cura di Paolo Brizzi

No-tshi, era della delegazione
L’ultima fuga di Geronimo e Naiche, realizzata dopo aver promesso la resa al Generale Crook verso la fine del Marzo 1886, doveva innescare una catena di eventi che sarebbero stati fatali per il destino dell’intera tribù Chiricahua.
In Arizona le dimissioni di Crook portarono l’arrivo di un nuovo comandante dipartimentale, il 47enne Nelson Miles; questi avrebbe rivoluzionato la dottrina del suo predecessore, limitando il ruolo degli scouts a quello di ” cercapiste ” e istituendo una cetena di stazioni eliografiche per migliorare le comunicazioni in quel desolato e vasto territorio. Inoltre, le bande di Chihuahua e Nana, arresisi a Crook, vennero prontamente inviate in Florida, preavvisando gli ostili su quello che sarebbe stato il destino ultimo di tutti i Chiricahuas.
Miles arrivò in Arizona il 30 Giugno.
Predispose l’invio in Messico di due emissari consigliatigli da Noche, Kaitah e Martine, che avrebbero accompagnato l’ufficiale più adatto per quel compito, il Tenente Charles B. Gatewood, vecchia conoscenza degli Apaches. Leggi il resto

Ely Parker (Donehogawa)

A cura di Sergio Mura

Ely Parker
Ely Samuel Parker (1828-95), uno dei pellerossa più famosi di tutta la storia del west americano, era un indiano Seneca. Anche se talvolta si legge in giro, non era il pronipote del famosissimo Red Jacket. Sua madre si chiamava Elizabeth Johnson (1800-1862) del Clan del Lupo ed era una persona piuttosto in vista nella sua tribù dato che era anche sorella di Jemmy Johnson, un famoso capo a Tonawanda (1774-1856) e successore di Handsome Lake, il profeta dei Seneca. Jemmy e sua sorella erano dunque figlie della sorella di Red Jacket. Erano tutti appartenenti al Clan del Lupo ed Ely era imparentato con Red Jacket piuttosto alla lontana. La confusione sul grado di parentela tra Ely e Red Jacket è ingenerata dal fatto che tra i Seneca i parenti dei prozii venivano comunque indicati come trisavoli. Ely divenne capo nel 1852 alla morte di John Blacksmith, capo del Clan del Lupo a Tonawanda.
Tra le “Sei Nazioni” c’erano sempre 50 capi; quando ne moriva uno, chi era chiamato a succedergli prendeva anche il nome del capo che andava a sostituire. Leggi il resto

La battaglia di Saratoga del 1777

A cura di Ezio Cecchini

Pochi avvenimenti militari esercitarono sui futuri destini dell’umanità un’influenza maggiore della disfatta subita, nel 1777, dalla spedizione del tenente generale britannico Burgoyne in Nord America.
Disfatta che salvò il coloni rivoltosi da una certa repressione e che, con l’indurre le corti di Francia e Spagna ad attaccare l’ Inghilterra, permise agli Stati Uniti di conquistarsi quell’indipendenza dall’Europa che altrimenti sarebbe stata impossibile; così, invece, gli Stati Uniti nel volgere di quasi due secoli divennero la maggiore potenza mondiale.
Il 1777 fu testimone della prima vittoria americana, ma le aspirazioni di autonomia e la lotta dei coloni erano iniziate da tempo: i rappresentati delle tredici colonie si erano riuniti per la prima volta ad Albany, nel giugno 1754, ed il 4 luglio seguente avevano chiesto di costituire in America un governo centrale sotto la sovranità del re d’Inghilterra. Leggi il resto