Alice Ivers, per gli amici “Poker Alice”
A cura di Luca Barbieri e di Sergio Mura
Alice Ivers
Dopo l’articolo “Il fascino indiscreto del tavolo verde”, vorrei tornare sull’argomento per raccontare, in maniera molto sintetica, la vita di un personaggio femminile praticamente sconosciuto ma decisamente affascinante: si tratta di una ricca ragazza inglese che, per le ragioni che vedremo, divenne lo spauracchio di molti giocatori d’azzardo (uomini) meritandosi il soprannome di “Poker” Alice.
Miss Ivers passò gran parte dei suoi settantanove anni seduta al tavolo verde, spennando avversari e fumando i propri sigari.
Inglese di nascita (Sudbury nel Devonshire, Febbraio 1851), o almeno così diceva lei, si trasferì con la famiglia in Colorado. Altre fonti autorevoli ce la consegnano quale figlia di immigrati Irlandesi, nata nel 1853 e trasferita molto presto in Virginia.
Conunque sia, imparò molto presto a giocare a poker grazie alla passione del marito, l’ingegnere minerario Frank Duffield, che passava le sue serate nei saloon.
Iniziò semplicemente osservando le giocate del marito, ma presto volle provare a cavarsela da sola e dimostrò immediatamente una notevole affinità col mondo delle carte.
Sicuramente il padre, insegnante della middle class britannica, che l’aveva fatta studiare in un collegio privato, non ne sarebbe stato troppo contento.
La grinta di Poker Alice
Per non restare sola, lei seguì il marito nei saloon, imparò i trucchi e, dopo essere rimasta vedova a causa di una carica di dinamite esplosa nel momento sbagliato, trasformò il gioco nel suo principale mestiere.
Era infatti maledettamente abile con le carte, tanto da vantarsi di poter tenere testa a cinque o sei giocatori esperti senza alcun problema.
Alice trascorse molti e lunghi anni spostandosi di boom-town in boom-town, frequentando infinite sale da gioco come un qualunque altro gambler di sesso maschile.
In particolare sono ricordate le sue puntate nelle sale da gioco del Colorado a Alamosa, Georgetown, Trinidad, Central City e Leadville.
In seguito si trasferì per un periodo a Silver City nel New Mexico. Proprio a Silver City le capitò il “colpo gobbo” al tavolo di Faro, battendo il banco. Così disse lei…
Aveva morbidi capelli castani e occhi chiari e sapeva di esercitare un certo fascino sul mondo degli uomini.
Era anche profondamente religiosa e per questo evitò di giocare di domenica.
Al pari di tanti altri colleghi maschi, Poker Alice girava ben armata. Aveva sempre a portata di mano una calibro .38 carica.
Dopo aver lasciato Creede intorno al 1890, viaggiò fino al Sud Dakota, a Deadwood dove si mise in affari con un certo Tom Bedrock che aveva un saloon.
Una notte accadde un fatto buffo che rende bene l’idea della mascolinità di Alice. Nel tavolo vicino al suo giocava un certo W. G. Tubbs che a un certo punto venne minacciato pesantemente da un minatore ubriaco.
Poker Alice
In un attimo Poker Alice aveva abbandonato il suo tavolo, era saltata in piedi e aveva colpito col calcio della sua pistola il braccio del minatore, rendendolo inoffensivo.
Da quel gesto ne scaturì una piccola love-story con Tubbs col quale finì anche per sposarsi. Con lui rimase fino al 1910 quando morì di polmonite, lasciando la donna vedova.
Alla fine “Poker” Alice ebbe tre mariti, fu giocatrice d’azzardo e tenutaria di bordelli, e divenne uno dei personaggi femminili più noti delle Black Hills e ancora oggi viene ricordata nella famosa parata del “Days of 76”.
Una lunga strada fin dal Devonshire, che si concluse nella città di Sturgis nel 1930.