I miti da sfatare sulla battaglia di Fetterman, Wyoming 21-12-1866

A cura di Renato Ruggeri

La battaglia di Fetterman, Wyoming 1866
La battaglia di Fetterman, chiamata, a volte, il massacro Fetterman o “la battaglia dei cento uccisi” o “cento in una mano”, secondo la definizione dei Sioux, è uno degli eventi più famosi delle guerre indiane.
Secondo la versione che la storia ha accettato e proposto per più di un secolo, il Capitano William Judd Fetterman del 18th Reggimento di Fanteria, fu un ufficiale arrogante e indisciplinato, un “fire eater” che si prendeva gioco delle abilità guerriere degli Indiani delle Pianure. Avendo combattuto in prima linea, al fronte, durante la Guerra Civile, non aveva alcun rispetto per il suo superiore, il Colonnello Henry Beebee Carrington, l’ufficiale comandante a Fort Phil Kearny, Territorio del Dakota, che aveva comandato il 18th Fanteria durante la Civil War seduto dietro una scrivania.


La mappa degli eventi

La sua arroganza, secondo la versione più conosciuta e tramandata, portò alla morte 81 soldati, 49 fanti delle compagnie A, C, E e H del 18th Fanteria, 27 cavalleggeri della compagnia C, Second U. S Cavalry, 2 civili e 3 ufficiali, lo stesso Fetterman, il Capitano Frederick Brown e il Luogotenente George Grummond, attirati in una trappola mortale da 1500 guerrieri Sioux, Cheyenne e Arapaho a poche miglia dal forte.
Fetterman è stato chiamato, nei decenni, con vari epiteti, arrogante, impulsivo, incompetente, pomposo, disubbidiente, indisciplinato, avventato, spaccone.
Questo articolo si propone di discutere e sfatare alcuni miti e controversie che circondano questo tragico evento.

Era un ufficiale spaccone e arrogante.

William Judd Fetterman nacque nel 1833 a New London, Connecticut. Non conosciamo il giorno e il mese. Il padre, che si era graduato a West Point, morì quando aveva solo 9 anni, lasciandolo orfano. Fu allevato da uno zio, anche lui diplomato presso l’Accademia Militare, che aveva servito durante la guerra contro il Messico.
William Judd Fetterman
Nel 1853 il giovane Fetterman chiese l’ammissione a West Point, ma la sua domanda fu respinta. Iniziò a lavorare come bancario, fino a quando l’inizio della Guerra Civile non gli concesse una nuova opportunità.
Il 14 maggio 1861 Fetterman si arruolò. Fu inviato a Columbus, Ohio, e prese servizio, col grado di Primo Luogotenente, sotto il colonnello Henry Beebee Carrington. I due, insieme a altri ufficiali del 18th Reggimento di Fanteria, iniziarono, a Camp Thomas, a radunare e addestrare le nuove reclute.
Fetterman impressionò molto il suo Colonnello per l’ambizione, l’efficienza e le capacità organizzative. Margaret Carrington lo descrisse come un reclutatore di successo, che si distingueva per la raffinatezza dei modi, la gentilezza e l’adattamento alla vita sociale.
Carrington e Fetterman lavorarono molto bene insieme, e plasmarono il 18th Reggimento in una forza combattente ben addestrata e disciplinata.
Nel mese di novembre 1861 Fetterman fu assegnato al comando della compagnia A del 18th Fanteria, Secondo Battaglione, 100 uomini in tutto, e lasciò Camp Thomas per il fronte.
Partecipò all’assedio di Corinth, Mississippi, nei mesi di aprile e maggio 1862.
Il 31 dicembre 1862 Fetterman e la sua compagnia, sotto la leadership del Generale William Rosecrans si scontarono con i Confederati del Generale Braxton Bragg nella battaglia di Stones River, vicino a Murfreesboro,
Tennessee. Fu una delle battaglie più sanguinose e feroci dell’intera Guerra Civile. Su un totale di 81000 soldati, 25000 furono le perdite, tra morti e feriti, una percentuale seconda solo a Gettysburg. Dopo cinque giorni di combattimenti incessanti, i Sudisti si ritirarono. Il 18th Reggimento perse metà dei suoi effettivi in un’ora di combattimento, e Fetterman ricevette il grado di Maggiore per il coraggio e il buon comportamento dimostrati durante lo scontro. Combattè al fianco dei soldati e si guadagnò il loro rispetto come “ufficiale combattente”.
Nell’aprile 1863 Fetterman fu riassegnato al reclutamento di nuovi soldati a Pittsburgh. Con i Confederati che marciavano attraverso la Pennsylvania, il suo ruolo fu vitale per l’Unione.
Un anno dopo, nel 1864, chiese di ritornare alla sua compagnia. La domanda fu accolta, e le sue performance in combattimento in Georgia, gli fecero guadagnare il comando dell’intero Secondo Battaglione, otto compagnie di 100 uomini ciascuna. La sua forza faceva parte della marcia di Sherman verso Atlanta.
Fu, poi, nominato Assistente Aiutante Generale del 14th Corpo d’Armata del Cumberland, a cui apparteneva il suo reggimento. Uno dei suoi compiti era classificare, preparare e trasmettere tutti i rapporti al comando generale a Washington.
Malgrado questo compito impegnativo, rimase al comando del Secondo Battaglione, e condusse personalmente i suoi soldati in alcune battaglie, Resaca, Kennesaw Mountain, Peach Tree Creek e Jonesboro, che aprirono la strada verso Atlanta.
Come premio per il suo buon comportamento, ricevette il brevetto di Luogotenente Colonnello.
Alla fine della guerra Fetterman, che si era distinto sia sul campo di battaglia, sia come reclutatore e organizzatore, si trovava in una posizione eccellente per poter aspirare ai più alti gradi dell’esercito. Decise, quindi, di continuare la sua brillante carriera militare.
Nel giugno 1865 si riunì al Colonnello Carrington a Camp Thomas. I due ufficiali lavorarono per riorganizzare il 18th Fanteria. Nell’autunno di quell’anno Fetterman fu assegnato, come reclutatore, a Cleveland, mentre Carrington andò a Louisville, dove ricevette l’ordine di partire per Fort Phil Kearny.
Il 21 settembre 1866 anche Fetterman ricevette l’ordine di lasciare l’Ohio per raggiungere il suo reggimento a Fort Kearny.


Fort Phil Kearny

A Fort Laramie, Fetterman si unì a una compagnia di cavalleggeri, formata da 63 nuove reclute, in partenza per Fort Kearny, sotto la guida del Luogotenente Horatio Bingham. Le 236 miglia tra le due postazioni militari gli diedero il modo di osservare i problemi relativi alle nuove reclute alla frontiera.
La maggior parte sapeva, a malapena, montare a cavallo.
Il 3 novembre, sette settimane prima della sua morte, arrivò a destinazione.
“Il suo ritorno al reggimento”, scrisse Margaret Carrington, “è stato molto apprezzato, dal momento che gli ufficiali validi sono pochi e le sue attitudini sociali e professionali lo hanno fatto diventare un beniamino e un perfetto gentiluomo”.
Il Lt William Bisbee lo descrisse come una persona intelligente e disciplinata, che ubbidiva agli ordini e il soldato Charles Wilson, della compagnia H. scrisse che Fetterman era un ufficiale che si preoccupava dei suoi soldati e cercava di evitare loro sofferenze non necessarie.
Diversamente dalla storia tramandata, le note biografiche di Fetterman non lo dipingono come un soldato spaccone e arrogante.

La frase di Fetterman.

“Con 80 uomini potrei cavalcare attraverso l’intera nazione Sioux”.
Una delle frasi più celebri di tutte le guerre indiane fu pronunciata, secondo molti racconti, dal Capitano William Fetterman subito dopo il suo arrivo a Fort Kearny nel novembre 1866.
La frase fu profetica, poiché il nostro Capitano morì insieme a 80 uomini il 21 dicembre 1866. la frase di un ufficiale spaccone e arrogante, racconta la storia più conosciuta, si ritorse ironicamente contro di lui e i disgraziati che lo seguirono oltre il Lodge Trail Ridge
Due storici, Shannon Smith Calitri e John Monnett, che hanno fatto lunghe ricerche e pubblicato tre libri sull’argomento, hanno però scoperto che la frase incriminata, così come viene ricordata, non apparve prima del ventesimo secolo.
Nel 1868 Margaret Irving Carrington, prima moglie del comandante di Fort Phil Kearny, il Colonnello Henry. B. Carrington, pubblicò un libro intitolato “Absaraka, Home of the Crows”. Mrs Carrington scrisse che il Capitano Fetterman arrivò al forte con l’opinione “che una compagnia di regolari poteva sconfiggerne un migliaio e un reggimento tutte le tribù ostili”.


Give me eighty men

Più di 40 anni dopo, nel 1910, Francis Grummond Carrington, la seconda moglie (all’epoca degli eventi era la moglie del Lt George Grummond, morto nella battaglia) scrisse nel suo libro “My Army Life”, che Fetterman, mentre si trovava a Fort Laramie diretto a Fort Kearny dichiarò che avrebbe dimostrato all’intero esercito, entro 6 mesi, che la nuova guarnigione non temeva di combattere gli Indiani o chiunque altro.
La versione degli 80 uomini, quella più conosciuta, che ha trasformato Fetterman in un ufficiale spaccone e arrogante, apparve per la prima volta nel 1904 all’interno del libro di Cyrus Townsend Brady “Indian Fights and Fighters” e, nel medesimo anno, in una rivista che si chiamava Pearson’s Magazine. Brady intervistò Carrington nel 1903, ma mai prima di allora il Colonnello e le sue due mogli avevano attribuito a Fetterman la frase “Con 80 uomini potrei cavalcare attraverso l’intera nazione Sioux”.
Sicuramente la frase non fu mai pronunciata e aggiunta da Brady, con l’approvazione e, forse, il suggerimento di Carrington, che lesse il manoscritto prima della pubblicazione.
Nel suo discorso tenuto nel 1908. durante l’inaugurazione del Fetterman Battlefield Monument, Carrington cambiò la frase “Con 80 uomini potrei arrivare oltre il Tongue River”.
La frase di Fetterman è un clamoroso falso storico, entrato, ormai, nella leggenda.

Grummond e Carrington.

IL Secondo Luogotenente George Washington Grummond arrivò a Fort Kearny il 6 ottobre 1866, all’età di 32 anni.
È sicuramente la figura più controversa dell’intera vicenda.
George Washington Grummond
Grummond. figlio di un marinaio dei Grandi Laghi, aveva combattuto durante la Guerra Civile, salendo di grado in grado, da semplice Sergente a Luogotenente Colonnello (brevet) del 14th Michigan Infantry.
La sua carriera militare era stata, però, a dir poco travagliata.
Nell’agosto 1864 alcuni ufficiali della sua unità, citando numerose testimonianze sui suoi frequenti stati di ubriachezza e casi di abusi fisici e psicologici verso i suoi uomini, l’avevano inviato davanti alla Corte Marziale, che lo ritenne responsabile di aver minacciato con la pistola un ufficiale più giovane, di aver picchiato un soldato e sparato a un civile disarmato. Ritenuto colpevole, se la cavò con una pubblica reprimenda.
Un mese dopo i fatti, Grummond era in missione con il Brigadiere Generale Robert Granger in Tennessee. Granger ordinò a Grummond di posizionare la sua unità in un luogo prestabilito e di attendere l’ordine per un attacco coordinato. Ma Grummond lanciò i suoi uomini contro il nemico tre ore prima dell’orario stabilito. Agendo in questo modo, non solo allertò i Sudisti, facendo naufragare miseramente l’intera operazione, ma fu anche circondato dal nemico e costretto a mandare una staffetta a Granger con la richiesta di aiuto.
Dopo la battaglia Granger scrisse un rapporto di fuoco, condannando l’azione di Grummond come sconsiderata e priva di logica.
Sempre nel 1864, in stato di ubriachezza, ordinò, sulle pendici di Kennesaw Mountain, una carica suicida. Il Caporale Patrick Walsh uscì dalla trincea dietro di lui e lo colpì con delle pietre, facendogli credere che fossero proiettili nemici, fermando, così, l’attacco.
D’altro canto, fu elogiato per atti di valore compiuti durante la battaglia di Bentonville in North Carolina nel marzo 1865.
Anche la sua vita privata non fu, certo, senza macchia.
All’inizio della Guerra Civile Grummond si arruolò con il grado di Sergente nella Compagnia A del First Michigan Infantry, lasciando la moglie Delia e un figlio piccolo a Detroit.
Nel maggio 1862, quando era Capitano, si ammalò gravemente e fu costretto a tornare a Detroit in convalescenza. Dopo sei mesi di inattività, Grummond ritornò al fronte con il grado di Maggiore in una nuova unità, il 14th Michigan Infantry, lasciando a casa la moglie, incinta, e il figlio George di 5 anni.
Frances Courtney
Rimase per tutto il 1863 in Tennessee, a combattere i guerriglieri sudisti, e qui conobbe Frances Courtney, una bella ragazza aristocratica e sofisticata che sarebbe, poi, diventata la sua seconda moglie. Da quel momento in poi si disinteressò, completamente, della moglie Delia e dei suoi due figli, tanto che il 23 settembre 1865 la moglie ottenne il divorzio, cosa inusuale a quei tempi, per abbandono del tetto coniugale e per non essersi più occupato della sua famiglia.
Il giudice lo costrinse a pagare 2000 dollari entro un anno. Tre settimane prima della firma del divorzio Grummond si era, però, sposato con Frances Courtney diventando, tecnicamente, bigamo.
Le due Grummond si conobberro solo dopo la sua morte, quando entrambe richiesero la pensione del marito defunto.
Malgrado queste peripezie, al termine della guerra Grummond si arruolò nel 18th Fanteria e fu inviato a Fort Phil Kearny con il grado di Secondo Luogotenente.
Henry Beebee Carrington nacque a Wallingford, Connecticut, nel 1824, da una famiglia di ferventi abolizionisti e profondamente religiosa. Fu educato secondo questi principi, che furono rinforzati quando il giovane Henry assistette a un comizio di John Brown.
Dopo aver finito la scuola, Carrington fece domanda d’ammissione a West Point, ma la sua richiesta non fu accolta per problemi fisici, soprattutto polmonari. Era, infatti, portatore sano del bacillo della tubercolosi. Entrambe le sue mogli e alcuni dei suoi figli morirono, in seguito, a causa di questo terribile morbo.
Scartato da West Point, Carrington frequento l’Università di Yale. Dopo aver insegnato, per breve tempo, scienze naturali e greco presso l’Irving Institute a Tarrytown, New York, ottenne un diploma in legge nel 1847. Nel 1848 si trasferì a Columbus, Ohio, per riunirsi a suo cugino, che era avvocato. Qui divenne amico di William Denison, che sarebbe diventato Governatore dell’Ohio durante la Guerra Civile. Come abolizionista, Carrington incontrò molte personalità influenti in Ohio, in particolare il potente senatore Salmon Chase, Governatore dello stato dal 1856 al 1860, destinato a diventare Segretario del Tesoro di Lincoln.


Henry Beebee Carrington

Carrington guidò l’organizzazione del Partito Repubblicano in Ohio, e fu nominato Aiutante Generale della milizia dello stato prima della Guerra Civile. Le sue amicizie politiche gli furono d’aiuto quando fu nominato Colonnello del 18th Fanteria.
Ma Carrington non partecipò a alcuna battaglia. A causa delle sue capacità organizzative e, probabilmente, una scarsa fiducia dei suoi amici e superiori nelle sue capacità militari, fu assegnato, in Indiana e Ohio, al reclutamento, organizzazione, equipaggiamento e trasporto dei volontari.
Margaret I. Sullivant Carrington
Quando il conflitto finì, Carrington aveva reclutato e organizzato più di 200000 volontari. Forse non aveva il phisique du role. Era piccolo. magro, (gli Indiani lo chiamavano piccolo capo bianco), con una folta barba scura e i capelli lunghi. Rimase nell’esercito con il grado di Colonnello e, nel 1866, gli fu affidato il gravoso incarico di costruire tre forti lungo la pista Bozeman, nella regione del fiume Powder. Probabilmente era ritenuto l’ufficiale più idoneo per preparare, organizzare e stabilire le tre nuove guarnigioni.
Ma, sfortunatamente, Carrington non aveva mai combattuto, e non aveva esperienze di campo, men che meno contro le tribù indipendenti delle pianure. Era ritenuto un uomo privilegiato, che era sfuggito, per meriti altrui, agli orrori della Civil War, alle battaglie sanguinose e ai campi di prigionia, e alcuni dei suoi ufficiali più giovani, che avevano, invece, combattuto al fronte e avevano ambizioni di carriera, ma non santi in paradiso, lo consideravano un quasi inetto, che aveva fatto carriera solo grazie alle sue amicizie politiche altolocate.

Per nessuna ragione dovete oltrepassare il Lodge Trail Ridge.

Venerdì 21 dicembre 1866 era una giornata tersa, l’aria era fredda e pungente.
Il terreno era coperto dalla neve, che era caduta nei giorni precedenti, e il torrente Big Pinery era ghiacciato da una sponda all’altra.
Verso le 10 Carrington ordinò al convoglio del legname di uscire dal forte. Forse ebbe un presentimento, dal momento che rinforzò la scorta con i soldati della Compagnia E guidati dal Caporale Legrow. In tutto, tra soldati e civili, erano 90 uomini.
Alle 11 le vedette posizionate su Pilot Hill, la collina dietro il forte che serviva da punto d’osservazione segnalarono, con le bandiere, che il convoglio dei carri, diretto alla Pinery, la pineta dove veniva tagliato il legname, era sotto attacco.
La banda era composta da una cinquantina di guerrieri, la prima esca per far uscire i soldati dal forte.


Alcuni luoghi degli eventi: Pilot Hill, Sullivant Hills, Lodge Trail Ridge e la pista verso la pineta

Carrington affermò, in seguito, di aver ordinato al Capitano Powell di guidare un distaccamento in aiuto del convoglio, ma che Fetterman gli chiese, per anzianità e grado, l’incarico, che gli fu conferito.
Le due mogli di Carrington, Margaret, la prima e Frances Courtney, all’epoca signora Grummond, confermarono, nei loro due libri, che Fetterman chiese il comando per anzianità e grado, al posto di Powell.
Il Sergente Fessenden, nelle sue memorie, scrisse di essersi trovato nell’ufficio di Carrington e di aver sentito Fetterman offrire i suoi servizi.
Il Capitano Powell. quando fece la sua deposizione di fronte alla commissione d’inchiesta che doveva far luce sul massacro (Commissione Sanborn) testimoniò, semplicemente, che l’incarico era stato conferito direttamente a Fetterman, e il Lt Wands, che era l’ufficiale di giornata e assisteva Carrington nella comunicazione degli ordini, non affermò che Carrington aveva dato, originariamente, l’ordine a Powell.


Henry B. Carrington: Reflections of His Life and Times (1824-1912)

Poi Carrington scrisse nel suo rapporto di aver dato ordini precisi “Andate in aiuto del convoglio, liberatelo e riportatelo da me. Evitate il combattimento e non inseguite gli Indiani. Per nessuna ragione dovete oltrepassare il Lodge Trail Ridge”.
Carrington disse di aver comunicato questo ordine a Fetterman davanti agli alloggi della Compagnia A, quando i 49 uomini delle Companie A, C, E, e H si stavano preparando (erano armati con obsoleti fucili Springfield ad avancarica).
Poi, alle 11 e 15, i fanti di Fetterman uscirono a piedi dal forte.
Frances Courtney, nel suo libro “My army life”, scrisse di essersi trovata di fronte alla porta del suo alloggio, vicino all’ufficio di Carrington, e di aver udito, con le proprie orecchie, l’ordine “Andate in soccorso del convoglio, liberatelo e portatelo da me”.
Il Sergente Fessenden ricordò che Carrington disse a Fetterman “Uscite e portate indietro il convoglio”, senza specificare il percorso da seguire.
Il Capitano Powell, davanti alla Commissine Sanborn, testimoniò di aver visto Carrington a colloquio con Fetterman, ma di non aver udito quello che si dicevano. Anche il Lt Wands, l’ufficiale di giornata, non disse nulla riguardo all’ordine dato a Fetterman.
Mentre il distaccamento di fanteria si stava preparando per la missione, il secondo Luogotenente George Grummond chiese al Luogotenente Wands il permesso di guidare un gruppo di cavalleggeri a supporto di Fetterman.
Dopo un breve colloquio con Carrington, Wands gli confermò l’incarico.
Carrington testimoniò di aver dato a Grummond lo stesso ordine di Fetterman
“Andate in aiuto del convoglio, liberatelo e riportatelo da me. Non dovete attaccare o inseguire gli Indiani, per nessuna ragione dovere oltrepassare il Lodge Trail Ridge. Portate questi ordini a Fetterman, obbedite ai suoi ordini e non allontanatevi da lui”.
Mentre i cavalleggeri, appartenenti al Second Cavalry, si stavano preparando, Carrington inviò Wands a ripetere, una seconda volta, gli ordini a Grummond.
Secondo Wands gli ordini erano di raggiungere gli uomini di Fetterman e ripeterli al Capitano “Dite a Fetterman, e ricordatelo a voi stesso, che il compito dei soldati è di uscire dal forte, soccorrere e liberare il convoglio e riportarlo indietro, se necessario o, se Fetterman lo riterrà opportuno, condurlo fino alla pineta. Non staccatevi da lui e obbedite ai suoi ordini. Per nessuna ragione dovete oltrepassare il Lodge Trail Ridge”.
Wands disse di aver ripetuto gli ordini mentre il Caporale di Guardia stava chiudendo il cancello del forte e che chiese a Grummond se li aveva capiti bene. Il Luogotenente rispose di sì.
Ai 27 cavalleggeri si erano uniti due civili, James Wheatley e Isaac Fisher, armati con fucili Henry a 16 colpi, e il Capitano Frederick Brown, che era in procinto di partire per Fort Laramie.
Il distaccamento si era appena allontanato dal forte, quando Carrington salì sulla piattaforma della sentinella e ripetè gli ordini una terza volta.
Margaret Carrington, nel suo libro “Absaraka, home of the Crows”, scrisse che a causa delle condizioni di salute della moglie Frances, incinta, il Lt Wands e alcuni amici pregarono Grummond di essere prudente, per il bene della famiglia, e di evitare movimenti precipitosi e ogni inseguimento oltre il Lodge Trail Ridge.


Una mappa della zona

Poi i due gruppi, fanti e cavalleria, si riunirono a circa mezzo miglio dal forte.
Quando gli uomini di Fetterman uscirono dal forte, invece di dirigersi a ovest, lungo la pista che portava al convoglio e alla pineta, si mossero verso nord, verso le pendici meridionali del Lodge Trail Ridge. Cosa provocò questo cambiamento di programma?
È una delle questioni fondamentali dell’intera vicenda.
Entrarono on gioco due fattori che non furono immediatamente recepiti nei rapporti ufficiali e ignorati dagli storici convinti che Fetterman disubbidì agli ordini per il suo carattere vanaglorioso.
Il primo. Pochi minuti dopo l’uscita dal forte, intorno alle 11 e 15, la situazione tattica cambiò radicalmente. Le sentinelle poste su Pilot Hill segnalarono che il convoglio del legname non era più sotto attacco e stava procedendo, in sicurezza, verso la pineta.
Le vedette segnalarono, anche, che i Sioux si stavano ritirando verso nordest, in direzione di Sullivant Hills e il Lodge Trail Ridge. Il convoglio non era più sotto attacco e non necessitava di alcuna ulteriore scorta. Il soldato William Curtis, della compagnia K, disse a Walter Camp che quando i 40 guerrieri assalirono il convoglio, quindici soldati li caricarono e li misero in fuga. I carri proseguirono verso il bosco, furono riempiti di tronchi e tornarono al forte verso le 4 del pomeriggio. Nessuno aveva udito gli spari.
Fetterman, a giudicare dalle sue azioni seguenti, vide i segnali e così Carrington che scrisse nel suo rapporto che non vi erano più pericoli per il convoglio. A questo punto Fetterman prese, apparentemente l’iniziativa e marciò con i suoi soldati schierati in “skirmish line”, con la cavalleria ai fianchi, verso nordovest, per cercare di intercettare i guerrieri in ritirata prima che evaporassero nella Peno Valley.


Il Lodge Trail Ridge

Questo cambiamento di tattica sembrò opportuno al Colonnello perché scrisse, nel suo primo rapporto, che Fetterman si stava muovendo, saggiamente, lungo il torrente e le pendici meridionali del Lodge Trail Ridge, con l’intento di intercettare gli Indiani.
Anche Margaret Carrington scrisse che Fetterman stava manovrando per intercettare gli Indiani.
Il Lt Arnold, che osservava dal forte, testimoniò che quando i soldati oltrepassarono il Lodge Trail Ridge e si udirono i primi spari, nessuno si allarmò “Era la forza più numerosa mai uscita dal forte”.
Dal momento in cui Fetterman si diresse verso il Lodge Trail Ridge, Carrington ebbe tutto il tempo per inviare una staffetta e richiamarlo al forte. Ma non lo fece. Anzi, andò a pranzare, fino a quando l’intensa fucileria, verso mezzogiorno, non lo allarmò.
La Testimonianza di Arnold e il comportamento di Carrington fanno pensare che gli ufficiali considerassero una forza di 81 uomini più che sufficiente per tenere sotto controllo la situazione.
Il secondo. I soldati non conoscevano il numero degli Indiani presenti.
Fetterman non avrebbe mai condotto i suoi 80 uomini verso una morte certa, se avesse saputo che 1500-2000 guerrieri lo stavano attendendo oltre il Lodge Trail Ridge.
Certamente le testimonianze di Arnold e l’iniziale mancanza di iniziativa di Carrington ci rivelano molto.
Nessuno, a Fort Phil Kearny, il 21 dicembre 1866, immaginava che un tale numero di nemici fosse nascosto, tra gli anfratti, gli avvallamenti, i crinali e gli alberi ai due lati della Pista Bozeman.
Sebbene Jim Bridger avesse avvisato, nei giorni precedenti, della presenza di circa 500 tende sul fiume Tongue, la maggior parte dei guerrieri Minneconjou, Oglala,
Northern Cheyenne e Arapaho raggiunsero gli accampamenti uno o due giorni prima della battaglia.
Mai, prima di allora, la guarnigione di Fort Kearny si era confrontata con più dl
100-150 guerrieri e nessuno, tra gli ufficiali, i soldati e i civili, si aspettava di incontrare centinaia di nemici quando iniziarono ad avanzare verso il Lodge Trail Ridge.

Quello che successe in seguito è, ed è stato, oggetto di numerosi dibattiti, discussioni e di interpretazioni dissimili degli eventi.
Quello che invece è certo è che, a un certo punto, sul crinale, apparve il vero gruppo esca, formato da una decina di guerrieri.
Secondo il Cheyenne Alce Bianco, i capi scelsero, per questa pericolosa missione, due Cheyenne, due Arapaho, due Minneconjou, due Oglala e due di altre bande Lakota.

Cavallo Pazzo fece parte del gruppo esca.

Il personaggio più famoso del Fetterman Fight non ci ha lasciato alcun resoconto della battaglia.
Secondo i racconti più conosciuti, Cavallo Pazzo ebbe un ruolo prominente come membro, o addirittura, capo, del gruppo esca che condusse i soldati oltre il Lodge Trail Ridge. Secondo alcuni di questi racconti Crazy Horse giocò il ruolo “della quaglia ferita”, smontando in più occasioni per esaminare gli zoccoli del suo cavallo che sembrava azzoppato, così che i sodati non poterono resistere dall’inseguirlo.
Ma questi racconti sono veri? Naturalmente nessuna fonte militare pose Cavallo Pazzo sul crinale, dal momento che nessun bianco, a Fort Kearny, con la possibile eccezione di Jim Bridger, che però era assente, aveva sentito, nel 1866, qualcosa su di lui. A quel tempo Tashunka Witko, che doveva avere 25-26 anni, non era ancora famoso come lo sarebbe diventato un decennio dopo.
Uno storico, John Monnett, ha voluto, però, vederci chiaro e ha esaminato le testimonianze indiane che collocano Crazy Horse nel gruppo esca.
Secondo Monnett vi è un solo testimone oculare che affermò che Cavallo Pazzo faceva parte del gruppo esca, un Oglala di nome Rocky Bear.


Rocky Bear

Intervistato nel 1903 da Addison Sheldon, Rocky Bear fece la seguente, stringata e un po’ oscura affermazione.
“Io ero lì e Nuvola rossa era lì. Cane Rosso fu ferito da un altro Indiano. Sword e Crazy Horse condussero avanti i soldati. Mandati 8 soldati (a volte i guerrieri venivano chiamati così). Il gruppo principale degli Indiani era disposto in cerchio. La fanteria li inseguì. Alcuni guerrieri giocarono con i loro cavalli fingendo che fossero esausti. Cane Rosso, Nuvola Rossa. Tutti gli Oglala. I Minneconjou. Mille in tutto”.
Nel 1907 un giornalista del Rapid City Journal scrisse “Rocky Bear, un vecchio Indiano della riserva di Pine Ridge, racconta che Nuvola Rossa, Uomo che teme i suoi cavalli, Cane Rosso e Cavallo Pazzo furono i principali leaders del massacro. Red Cloud inviò Cavallo Pazzo e 8 guerrieri al forte per cercare di far uscire i soldati. Essi cavalcarono, sparando intorno al forte. L’espediente ebbe successo e subito un piccolo distaccamento guidato dal Capitano Fetterman fu visto uscire dal forte. Gli Indiani si ritirarono, fingendo che i cavalli fossero zoppi o stanchi”.
Sempre secondo Monnett, vi è un altro racconto che pone Cavallo Pazzo nel gruppo esca.
Si trova nel libro di George Hyde “Red Cloud’s Folk” (Nuvola Rossa e il suo popolo, Rusconi 1990).
Hyde scrisse che Due Lune affermò, nel 1912, probabilmente tramite George Bent che l’aveva intervistato, che Cavallo Pazzo guidò il gruppo esca. Monnett però è scettico, dal momento che non vi sono note a piè pagina o in fondo al libro che spiegano la fonte di questa notizia, e non vi è menzione nelle lettere scritte da Bent a Hyde o nel libro “Life of George Bent from his Letters” (la mia gente Cheyenne, Mursia 1981), della presenza di Cavallo Pazzo nel gruppo esca. Come pure non vi sono menzioni nelle due interviste che Due Lune rilasciò a Grinnell nel 1908 e a Walter Camp nel 1913 (tra l’altro Due Lune raccontò a Bent di aver preso parte alla battaglia e a Grinnell di non esserci stato).

In definitiva, scrive Monnett, quello che riporta Hyde è altamente sospetto.
Charles Eastman, un Sioux Santee nato nel 1858, pubblicò un libro intitolato “Indian Heroes and Great Cheftains”. Nel capitolo dedicato a Cavallo Pazzo, scrisse che fece parte del gruppo di 40-50 guerrieri che assalirono il convoglio del legname, la prima finta per far uscire i soldati dal forte. Poi, però, la banda si dileguò.
George Sword raccontò a Eli Ricker che suo fratello Sword Owner fece parte del gruppo esca e ne fu, probabilmente, il leader, ma non fece menzione di Cavallo Pazzo. Anche American Horse, Cavallo Americano, disse a Ricker di aver fatto parte delle esche, ma anche lui non fece menzione di Crazy Horse.


Guerrieri Sioux

George Bird Grinnell si recò sul campo di battaglia con alcuni dei suoi informatori Cheyenne, che gli indicarono il percorso dei soldati e dove si erano appostati. Alce Bianco gli raccontò che i principali leaders, durante il combattimento, furono Scudo Nero e Gamba Nera dei Minneconjou, ma non parlò di Cavallo Pazzo, anche se Grinnell discusse della sua presenza numerose volte per eventi accaduti negli anni 70.
Secondo White Elk due Cheyenne fecero parte del gruppo esca, Wolf Left Hand e Big Nose, che rimase ucciso durante la battaglia.
Gambe di Legno, intervistato da Thomas Marquis, asserì che durante l’inverno del 1866 Cavallo Pazzo era il principale leader degli Oglala, ma non disse che aveva partecipato allo scontro e, tanto meno, al gruppo esca.
Anche Chips, amico d’infanzia di Cavallo Pazzo, affermò di aver preso parte alla battaglia, ma non fece menzione di Cavallo Pazzo, come pure un altro amico fraterno, He Dog, Cane.
Forse il maggior indizio sulla presenza di Crazy Horse durante la battaglia ci viene da Frank Grouard. Catturato dagli Hunkpapa nel 1870, divenne amico di Cavallo Pazzo. Grouard raccontò a Joe de Barthe che Crazy Horse andò in aiuto dell’amico Lone Bear, mortalmente ferito, che gli morì tra le braccia.
White Bull, Toro Bianco, disse a Campbell che Cavallo Pazzo era il leader degli Oglala e che Nuvola Rossa non era presente, e che Cavallo Pazzo risalì il Tongue con Cane e altri Oglala qualche giorno prima della battaglia, ma tacque sulla sua presenza nel gruppo esca.
Orso Bianco disse a Robinson che Cavallo Pazzo era il luogotenente di Nuvola Rossa e che Roman Nose lo era per gli Cheyenne, ma quest’ultimo non era presente, era con i Dog Soldiers in Kansas. Inoltre, White Bear non raccontò che Cavallo Pazzo aveva preso parte allo scontro.

Quando nacque, quindi la “leggenda” di Cavallo Pazzo nel gruppo esca?
Fu Mari Sandoz che scrisse nella sua fantasiosa biografia “Crazy Horse: Strange Man of the Oglala”, pubblicata nel 1942, che Cavallo Pazzo scese più volte da cavallo fingendo di legare la coda dell’animale e che, addirittura, si sdraiò dietro a un cespuglio e accese un piccolo fuoco, facendo credere che fosse ferito o esausto. Nessuno degli Oglala intervistati dalla scrittrice del Nebraska e da Eleanor Hinman aveva raccontato qualcosa di simile, tanto meno di questa specie di melodramma, Piuttosto Alce Bianco aveva raccontato a Grinnell che fu Big Nose che
cavalcò avanti e indietro sul crinale e caricò i soldati e sembrò, quasi, che li attraversasse.
Il libro di Mari Sandoz
Però questa scena funzionò alla grande, tanto che altri storici e scrittori abboccarono.
Dee Brown, in “The Fetterman Massacre”, scrisse che Cavallo Pazzo smontò più volte da cavallo, pur essendo a tiro di fucile, come se ignorasse la presenza dei soldati e il fischiare dei proiettili. “Quel giorno si guadagnò una grande reputazione per i suoi atti di eroismo”.
Anche Stephen Ambrose in “Crazy Horse and Custer” continuò nella leggenda anzi, la abbellì ulteriormente, scrivendo che Cavallo Pazzo sventolò più volte la coperta e insultò i soldati, fingendo una ritirata delle esche. “L’imboscata stava funzionando. Crazy Horse diede uno sguardo ai soldati che si avvicinavano, controllando il cavallo e tornando verso il Lodge Trail Ridge, usando il vecchio trucco di percuotere con una mano il cavallo mentre lo tratteneva con l’altra”.
Mike Sajna nella sua biografia “Crazy Horse: The Life Behind the Legend” scrisse “Per molti scrittori Crazy Horse guidò le esche, ma è una cosa difficile da provare leggendo le fonti primarie. Come leader degli Oglala è molto più probabile che rimase con la forza principale”.
Anche Kingsley Bray, nella sua più recente e monumentale biografia di Cavallo Pazzo, persiste nel porre Crazy Horse tra le esche, anche se nelle note non ci sono notizie più nuove e illuminanti rispetto al passato.
Monnett conclude che è difficile pensare che Cavallo Pazzo non partecipò alla battaglia, ma è convinto che non fece parte del gruppo esca. Certamente la verità morì a Fort Robinson il 5 settembre 1877.

Lo svolgimento della battaglia.

La prima ricostruzione degli eventi del 21 dicembre 1866 fu che la cavalleria e la fanteria scesero insieme nella valle del Peno Creek, inseguendo il gruppo esca, e furono assalite contemporaneamente dagli Indiani appostati in agguato ai due lati della pista Bozeman.


Massacre Ridge, dove vennero rinvenuti il corpo di Fetterman e di gran parte dei fanti

I corpi dei cavalleggeri furono ritrovati più all’interno della trappola poiché cercarono di coprire la ritirata dei fanti. Un comportamento eroico.


Sulla sommità fu eretto il monumento celebrativo

Questa versione dei fatti ha resistito per decenni, anzi, per quasi per un secolo.
Ma agli inizi degli anni 60 uno storico, J. M. Vaughn, non contento di questa spiegazione, consultò un esperto di tattica militare, il Brigadiere Generale Charles Roberts. Da lui apprese che un piccolo manipolo di fanti poteva percorrere, facilmente, 3 miglia per ora su un terreno piatto e asciutto. Nella neve, però, questa velocità si riduceva a uno, due miglia per ora, per brevi distanze. Nell’opinione di Roberts, Fetterman e i suoi soldati appiedati potevano aver percorso al massimo due miglia quando, dal forte, si udirono i primi spari. La cavalleria, disse Roberts, era in grado di percorrere da 4 a 6 miglia per ora, di più se lanciata al galoppo.
Vaughn e Roberts conclusero, calcolando la distanza dal forte, il percorso su e giù dal Lodge Trail Ridge e la distanza fino a Massacre Ridge, il punto dove venne ritrovato il maggior numero di corpi dei fanti, che sarebbe stato impossibile che la fanteria di Fetterman fosse avanzata più avanti di Monument Hill quando si sentirono i primi spari.
I colpi dovevano provenire, per forza, dai cavalleggeri di Grummond, che erano più avanti rispetto ai fanti, che in quel momento si trovavano,
probabilmente, in cima al Lodge Trail Ridge.
I reperti archeologici, il metal detector e le testimonianze dei militari e dei nativi supportavano, secondo Vaughn, questa ipotesi.
Quindi è certo, concluse Vaughn, che a un certo punto la cavalleria si staccò dalla fanteria e si gettò all’inseguimento del gruppo esca mentre gli uomini di Fetterman erano vicino alla sommità del Lodge Trail Ridge. e riuscìrono, in seguito, a avanzare poco oltre a dove, oggi, sorge il monumento.
Le testimonianze indiane corroboravano questa tesi.
Mitch Bouyer, interrogato dalla commissione Sanborn, disse di aver parlato con un Sioux presente alla battaglia, che gli aveva raccontato che alcuni soldati erano un miglio più avanti agli altri quando scattò la trappola, e che furono uccisi mentre tentavano di ritirarsi verso la forza principale, mentre nel 1904 Bent scrisse a Hyde che dal racconto di Due Lune si evinceva che alcuni dei soldati erano un quarto di miglio avanti agli altri. Era il Secondo Cavalleria, che caricò scendendo dal Lodge Trail Ridge. Altre testimonianze indiane confermavano i due racconti, anche se non quantificavano la distanza.


Le rocce dove morirono James S. Wheatley e Isaac Fisher

Ma alcuni dubbi erano già sorti subito dopo la conclusione degli eventi.
Il Dottor Hines, che testimoniò davanti alla Commissione Sanborn, alla domanda “Potete giudicare, dall’aspetto del terreno, (Massacre Ridge disseminato di cadaveri) che uno dei due gruppi era avanzato e l’altro si era fermato nel luogo dove giacevano i corpi?” rispose “La mia impressione, osservando il terreno, è che la cavalleria fosse più avanti rispetto alla fanteria, e che gli Indiani li attirarono più avanti, poi i cavalleggeri smontarono di sella e combatterono a piedi e alcuni cercarono di ricongiungersi alla fanteria”. Nel 1867 la Commissione Sanborn, dopo aver ascoltato le testimonianze del Tenente Ten Eyck e di altri soldati che avevano recuperato i corpi scrisse “La nostra conclusione è che il Colonnello Fetterman formò la sua linea avanzata sulla sommità della collina prospicente alla valle (Monument Hill)”.
Carrington trovò i corpi dei suoi soldati disseminati lungo il percorso da Monument Hill per una distanza di più di mezzo miglio. Nel punto più settentrionale del campo di battaglia, vicino a un gruppo di rocce, trovò i corpi dei due civili, Wheatley e Fisher, e di alcuni veterani. Avevano venduto cara la pelle, dal momento che Carrington contò 65 pozze di sangue e numerosi bossoli di Henry.
A metà strada tra Monument Hill e Wheatley-Fisher Rocks, giaceva il corpo di George Grummond, con il cranio fracassato da una mazza da guerra e quasi decapitato. Gli Indiani gli avevano tagliato le dita e il corpo era ricoperto di frecce.


Il luogo in cui morirono il tenente Grummond e altri soldati

Vicino al cadavere di Grummond, su un piccolo rilievo poi chiamato Cavalry Hill, furono rinvenuti i corpi di alcuni cavalleggeri. Avevano tentato, evidentemente, di aprirsi un varco per raggiungere la fanteria ma, trovandosi la strada sbarrata, erano scesi da cavallo e tentato un estrema difesa, mettendosi schiena contro schiena, cercando di mantenere un minimo di coesione tattica.
Alcuni cavalleggeri riuscirono, probabilmente, a raggiungere la posizione della fanteria. Vaughn ritrovò alcune cartucce di Spencer intorno a Monument Hill.
Se Fetterman ordinò a Grummond di seguire il gruppo esca oltre il crinale, si rese responsabile dell’annientamento dei suoi uomini, poichè agì in violazione dell’ordine di Carrington, sempre che questo fosse l’ordine.
Però ci sono indizi che ci conducono a un’altra ipotesi. Conoscendo il carattere impetuoso e, spesso, spregiudicato che Grummond aveva dimostrato durante la Guerra Civile, e anche in uno scontro avvenuto il 6 dicembre in cui si era gettato, incoscientemente, all’inseguimento di alcuni Indiani, rischiando di farsi uccidere, è molto più probabile che non riuscì a controllarsi e si buttò all’inseguimento dei guerrieri esca, che insultavano e deridevano i soldati.
Lo posso immaginare mentre pensa “Non prenderemo mai questi bastardi rossi se rimarremo con i soldati a piedi”.
“Avanti ragazzi, andiamo a prenderli”, e spronò il cavallo, infischiandosene dell’autorità di Fetterman. O, forse, furono i due civile, Wheatley e Fisher, che inseguirono per primi le esche, ansiosi di provare i loro nuovi fucili Henry, e i cavalleggeri si accodarono.
Le testimonianze indiane raccontano che i fanti, disposti in skirmish line, si fermarono e esitarono quando furono in cima al Lodge Trail Ridge.
Fetterman udì gli spari e le grida selvagge degli Indiani, quando gli uomini di Grummond furono assaliti dagli Oglala e dai Cheyenne, un miglio più avanti, ma erano oltre la sua visuale.
Non sapremo mai cosa passò nella mente del Capitano quando fu in cima al crinale, ma fu costretto a prendere una decisione rapida e difficile. Probabilmente fu consapevole che poteva gettarsi in una trappola mortale, era un soldato esperto, e sapeva anche che i suoi soldati erano male armati, con obsoleti fucili Springfield.


Una mappa riepilogativa

Aveva due possibilità, tornare indietro e abbandonare i cavalleggeri al loro destino, sperando che riuscissero a cavarsela, o accorrere in loro aiuto.
Scelse, sfortunatamente per lui e i suoi fanti, la seconda soluzione.

Il ruolo di Nuvola Rossa.

Il conflitto che insanguinò la pista Bozeman nel 1866-67 viene, spesso, chiamato “Guerra di Nuvola Rossa”, identificando nel capo Oglala la figura più carismatica, l’organizzatore, lo stratega e il principale condottiero della coalizione indiana. Ma quale fu il ruolo di Red Cloud nella battaglia di Fetterman, e può essere considerato il principale ideatore dell’imboscata?


Nuvola Rossa

Nuvola Rossa nacque nel 1822 vicino alla biforcazione del fiume Platte. Sua madre, Walks as she Thinks, era Oglala, il padre Brule. Entrambi morirono giovani, e Nuvola Rossa fu allevato dallo zio Old Smoke nel clan della madre.
Probabilmente combattè i bianchi, per la prima volta nel “massacro Grattan” del 1854, e partecipò, forse, alla battaglia del Platte Bridge nel 1865 come membro della società guerriera Waciska, ma a quel tempo si era già guadagnato fama e onori, tra gli Oglala Bad Faces, combattendo gli atavici nemici Crows, Shoshone e Pawnees. Veniva riconosciuto come “blotahunka” war party leader, capo di guerra, mentre il capo supremo degli Oglala, “l’itancan”, era Uomo che Teme i suoi Cavalli.

La sua reputazione si consolidò, in seguito, per il ruolo che ebbe come diplomatico, statista e delegato a Washington e New York, dove incontrò Presidenti, il Congresso e cittadini importanti.
Tornando al suo ruolo nella battaglia, né i Cheyenne né i Minneconjou lo pongono nello scontro.
Il Cheyenne Alce Bianco raccontò a Grinnell che i leaders della coalizione furono Scudo Nero e Gamba Nera dei Minneconjou, mentre Orso Bianco, nei suoi colloqui con Campbell, affermò che non ci furono leaders principali.
George Hyde asserì che il Minneconjou High Backbone (Gobba), fu il capo principale e che Nuvola Rossa non era presente, era rimasto nel suo villaggio sul fiume Tongue. “La battaglia”, scrisse Hyde, “fu, principalmente, un affare Minneconjou”.
Secondo altre testimonianze Cheyenne la strategia e la preparazione dell’imboscata furono decise da un consiglio dei capi di tutte le principali tribù, che poi combatterono in gruppi separati in vari punti lungo il Peno Creek, ciascuna con i propri leaders, per poi mischiarsi nella parte finale dello scontro.
Per gli Oglala Nuvola Rossa fu presente e fu il loro capo.
Intervistati da Addison Sheldon, alcuni di loro raccontarono:

  • White Face: Red Cloud era lì, io ero lì.
  • Rocky Bear: io fui lì e Nuvola Rossa fu lì.
  • Red Fly: fui con Nuvola Rossa nella battaglia vicino alle Montagne Big Horn, dove uccidemmo i cento soldati. Red Cloud fu il nostro capo.
  • American Horse: sì, Red Cloud fu lì, lo vidi prima della battaglia e dopo la battaglia, non lo vidi durante il combattimento. C’era troppa polvere e fumo.
  • Alfred Red Cloud, un pronipote, raccontò, attraverso la storia familiare, che Nuvola Rossa e altri capi osservarono lo scontro da una collina a ovest della pista Bozeman con un binocolo acquistato nel 1865.

Questo racconto mi sembra verosimile. Nuvola Rossa insieme a alcuni capi delle altre tribù diresse la battaglia dietro le linee. A quel tempo aveva 44 anni. Non ci fu un unico stratega dello scontro e dell’intera guerra, ma fu soggetto, insieme agli altri capi Oglala, alle decisioni di un consiglio di guerra con i capi Minneconjou, Cheyenne e Arapaho. Non fu, quindi, il leader della coalizione. Guadagnò questa reputazione in seguito, tra gli Americani e i loro media che lo incoronarono, formalmente, come capo assoluto e anche il suo popolo, durante gli anni in riserva, lo riconobbe come itancan, Si trasformò in un’icona a causa della sua abilità nel difendere i diritti della sua gente cercando di assecondare, nello stesso tempo, le politiche di assimilazione del governo, anche se la sua considerazione verso l’uomo bianco fu espressa in questa frase “Ci fecero molte promesse, più di quante me ne possa ricordare, ma non ne hanno mantenuta una. Promisero di prendersi la terra, e ce la presero

Il suicidio di Fetterman.

Più di metà dei corpi, 49 o 50, furono recuperati quello stesso pomeriggio dal Tenente Ten Eyck, che era uscito dal forte con 40 soldati in aiuto di Fetterman.


La battaglia

Quando gli Indiani si ritirarono, Ten Eyck scese nella valle del Peno Creek e trovò i corpi nudi, scalpati, mutilati, e riempiti di frecce, tanto da assomigliare a porcospini. L’unico essere vivente era un cavallo, Dapple Dan, colpito da una dozzina di frecce. Ten Eyck ordinò di abbatterlo.
I cadaveri furono caricati su tre carri e portati al forte. Il Dottor Hines testimoniò che sembravano maiali portati al mercato.
Il resto dei corpi, compreso quello di Grummond, furono recuperati il giorno dopo, ormai congelati, dallo stesso Carrington, che uscì dal forte con 80 volontari, malgrado il parere contrario di alcuni ufficiali che non volevano sguarnire la guarnigione.
Secondo il soldato Finn Burnett il terreno era così zuppo di sangue che i muli cominciarono a imbizzarrirsi e a scalciare. Sembravano impazziti, mentre i soldati furono costretti a camminare sulle interiora dei loro compagni.
Nel suo rapporto Carrington ci ha lasciato la descrizione delle mutilazioni.

  • Occhi cavati e posti sulle rocce.
  • Orecchie e nasi tagliati.
  • Menti separati dai volti.
  • Denti frantumati.
  • Articolazioni delle dita tagliate.
  • Cervelli estratti e messi sule rocce, insieme a parti del corpo.
  • Interiora estratte e esposte.
  • Mani e piedi tagliati.
  • Parti private recise e poste in modo indecente sopra i corpi.
  • Braccia tagliate al gomito e gambe alle ginocchia.
  • Occhi, orecchie e bocche penetrate con frecce e bastoni.
  • Crani fracassati in vari modi.
  • Muscoli della tibia, del polpaccio, del dorso, del petto, delle guance separati dalle ossa.

Il Dottor Horton disse che la maggior parte dei corpi dei soldati erano stati uccisi da mazze da guerra, accette e frecce, non più di sei da proiettili.
Carrington scrisse anche, nel suo rapporto, che i corpi dei Capitani Fetterman e Brown presentavano ferite d’arma da fuoco alla tempia, segno che si erano suicidati, forse sparandosi a vicenda, ma il Dottor Horton, che esaminò il cadavere di Fetterman, disse che il corpo non presentava ferite d’arma da fuoco, ma un profondo taglio che gli attraversava il torace, mentre la gola era recisa, con l’intero collo, fino alla colonna cervicale. Era quasi decapitato.


La mazza da guerra di American Horse

American Horse, anni dopo, raccontò a Eli Ricker che era stato lui a uccidere Fetterman. L’aveva prima colpito con una mazza da guerra e poi gli aveva tagliato la gola.

Le perdite indiane.

Le perdite indiane, come in gran parte delle loro guerre contro gli Stati Uniti, sono impossibili da accertare.
Big Nose, una delle esche, morì durante la battaglia.
Ecco altre testimonianze.

  • Mitch Bouyer (per sentito dire), 8 Indiani uccisi, 2 mortalmente feriti, 50 feriti.
  • Two Moons (Cheyenne), 2 Cheyenne uccisi, 1 Arapaho, 11 Lakota.
  • White Bull (Minneconjou), 14 Lakota uccisi.
  • White Elk (Cheyenne), 2 Cheyenne, 50-60 Lakota.
  • Wooden Leg (Cheyenne, per sentito dire), 2 Cheyenne.
  • Fire Thunder (Oglala), Molti.
  • Wolf Tooth (Cheyenne), 2-3 Cheyenne.
  • American Horse (Oglala), 4 Oglala, 2 Arapaho, 1 Cheyenne e 8 feriti.
  • Nuvola Rossa (Oglala), 11 Lakota morti, molti feriti.


La battaglia in un quadro di J. K. Ralston

Il Sergente Fessenden affermò che, dopo lo scontro, alcune donne Cheyenne venute al forte per commerciare, gli dissero che più di 150 Indiani erano morti e 300 erano stati i feriti, di cui la metà erano, poi, deceduti, una notizia poco attendibile sia per la brevità della battaglia (30-40 minuti), sia per gli obsoleti fucili in dotazione alla maggior parte dei soldati.
Carrington disse di aver contato 65 pozze di sangue intorno alle rocce dove furono rinvenuti i corpi dei due civili Wheatley e Fisher.

La battaglia sullo schermo.

Nel 1951 il regista George Sherman girò Tomahawk, scure di guerra, una pellicola ispirata agli eventi che ebbero luogo in Wyoming nel 1866-67.
Gli interpreti principali sono Van Heflin, nel ruolo del trapper e scout Jim Bridger, e la bella Yvonne de Carlo. Anche Rock Hudson, non ancora famoso, ebbe una piccola parte.


Tomahawk

È uno dei primi film dalla parte dei nativi, che sono descritti come un popolo fiero, a cui sono state ingiustamente rubate le terre.
Jim Bridger è alla ricerca dell’assassino del figlio e della moglie Cheyenne, che era poi sorella della famosa Monahsetah (interpretata dall’attrice bianca Susan Cabot), uccisi a Sand Creek.
Nel corso della pellicola Bridger riuscirà a scoprire l’identità dell’assassino, il bieco Tenente Dancy che, non pago delle sue malefatte, uccidendo un giovane Sioux, darà inizio alla guerra.
Bridger è amico degli Indiani e in particolare di Nuvola Rossa, e cercherà, inutilmente, di fermarla.
Nel film la battaglia di Fetterman ha pochi riferimenti storici. Viene combattuta, probabilmente, in piena estate, sotto il sole, su un terreno asciutto e senza neve e ghiaccio. Quasi tutti i Sioux sono a petto nudo.
I soldati sono tutti a cavallo e vengono condotti nella trappola dallo sconsiderato Dancy, novello Grummond, che è anche il solo a salvarsi, fuggendo, prima della resa dei conti finale.
La pellicola venne girata in Technicolor in Sud Dakota, vicino ai luoghi degli eventi. Molti degli Indiani erano veri nativi.
Si tratta di un bel B movie per i tempi, godibile anche oggi.
Nel 2005 Steven Spielberg produsse una miniserie televisiva intitolata Into the West, divisa in sei episodi, ispirata a eventi reali. La conquista del selvaggio ovest viene vista attraverso gli occhi di due famiglie, una bianca, gli Wheeler, e una Lakota.


Into The West

L’intenzione è buona, ma il risultato è pessimo.
La battaglia di Fetterman ha un piccolo spazio e segue il solito clichè.
Fort Kearny ha la palizzata in muratura (ma a cosa servivano i tronchi?).
Carrington dà il famoso ordine “non oltrepassate il Lodge Trail Ridge” mentre Fetterman e i suoi soldati, tutti a cavallo (e la fanteria?) stanno uscendo dal forte. Cavallo Pazzo guida il gruppo esca, e rimane fermo come una statua, con sguardo sprezzante, mentre Fetterman gli scarica addosso la pistola da breve distanza (ma allora era, anche, un pessimo tiratore). Poi, retrocedendo lentamente a cavallo, conduce i soldati nella trappola. Anche qui niente neve e ghiaccio, mentre, in un altro episodio, l’attacco dei guerriglieri di Quantrill alla città di Lawrence, che avvenne in agosto, è girato, probabilmente, in inverno, con la neve sul terreno.
Ma Spielberg, con tutti i soldi che hai non potevi trovare sceneggiatori più preparati?

NOTE FINALI

Ho ricavato le informazioni per questo articolo dai seguenti libri: Where a Hundred Soldiers Were Killed e Eyewitness to the Fetterman Fight di John Monnett, Give Me Eighty Men di Shannon. D. Smith, A Cold Day in Hell di Craig Wallace, Absaraka Home of the Crows di Margaret Irvin Carrington, Indian Fights: New Facts in Seven Encounters di J. W. Vaughn, My Army Life and the Fort Phil Kearny Massacre di Frances Courtney Carrington. Nel mese di marzo 2023 Einaudi ha pubblicato il romanzo storico “Il Crinale” di Michael Punke ispirato agli eventi.

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