La cavalcata di Gregorio Cortez

A cura di Giampaolo Galli

Gregorio Cortez, seduto al centro nella foto, dopo la cattura
Gregorio Cortez fu una delle ultime figure leggendarie della frontiera americana. Protagonista suo malgrado di un grave fatto di sangue, eluse per quasi due settimane le soverchianti forze messe in campo dai Texas Rangers per catturarlo.
La sua epica fuga è stata anche celebrata in un famoso film del 1983, “The ballad of Gregorio Cortez”, considerato uno dei migliori (seppur rari) western di quegli anni.
Gregorio Cortez nacque a Matamoros, Tamaulipas, il 22 giugno del 1875, figlio del fattore Roman Cortez Garza e di Rosalia Lira Cortinas.
Nel 1887 la sua famiglia emigrò negli Stati Uniti e si stabilì a Manor, Texas, dove lui e suo fratello Romaldo iniziarono a farsi le ossa lavorando come braccianti stagionali e cowboy per diversi rancheros.
La ferrovia e i nuovi macchinari industriali per la conservazione e l’inscatolamento della carne, stavano già sostituendo i grandi spostamenti di bestiame dai pascoli meridionali alle città del Midwest, ma nei primi anni ‘90 il Texas rimaneva ancora un paese di allevatori e mandriani. Il potere economico era concentrato nelle mani di famiglie arrivate dall’Europa alcuni decenni prima (in particolare dalla Germania), e dal resto dell’Unione, mentre i messicani, residenti o immigrati, costituivano la bassa manovalanza, spesso sfruttata ed emarginata.


Gregorio Cortez

Non era una situazione del tutto nuova. La guerra del 1846-48 e il successivo trattato di Guadalupe Hidalgo, avevano di fatto creato due mondi distinti: quello degli “anglos”, come venivano definiti tutti i coloni di provenienza nordeuropea e quello dei preesistenti Tejanos, di origine ispanica. Sebbene la cittadinanza americana venne estesa a tutti i residenti del Texas, la popolazione messicana rimase sempre un gruppo etnico di serie B rispetto ai nuovi coloni bianchi. Gli anglos si appropriarono delle terre migliori e in diversi casi spogliarono i tejanos delle loro proprietà. Questa discriminazione si fece ancora più evidente nei procedimenti giudiziari, dove la mano del giudice fu pesante nel condannare i crimini commessi dai messicani e altrettanto leggera nell’alleviare le responsabilità degli altri cittadini americani, a tal punto che era considerato quasi legittimo uccidere un messicano. Un esempio di questo diffuso atteggiamento discriminatorio, lo ritroviamo nella biografia su Billy the Kid, scritta da Pat Garrett, il quale affermò che il famoso fuorilegge “uccise 21 uomini, uno per ogni anno della sua giovane vita, senza contare i messicani e gli indiani”.
Nel 1891 Gregorio Cortez mise incinta Leonor Diaz e fu costretto a sposarla. Mariana fu la prima di quattro figli, avuti poi da mogli diverse.
Gregorio, suo fratello Romaldo e le loro rispettive famiglie, si spostarono attraverso tutto il Texas meridionale nel decennio 1890-1900, fino a quando decisero di stabilirsi nella Karnes County, tra San Antonio e Corpus Christi, dove ancora oggi quasi metà della popolazione residente nella contea è costituita da latinos.
Lì affittarono un lotto di terra da un ranchero e iniziarono ad allevare mucche e cavalli.
Il 14 giugno del 1901 lo sceriffo Brack Morris e i suoi due vice Boone Choate e John Trimmell, si recarono da diversi messicani residenti nella contea di Karnes in cerca di un ladro di cavalli, che da alcuni testimoni era stato descritto come un latino di media statura, che portava un cappello a tesa larga di colore rosso. Quando giunsero da un certo Andres Villareal, questi disse loro di aver barattato un suo cavallo con una giumenta da Gregorio Cortez, appena qualche giorno prima. Nella lingua spagnola, e in particolare fra gli allevatori di cavalli, c’è una separazione netta dei termini “yegua” o giumenta, (in inglese “mare”) e il “caballo” (in inglese “horse”). Boone Choate, che era l’interprete dello sceriffo, non fece attenzione a questa distinzione in spagnolo tra femmina e maschio del cavallo, e quando lui e lo sceriffo si recarono dai Cortez, questo banale equivoco linguistico sfociò in tragedia.


Una squadra di Texas Rangers

Giunti dinanzi al ranch di Gregorio e Romaldo, trovarono entrambi i fratelli sulla soglia di casa, intenti a lavorare.
“Chiedigli se hanno barattato un cavallo alcuni giorni fa” disse lo sceriffo Morris a Boone Choate, che tradusse in spagnolo.
“No señor, un caballo, no” fu la pronta risposta di Gregorio, che stava appoggiato a uno stipite della veranda, apparentemente disarmato.
I due americani parlottarono sottovoce, quindi Choate si rivolse nuovamente in spagnolo. “Ya hablamos con el otro ( Villareal), y no hay que mentir.”
Gregorio: “No estàmos mentiendo, no era un caballo, era una yegua, hace dos dìas!”
Offesi per la risposta, che interpretarono come una presa in giro, e oltremodo sospettosi, lo sceriffo scese da cavallo impugnando una pistola e li dichiarò entrambi in arresto.
Gregorio: “Y porqué? No hemos hecho nada, no nos puede arrestar por nada!” protestò Gregorio.
Lo sceriffo estrasse immediatamente la pistola e la puntò su Gregorio. A quella vista, temendo che potesse aprire il fuoco, Romaldo si frappose tra Morris e il fratello, per proteggerlo. Morris perse la testa e sparò, colpendolo al torace. Poi mirò all’altro, ma Gregorio fu più veloce, tirò fuori la pistola e uccise lo sceriffo con tre colpi sparati in rapida successione. Choate e Trimmell, temendo per le loro vite, voltarono subito i cavalli e galopparono verso la cittadina di Kennedy, per dare l’allarme.
Romaldo era stato ferito gravemente dallo sceriffo e i due messicani rimasero nascosti nella macchia fino all’imbrunire, poi Gregorio portò di nascosto il fratello fino a una casa ai sobborghi di Kennedy, dove lo lasciò alle cure dei parenti.
Gregorio si dileguò nottetempo dalla Contea di Karnes, ma invece di puntare a sud verso il confine, dove era facile immaginare che si sarebbe diretto, galoppò per 55 miglia in direzione nord, fino alla città di Belmont, dove aveva un amico, Martin Robledo. La posse che venne organizzata per dargli la caccia, fu abilmente depistata e Cortez riuscì a guadagnare del tempo prezioso sui suoi inseguitori, che nel frattempo aumentavano ogni giorno di più. Dopo aver messo sotto pressione una delle donne della famiglia Cortez, Robert Glover, sceriffo della Gonzales County e amico di Morris, riuscì a scoprire il rifugio di Gregorio e la posse si mobilitò in direzione di Belmont.


Un’immagine tratta dal film The Ballad of Gregorio Cortez

Giunti nei pressi del Robledo Ranch, i vigilantes divisero le loro forze, aggirando la fattoria su due lati, e il gruppo sotto la guida di Glover sparò per primo. Gregorio e Bonafacio, il figlio maggiore di Robledo, risposero dall’interno della casa e colpirono a morte lo sceriffo Glover. Nella confusione generale della sparatoria, un certo Schnabel venne ucciso dal fuoco amico, e Cortez, approfittando dello sbandamento degli avversari, riuscì abilmente a dileguarsi nel cuore della notte. Al termine dello scontro, le forze dell’ordine arrestarono cinque membri della famiglia Robledo, tra cui la moglie, che era stata ferita, e un certo Ramòn Rodriguez, anch’egli ferito.
Nel frattempo Gregorio si diresse a sud. A piedi e braccato dagli uomini della legge, riuscì a raggiungere un altro amico, che viveva in un ranch sulle rive del fiume Guadalupe, tale Ceferino Flores, che gli diede una giumenta e una pistola. Per ingannare gli inseguitori, Gregorio cavalcò giorno e notte prendendo di continuo direzioni diverse, fino a quando il cavallo cadde e si ruppe una zampa. Costretto ad abbandonare l’animale, si diresse a piedi verso sud, in direzione di Floresville. Qui trovò un altro cavallo e riprese la fuga girando in tondo, ma avvicinandosi progressivamente al confine. I vigilantes, seppur disorientati, avevano ormai capito il suo gioco e in breve ridussero le distanze con il fuggiasco. Gregorio ormai sentiva il fiato sul collo e forzò il cavallo fino allo stremo; quando giunse alla periferia di Cotulla, dovette però abbandonarlo e proseguì a piedi.
Il sole era ormai alto, quando il 20 giugno entrò a Cotulla, esattamente a metà strada tra San Antonio e Laredo. Qui ricevette ospitalità da alcuni messicani, che lo rifocillarono e gli diedero dei vestiti nuovi, ma non furono in grado di fornirgli un altro cavallo. Nel tentativo disperato di raggiungere e attraversare il Rio Grande, Gregorio continuò la sua fuga a piedi seguendo la ferrovia che portava direttamente a Laredo. Camminò giorno e notte sotto un sole implacabile, tormentato dalla sete e dallo sfinimento.
A mezzogiorno del 22 giugno, un allevatore di pecore, di nome Jesus Gonzales, scorse da lontano un uomo che attraversava il podere di Abran de la Garza. Insospettito da quella presenza, e sapendo che era in atto una caccia all’uomo su vasta scala, avvertì immediatamente il capitano Rogers dei Texas Rangers, che si precipitò sul luogo indicato. Quando li vide arrivare, Gregorio non oppose la minima resistenza e si lasciò catturare. La lunga fuga era terminata, ma da quel momento iniziava la sua leggenda. Gregorio Cortez avrebbe lottato contro i suoi persecutori ancora per tredici lunghi anni, e il campo di battaglia si sarebbe spostato dalla vasta prateria alle buie aule dei tribunali.
In poco più di una settimana, Gregorio Cortez aveva impiegato tre cavalli diversi e aveva coperto 500 miglia, di cui un centinaio a piedi; era stato braccato giorno e notte da forze soverchianti, che in alcuni momenti avevano raggiunto le 300 unità. Per dieci giorni, dal 15 al 25 giugno 1901, la sua rocambolesca avventura aveva riempito l’intera prima pagina del San Antonio Express, trasformando un semplice vaquero in uno spietato bandito e ladro di cavalli, in grado di poter mettere insieme una pericolosa banda di desperados.


Immagine fotografica e breve descrizione originale

Molto diversa fu invece l’opinione dei messicani, che videro in Cortez un eroe solitario e sfortunato, il simbolo della loro lotta contro l’oppressione degli odiati gringos, e fu inevitabile che al suo processo l’opinione pubblica si divise in due fronti contrapposti. In sua difesa furono raccolte somme ingenti, che provennero perlopiù da messicani e rancheros, ma anche da alcuni simpatizzanti bianchi, conquistati dal disperato eroismo di un uomo solo e sfortunato.
Dopo essere stato imprigionato a San Antonio, il primo processo fu celebrato un mese più tardi a Gonzales, il 24 luglio 1901, per l’uccisione di Henry Schnabel presso il ranch Robledo. Nonostante le incongruenze emerse da diversi testimoni durante l’udienza, la giuria, composta da undici angloamericani e da un afroamericano, condannò Cortez a 50 anni di carcere per omicidio di secondo grado ai danni di Constable Schnabel. La difesa ricorse subito in appello, e il 15 gennaio 1902 la Corte del Texas rovesciò la prima sentenza, dimostrando che l’uccisione di Schnabel era stata causata dal fuoco amico dell’altro gruppo di vigilantes, che aveva circondato il ranch Robledo.
Però pendevano ancora sul capo di Gregorio Cortez le pesanti accuse per la morte dello sceriffo Glover e dello sceriffo Morris, per cui vennero celebrati altri due processi separati. Nel frattempo, l’opinione pubblica angloamericana, che pretendeva la condanna a morte per l’imputato, condusse una feroce campagna denigratoria contro i giudici, e prima ancora del secondo processo Schnabel, una folla di oltre 300 persone circondò il carcere di San Antonio, reclamando a gran voce Gregorio Cortez per sottoporlo al linciaggio, cosa che per fortuna non riuscì.
Tra l’ottobre 1901 e l’aprile del 1904, numerosi processi furono indetti in diverse città del Texas per l’omicidio dello sceriffo Morris. La prima sentenza lo condannò a morte, ma i successivi appelli fecero maggior luce sulle dinamiche dell’incidente, e l’ultima sessione tenuta a Corpus Christi, scagionò completamente l’imputato, riconoscendogli la legittima difesa.


Una rara immagine di Corpus Christi (1915)

Rimaneva ancora l’accusa più difficile da smontare, quella per l’omicidio dello sceriffo Glover, avvenuto nei pressi del ranch Robledo durante la sparatoria nella quale era rimasto ucciso anche Schnabel. La Corte di Columbus, Texas, pur accogliendo le attenuanti del caso, condannò l’imputato al carcere a vita. Anche stavolta la difesa tentò di ribaltare la sentenza, ma la difficile battaglia legale non diede i frutti sperati, e l’1gennaio 1905, Gregorio Cortez iniziò a scontare la sua pena nel penitenziario di Huntsville, a nord di Houston.
Il suo caso continuò a far rumore anche negli anni successivi dividendo l’opinione pubblica, e gli sforzi da parte degli avvocati, sostenuti della comunità messicana, fecero breccia nel Governatore Oscar Colquitt, che nel luglio del 1914 lo rilasciò con la condizionale.
Dopo aver ringraziato tutti i suoi sostenitori per la miracolosa liberazione, Gregorio Cortez lasciò la sponda statunitense del Rio Grande e si stabilì a Nuevo Laredo, dove abbracciò la causa di Victoriano Huerta e militò nelle sue truppe. Diversi mesi più tardi venne ferito sul campo di battaglia e ritornò in Texas, a Manor, presso la casa di uno dei suoi figli, dove conobbe la sua terza moglie, Esther Martinez. Si sposò con lei e decisero di andare a vivere ad Anson, qualche decina di miglia a nord di Abilene, nel nord del Texas.
La sua nuova vita, finalmente lontana dal clamore che lo aveva accompagnato e tormentato per quindici lunghi anni, fu però di breve durata. Il 28 febbraio 1916, Gregorio Cortez lasciava il mondo all’età di soli quarant’anni. Le cause della sua morte sono tuttora sconosciute e destano più di un sospetto. Oltre a cause naturali come un attacco cardiaco improvviso, molti ipotizzano un avvelenamento da parte di coloro che non gli avevano mai perdonato di essere sfuggito al cappio del boia.


The ballad of Gregorio Cortez, il poster del film

La storia di Gregorio Cortez è atipica nella storia del west. Fu eroe e fuorilegge per un banale errore linguistico, diventando una delle figure più popolari del folklore ispano-americano, simbolo di orgoglio nazionale e di riscatto per tutti i latinos del Texas.
Ancora oggi, nelle taverne lungo il confine sul Rio Grande, non è raro imbattersi in qualche gruppo di mariachi che intona le struggenti note della ballata di Gregorio Cortez.
“En el condado del Carmen
Miren lo que ha sucedido
Murió el sheriff mayor
Quedando Román herido
Decía Gregorio Cortes
Con su pistola en la mano…”

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