Il massacro della famiglia Hungate (11-6-1864)

A cura di Renato Ruggeri

Il drammatico assalto alla casa degli Hungate
Nathan Hungate, originario della McDonough County, Illinois, aveva 29 anni e sua moglie, Ellen Eliza Decker, originaria della Pennsylvania, 25.
I due si erano sposati nella Cass County, Territorio del Nebraska, il 21 gennaio 1861. La loro figlia più grande, Laura, nata nell’autunno del 1861, non aveva ancora 3 anni quando fu uccisa. La più piccola, Florence,
aveva poco meno di 5 mesi.
Gli Hungate erano giunti in Colorado da due mesi. Nathan era stato assunto all’inizio della primavera da Isaac Van Wormer, il proprietario del ranch assalito e bruciato nel pomeriggio dell’11 giugno 1864.
Il ranch si trovava 30 miglia a sudest di Denver.
La tragedia è spesso menzionata in connessione con la battaglia che avvenne nel mese di novembre sul Sand Creek. Oggi molti credono che fu l’uccisione degli Hungate che accese il risentimento e l’odio verso i Cheyennes e gli Arapahos e motivò centinaia di uomini a arruolarsi nel 3° Colorado Cavalry, assegnato alla giurisdizione militare di Chivington. Potrebbe essere parzialmente corretto, ma molta della rabbia si scatenò più tardi, quell’estate.
Il luogo del massacro Hungate si trova appena più a est del Running Creek, conosciuto anche come Box Elder Creek, nell’angolo nordoccidentale della Elbert County, appena al di sotto del confine con l’Arapahoe County.
Il racconto tradizionale dell’assassinio degli Hungate è però, come vedremo, storicamente inaccurato.
Il racconto dice che quel tragico sabato Nathan Hungate, insieme a un altro lavorante del ranch di nome Miller, stava cercando del bestiame disperso, quando gli Indiani sorpresero Ellen e le due bambine. Gli Indiani uccisero le Hungate, saccheggiarono la casa e la bruciarono.
Nathan vide il fumo da una collina e galoppò verso il ranch, ma fu intercettato e ucciso prima di arrivarci. Nel frattempo Miller cavalcò fino a Denver e portò la notizia dell’accaduto.


Gli indiani all’attacco

Quattro giorni dopo l’accaduto, il Governatore del Territorio John Evans ricevette una lettera da Robert North, un mercante che aveva sposato una donna Arapaho e aveva vissuto e commerciato per anni con gli Indiani. North suggerì che i colpevoli fossero Arapahos insieme a membri di altre tribù. Raccontò al Governatore che un Arapaho di nome John Notnee era tra i guerrieri che avevano trucidato gli Hungate. Notnee aveva passato l’inverno precedente sul Running Creek e, secondo North, era furioso perché aveva dovuto restituire il bestiame che aveva rubato al ranch Van Wormer in autunno. North pensava che Notnee fosse con la banda che aveva ucciso la famiglia e rubato il bestiame dai ranch vicini, ma pensava pure che gran parte della banda fosse composta da Cheyennes e Kiowas.
Ulteriori informazioni vennero dal capo Arapaho Neva, che partecipò all’incontro di Camp Weld del 28 settembre 1864. La conferenza era stata organizzata dal Maggiore Edward Winkoop nel tentativo di stipulare la pace in cambio di alcune donne e bambini tenuti prigionieri nel campo di Black Kettle.
Il Governatore Evans chiese ai capi presenti se sapevano chi avesse ucciso la famiglia Hungate. Neva rispose che era stato un piccolo gruppo di Arapahos, Medicine Man (chiamato anche Hook o Roman Nose) e tre altri.
La maggior parte degli storici non è d’accordo su quale di questi due racconti sia più veritiero, ma concordano che, sulla base di questi due resoconti, i Cheyennes di Black Kettle non furono coinvolti.
Anche questa affermazione potrebbe non essere del tutto corretta, come è questionabile l’assunzione che Nathan Hungate era lontano dal ranch quando fu assalito e incendiato.
Una visione più chiara di quello che avvenne al tempo dell’uccisione degli Hungate è ora possibile grazie a del nuovo materiale scoperto negli Indian Depredation Claims che sono conservati negli Archivi Nazionali a Washington.
Ulteriori evidenze archeologiche raccontano di uno svolgimento dei fatti completamente differente dal racconto tradizionale.


Un manifesto che avverte la popolazione del rischio di attacchi

Queste scoperte prima non menzionate rivelano che il massacro avvenne alla fine di alcuni giorni di razzie a est di Denver. A quel tempo i razziatori furono identificati come Arapahos e Cheyennes, e al Sand Creek il campo di Pentola Nera includeva Cheyennes e Arapahos.
Secondo gli Indian Depredation Claims tra il 9 e l’11 giugno, in un’area compresa tra il Box Elder Creek e il Coal Creek furono razziati 113 cavalli e muli.
Questo dato farebbe pensare che una grossa banda di Indiani, formata da almeno 20 ma forse 40-50 guerrieri, fosse attiva in quella zona, un war party capace di dividersi in piccoli gruppi e colpire punti diversi.
Tre mandriani, Thomas Darrah, John Brown e D. C. Corbin seguirono le tracce dei razziatori fino al ranch di Van Wormer. Questo è il loro racconto.
“Quando capimmo che gli Indiani, che avevano preso una direzione a nordest, erano tornati indietro e avevano attraversato la pista vicino al Box Elder Creek, procedemmo fino a quel luogo e poi lungo il fiume per circa sei miglia, dove incontrammo Mr Johnson che ci informò che la famiglia di un ranchman di nome Hungate era stata barbaramente uccisa dagli Indiani, il ranch bruciato e 30 cavalli e muli rubati.
Il massacro era avvenuto il giorno prima (l’11 giugno), poco dopo mezzogiorno e Mr Johnson insieme a alcuni lavoranti del mulino Gomer avevano rimosso i corpi della donna e delle due bambine portandoli al mulino.
Johnson continuò il racconto dicendo che, dopo aver raggiunto il luogo, avevano trovato il ranch in rovina e la casa rasa al suolo dalle fiamme. A circa 100 metri di distanza avevano scoperto il corpo della donna e delle due bambine, una di quasi quattro anni e l’altra un infante.
La donna era stata pugnalata in varie parti e presentava tracce di bruciature. Era stata scalpata e violentata. Alle due bambine era stata tagliata la gola e la testa era quasi staccata dal corpo.
Fino a quel momento il corpo del marito non era stato trovato, ma quando ritornammo al fiume, sul lato opposto, ne scoprimmo il cadavere. Era stato orribilmente mutilato e scalpato.
Questo è l’esatto racconto di quella terribile tragedia, occorsa a poco più di 20 miglia da Denver. e possiamo solo aggiungere che i coloni sono molto allarmati e che, se l’esercito non interverrà prontamente, tutti i ranch della regione verranno abbandonati con grande sofferenza per tutti”.
Anche Van Wormer, il proprietario del ranch, arrivò insieme a Alston Shaw e Dave Armstrong sul luogo dell’eccidio.
Videro il ranch bruciato, pozze di sangue e i segni di uno scontro.
Circa 30 cavalli erano spariti. Trovarono Ellen Hungate a faccia in giù, con la gola tagliata e le due bambine gettate in un pozzo. I tre seguirono le tracce di Nathan Hungate attraverso il fiume e, a circa due miglia dal ranch, scoprirono il corpo.


Il luogo in cui avvenne il massacro

Due frecce protrudevano dal torace, il cuore era stato estratto, lo scalpo strappato. Gli era stata tagliata la gola e le ferite erano ricoperte di mosche.
Rimane aperta una questione. Per quale motivo gli Hungate furono uccisi mentre le notizie di quei giorni indicano che gli Indiani furono intenti a rubare muli e cavalli e non a molestare i coloni?
Per almeno due giorni prima dell’assassinio degli Hungate, gli Indiani avevano razziato nella zona senza uccidere nessuno, e nessuno fu ucciso dopo gli Hungate.
Jeff Broome, uno storico che è anche professore di filosofia presso l’Arapahoe Community College a Littleton, Colorado, ha svolto alcune ricerche sul sito dove sorgeva il ranch di Van Wormer e, con l’aiuto di un metal detector, ha scoperto alcuni reperti che supportano una nuova ipotesi, che gli Hungate si difesero strenuamente, usando almeno 5 armi diverse, prima di abbandonare la casa in fiamme e essere uccisi.


Pallottole ritrovate intorno all’abitazione degli Hungate

Jeff Broome ha scoperto i resti bruciati di 5 armi, tra cui la culatta di una carabina Warner 1864, e circa 100 bossoli sparati da 8 armi diverse, inclusi i bossoli di un fucile Henry che non fu, però, trovato, oltre a alcuni oggetti personali e di casa che gli Indiani avrebbero sicuramente preso se il ranch fosse stato saccheggiato prima di essere dato alle fiamme.
Secondo questa ipotesi molto verosimile, gli Hungate erano sotto assedio quando la casa prese fuoco. E se fu un assedio Nathan Hungate era all’interno della casa insieme ai famigliari.
Possiamo immaginare questo scenario.
I razziatori, molto probabilmente Arapahos con forse qualche Cheyenne, arrivarono al ranch pensando che fosse un facile bersaglio. Volevano rubare cavalli e muli, ma Nathan Hungate era in casa e reagì. La fitta fucileria partita dal ranch creò dei problemi. Uno o più guerrieri furono colpiti e così i razziatori decisero di vendicarsi.


Reperti ritrovati nel luogo del massacro Hungate

Proiettili e frecce iniziarono a colpire le pareti del ranch mentre le due bambine erano nascoste in un angolo e Ellen Hungate ricaricava freneticamente le armi a disposizione. Forse sparò lei stessa da una finestra, dal momento che gli Hungate si difesero con accanimento.
Ma poi gli Indiani riuscirono a incendiare la casa, e gli Hungate furono costretti a uscire per non morire bruciati.
Forse Nathan lasciò la casa per primo, nel tentativo di farsi inseguire dagli Indiani infuriati, e riuscì a tenerli a bada, col suo fucile Henry, per circa un miglio. Poi però i guerrieri lo circondarono tenendosi a una certa distanza e, spingendo i cavalli verso di lui da angoli diversi, lo costrinsero a sparare fino all’ultima cartuccia.
I suoi famigliari, la moglie e le due figlie, furono catturate a breve distanza dal ranch e trucidatI.
Poi gli Indiani con gli animali rubati sparirono nelle praterie a est.
I corpi furono portati a Denver e esposti al pubblico sul retro di un carro.
Poi furono sistemati in casse di pino e sepolti in quello che è, oggi, Cheesman Park. Nel 1892 i resti furono esumati e sepolti nel Fairmount Cemetery, la loro destinazione finale.

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