Storia dei popoli del Nord-America – 8
A cura di Claudio Ursella
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 (ultima).
LE FORESTE ORIENTALI
La vasta regione compresa tra i Grandi Laghi, il fiume Mississipi, il Golfo del Messico e l’oceano Atlantico, è certamente una tra le zone del mondo che offre le migliori condizioni per lo sviluppo dell’attività umana: un clima che va dal temperato freddo della fascia settentrionale, al subtropicale lungo le coste del Golfo, con una piovosità abbondante, una vegetazione ricca, grandi foreste di latifoglie nell’interno e pinete nelle zone costiere; quasi al centro della regione, una bassa catena montuosa, i monti Allegheni o Appalachi, che si estende da nord a sud.
Queste montagne dividono i fiumi della regione tra quelli che si riversano direttamente nelle acque dell’Atlantico, e i grandi complessi fluviali dell’Ohio e del Tennessee, che con i loro molti affluenti costituiscono la parte orientale del grande bacino del Mississipi. Acqua, boschi, una fauna abbondante e varia in cui abbondano il cervo virginiano, il grande wapiti, il tacchino selvatico, l’orso nero e il bisonte, presente sia nelle praterie occidentali al margine della grande foresta, sia nelle vaste radure all’interno di esse. Ma se i boschi sono il paradiso dei cacciatori, è la grande novità dell’era Arcaica, e cioè la conoscenza delle opportunità alimentari offerte dal regno vegetale, che trovò in questa parte del continente l’ambiente più adatto a dare i suoi frutti più fecondi.
I monti Appalachi
Qui gli indiani dell’epoca Arcaica avevano iniziato a raccogliere e ad utilizzare a scopo alimentare un gran numero di specie vegetali, imparando che nel tornare in una data località in periodo definito, avrebbero potuto fare un buon raccolto di semi, frutti o bacche, e iniziando così ad orientare il loro nomadismo sul ciclo stagionale delle piante. Fu così che dalla conoscenza del ciclo stagionale delle piante, si passò nel corso di secoli di tentativi, ai primi esperimenti di controllo di tale ciclo, seminando una parte del raccolto e iniziando una prima selezione di alcuni vegetali adatti all’alimentazione; così le tecniche agricole, che per molto tempo si è ritenuto giungessero dalla Mesoamerica, si svilupparono in modo completamente autonomo nelle foreste orientali, con propri cultigeni originali, in particolare il chenopodium , il marshelder, le zucche e il girasole; di questi, i primi due sono stati soppiantati nei secoli successivi dall’introduzione del mais, e poi dimenticati, e per questo per lungo tempo si è creduto, che prima dell’introduzione del mais, non vi fosse attività agricola. E’ a partire dall’ultima fase dell’era Arcaica, intorno al 2.000 a.C., che gli archeologi hanno trovato tracce di questa prima domesticazione di vegetali, in una vasta regione che comprende il cuore delle Foreste Orientali, le valli dei fiumi Tennessee e Ohio e la zona di confluenza tra il Mississipi e il Missouri, fin giù al basso corso dell’Arkansas. Alla fine dell’era Arcaica, intorno al 1.000 a.C., la cura di piccoli campicelli in riva ai corsi d’acqua era divenuta un’attività economica praticata in quasi tutte le Foreste Orientali, in grado di offrire una importante integrazione alle attività di caccia, pesca e raccolta.
Le prime pratiche agricole sono l’humus comune a tutto il modello culturale delle Foreste Orientali, un modello che con varie articolazioni caratterizzerà tutta la regione fino all’800 d.C., producendo una fisionomia economica e sociale sostanzialmente omogenea. Piccoli gruppi famigliari di non più che poche decine di individui, che risiedono abbastanza stabilmente in una località, preferibilmente lungo il corso di un fiume, coltivando piccoli orti e raccogliendo vegetali selvatici, e con una notevole conoscenza della fauna terrestre e ittica del territorio. Lo stile di vita sedentario favorisce notevolmente lo sviluppo delle tecnologie e dell’artigianato, che dappertutto mira a trascendere le sole esigenze di utilità, per trasformarsi in prodotto con valore estetico o rituale; già alla fine dell’era Arcaica la ceramica aveva fatto la sua prima comparsa, e nel corso dell’ultimo millennio prima della nostra era, diviene patrimonio comune di tutti i popoli della zona. Anche le tecniche per la costruzione di capanne e riparo si fanno più complesse e funzionali, così come l’uso di pelli e fibre vegetali per gli indumenti. E’ probabile che nelle piccole comunità umane, la novità dell’attività agricola sia stata frutto della sperimentazione e della conoscenza delle donne, cui era particolarmente affidata la raccolta di vegetali, e che ciò abbia offerto loro un nuovo ruolo nel gruppo. Le comunità sono ancora profondamente egualitarie, ma certo la leadership individuale del capofamiglia tende a stabilizzarsi, così come è probabile che una prima specializzazione nelle attività connesse al misterioso e al soprannaturale, inizi a manifestarsi in questo periodo.
In sostanza è possibile affermare che gran parte degli aspetti della vita sociale, materiale e spirituale, degli indiani storici della regione, inizia manifestarsi nel modello culturale delle Foreste Orientali di questo periodo; e in effetti alla vigilia del contatto con i bianchi, molti popoli della regione vivevano sostanzialmente secondo questo modello, cosa questa che dovrebbe rendere evidente il collegamento tra culture precolombiane e indiani storici; ma sul comune humus culturale delle Foreste Orientali, si ergono vestigia del passato misterioso, di cui gli stessi indiani storici non sanno darci conto e che rimandano ad una complessità sociale e spirituale che sembra ormai persa anche nella memoria e nel mito.
E’ questo il caso dei “mounds”, i tumuli funerari che a centinaia si trovano in tutto l’est degli Stati Uniti, e che sono la principale fonte di reperti per gli archeologi, oltre che la dimostrazione evidente di un culto dei morti estremamente complesso e diffuso. E “mound builder”, costruttori di tumuli, sono stati definiti gli antichi abitanti delle Foreste Orientali, e su di loro e sulla loro identità si è per lungo tempo scatenata la speculazione e la fantasia, di quanti non sono riusciti a trovarne gli eredi tra gli indiani storici. Un “mound” è in se è solo un tumulo di terra, una collinetta più o meno alta, da pochi metri fino agli oltre 30 del Monk’s mound di Cahokia, un tipo di struttura che, ricoperta di vegetazione, si fatica anche a riconoscere come opera umana, salvo per il fatto che tali collinette sono abitualmente isolate e al centro di aree pianeggianti.
Un mound
Il primo a esercitare la sua curiosità su tali isolate collinette, fu Thomas Jefferson futuro terzo presidente degli Stati Uniti, che scavando un tumulo in sezione verticale, mise alla luce una serie di strati di ossa, a dimostrazione che il sito era stato utilizzato per più generazioni, crescendo in altezza ad ogni nuova serie di sepolture. Nel sito da lui scavato, le ossa erano migliaia, come gettate alla rinfusa, certamente a definire il sito più che come una sepoltura, come un ossario in cui periodicamente le ossa dei defunti erano raccolte. Da allora lo scavo dei “mounds” è divenuta una delle fondamenta dell’archeologia del Nord America, mostrando una vasta tipologia di forme e funzioni per queste semplici strutture, costruite con la sola forza delle braccia umane e con il solo ausilio dei cesti con cui la terra era trasportata; una tecnica sicuramente elementare, ma che prevedeva una quantità di manodopera e di continuità nel tempo, che solo delle società sufficientemente integrate e strutturate potevano garantire.
Se i “mounds” ci offrono la possibilità di fare luce sulla vita materiale e spirituale degli antichi abitanti delle Foreste Orientali, più difficile e stabilire la loro identità etnica e linguistica, ricostruendo così a ritroso le vicende dei popoli storici. E’ estremamente difficile chiedersi se i costruttori di tumuli della valle dell’Ohio fossero Shawnee di lingua Algonchina, piuttosto che qualche altra tribù dei tempi storici, per varie ragioni, prima fra tutte il fatto che l’entità tribale Shawnee è il frutto di un percorso storico e culturale, che al tempo della costruzione dei primi “mounds” era ancora di là da venire; ma se gli Shawnee come tribù non esistevano ancora, certo già esisteva un gruppo di comunità che parlavano la lingua Algonchina, e da cui gli Shawnee storici discendono.
Quindi dalle ipotesi sullo stanziamento dei principali raggruppamenti linguistici, è possibile avere un’idea di quale sia la relazione tra gli artefici delle prime culture precolombiane e gli indiani storici. D’altra parte porre il problema dello stanziamento dei popoli parlanti lingue simili, significa misurarsi con l’intricato tema delle migrazioni, tema sul quale ci si è spesso mossi in modo avventuroso, immaginando migrazioni la cui principale funzione era quella di giustificare una teoria, altrimenti debole. Comunque alcuni dati sono ormai accettati e partendo da questi dati è possibile immaginare quale fosse lo scenario delle regioni a est del Mississipi alla fine dell’era Arcaica e all’inizio della cultura delle Foreste Orientali. Quasi tutti i linguisti sono concordi nell’affermare che i più antichi abitanti delle regioni orientali parlavano lingue Algonchine e Muskogee, tra loro lontanamente imparentate; ne consegue che altri abitanti storici delle regioni orientali, di lingua Siouan e Iroquaian, anch’essi imparentati alla lontana, vi siano giunti in epoca più tarda, provenienti da est. Quando ciò sia accaduto è materia di cui discutere, ma certamente le condizioni migliori per un progressivo spostamento nella valle dell’Ohio e poi ancora più a nord fino ai laghi Erie e Ontario, si realizzarono solo nel corso dell’ultima fase dell’era Arcaica, quando il definitivo ritrarsi dei ghiacci a nord dei Grandi Laghi, rese le condizioni climatiche della valle dell’Ohio, particolarmente adatte alla vita di comunità umane. Cambiamenti climatici e apporto di nuove popolazioni possono aver segnato l’inizio della cultura delle Foreste Orientali, che a partire dal X sec.a.C., si costituisce come un modello relativamente omogeneo, sul quale si innestano le diverse culture di “Mounds Builders”.
Per quanto omogeneo questo periodo storico, che gli archeologi definiscono con il termine generale di cultura delle Terre Boscose (Woodland), è stato suddiviso in tre periodi definiti, in relazione alle diverse fasi dello sviluppo culturale: una prima fase (Early Woodland), in cui intorno al 500 a.C. emerge la prima cultura con una specifica caratterizzazione, quella di Adena; una fase intermedia, durante i primi cinque secoli dell’era cristiana (Middle Woodland), con l’evoluzione e l’estensione del modello Adena in quello Hopewell; una fase conclusiva (Late Woodland), più o meno dal 500 al 1.500 d.C., con la crisi del modello Hopewell, e il prodursi di alcune culture locali di transizione, e quindi infine a partire dal 900 d.C. l’emergere di un nuovo modello culturale, quello del Mississipi, con caratteristiche innovative rispetto allo stile di vita delle Foreste Orientali, sia nell’ambito del modello di sussistenza, sia soprattutto per ciò che concerne la struttura sociale e l’impianto ideologico e spirituale
Gli Adena
Nel corso della prima fase della cultura delle Foreste Orientali, a partire dal 1.000 a.C. gli elementi comuni di uno stile di vita si diffondono in tutta l’area costituendo un humus comune, la base su cui nel corso dei secoli successivi si produrranno diverse e specifiche caratterizzazioni; la prima di queste caratterizzazioni fu la cultura di Adena, che rappresenta la definitiva uscita degli indiani delle Foreste Orientali dalla fase Arcaica della loro storia.
La valle dell’Ohio è il cuore delle Foreste Orientali; essa prende nome dal fiume che l’attraversa, l’Ohio, che nasce nel sud-ovest dell’attuale Pennsylvania, dalla confluenza dei fiumi Allegheni e Monongahela, il primo proveniente dalla zona del lago Erie a nord, il secondo che raccoglie le acque che scendono dalla pendici nordoccidentali dei monti Appalachi, a sud. L’Ohio scorre in direzione sud-ovest, raccogliendo le acque di numerosi affluenti, fino a raggiungere il Mississipi, quasi al centro del continente; prima di confluire nel Mississipi, all’Ohio si unisce il fiume Tennessee, che raccoglie le acque provenienti dalle pendici sudoccidentali degli Appalachi. Complessivamente il bacino dell’Ohio corrisponde alle Foreste Orientali, ad esclusione delle fasce costiere dell’Atlantico e del Golfo del Messico, e della regione dei Grandi Laghi. Questa vasta, ricca e bella regione, che è ancora oggi il cuore dell’economia degli Stati Uniti, era quasi completamente disabitata al tempo in cui i primi bianchi la visitarono, nella seconda metà del ‘600, e questo a causa delle sanguinose guerre tribali causate dalla concorrenza nel commercio delle pelli, introdotto dai bianchi; nei centocinquant’anni successivi, tutta la vallata sarà un campo di battaglia insanguinato, prima dalle guerre commerciali e coloniali, poi della resistenza indiana alla colonizzazione. Ma la storia della valle dell’Ohio comincia molto prima, al tempo in cui per la prima volta nelle Foreste Orientali, dei popoli in gran parte sconosciuti iniziarono ad edificare gli imponenti tumuli, che ancora oggi testimoniano del loro passaggio. Perchè è proprio nel cuore della valle dell’Ohio, lungo il suo corso superiore, subito a valle della confluenza tra l’Allegheni e il Monongahela che i Mound Buildesr (Costruttori di Tumuli), fanno la loro comparsa nella storia circa 1.000 anni prima dell’era cristiana, alla fine dell’epoca Arcaica.
Gli indiani Adena
Il nome di Adena, con cui i primi costruttori di tumuli della valle dell’Ohio sono conosciuti, deriva da quello della tenuta di un governatore dello stato dell’Ohio dell’inizio del XIX secolo; sulla sua proprietà, poco fuori dall’attuale città di Chillicothe, fu per la prima volta identificato un tumulo di questa cultura e successivamente il nome di Adena fu esteso a tumuli simili, in tutta la regione di confine tra Ohio, Kentucky e West Virginia, con estensioni a ovest fin nell’Indiana e a est fino in Pennsylvania e New York.
Grazie a queste semplici ma spesso grandiose opere, e soprattutto grazie ai reperti che in essi sono stati ritrovati, possiamo farci un’idea del livello di cultura e di conoscenze tecniche raggiunti dal popolo Adena. I tumuli Adena, le cui misure variano da un diametro minimo di 5-6 metri fino ad un massimo di 90, e la cui altezza poteva raggiungere anche i 20 metri, erano in larga misura delle strutture funerarie, costruito non in una sola occasione, ma nel corso di molti anni, fino ad un secolo, ponendo nuovi strati di terra ad ogni nuova sepoltura. Alla base era costruita una prima struttura funeraria, una rudimentale camera mortuaria, in cui erano poste le ceneri del o dei defunti; alle volte, probabilmente nel caso di personaggi particolari o di alto rango, il corpo non veniva cremato, e insieme ad esso venivano lasciati oggetti di uso comune, armi e ornamenti personali. Questa prima struttura veniva poi ricoperta di terra, una terra particolare e selezionata, portata sul luogo con dei cesti, e questo operazione dava origine al primo tumulo; successivamente nuove camere mortuarie venivano edificate su quelle sottostanti, i cui tetti crollavano per il peso sopportato, interrandosi definitivamente, mentre il tumulo si estendeva in larghezza ed altezza.
Negli ultimi secoli dell’epoca Adena, accanto ai tumuli funerari di forma tendenzialmente conica, venivano edificate delle grandi strutture, sorta di muri e recinti in terra, spesso di forma circolare, a volte posti a circondare un grande tumulo funerario, a volte vuoti all’interno. In alcune località, tumuli e recinti di terra costituiscono strutture complesse, elaborate con una precisa geometria, cosa che fa pensare all’evoluzione dei siti funerari in veri e propri centri cerimoniali; comunque i tumuli erano sempre lontani dai piccoli villaggi, e nessuna testimonianza della vita di comunità è stata riscontrata nemmeno nelle vicinanze dei complessi più grandi.
Probabilmente sotto molti punti di vista gli Adena non erano diversi dagli altri abitanti delle Foreste Orientali, vivevano praticando una limitata attività agricola in piccoli orti famigliari, pescavano nei fiumi, raccoglievano vegetali selvatici e cacciavano nelle vicinanze delle abitazioni; ma la novità che gli Adena rappresentano, sta nel fatto che oltre a dedicarsi alle ordinarie attività di sopravvivenza, essi riservavano una quota del loro tempo e delle loro energie, alla costruzione di una sovrastruttura culturale e spirituale, testimoniata in modo evidenti dai loro tumuli funerari: questo segna il definitivo passaggio dell’homo sapiens americano, nel complesso e contraddittorio mondo della “civiltà”.
Per il solo fatto di esistere i tumuli già ci danno alcune indicazioni sulle abitudini e la vita degli Adena: certo doveva trattarsi di popoli che vivevano anche per lunghi periodi in una determinata zona, dato che i grandi tumuli erano il prodotto dell’attività di più generazioni, che usavano inumare i propri defunti nella stessa località e con analoghe modalità. Se queste popoli relativamente stanziali, avessero vissuto in comunità numerose, qualche testimonianza dei loro stanziamenti dovrebbe essere rimasta, ma dato che nessuna è stata trovata è probabile che essi vivessero in piccoli gruppi famigliari, di al massimo 20 o 30 individui; da quel che sappiamo, le loro capanne erano di forma circolare, con un diametro da 5 a 15 metri, costruite con pali e corteccia, e in un insediamento non ve ne erano mai più di due o tre; eppure tutte queste piccole comunità erano tra loro in contatto e probabilmente cooperavano periodicamente per la sepoltura e l’edificazione del tumulo. L’uso di non cremare alcuni individui ma di seppellirli con un proprio corredo funerario, lascia pensare all’emergere di figure di rilievo e di una prima forma di stratificazione sociale; si pensa che i primi elementi dell’organizzazione in clan inizino a prodursi tra queste piccole comunità, con un processo che è di identificazione del proprio gruppo famigliare, ma anche di relazione, attraverso l’esogamia, con gruppi affini. Forse alcuni di questi clan avevano specifiche prerogative, o forse all’interno di questi clan, si definiscono leadership istituzionalizzate. Quello che è certo è che la fase della vecchia orda di nomadi cacciatori e raccoglitori è ormai passata, e più gruppi famigliari costituiscono un tessuto di relazioni sociali strutturato. Di questo ne sono certamente prova i complessi di tumuli cintati da muri di terra dell’ultimo periodo Adena; è evidente che i luoghi di sepoltura, con il tempo divengono veri e propri spazi cerimoniali, a cui si giunge in pellegrinaggio per periodici raduni, e che forse erano usati per le prime osservazioni astronomiche.
Quanto ai corredi funerari trovati nei tumuli, essi indicano principalmente il rafforzamento e l’estensione degli scambi e dei commerci: il rame, che già in epoca Arcaica aveva alimentato il commercio dalla zona dei Grandi Laghi al resto delle Foreste Orientali, si trova in gran quantità, principalmente usato per scopi ornamentali e religiosi, e molto meno per la costruzione di asce o altri utensili; dal Golfo del Messico e dalla costa Atlantica giungevano conchiglie con cui venivano fabbricati ornamenti, bracciali, collane e pendenti. Vasi e recipienti di terracotta erano di uso comune, ma non venivano lasciati nelle sepolture, dove invece abbondavano oggetti ornamentali e rituali, a testimonianza di un esplosione della produzione non immediatamente connessa alle attività di sussistenza, e certamente legata ad un notevole arricchimento della vita sociale e spirituale. Tra i ritrovamenti più importanti e particolari, ci sono ovviamente le pipe tubolari di terracotta, a testimonianza della comparsa del tabacco nelle cerimonie, e delle tavolette di pietra piatta, di 10-15 centimetri di lato, con incise figure geometriche o disegni zoomorfi stilizzati, che si pensa fossero usati come stampi, per le pelli e gli indumenti, ma forse anche per facilitare il tatuaggio.
Dalla produzione artistica e artigianale ci giungono anche informazioni sulla prima comparsa dello shamanismo, in particolare i miti e le credenze sulla trasformazione di un uomo in un animale, testimoniati da disegni e incisioni, e sono abbondanti i reperti che attestano l’uso di corna, ossa, pelli di animali, o prodotti artigianali che riproducono o simbolizzano gli animali, come parte di rituali collettivi. Alcuni tra gli elementi più noti della simbologia cerimoniale degli indiani storici, come la croce nel cerchio, fanno la loro comparsa tra gli Adena, così come il simbolo dell’”occhio piangente”, che caratterizzera tutta l’area delle Foreste Orientali, ed probabilmente connesso al culto funerario.
Di fatto il mondo spirirituale degli indiani storici, almeno nella parte orientale del continente, trae le sue radici già da questa antica civiltà, a dimostrazione della sostanziale unicità e organicità della storia degli indiani d’America; più difficile è invece individuare una precisa relazione tra gli Adena che vissero nell’alta valle dell’Ohio tra il 1.000 a.C. e il 200 d.C. e un particolare gruppo di indiani storici.
Al tempo in cui i bianchi esplorarono le terre un tempo abitate dagli Adena, la regione era contesa da diversi gruppi tribali, ma nessuno in particolare vi risiedeva. La Lega Iroquois, che per circa un secolo e mezzo vanterà il dominio su tutta la valle dell’Ohio, la considerava solo come un immenso territorio di caccia, e gruppi di Iroquois vi si insedieranno, solo a partire dall’inizio del XVIII secolo, in conseguenza della pressione dei bianchi. Gli Algonchini Shawnee, che certamente risiedevano nell’area dalla fine del ‘600, è probabile che vi si siano insediati solo in tempi recenti, e che come altre tribù Algonchine linguisticamente affini, vivessero prima più a nord, intorno ai Grandi Laghi. Da testimonianze di esploratori Francesi risulta che sull’alto corso dell’Ohio, vivesse una una tribù denominata Mosopelea, che con il nome di Ofo alla fine del ‘600 raggiunse il basso corso del Mississipi, per sfuggire all’aggressività della Lega Iroquois; gli Ofo parlavano una lingua Siouan. Un altra tribù Siouan, che alla fine del ‘600 si spostò da nord fino alla baia di Mobile sulle coste del Golfo del Messico, erano i Biloxi, che potrebbero anch’essi provenire dalla stessa regione. Altri Siouan che certamente vissero nella bassa valle dell’Ohio, furono gli antenati degli Osage, dei Quapaw, degli Omaha, tutti emigrati a ovest intorno alla metà del ‘600. Di lingua Siouan erano poi le tribù che vivevano sui monti della Virgina e della West Virginia, Monacan, Tutelo ecc… In conclusione è possibile affermare che tutta la valle dell’Ohio, alla vigilia dell’incontro con i bianchi, era abitata da genti di lingua Siouan, e che a loro sia da ascrivere la costruzione di almeno una parte dei tumuli; questo spiegherebbe anche il fatto che gli Algonchini e gli Iroquois che vi si insediarono in tempi storici, non avessero alcuna memoria dell’edificazione di queste strutture.
Certamente le genti Siouan edificarono molti dei tumuli nella valle dell’Ohio, almeno quelli più recenti, ma per fare ipotesi sull’identità degli Adena, si deve andare indietro nel tempo di oltre 2.000 anni ed è difficile affermare con certezza che i Siouan già abitassero quelle terre: probabilmente la vicenda è più complessa , e per spiegarla è necessario incrociare i pochi dati climatici e alcune incerte ipotesi degli studiosi delle lingue indiane. Sembra ormai accertato che i primi abitanti delle Foreste Orientali furono gli antenati degli Algonchini e dei Muskogee, così come è accertato che nel corso degli ultimi millenni dell’era Arcaica, a partire dal 4.000 a.C., un innalzamento climatico determinò il definitivo scioglimento dei ghiacci nella zona dello scudo Laurenziano, tra i Grandi Laghi e la baia di Hudson. Fu così che in questo lungo lasso di tempo gli antenati degli Algonchini, con un modello di sussistenza ancora fortemente legato all’attività venatoria, inseguendo le prede che approfittavano delle nuove condizioni climatiche nelle terre del nord, giunsero a colonizzare la regione dei Grandi Laghi. A questi Algonchini è probabile che si debbano le arcaiche culture del rame nella regione dei Grandi Laghi. Ancora in tempi storici gran parte degli Algonchini viveva in quest’area, praticando la caccia e la pesca, usando un limitato numero di vegetali selvatici e praticando poco o per nulla l’attività agricola.
Se questa ricostruzione è credibile, è ipotizzabile pensare che la valle dell’Ohio, a sud dei Grandi Laghi, abbia potuto vedere un parziale abbandono da parte degli abitanti originari e il conseguente arrivo di nuovi occupanti, e che questi nuovi arrivati portassero con se un bagaglio di conoscenze nell’uso dei vegetali selvatici e nelle prime rudimentali tecniche agricole, tipico del modello di sussistenza impostosi nelle Foreste Orientali a partire dal 2.000 a.C.
Escludendo la presenza di “popoli misteriosi”, questi nuovi colonizzatori della valle dell’Ohio vanno sicuramente cercati tra i popoli che abitavano le Foreste Orientali in tempi storici, e tra questi in particolare le tribù di lingua Iroquaian, che sicuramente devono essere state protagoniste di un lungo e lento processo migratorio, dato che la loro presenza nella regione occupata in tempi storici è relativamente recente, e che per il loro legame linguistico con i Caddoan delle Grandi Pianure, potrebbero un tempo essere vissuti molto piu a ovest. Prima che alla metà del ‘600 i Siouan giungessero nelle praterie tra l’Arkansas e il Missouri, questa regione era abitata dai Caddoan, ed è probabile che essi l’abitassero fin dall’era Arcaica, e che a quel tempo fossero un unica entità linguistica con gli antenati degli Iroquaian. In questa regione, a ovest della confluenza tra Ohio e Mississipi, è possibile che gli Iroquaian si siano staccati dai Caddoan per spingersi a progressivamente a est, forse per approfittare di nuove opportunità di sussistenza, forse perchè pressati da nemici, e non è da escludere che questa ipotizzata lenta migrazione, abbia approfittato del contestuale progressivo spostamento a nord degli Algonchini. Non sappiamo con precisione quando i Caddoan e gli Iroquaian si separarono, ma i linguisti hanno fatto alcune ipotesi riguardo all’epoca della divisione tra le principali tribù Iroquaian, quelle settentrionali, e i Cherokee che costituivano un gruppo isolato a sud. Secondo tale ipotesi gli Iroquaian settentrionali e Cherokee si si divisero, e tra il 2.000 e il 1.500 a.C., e se tale divisione avvenne nella regione di confluenza tra Ohio e Mississipi, è possibile che i due gruppi abbiano seguito il corso dei fiumi Tennessee-Cumberland e Ohio, che rappresentano la via naturale di collegamento tra le Grandi Pianure e i loro rispettivi territori storici (laghi Erie e Ontario, valle del San Lorenzo, fiume Susquehanna per gli Iroquaian settentrionali, gli Appalache meridionali per i Cherokee); che un progressivo spostamento lungo l’asse rappresentato dal corso dei due grandi fiumi abbia portato Iroquaian e Cherokee a destini lontani, è certamente più credibile, che gli uni o gli altri si siano spostati lungo le valli montane degli Appalache. Così gli Iroquaian, intorno al 2.000-1.500 a.C, potrebbero aver colonizzato la bassa valle dell’Ohio, spingendo sempre più a nord-est i loro insediamenti, fino a raggiungere il territorio Adena intorno al 1.000 a.C, in coincidenza con la costruzione dei primi tumuli. Sempre l’analisi linguistica ci dice che gli Iroquaian settentrionali, differenziarono i loro idiomi, in un periodo che va tra il 500 e il 1.000 d.C., costiuendo fino a quell’epoca un gruppo omogeneo e relativamente localizzato. Successivamente a questo periodo, che è posteriore al declino degli Adena, intorno II-III sec.d.C., gli Iroquaian si dividono, espandendosi in una vasta regione che va dalla valle del San Lorenzo, fino alla Virginia.
Gente Adena
Gli archeologi non hanno trovato alcun elemento che indichi la presenza degli Iroquaian nelle loro sedi storiche, almeno fino al X secolo d.C. e certamente la loro comparsa coincide con un cambiamento delle tecniche artigianali nella regione, con il comparire di un sistema di clan matrilineari, e sopratutto con l’introduzione della cultura del mais, tutti elementi che fanno pensare al loro arrivo nell’area in epoca successiva all’VIII o IX secolo. D’altra parte non va dimenticato che piccoli insediamenti Adena sono segnalati proprio sul margine meridionale delle terre degli Iroquaian, nello stato di New York, a conferma di un antico collegamento culturale tra la valle dell’Ohio degli Adena e le terre storicamente occupate dagli Iroquaian. Da tutto ciò è possibile ipotizzare che gli Iroquaian settentrionali, ancora non differenziati linguisticamente, si siano trovati a vivere nelle terre dell’alto Ohio nel periodo compreso tra il 1.000 a.C. e il 500 d.C., in coincidenza con il fiorire della cultura Adena, prima di raggiungere le loro sedi storiche a nord-est e in Virginia.
Questa è ovviamente solo un’ipotesi, che ha una sua ragion d’essere per alcuni dati certi, altri probabili, e altri ancora solo possibili, ma può anche provare a spiegare il singolare declino della cultura di Adena; di fatto la cultura Adena declina nel contesto di una sua espansione in gran parte delle Foreste Orientali. La crisi e quindi la scomparsa della cultura Adena è datata a partire dal II sec.d.C., ma gia da alcuni secoli, intorno al II sec.a.C., nella stessa regione e in zone limitrofe, e poi progressivamente in tutte le Foreste Orientali, si sviluppano modelli culturali che pur in sostanziale continuità con gli Adena, raggiunsero forme sempre più elaborate e complesse, portando la cultura Adena al suo più alto sviluppo, ma condannando al declino e al superamento il suo primo e originale embrione. Come se un impianto provinciale fortemente localizzato ed espressione di un unico gruppo etnico, si sia arricchito di nuovi influssi, nuove esperienze e nuove opportunità, grazie al contributo di un gran numero di genti e popoli che l’avevano fatto proprio. L’apice della cultura Adena è rappresentato dalle diverse culture Hopewell, che rappresentano il modello culturale classico delle Foreste Orientali. Se agli antenati degli Iroquaian compete il merito del primo avanzamento nella complessità dei modelli culturali, con le culture Hopewell entrano sulla scena della storia altri protagonisti, i Siouan e i Muskogean.
Gli Hopewell
Quello che gli archeologi definiscono “Middle Woodland”, è in sostanziale continuità con la cultura Adena, di cui la cultura Hopewell è solo uno sviluppo. Nessuna particolare innovazione nelle tecnologie, nella struttura sociale o nella dimensione spirituale, caratterizza il passaggio dalla cultura Adena a quella Hopewell, che anzi coesistono per circa tre secoli (dal I a.C. al II d.C.) nell’alta valle dell’Ohio, prima del definitivo tramonto di Adena e del pieno affermarsi di Hopewell.
Ciò potrebbe indurre a ritenere che, almeno nella valle dell’Ohio, gli Adena si siano semplicemente trasformati in Hopewell, in un naturale processo di evoluzione culturale; eppure il fatto che in una stessa area e in uno stesso periodo convivano culture sostanzialmente simili, l’una però più conservatrice e legata alla tradizione locale, l’altra più innovativa e fortemente intrecciata al fiorire di analoghe esperienze culturali in altre regioni limitrofe, è un fatto che richiede una qualche spiegazione.
Dopo che per alcuni secoli, un’espressione culturale si è sviluppata in modo omogeneo in un area ben definita, quasi all’improvviso, essa supera il suo carattere locale, per diffondersi in una vastissima regione; quasi che il patrimonio della cultura Adena, abbia all’improvviso trovato una nuova interpretazione e soprattutto nuovi canali di diffusione, come se il suo seme culturale fosse stato acquisito e rielaborato da popoli limitrofi, i quali nel loro processo di rielaborazione, giunsero fino a soppiantare e a sostituire il modello originario. Così è possibile ritenere che l’originario modello Adena abbia all’inizio necessitato di un ambiente relativamente omogeneo dal punto vista culturale e soprattutto linguistico, per costituirsi e affermarsi, poi una volta che tale processo fu compiuto, esso divenne un modello per tutte le popolazioni limitrofe, che con l’apporto della loro originale esperienza lo portarono alla sua massima espressione, e al suo contestuale superamento. Nacque così la cultura Hopewell, che rappresentò certamente una sorta di età dell’oro delle Foreste Orientali.
Gli Hopewell
Ma chi furono i popoli che trassero il modello culturale Adena dal suo ambito locale, per diffonderlo in tutta le Foreste Orientali e fino alle Grandi Pianure? E’ certo che la valle dell’Ohio e il medio e alto corso del Mississipi erano occupate alla vigilia del contatto, da genti di lingua Siouan, e non c’è alcun elemento che può far ritenere che tra il I e il XV sec. d.C., altre genti abbiano occupato la regione senza lasciare tracce. Da questo possiamo dedurre che gli antichi Siouan, abbiano alla fine dell’era Arcaica iniziato a colonizzare le Foreste Orientali partendo dalle Grandi Pianure, seguendo le direttrici dei fiumi Ohio e Mississipi, pressando nel loro lento spostamento gli antichi Iroquaian, e assumendo quindi da loro gli elementi culturali Adena; a conferma di ciò potrebbe essere il fatto che il modello culturale Hopewell, che ha la sua origine nelle stessa regione di Adena, l’alta valle dell’Ohio, si diffonde poi in gran parte delle Foreste Orientali, proprio discendendo la valle dell’Ohio, quasi come il diffondersi di un fenomeno culturale che trae origine dal contatto tra Siouan e Iroquaian nell’alta valle dell’Ohio, e che si estende prima per contatto tra popoli affini, poi successivamente come conseguenza di scambi commerciali. Così la cultura Hopewell da luogo nel corsi di pochi secoli ad una quantità di varianti locali, coinvolgendo in modo diretto o indiretto, quasi tutte le genti delle Foreste Orientali e delle zone limitrofe delle Grandi Pianure. Il cuore della cultura Hopewell è detto Ohio Hopewell, e si sviluppò nella stessa regione della cultura Adena, a partire dal I sec. a. C.; collegata all’Ohio Hopewell è la cultura di Armstrong, nella zona del fiume Kanawha; più a valle, sempre lungo il fiume Ohio, fino alla zona di confluenza con il Mississipi, la cultura Hopewell è detta Crab Orchard, mentre a nord-est, nell’attuale stato di New York, si presentano chiaramente le influenze Hopewell, seppur in epoca più tarda. Oltre che nella valle dell’Ohio, sono chiaramente riconducibile alla stessa cultura, le tradizioni Havana Hopewell, lungo il corso del Mississipi, nella zona compresa tra Iowa e Illinois e la più tarda (I sec.d.C) Trempeleau Hopewell, nel sud del Wisconsin. Tutte queste varianti culturali, furono quasi certamente espressione di genti di lingua Siouan, forse gli ultimi arrivati nelle Foreste Orientali, i primi a scomparire da esse alla vigilia dell’incontro con i bianchi, ma certamente quelli che ci hanno lasciato i segni più durevoli del loro passaggio. Più difficile è spiegare la presenza del modello Hopewell, nella variante Goodall Focus, nella zona est del lago Michigan, occupata in tempi storici da genti di lingua Algonchina; se, come ritengono alcuni studiosi, Goodall Focus è collegata al modello Havana, allora è possibile che si tratti di una occupazione di genti Siouan provenienti dalla valle dell’Illinois, cosa che potrebbe essere confermata dalla presenza nella regione di altri modelli culturali, probabilmente autoctoni e espressione di Algonchini locali.
La diffusione del modello Hopewell, andò comunque ben oltre il legame linguistico, espandendosi anche a ovest del Mississipi e soprattutto nel sud-est e lungo la costa del Golfo del Messico. Gli antenati delle varie tribù Caddoan erano certamente presenti nelle Grandi Pianure meridionali, quando lungo il basso corso del Missouri e nel Kansas orientale, si svilupparono le le culture Kansas City Hopewell e Cooper Hopewell, mentre più a sud, al confine tra Texas, Louisiana e Arkansas, con le culture di Mill Creek e Fourche Maline, gli antenati dei Caddo storici fanno la loro prima comparsa. Nelle regione del sud-est, già abitate dagli antichi Muskogean, il modello Hopewell giunse forse in epoca un po’ più tarda, all’inizio della nostra era, innestandosi su precedenti culture locali (Tchefunkte in Louisiana e Mississipi, Deptford nella zona costiera della Florida settentrionale, Georgia e Carolina), e articolandosi in una quantità di varianti locali che gli archeologi sono in grado differenziare soprattutto rispetto alle tecniche di produzione artigianale. Il nome di Marksville definisce il complesso culturale che si sviluppò lungo il basso Mississipi, mentre in Georgia e nelle limitrofe regioni, le varianti Hopewell sono conosciute come Swift Creek; altre espressioni locali furono quelle di Santa Rosa, sulla costa tra Mobile e Pensacola, quella di Porter nel sud dell’Alabama e del Mississipi, quella di Miller tra Mississipi e Tennessee e quella di Copena, nel nord dell’Alabama, cosi definita per il grande uso di rame (Copper) e Galena.
Tutte queste furono le espressioni del modello Hopewell, definito in relazione ai sistemi di sussistenza, alla struttura sociale e al sistema di credenze, ma in un modo o nell’altro la cultura Hopewell, influenzò anche popoli che non praticavano l’agricoltura, o avevano un modello sociale più semplice e meno strutturato. Questo accadde nella regione dei Grandi Laghi, con il Laurel Complex nella zona a nord del lago Superiore, il Saugeen e il Couture Complex, tra i laghi Erie e Huron, e il modello Point Peninsula a nord del lago Ontario e fino alla valle del fiume San Lorenzo; in tutte queste aree vivevano popolazioni di lingua Algonchina, con un modello di sussistenza meno legato alla sedentarietà e all’agricoltura, ma che oltre a mantenere relazioni di scambio con le culture Hopewell, mutuarono da essi l’uso di tumuli funerari. Analogo fenomeno accadde a sud, nel nord della Florida, dove vivevano i popoli della cultura Saint John, forse antenati dei Timucua, la cui economia era legata all’ambiente delle lagune costiere, dove si raccoglievano molluschi e si praticava la pesca.
La rete di scambio Hopewell
L’aspetto più interessante della diffusione del modello culturale Hopewell è rappresentato dal modo in cui tale diffusione avvenne, in tempi relativamente brevi, poche generazioni, dal I sec.a.C. all’inizio dell’era attuale, in un’area estremamente vasta, e in assenza di quelle conoscenze che favoriscono la circolazione dei beni e delle persone, e quindi delle conoscenze: la trazione animale, la ruota e il carro. Tale diffusione non fu il prodotto della migrazione di popoli, dato che durante tutto il periodo Hopewell, fu forte la tendenza alla stabilizzazione degli insediamenti, come proprio i tumuli dimostrano, ne tantomeno essa si accompagnò a guerre e a imposizione violenta di uno modello, da parte di un popolo su un altro. Pure in poco tempo in tutta la regione apparvero usi simili e soprattutto un gran numero di materie prime e tecnologie, entrarono nell’uso comune di popoli distanti anche migliaia di chilometri. Questo fenomeno è in larga misura spiegabile con quella che è definita “rete di scambio Hopewell”, e cioè il sistema di relazione commerciali, che da un popolo all’altro veicolava conoscenze, innovazioni e soprattutto materie prime pregiate.
L’altro aspetto rilevante è l’ampiezza di questa rete commerciale, sia per quantità di beni scambiati, sia per la vastità dell’area interessata, praticamente gran parte della regione a est delle Montagne Rocciose. Tra i minerali, oltre al rame della zona del lago Superiore, sono stati trovati reperti in ferro meteorico, blocchi d’argento che giungevano dall’Ontario, la mica dal sud dei monti Appalache, e la galena, un minerale di piombo, dalla valle del fiume Tennessee. Con questi materiali si producevano una quantità di strumenti, asce, punteruoli, lamine per il rivestimento, ma anche oggetti con funzioni rituali e ornamentali, in forma di testa di animale, di volto umano, con disegno geometrico o a svastica; tra gli oggetti più particolari ci sono riproduzione di mani, lunghe e affusolate, e una maschera di rame in forma di testa di cervo, con il palco di corna, che certamente era il corredo di uno shamano. Dalla costa del Golfo del Messico e dalla Florida, oltre ad un gran numero di conchiglie, giungevano denti di squalo e di alligatore, gusci di tartarughe e mascelle di grossi pesci. Ma la rete commerciale si spingeva anche a ovest, oltre le Grandi Pianure e fin sulle Montagne Rocciose, da dove provenivani i denti di orso grizzly, il calcedonio screziato che giungeva dal Montana e dal Dakota, e soprattutto l’ossidiana, che compiva un lungo viaggio dalla zona dello Yellostowne. E’ di questo periodo la diffusione della catlinite, dal sud del Minnesota, che divenne la materia prima per la costruzione di pipe, fino ai tempi storici. Il centro della produzione di oggetti lavorati era nella valle dell’Ohio, cuore della cultura Hopewell, poi i prodotti raggiungevano le regioni più periferiche, per essere scambiati principalmente con materie prime e materiali grezzi.
Va comunque chiarito che il termine commercio va usato con una certa prudenza, dato che nell’accezione moderna essa definisce una modalità di scambio in cui due soggetti si accordano sulla base della reciproca necessità di entrare in possesso di beni posseduti dall’altro; ciò ovviamente da luogo ad un mercato, con un sistema di valori relativamente condiviso, sulla base del quale si producono trattative e magari forme di intermediazione e luoghi deputati allo scambio. Quasi certamente all’epoca le cose andavano in modo diverso, anche se la base comune ad ogni sistema commerciale, e cioè l’eccedenza di produzione, era già esistente; la possibilità di una produzione eccedente alle proprie necessità contingenti è abitualmente legata, se non proprio all’agricoltura almeno alla sedentarietà: una comunità stabile, che conosce bene le risorse del suo territorio, siano esse vegetali, animali o minerali, può giungere a disporre di eccedenze ed è nelle condizioni di accumularle e quindi successivamente di scambiarle. Questa è la base di ogni commercio, ma perchè il commercio si realizzi, c’è bisogno di una certa propensione allo spostamento, per far si che le eccedenze possano raggiungere luoghi dove la loro penuria genera una richiesta e dove quindi possono essere scambiate; molto spesso questo da luogo ad una interazione tra popoli sedentari e popoli nomadi, con i primi come produttori di eccedenze e i secondi come intermediari, in grado di far viaggiare materie prime e manufatti. Non è questo comunque ciò che accadde nelle Foreste Orientali, dove gli scambi non poterono contare sul ruolo di popoli nomadi, ne tanto meno di veri e propri “popoli di mercanti”, come per esempio furono i Fenici nel Mediterraneo. Gli scambi quindi avvennivano tra comunità limitrofe, probabilmente nel quadro del mantenimento di relazioni pacifiche, in occasione di matrimoni o comuni occasioni rituali, secondo la modalità del “dono”, in cui l’oggetto scambiato non si misura con il valore di una contropartita, ma è misura del prestigio, dell‘autorevolezza e della ricchezza del donatore. Era questa la modalità tipica dello scambio tra gli indiani storici, prima del contatto con i bianchi, e tale modalità raggiunse la sua forma estrema nel rito del Potlach, tra gli indiani della costa del Pacifico settentrionale. Questa modalità di scambio, che non da luogo a trattative, e che trascende il valore materiale del bene scambiato, per sottolineare il valore dell’atto, il prestigio di chi lo compie e che spesso si accompagna a forme di ritualizazione, è in grado di produrre un vasto sistema di interazione, perchè al contrario del commercio vero e proprio, non mira a realizzare il massimo profitto in una singola transazione particolarmente conveniente, ma che però può produrre tensioni e alla lunga conflitti; al contrario lo scambio nella forma di “dono”, prescindendo dal profitto della semplice transazione, mira a costruire un sistema complesso di reciproca interdipendenza, in cui ogni parte tende ad offrire il massimo sapendo di potersi attendere lo stesso comportamento dall’altra parte, in una sorta di competizione in cui il fine non è il profitto, ma il prestigio. E’ evidente che una simile modalità favorisce un’ampia circolazione dei beni scambiati, e soprattutto fa da volano ad una crescita delle eccedenze illimitata, svincolata dalla logica mercantile della domanda e dell’offerta, e dai vincoli legati alla necessità di mantenere un determinato “prezzo”; al contrario nella logica del dono, l’aumento di eccedenze compensa la caduta di valore del bene eccedente, con l’aumento di valore del prestigio del donatore. E’ una modalità di relazione economica antitetica a a quella prodottasi in occidente, dove non a caso il commercio produsse vere e proprie potenze politico militari, come quella greca; in America settentrionale invece questa è stata la forma usuale della scambio, fino all’incontro con i bianchi, una modalità che impediva il formarsi delle prime forme di accumulazione di ricchezza, e i successivi sviluppi economici, sociali e politici.
La zona di influenza della cultura Hopewell
Profondamente legato a valori come il prestigio individuale o di gruppo, al sistema di relazioni matrimoniali o a quello fra le diverse comunità, lo scambio in forma di dono non era un attività che si esauriva nel profitto individuale, ma aveva una profonda finalità sociale, ed è legittimo immaginare che gli individui che ne erano direttamente protagonisti, avessero un preciso riconoscimento sociale, sia all’interno della loro comunità, sia nelle comunità vicine. Attraverso il dono si sedavano dispute in seno alla comunità, si sancivano matrimoni o alleanze, ed è quindi naturale che intorno a questo meccanismo si potesse costruire un elite di individui, rappresentanti di gruppi famigliari o singole comunità, la cui leadership andava oltre la semplice destrezza nella caccia o nella pesca, ma era legata alla possibilità e capacità di disporre di beni da donare e da scambiare; ciò potrebbe aver prodotto lo stimolo a viaggiare fino in terre lontane, a visitare popoli sconosciuti, per entrare in possesso di quei beni da cui sarebbe derivata la possibilità di svolgere un importante ruolo sociale, di ottenere un matrimonio vantaggioso, di patrocinare un accordo con una comunità vicina. Se così fosse lo sviluppo della rete commerciale Hopewell, avrebbe un significato che travalicherebbe il semplice desiderio di ricchezza, per definire invece un intero modello di relazioni sociali, una società pacifica che si sviluppa non a partire dall’imposizione della propria forza militare, come accadde nell’occidente dell’antichità, ma sulla base dell’aumento delle relazioni e dello scambio di conoscenze e beni.
Il culto funerario e la prima organizzazione sociale
In ogni società la produzione di eccedenze nelle risorse alimentari e strumentali, è strettamente connessa a due fattori, la divisione del lavoro e il prodursi di prime stratificazioni sociali. La divisione del lavoro, che valorizza i singoli talenti e specializzazioni, può attuarsi solo se alcuni soggetti possono almeno in parte liberarsi dalle attività di sussistenza, per dedicarsi a sperimentare nuove tecniche di produzione artigiana, e ciò è possibile solo se la comunità è in grado di produrre risorse alimentari in eccedenza; la stratificazione sociale tende a prodursi, laddove singoli talenti e specializzazioni, hanno un riconoscimento di valore sociale più elevato che altri, ottenendo come segno di questo riconoscimento, una quota delle risorse eccedenti. Così se la competenza nelle attività di sussistenza (caccia, pesca, raccolta, agricoltura), è abitualmente patrimonio comune di tutti i membri della comunità, seppur a differenti livelli di capacità e sempre tenendo presente la divisione del lavoro fra maschi e femmine, e se anche la produzione di utensili legate alle attività di sussistenza (lame, raschiatoi, punte di proiettili, vasi di terracotta o cesti di vimini ecc…), è in generale un’attività a cui ogni membro della comunità si dedica, quando ci si trova di fronte ad una produzione artistica ed artigianale estremamente raffinata e differenziata, sia nelle forme, che nelle materie prime usate, abbiamo un preciso indicatore di una società che sta imboccando la via della divisione del lavoro (all’interno dello stesso genere sessuale, che quella tra generi è un fenomeno più antico e d’altra natura), e che si prepara ad imboccare la via di una progressiva stratificazione sociale. Abitualmente l’evoluzione e la specializzazione delle tecniche artigianali, fa da volano ad ulteriori specializzazioni, in particolare la differenziazione della figura del mediatore con il soprannaturale, lo shamano o il guaritore, il sacerdote, e successivamente il guerriero, dando vita a quelle società con una rigida divisione in caste che sono tipiche del mondo antico. La costruzione di oggetti per scopi rituali, così come quella di armi da guerra, finalizzano quasi immediatamente la produzione artistica ed artigiana, alla definizione e al mantenimento di uno status diverso, rispetto a coloro che sono deputati alle mere attività di sussistenza, ed in tal senso svolgono una funzione culturale che va molto al di là della loro funzione immediata; le eccedenze e le eccellenze nella produzione artigiana, prodotte dalle eccedenze di produzione di beni di sussistenza, definiscono, ancor più che la scrittura, il passaggio dalla preistoria alla storia; in realtà la stessa scrittura è conseguenza di questa dinamica. In Nord America il fenomeno si produsse durante il periodo Hopewell, senza però giungere ai suoi esiti finali, dato che la società Hopewell rimase sostanzialmente egualitaria, a differenza di quanto avverrà successivamente con le culture Mississipi.
Una delle carattestiche della produzione artigiana Hopewell sta, come già detto, nel suo diffondersi attraverso una rete di scambi; ciò d’altra parte non determinò il prodursi di un modello omogeneo, ma anzi al contrario la diffusione degli scambi testimonia proprio della quantità di varianti locali esistenti, e di come ognuna fosse in relazione con le altre. Molti oggetti Hopewell, sono stati prodotti in una sola località, dove era possibile avere determinate risorse, forse da una singola comunità, se non addirittura da un unico artigiano. Possiamo immaginare come una comunità, che attraverso la conoscenza del proprio ambiente e grazie all’innovazione delle tecniche agricole, finalmente liberata dalle pressanti necessità della sussistenza, possa aver scoperto la curiosità e il piacere di misurarsi con la sperimentazione di nuove tecniche e nuovi materiali; possiamo immaginare come singoli individui, possano aver tentato di dar corpo ai loro timori e alle loro aspettative, ai sogni, alle visioni, al semplice desiderio di bellezza. E’ difficile dar conto della grande varietà di prodotti dell’artigianato Hopewell, ma in particolare rispetto ad Adena, i cui prodotti più significativi erano le tavolette incise, fra gli Hopewell prevale la scultura a tutto tondo, spesso di figure umane, moltissime ovviamente sono le pipe, gli oggetti ornamentali e quelli cerimoniali; cresce la capacità e la maestria nell’uso di una quantità di materiali, oltre a vari minerali, l‘avorio preistorico, l’osso, addirittura crani umani usati per costruire maschere; caratteristico è il fatto che gran parte degli oggetti non mostrano tracce di usura, come fossero stati prodotti per essere conservati e poi accompagnare il proprietario nella sepoltura. Gli oggetti più belli non si trovano quasi mai nei siti residenziali, mentre la produzione di recipienti e vasi in terracotta per l’uso quotidiano, non si elevò molto al di là delle necessità funzionali; tra le innovazioni dell’artigianato Hopewell va registrata la tessitura, evolutasi quasi certamente dalla tecnica di intreccio di fibre vegetali, ma della quale però ci rimangono solo pochissime testimonianze. La ricerca della bellezza, di un preciso significato simbolico o evocativo, che è evidente nella produzione Hopewell, legano questa attività al prodursi di una sovrastruttura culturale e di una dimensione spirituale sempre più complessa, che da essa nasce e che essa stessa alimenta, in una relazione dialettica tra produzione materiale e immateriale, che è il tratto caratterizzante di ogni civiltà.
L’artigiano Hopewell doveva essere nella sua comunità, una figura di prestigio, la sua attività era quasi certamente considerata espressione di una visione spirituale, la sua persona dava lustro all’intero gruppo famigliare, ai cui membri egli poteva trasmettere le proprie conoscenze, insieme al proprio prestigio e al proprio rango. Pur in assenza di una vera e propria stratificazione sociale, iniziano ad emergere figure di leader familiari o di comunità, personaggi con un potere spirituale, di cui le competenze tecniche sono espressione e intorno ai quali il gruppo si identifica. Sarebbe naturale immaginare che intorno a queste figure prestigiose e d’alto rango sociale, si producano quei processi di accumulazione della ricchezza, che sono alla base della divisione in caste e classi, e quindi al prodursi di vere e proprie strutture di potere, ma in realtà questa dinamica non si innesta, e la ricchezza, benchè prodotta, non tende ad accumularsi: unica eccezione le sepolture, i tumuli funerari.
La spiegazione va forse cercata nella modalità di scambio in forma di “dono”, precedentemente descritta. Una modalità di scambio di questo tipo può in effetti dar ragione della immensa quantità di beni ritrovati nei sepolcri Hopewell; la pratica di accompagnare il defunto con i propri oggetti di uso quotidiano, le sue armi e i suoi utensili, e quanto poteva essergli utile nell’al di là, è universalmente diffusa sia in epoca preistorica che nell’antichità, ma il caso dei tumuli Hopewell va oltre questa pratica. Nei tumuli Hopewell i corredi funerari sembrano riunire le intere ricchezze del defunto, soprattutto oggetti e materie prime esotiche e di grande valore: in una sola sepoltura dell’Ohio, sono stata trovati oltre 130 chili di ossidiana proveniente dallo Yellowstone, circa metà di tutta l’ossidiana trovata i tutta l’area Hopewell; in un’altra sepoltura è stato trovato un vero e proprio tesoro in perle di fiume. Ci sono poi oggetti d’uso quotidiano che per la loro raffinata bellezza o per i materiali pregiati con cui sono stati costruiti, sono inadatti al loro uso ordinario e la cui unica funzione sembra essere quella di accompagnare il defunto. Ciò può far ritenere che in una logica che vede il donare come la base delle relazioni tra gruppi e individui, la morte, liberando l’individuo o il gruppo dalla necessità di tale relazione, interrompa anche la catena della donazione, e permetta quindi una definitiva oggettivazione della ricchezza e dello status, di cui i tumuli sono il deposito e la manifestazione. Il tumulo funerario diviene così il depositario definitivo non solo della ricchezza del defunto, ma anche di tutta la sua comunità di appartenenza, che nella ricchezza della sepoltura definisce il proprio prestigio e il proprio status.
L’accumulazione sottratta alle dinamiche dello scambio commerciale, e depositata nel tumulo funerario, oggettiva lo status della comunità o del gruppo famigliare e contestualmente diviene intermediaria dello scambio con il mondo soprannaturale, sorta di garanzia nel “credito” ad esso richiesto, in termini di protezione contro i mille eventi che rendono precaria la condizione umana.
Il culto funerario, come tentativo di inserire in un quadro razionale il mistero della morte, è una delle prime espressioni della spiritualità umana; gli Hopewell potrebbero aver affrontato questo mistero, con le stesse modalità con cui affrontavano la relazione con una comunità vicina: il “dono”, il dono di prestigio, attraverso il quale si apre la dinamica dello scambio, tra la condizione umana e il mondo soprannaturale.
E’ in questo quadro che può essere vista l’enorme e veloce diffusione dei tumuli funerari in tutte le Foreste Orientali nel periodo Hopewell. I tumuli non solo aumentano di numero, migliaia in tutte le Foreste Orientali, ma si ampliano e assumono forme diversificate; il diametro di alcuni tumuli raggiunge i 500 metri, mentre alla classica forma a cono dei mounds Adena, si aggiungono strutture a base quadrata o ottagonale; alle volte due monuds sono collegati l’uno all’atro e si diffonde la pratica costruire recinti di terra per circondarli, costruendo vasti complessi come quello di Mounds City nell’Ohio, dove ben 24 tumuli sono racchiusi una vasta area all’interno di un recinto di terra. La pratica dei tumuli si estende anche a popolazioni non immediatamente riconducibili alla cultura Hopewell, ma inseriti nella stessa rete di scambi; ciò accade nella regione dei Grandi Laghi a nord e in Florida a sud, e questo probabilmente per semplice emulazione di una pratica “di successo”. Alcuni mounds hanno centinaia di sepolture, ognuno con un corredo proprio, più o meno ricco in rapporto allo status del defunto, le pratiche sono differenziate, la cremazione è la più diffusa, in alcuni casi le ossa sono in gran numero e alla rinfusa, come se i defunti fossero stati inumati tutti insieme in una determinata occasione, gli scheletri interi sono la minoranza e sempre accompagnati da ricchi corredi funerari, segno di personaggi autorevoli, ma in alcuni casi sono stati trovati nuclei famigliari e scheletri di bambini.
I tumuli testimoniano di un approccio culturale e spirituale comune a tutte le Foreste Orientali; la condivisione del culto dei defunti in particolare, fu il collante che permise a molte genti, lontane e di lingua diversa di interagire e scambiarsi beni e conoscenze; ma intorno ai tumuli si produssero anche le prime entità sociali differenziate, in grado di riconoscere la propria autonoma specificità.
Intorno ai grandi complessi di tumuli, che dovevano essere il centro della vita spirituale di molte piccole comunità del circondario, si costruì probabilmente il primo embrione di organizzazione sociale più complessa. La costruzione del tumulo prevedeva la collaborazione attiva di molte comunità, un significativo numero di individui, che con il solo aiuti di semplici utensili e cesti di vimini, doveva spostare grandi quantità di terra, e se è vero che il lavoro veniva svolto in lungo lasso di tempo, ciò è un ulteriore conferma del fatto che erano necessarie stabili relazioni tra i diversi gruppi. Intorno ai tumuli, i singoli gruppi famigliari si definirono nella loro appartenenza, forse dando vita a veri e propri clan e ad un primo culto totemico, ma contestualmente riconobbero la loro relazione con gruppi affini, dando così vita alla prima forma di organizzazione tribale. Ma il fatto di deporre i propri defunti in un luogo ben definito e per un lungo periodo di tempo, era quasi certamente una prerogativa specifica di un gruppo di comunità, che si differenziava dalle altre; così il mound se a noi appare il simbolo di un comune humus culturale, agli uomini di Hopewell deve essere apparso come il segno della propria specificità, e della alterità rispetto a gruppi che seppellivano i defunti in altri luoghi. Da ciò il processo ebbe inizio: uno stesso dialetto, comuni credenze e miti, il riconoscimento dell’autorevolezza di un capo e o di un uomo di medicina, tutto ciò che è la base comune dell’organizzazione tribale dei popoli storici, nacque e si sviluppò intorno ai grandi tumuli degli Hopewell.
Il declino
La cultura degli Hopewell raggiunse il momento di massimo rigoglio ed espansione intorno al V secolo d.C; a quell’epoca in gran parte delle Foreste Orientali, gli indiani erano organizzati in piccole comunità famigliari, tendenzialmente sedentarie e legate ad una attività agricola praticata in piccoli appezzamenti lungo il corso dei fiumi. Nei piccoli orti erano coltivatr specie locali, in particolare il girasole, diversi tipi di zucche, il chenopodium ed altre piante erbacee, ma la raccolta di vegetali selvatici era ancora una risorsa rilevante, tutte attività a cui si dedicavano le donne, mentre gli uomini cacciavano cervi, orsi neri, tacchini e ogni specie di piccoli mammiferi e uccelli. Questo tipo di economia, in particolare l’assenza di una agricoltura intensiva e ad alta produttività, non permetteva il formarsi di comunità numerose, così quasi periodicamente una parte del gruppo dovevasepararsi, e formare nuovi insediamenti, mantenendo però relazioni con il gruppo di provenienza. I villaggi erano piccoli insediamenti di poche capanne, strutture a base circolare, del diametro di 5-10 metri, con pareti di rami e corteccia, ricoperte da tetti conici fatti con gli stessi materiali, e la comunità vi risiedeva fin quando, dopo qualche anno, lo sfruttamento della selvaggina e dei vegetali selvatici non esauriva le risorse disponibili, e allora il gruppo si spostava in una zona vicina, rimanendo quindi inserita nella rete di relazioni con le comunità vicine.
Il culto funerario, la costruzione di tumuli, l’attività cerimoniale erano gli elementi, intorno ai quali si definiva una prima forma di coesione sociale, e con essa di leadership, che andavano al di là del singolo gruppo famigliare; se come è probabile tra gli Hopewell i diversi gruppi famigliari facevano riferimento a mitici antenati comuni, è possibile che i leader di quei lignaggi che potevano vantare una diretta linea ereditaria, abbiano goduto di particolare prestigio e autorevolezza; d’altra parte è in quest’epoca che nel prodursi della leadership intervengono qualità individuali che trascendono la semplice forza e abilità nella caccia: lo shamano in grado di intermediare con il mondo soprannaturale, l’artigiano che conosce tecniche misteriose e raffinate, colui che tornando da un viaggio porta nuove conoscenze e ricchezze, tutte queste figure possono contare sulle opportunità che una società egualitaria offre a tutti per affermarsi. Nella società Hopewell non sembrano invece svolgere un ruolo centrale i guerrieri, e in tutto il periodo i conflitti appaiono scarsi e circoscritti.
Del grande balzo in avanti sul piano dell’espressione artistica si è già detto, mentre invece è minore il progresso sul piano delle tecniche più quotidiane: la lavorazione della terracotta e la produzione di vasi, è piuttosto semplice, benchè funzionale; la tessitura, che è una innovazione di questo periodo, probabilmente non va oltre una produzione di tipo cerimoniale, senza determinare veri e propri cambiamenti negli usi e nelle abitudine, e verrà presto dimenticata; il mais, che pure fa la sua prima comparsa nelle Foreste Orientali all’inizio del periodo Hopewell, rimane un prodotto esotico e non entra tra le specie comunemente coltivate; l’atlatl rimane lo strumento principale per la caccia, mentre l’arco e le frecce, introdotti nelle regioni sub-artiche dall’Asia, giunge nelle Foreste Orientali solo verso la fine del periodo Hopewell e impiegherà comunque un certo tempo prima di affermarsi.
Agli albori della storia delle Foreste Orientali, le società Adena e soprattutto Hopewell, erano società ricche, che colsero le opportunità di un ambiente vergine e rigoglioso, mettendo per la prima volta l’uomo nella condizione di avere del tempo e delle energie libere dalla lotta per la sussistenza; non dovettero combattere e competere tra loro, perchè i boschi e i fiumi offrivano ad ognuno di che sostentarsi, e con poche e relativamente semplici tecniche, era possibile affrontare e risolvere i bisogni primari. Liberi dal timore della fame, del freddo, della guerra, le genti di Hopewell poterono dedicarsi a dar espressione a quella dimensione spirituale che ci impone di misurarci con il tema della morte, ci induce a cercare la bellezza, ci spinge verso nuove conoscenze. Rispetto a quanto era accaduto nei secoli e nei millenni precedenti, l’uomo di Hopewell dispone di un surplus di risorse, e le investe in attività artistiche, che oggi possono sembrare poco utili da un punto di vista pratico, piuttosto che in innovazioni tecnologiche in grado di elevare la produttività agricola , l’efficacia nella caccia o addirittura la propria capacità di difendersi o di aggredire. Una natura florida e benevola che non obbliga a misurarsi con la necessità di rendere produttivo il proprio lavoro, come invece dovranno fare i popoli delle zone aride, ma che invece permette all’individuo di misurarsi con la libertà dell’espressione artistica, questa è forse la chiave di lettura che permette di cogliere la specificità del mondo Hopewell.
Ma questa immagine tutto sommato idiliaca, se anche fu vera, non era destinata a durare: le favorevoli condizioni del periodo Hopewell portarono ad una significativa crescita demografica, e il modello economico Hopewell probabilmente non fu in grado di supportare la crescita della popolazione; in tali condizioni anche un temporaneo mutamento climatico, può aver portato alla fine della cultura Hopewell, o più precisamente al suo declino.
Oggi l’ipotesi che viene guardata con interesse, riguarda il breve, ma intenso e drammatico periodo di raffredamento del clima, testimoniato in vari luoghi dell’emisfero settentrionale, intorno al 536 d.C.; è in questo periodo che le cronache dalla corte di Giustiniano, come notizie provenienti da uno storico dell’antica Cina, o da altri luoghi del mondo, parlano di un luno periodo, ben 18 mesi, in cui il sole non era in grado di inviare i suoi raggio sulla terra, e appariva con una triste e opaca luce lunare. Un simile evento produsse in diverse parti del mondo perdita dei raccolti, carestie ed epidemie (la peste di Giustiniano del 536), e in quello stesso periodo si verificano crisi politiche e migrazioni. Per spiegare questa catastrofe climatica globale, l’ipotesi più probabile è quella di una devastante eruzione vulcanica, che emettendo grandi quantità di cenere, ha oscurato e reso impenetrabile l’atmosfera ai raggi solari, per un lungo periodo; tra i vulcani più “sospettati” di tale catastrofe, c’è oggi l’Ilopango in El Salvador, in America centale, la cui eruzione potrebbe aver prodotte 83 kmc di cenere, èuno degli eventi più catastrofici della storia. Non abbiamo testimonianze di ciò che avvenne in Nord America dopo l’eruzione dell’Ilopango, ma certo le conseguenze dovettero essere più gravi ed evidenti che non in Europa e in Asia; mancano segni precisi di crisi e decadenza in America Centrale, presso i popoli Maya, ma è sicuro che Tehotihuacan, che era stata la più grande città del Centro America, e una delle più grandi del mondo, fu abbandonata poco prima del 550 d.C, dopo che gli edifici pubblici e i templi furono bruciati, probabilmenti in seguito a tumulti sociali e alla rivolta contro le elite sacerdotali.
Non sappiamo quanto lunghe siano state le conseguenze della disastrosa eruzione dell’Ilopango in Nord America, ma è ipotizzabile che tale traumatico evento abbia potuto scuotere le credenze spirituali, mettendo in crisi proprio quel culto funerario che era stato l’elemento comune a tutte le culture Hopewell. Di fatto, nulla sembra cambiare nei fattori strutturali della società, non si modificano i modelli di sussistenza, non ci sono migrazioni o spostamenti massici di genti, ne particolari violenze o guerre tribali: semplicemente la società si impoverisce e tende a rinchiudersi in se stessa. A partire dal VI sec.C. cessa la costruzione dei grandi monumenti funerari, si riduce notevolmente la produzione artistica e artigianale, si interrompe il vasto sistema di scambi commerciali, mentre a ulteriore riprova del modificarsi della situazione, cominciano a fare la loro comparsa i primi villaggi circondati da palizzate. Un mondo che per secoli si era sviluppato in un contesto favorevole, senza grandi conflitti, nel quadro di una concezione armonica con l’ambiente e il mondo soprannaturale, si misura con il trauma di una catastrofe inspiegabile, e oltre a pagarne il prezzo immediato in termini materiali (peggioramento climatico, perdita di raccolti, fame ecc…), perde del tutto i propri riferimenti spirituali e la propria fiducia nel futuro: può essere questo il declino della cultura Hopewell.
Tale fenomeno si produce nel corso del VI d.C., ed è il momento di inizio di quella che è considerata l’ultima fase della cultura delle Foreste Orientali (Late Woodland); ancora una volta la valle dell’Ohio è il luogo in cui si manifestano i segni più evidenti di cambiamento e di crisi, mentre in alcune zone periferiche, specialmente sul basso Mississipi (cultura di Marksville) e sulla costa del Golfo del Messico (cultura di Santa Rosa), il declino è meno evidente. Forse un minor coinvolgimento nel sistema spirituale Hopewell, di cui queste zone rappresentano la periferia, può spiegare perchè qui sia meno evidente, l’inizio della crisi, ma anche il fatto che a latitudini più meridionali, un temporaneo, benchè brusco cambiamento climatico, possa essere stato meno drammatico. In queste aree il locale modello Hopewell, evolverà in culture di transizione, a maggiore caratterizzazione locale: la cultura di Baytown, lungo il Mississipi a sud della confluenza con l’Ohio, quella di Troyville, ancora più a sud in Louisiana, rimpiazzarono il modello Marksville-Hopewell, e furono poi sostituite dalla cultura di Plum Bayou, prima di acquisire le caratteristiche delle società Mississipi; più a est la cultura di Santa Rosa evolvette in quella Weeden Island e poi quasi senza soluzione di continuità nelle successive culture del Mississipi.
Più a nord invece il periodo che va dal VI al IX secolo, può essere considerato come un’epoca buia, di penuria di beni, di isolamento, di regressione nelle tecniche; pure è in questo periodo che fanno la loro comparsa due elementi tipici della vita quotidiana degli indiani storici, l’arco e le frecce e soprattutto il mais: sarà con l’acquisizione di questi due nuovi elementi, che l’indiano delle Foreste Orientali darà vita ad un nuovo capitolo della sua storia.
I Popoli del Mississipi
La cultura detta dei “popoli del Mississipi, emerge nelle Foreste Orientali a partire da IX secolo, avendo il suo centro nella valle del Mississipi, in particolare la zona di confluenza dei principali affluenti del grande fiume, l’Ohio, il Tennessee, il Missouri, l’Arkansas, il Red River. In queste ricche e fertili pianure alluvionali, il morbido terreno era particolarmente adatto per una agricoltura che non conosceva l’aratro e che solo disponeva di semplici zappe ricavate da scapole d’animali; in questa regione il mais divenne, prima che altrove, la base di un nuovo modello economico e sociale.
Con tale modello, le popolazioni delle Foreste Orientali e forse di tutto il Nord America, raggiunsero il loro più elevato livello di organizzazione sociale, dando vita a comunità con un impianto tendenzialmente teocratico, con forti poteri centrali e una rigida e gerarchica stratificazione sociale; in tale modello culturale sono evidenti le analogie con le contemporanee culture mesoamericane, e certamente gli indiani delle Foreste Orientali ebbero contatti con questa regione, e dai popoli che l’abitavano mutuarono forse costumi e usi, anche se oggi gli studiosi sono per lo più convinti che l’evoluzione culturale delle Foreste Orientali, ebbe caratteristiche specifiche ed autonome. In effetti la semplice conoscenza di culture diverse da parte di un popolo, non spiega la ragione per cui tali culture possano essere state assunte; per spiegare come una comunità possamodificare in tempo relativamente breve ed in modo radicale le proprie usanze, modellandole su quelle di popoli lontani migliaia di chilometri, e necessario cercare le ragioni profonde che indussero a tale cambiamento, e soprattutto si devono individuare le opportunità che resero il cambiamento possibile.
Così per comprendere il sorgere delle culture del Mississipi, non basta fare riferimento ai rapporti con la Mesoamerica, ma è necessario, per quanto possibile, tentare di comprendere cosa potè accadere nelle Foreste Orientali, nei secoli bui successivi al declino della cultura Hopewell, e cercare in quella fase le ragioni e le opportunità, che spinsero gli abitanti di quelle terre ad un veloce e forse non lineare adattamento, ad un modello culturale alieno.
L’emersione dai secoli bui
Nessuno fino ad oggi ha potuto fornire una indiscutibile ragione per il declino del mondo Hopewell; come già accennato e per quanto ci è noto, esso coincise con almeno un evento traumatico, l’eruzione del vulcano Ilopango, con i conseguenti cambiamenti climatici che tale evento produsse, di cui non conosciamo la durata; d’altra parte non ci sono testimonianze che da questo trauma siano derivati periodi di intensa conflittualità, gravi epidemie, invasioni o altro. Non esistevano nel mondo Hopewell centri di potere politici o economici il cui collasso potesse determinare la fine di un intero sistema sociale, ne le comunità avevano una gerarchia interna tale da produrre conflitti in grado di mettere a rischio l’intero sistema. In realtà il modo di vita Hopewell non collassò ne scomparve, al punto che molte comunità di indiani storici, vivevano ancora in maniera non molto diversa dai loro antenati di quindici secoli prima.
E’ quindi probabile che il declino della cultura Hopewell vada letto semplicemente come la crisi di un modello che si era affermato su un precario equilibrio, quello in cui una grande disponibilità di risorse, aveva permesso uno sviluppo delle diverse comunità, basato più sulla cooperazione che non la competizione. Una riduzione di tale risorse, anche per un periodo limitato, può aver prodotto una rottura, sia spirituale che materiale di tale quilibrio, aprendo ad una condizione di maggior insicurezza, e quindi di chiusura di relazioni. A ciò va aggiunto che tale precario equilibrio, aveva comunque permesso uno sviluppo demografico nei secoli precedenti, senza che ciò si accompagnasse a conflitti e competizione. Il peggiorare delle condizioni nel mutato contesto successivo ad un evento traumatico, avrebbe invece reso insostenibile proprio il precedente picco demografico; è quindi possibile che dinamiche conflittuali abbiano fatto una prima loro apparizione, come potrebbero dimostrare le prime testimonianze di insediamenti difesi da palizzate.
E’ oggi difficile immaginare quale possa essere stato l’effetto di un forte e continuo aumento della popolazione per alcuni secoli consecutivi, su una società organizzata in piccole comunità come quella Hopewell, ma certo il debole sistema agricolo delle Foreste Orientali, sottoposto ad un catastrofico, seppur breve, trauma climatico, ne subì l’impatto.
L’assenza di cultigeni ad alta resa produttiva ed elevato valore proteico, deve necessariamente aver motivato la pratica di dispersione delle piccole comunità Hopewell, ognuna alla ricerca di nuove terre da sfruttare; era questa una dinamica tipica di quel modello culturale, che impedendo alle comunità di crescere eccessivamente, le tutelava dai rischi di conflitti interni e infine dal collasso, conseguente alla penuria di risorse alimentari; d’altra parte una temporanea riduzione delle risorse, poteva non portare al collasso un sistema fortemente decentrato, ma produrre un impoverimento generalizzato nelle piccole comunità diffuse sul territorio. Con una economia progressivamente ridotta ai livelli di sussistenza, vengono necessariamente ridotte sia la produzione artistica e artigianale, sia il sistema di scambi ad essi connessi, cioè proprio gli elementi caratteristici della cultura Hopewell. La scomparsa dell’altro elemento caratteristico della cultura Hopewell, la costruzione di grandi mounds funerari, va collocato nello stesso contesto di impoverimento e isolamento delle comunità, con in più l’aggravante della perdita di fiducia, verso un sistema di rituali e credenze, non più in grado di garantire quella relazione con il mondo spirituale, la cui crisi era rappresentata proprio dal traumatico cambiamento climatico. Probabilmente il culto funerario non si modificò radicalmente, tumuli funerari più piccoli furono costruiti anche durante la fase Mississipi, e tracce di tale culto permangono anche tra gli indiani storici (i Choctaw disseppellivano periodicamente i defunti per ripulirne le ossa e risotterrarle tutte insieme, analoga usanza è documentata tra gli Huron all’inizio del XVII secolo); di fatto l’uso di costruire burial mounds non cessa del tutto, semplicemente tale pratica viene progressivamente abbandonata, perchè si riduce la fiducia in essa.
Questo è ciò che probabilmente accadde, durante l’ultima fase della cultura delle Foreste Orientali, nel periodo di tempo che va dal del V secolo fino al IX, in particolare nella parte settentrionale del territorio: una società che regredisce nella sua condizione materiale e nella sua concezione spirituale, e che quindi necessità di novità in grado di innescare un nuovo dinamismo.
Ogni fase di crisi e stagnazione può essere superata in due modi, o grazie all’aumento della produttività economica o attraverso traumi che producendo squilibri e distruzione, determinano una nuova dislocazione del potere e della ricchezza tale, da poter riaprire il dinamismo sociale; e questa fu la funzione delle due grandi innovazioni che giunsero nelle Foreste Orientali, durante la fase che precedette il fiorire delle culture del Mississipi: il mais e l’arco e le frecce.
Per noi uomini della moderna civiltà occidentale, l’arco e la freccia rappresentano l’immagine stessa di una società pretecnologica; in effetti questo strumento è stato concepito in Europa e in Asia ben prima che l’uomo imparasse la lavorazione dei metalli e, nella sua forma più semplice, un ramo arcuato le cui estremità sono collegate da una corda, esso è noto anche alle popolazioni di cultura più elementare. Pure questo stesso strumento, opportunamente modificato e adattato, è stato il più efficace strumento di caccia e di guerra, ancora fino a cinque secoli fa, potendo essere considerato, al di là delle implicazioni morali, come una delle grandi invenzioni dell’umanità.
La sua comparsa in Asia e in Europa data almeno dalla fine del mesolitico, dagli 8 ai 6.000 anni prima della nostra era; in America l’arco giunse dall’Asia, non prima del 3.000 a. C., ma prima che dalle lontane terre dell’Alaska esso giungesse nelle Foreste Orientali, ci vollero migliaia di anni, e si ritiene che la sua diffusione fosse completata solo nel VII secolo d.C., cioè proprio nel periodo di crisi delle Foreste Orientali. Così in un contesto di stagnazione economica e di isolamento, l’acquisizione dell’arco e delle frecce fu certamente un evento in grado di mettere in moto energie nuove, da un lato rendendo potenzialmente più produttiva la caccia, dall’altro favorendo la potenziale aggressività di una comunità verso l’altra; il cacciatore e il guerriero, forti di una tecnologia innovativa e potenzialmente letale, prendono il posto dell’artigiano, che era stato il protagonista della società Hopewell.
Ma un’arma con il suo potenziale distruttivo, può contribuire a sovvertire e riavviare gli equilibri stagnanti di un modello economico-sociale in via d’esaurimento, ma ovviamente non è sufficiente e garantire una nuova fioritura culturale. Perchè ciò accada sono necessarie effettive innovazioni in ambito produttivo, e in tal senso l’introduzione del mais rappresentò una vera e propria rivoluzione produttiva, costituendo la base di un modello culturale totalmente diverso da quelli precedenti. Così dall’incontro tra una maggiore potenzialità aggressiva, con una nuova potenzialità produttiva, nacque il modello delle culture del Mississipi, centralizzato, stratificato, tendenzialmente aggressivo. Ma per spiegare meglio questo processo è opportuno riflettere sul percorso, che portò all’affermazione del mais come principale prodotto agricolo degli indiani d’America.
A differenza del chenopodium, del girasole e di altri cultigeni autoctoni delle Foreste Orientali, il mais non cresce spontaneamente in natura; esso fu il prodotto dell’attività di modificazione genetica umana, probabilmente a partire dall’ibridazione e dalla selezione di una qualche varietà di un vegetale selvatico denominato “teosinte“, tipico delle zone montuose del Messico meridionale, del Nicaragua e del Guatemala. Riscontri archeologici dimostrano che in piena fase Arcaica, probabilmente intorno al 7.000 a.C., le popolazioni della regione di Oaxaca nel sud del Messico, iniziarono ad ibridare e a selezionare dei vegetali simili al nostro mais, partendo dalla teosinte e forse da altre piante erbacee; ovviamente si trattava di piante in grado di produrre spighe con non più di una decina di semi, e ci vollero migliaia di anni per giungere alle molte varietà di mais attuali, tutte con una notevole resa produttiva. In Nord America una specie primitiva di mais, che mostra già di essere frutto della selezione umana, è stata trovata nel sito archeologico di Bat Cave nel New Mexico, risalente al 3.000 a.C., ma perchè esso giunga nelle Foreste Orientali è necessario arrivare al I secolo a.C., all’inizio della fase Hopewell. E’ probabile che gli indiani di cultura Hopewell, con la loro rete di scambi che li portava ad avere relazioni anche con regioni lontane, abbiano conosciuto il mais attraverso i popoli delle regioni del sud-ovest, o più probabilmente dagli stessi messicani, i quali avevano anch’essi una vasta rete di commerci; comunque per tutta la fase Hopewell, il mais non ebbe alcun significativo impatto sull’economia e sull’alimentazione degli abitanti delle Foreste Orientali, e per un suo pieno affermarsi come principale prodotto agricolo, si deve attendere almeno fino al IX secolo d.C.
L’acquisizione del mais come base dell’economia fu quindi un processo complesso, certamente irto di difficoltà e insuccessi, che probabilmente condizionò le dinamiche sociali. Quasi certamente per lungo tempo i tentativi di adattare una pianta proveniente da terre molto calde, alle foreste temperate del Nord America, non diedero risultati soddisfacenti, e gli Hopewell preferirono rimanere legati ai cultigeni tradizionali, utilizzando probabilmente il mais solo come di un prodotto esotico e raro. Certamente la situazione dovette mutare nei secoli di crisi, quando le difficili condizioni resero necessaria la sperimentazione di nuove opportunità in ambito agricolo, e il successo nella coltivazione del mais, potè fare la differenza tra la scomparsa o il rafforzamento di una comunità. C’è però da aggiungere che il modificarsi del contesto in cui tali sperimentazione avvennero, ebbe probabilmente conseguenze significative.
In una società ricca e con eccedenze produttive, in cui gli scambi commerciali favoriscono la circolazione di tecniche e idee, una nuova conoscenza si diffonde in breve tempo fino a diventare patrimonio comune e condiviso; al contrario, in società impoverite, isolate e rese sospettose dal timore, le nuove conoscenze tendono a venir custodite, se non addirittura nascoste; se poi si tratta di società ancora legate alla dimensione mitica del sapere, una nuova conoscenza può divenire la base per il prodursi di un sapere esoterico, esclusivo e gelosamente custodito. La selezione dei semi migliori, il giusto momento per la semina o il raccolto, la scelta dei terreni e della loro esposizione, insieme ai riti e alle formule magiche, ai calcoli astrali, ai sacrifici da offrire, divengono tutti elementi di un sapere, frutto di continua sperimentazione, dedizione, e in ultima analisi specializzazione. Così il difficile percorso di adattamento di una specie vegetale aliena, ha per conseguenza l’inizio di un processo in cui per la prima volta il singolo individuo, non può approcciare alla natura a partire dalla sua diretta esperienza, ma necessita di conoscenze che possono aver carattere esclusivo, e di cui non solo lui, ma l’intera comunità non può fare a meno. Chi ha tale conoscenza esclusiva e specialistica, ha la chiave per aprire ai membri della sua comunità, una nuova relazione con il mondo ignoto delle forze naturali. Come l’artista che produce beni da tutti apprezzati, evolve dall’artigiano che produce per il suo uso, così il sacerdote, le cui conoscenza possono beneficiare l’intera comunità, evolve dallo shamano che è tramite di un rapporto individuale con il soprannaturale.
E’ forse in questa dinamica che è possibile comprendere come, dopo quattro secoli di stagnazione, dalle egualitarie e tendenzialmente pacifiche culture Hopewell, si passi ad un modello sociale fortemente gerarchizzato e quindi tendenzialmente aggressivo, quale è quello delle culture del Mississipi. Che poi questo modello sia almeno parzialmente collegabile alle culture mesoamericane, è un fatto indiscutibile, quasi che esso sia frutto dell‘imporsi di un elite conoscitrice, sia delle tecniche e delle conoscenze agricole legate alla produzione di mais e provenienti dal Messico, sia del corrispettivo bagaglio ideologico che lì si produsse. Tale modello ideologico e culturale si impose con relativa velocità e crollò in modo ancor più repentino, lasciando dietro di se ben poco, e anzi fu forse in qualche misura quasi rimosso nell’arco di poche generazioni, e questo a conferma del suo carattere almeno parzialmente alieno.
La prima stratificazione sociale fra i Popoli del Mississipi
Come nel caso delle culture Hopewell, anche per i popoli di cultura Mississipi, le tracce più evidenti e significative che la loro storia ci ha lasciato, sono i grandi tumuli di terra, che testimoniano della diffusione di tale modello; si tratta però in questo caso di opere con una funzione completamente diversa, a testimonianza delle profonde modificazioni intervenute nel modo di vivere dei popoli delle Foreste Orientali. Infatti mentre i tumuli Adena e Hopewell erano opere funeraria (burial mounds), i tumuli del Mississipi (temple mounds), svolgevano una funzione analoga a quella delle grandi piramidi messicane, essendo sede di templi o abitazione di capi e sacerdoti. Se i “burial mounds” Hopewell era edificati nel tempo da singoli clan famigliari che generazione dopo generazione seppellivano i propri morti, nel caso dei “temple mounds” Mississipi, si trattava di vere e proprie “opere pubbliche”, manifestazioni evidenti del potere civile e religioso, veri e propri centri cerimoniali, costruiti intorno a grandi aree aperte (plazas), dove i membri della comunità si radunavano per partecipare a riti e pubbliche manifestazioni, officiate da una vera e propria aristocrazia sacerdotale. Questi centri rituali, con i loro templi e le loro plazas, furono quanto di più vicino alla società urbana videro le Foreste Orientali in età precolombiana.
Temple mounds
Il passaggio dalle piccole comunità Hopewell, che difficilmente superavano il centinaio di individui, alle comunità Mississipi che riunivano anche mille e più persone, fino al caso di Cahokia nell’Illinois, che forse raccoglieva intorno a se una popolazione di 10-15.000 individui, fu certamente reso possibile dall’acquisizione del mais, i cui raccolti altamente produttivi permettevano di garantire cibo, ad un numero maggiore di individui in una stessa località. Con il mais giunse probabilmente anche il fagiolo, le cui piante rampicanti venivano fatte crescere insieme a quelle del mais, ai cui alti steli si appoggiavano; mais e fagioli, insieme alle zucche autoctone, costituirono la triade (le Tre Sorelle), a fondamento dell’agricoltura in tutto il Nord America. Con queste tre piante, i popoli delle Foreste Orientali completarono la loro piena trasformazione in popoli agricoli, e l’economia, fino ad allora basata su una forte integrazione tra attività di caccia, raccolta e coltivazione, si adattò a dipendere sempre di più dal buon esito dei raccolti, piuttosto che da altre attività.
Crescita delle comunità, specializzazione in ambito economico e dipendenza da una limitata gamma di prodotti, dovettero avere conseguenze profonde sul modo di vivere degli indiani delle Foreste Orientali. Immaginiamo l’impatto di un ricco raccolto che garantisce cibo per gran parte dell’anno, e per il quale un gran numero di individui è pronto ad offrire il proprio lavoro, adattandosi anche a rinunciare ad una quota della propria libertà; e immaginiamo il disastro, la delusione, il senso di frustrazione, nel caso che la siccità, la grandine o un’altro evento naturale, distrugga questo ricco raccolto, gettando tutta la comunità nella precarietà e nel timore. Se la piccola comunità di cultura Hopewell, potevano affrontare un simile rischio, puntando su risorse alternative come la caccia e la raccolta, dividendosi o spostando la loro sede, ciò diviene impossibile per comunità più grandi, che hanno investito il loro lavoro nel dissodamento di aree da mettere a coltura, e che si sono adattate all’organizzazione del lavoro in forma collettiva, per aumentarne la produttività.
E’ in questo contesto che si colloca il formarsi di una vera e propria aristocrazia sacerdotale, che fu caratteristica dei popoli del Mississipi. Uomini (e sicuramente anche donne), che dai loro templi e dalle loro abitazioni in cima ai grandi tumuli-piramide, scrutavano il cielo, svolgevano riti e sacrifici, intonavano canti sacri e segreti, con la immensa responsabilità di garantire, che il lavoro di centinaia di individui, non venisse vanificato dalle forze della natura e dall’ostilità di quel mondo sovrannaturale che a tali forze sovrintende; ma ad essi competeva anche il privilegio di essere al di sopra della gente comune, e di poter addirittura decidere della loro sorte. Tutto ciò mal si accorda con l’immagine degli indiani storici, con le loro comunità democratiche e irriducibili ad ogni potere centralizzato, eppure tutto ciò esisteva ancora al tempo in cui gli Europei iniziarono a colonizzare il Nord America. Come sia accaduto che società fortemente gerarchizzate si siano prodotte nelle Foreste Orientali, e siano poi scomparse, senza quasi lasciar traccia è questione su cui soffermarsi.
All’inizio furono solo individui come gli altri, che per ragioni fortuite ed occasionali seppero meglio usare dei semi in loro possesso, li trasformarono in ricchi raccolti e furono guardati con rispetto e ammirazione; forse seppero anche consigliare gli altri e furono ascoltati, acquisendo prestigio per se e per la propria famiglia; poi nell’arco di poche generazioni la fortuita opportunità di dare il proprio consiglio, trasmessa ai propri figli ed eredi, sedimentò in una vera e propria responsabilità verso la comunità, fino a dar luogo al privilegio e alla definizione di uno status di eccellenza ad un intero clan famigliare. Così acquisito uno status particolare, i membri della famiglia sacerdotale non partecipano più attivamente al lavoro dei campi, ma i campi ad essi destinati sono i primi ad essere curati dai membri della comunità; così i membri della classe sacerdotale, non corrono mai il rischio di scarsità di cibo, dato che a loro compete la custodia delle scorte collettive; se la vicinanza agli dei deve essere resa evidente, loro sarà il privilegio di risiedere più in alto degli altri, su colline artificiali, alla cui edificazione tutta la comunità coopera; e se alla loro parola e alla loro saggezza la comunità deve affidarsi, allora da loro giungerà ogni giudizio su ciò che è male e ciò che è bene, su chi è in colpa e chi è innocente.
Dalle piccole comunità originarie, basate sull’autorevolezza dell’anziano, “primum inter pares”, si passa così al dispotismo oligarchico delle teocrazie depositarie della conoscenza; ma il potere della conoscenza ha un suo limite in quello della forza, della violenza, delle armi, e l’individuo che di tale potere è portatore deve essere sussunto nel sistema perchè se ne faccia garante, o altrimenti espulso, come fattore di squilibrio e di disordine. D’altra parte senza il contributo di simili individui, il frutto del lavoro collettivo può essere perduto non per cause naturali, ma per la razzia di genti vicine, meno fortunate. Così dalla massa della gente comune, emerge il guerriero, con il suo arco e le frecce, ultima innovazione nell’arte di uccidere, e si affianca al sacerdote, costituendo il secondo livello della prima stratificazione gerarchica, che è alla base dell’ulteriore sviluppo della complessità sociale: il sacerdote, il guerriero, poi il contadino e ad un livello successivo nell’evoluzione della complessità sociale, lo schiavo.
Questa dinamica che in tutto il mondo ha prodotto rigide caste e vere e proprie classi sociali, probabilmente non giunse mai a compimento in Nord America, rimanendo sostanzialmente legata alle sue origini, nel sistema di organizzazione sociale basato sui clan famigliari, la cui formazione risale all’antica cultura Hopewell o anche prima. Di fatto in Nord America, se il prodursi di società gerarchizzate è certo, altrettanto certo è che tale modello non fu mai totalmente interiorizzato e non distrusse il primitivo impianto egualitario.
Che ogni forma di stratificazione gerarchica della società abbia la sua origine nel sistema dei clan e delle “gentes”, è evidente, per il fatto che l’appartenenza ad una determinata casta e classe è direttamente legata all’appartenenza ad una determinata famiglia, a un clan o a una gentes. Vi sono così famiglie, clan e gentes nobili, e famiglie, clan e gentes comuni, che in un sistema gerarchizzato di classi e caste, tendono a rimanere isolate le une dalle altre, in particolare per ciò che riguarda lo scambio matrimoniale; l’impossibilità dello scambio matrimoniale tra membri di di diverse caste e ceti sociali, è la base per la fine di ogni dinamismo sociale e per il cristallizzarsi degli equilibri di potere. Tale modalità, per cui ogni individuo deve cercare il suo partner nel suo stesso ambiente e addirittura tra persona a cui è legato da parentela, produsse tra le aristocrazie europee, una sorta di endogamia di fatto; il matrimonio tra consanguinei e testimoniato in una società gerarchica come l’antico Engitto e fra il patriziato romano, le caste indiane sono rigidamente endogamiche, per non dire dell’uso dell’Inca e del Faraone, di sposare la propria sorella. E’ in questa modalità che si produce la più antica separazione tra clan e famiglie in seno ad una stessa comunità.
Completamente diverso dal sistema basato su classi e caste, è il modello che si fonda su clan e gentes, perchè quest’ultimo è sempre esogamico, e quindi impone lo scambio matrimoniale con un altro gruppo famigliare. In molti sistemi basati sui clan, e anche tra molti popoli del Nord America, più clan o gentes, sono raggruppati in “metà” o fratrie, che hanno l’obbligo di scambiarsi reciprocamente il partner matrimoniale. E’ quindi probabile che il meccanismo gerarchico delle società del Mississipi, fosse ancora fortemente condizionato dal sistema di clan esogamici e fratrie, che di fatto impediva una totale separazione tra classi nobili e gente comune; di ciò potrebbe essere testimonianza l’unica società Mississipi ancora esistente in tempi storici, e di cui gli Europei hanno una seppur sommaria documentazione: i Natchez della Louisiana, con cui i coloni Francesi ebbero contatti e conflitti, ancora nei primi decenni del ‘700, sono forse l’unica testimonianza storica della cultura Mississipi.
I Natchez
Fra i Natchez vigeva una rigida divisione tra i vari membri della tribù, in quelle che ai Francesi apparvero come vere e proprie classi sociali: da un lato era una vera e propria nobiltà di sangue, costituita dai Soli, e cioè il Grande Sole e tutti i suoi famigliari, poi i Nobili e quindi la Gente Onorata, dall’altra era la gente comune, definita con disprezzo, i Puzzolenti. I gruppi sociali più elevati godevano di privilegi e particolari prerogative, mentre la gente comune era esclusa da ogni forma di potere. Eppure in questo schema apparentemente simile a quello di altre società divise in caste, intervengono elementi che lo rendono estremamente peculiare; e in effetti in nessuna società divisa in caste, è fatto obbligo ai membri delle caste superiori, di sposare membri della casta più bassa. Invece tra i Natchez, un Sole era obbligato a sposare una donna della casta dei Puzzolenti, e stesso obbligo era per i Nobili e la Gente Onorata; stessa regola valeva per le donne delle caste superiori, obbligate a sposare uomini della casta più bassa.
L’analisi dettagliata del sistema matrimoniale dei Natchez, è argomento che richiede una specifica trattazione e non può essere esaurito in poche righe; basti qui dire che i figli che nascevano da questi matrimoni tra membri di caste diverse, se la madre apparteneva ad una classe nobile, erano membri di diritto della casta materna, secondo un modello di ereditarietà matrilineare, mentre nel caso la madre appartenesse alla classe dei Puzzolenti, i figli entravano a far parte di una casta, di livello inferiore a quella paterna (se il padre era Sole, i figli erano Nobili ecc…).
Questo complesso sistema di trasmissione ereditaria, poneva il problema di un tendenziale esaurimento della casta dei Puzzolenti, dato che quasi nessun bambino vi nasceva, e certo ciò poteva indurre i Natchez alla guerra, proprio per rimpinguare la classe dei Puzzolenti con i prigionieri e in genere con i gruppi sottomessi. D’altra parte un simile meccanismo, pur garantendo una rigida divisione sociale, manteneva una costante interazione tra i diversi gruppi e una notevole mobilità sociale. Ma al di là dei problemi e delle opportunità di questo modello sociale, la questione più interessante è capire come esso si sia prodotto. E così oggi più di uno studioso ritiene, che le caste dei Natchez siano in realtà il prodotto di un più antico sistema di fratrie o “metà” matrimoniali, che raccoglievano i diversi clan famigliari esogamici; due originarie “metà”, ognuno con un certo numero di clan esogamici, una delle quali per ragioni a noi ignote, giunse ad imporre la sua supremazia, esprimendo i capi, i sacerdoti, i guerrieri, senza però giungere al punto di mettere in discussione l’antico uso esogamico, di sposarsi nella metà opposta.
Non sappiamo fino a qual punto il modello dei Natchez fosse condiviso da altri popoli di cultura Mississipi, ma è probabile che l’interazione tra un’originaria organizzazione sociale basata su clan famigliari e metà matrimoniali, e il più recente prodursi di elite sacerdotali tendenti verso il potere assoluto e la teocrazia, fosse il tratto caratteristico di questa fase dello sviluppo culturale nelle Foreste Orientali. Ciò che è certo è che il sistema di potere che si produsse tra i popoli di cultura Mississipi, doveva essere estremamente fragile, una sovrastruttura superficiale che non ebbe il tempo di sedimentare, e che, a parte il caso dei Natchez, si dissolse nel giro di pochi decenni, senza lasciare dietro di se nemmeno il ricordo. Quando il sistema gerarchico andà in crisi, la trasizionale struttura sociale basata sui clan, tensenzialmente più egualitaria, riprese il sopravvento, ed è questa quella che è storicamente documentata nell’epoca suiccessiva al contatto.
Il mondo dei Popoli del Mississipi
Le innovazioni della civiltà del Mississipi, rispetto al modello Hopewell, sono principalmente riscontrabili nella struttura dell’organizzazione sociale, e conseguentemente sul modo in cui individui e comunità si relazionarono fra loro, piuttosto che in altri aspetti della vita quotidiana. Ad esclusione della piena acquisizione del mais e dei fagioli in agricoltura, e dell’arco e delle frecce per la caccia e la guerra, i popoli del Mississipi non conobbero altre significative innovazioni in ambito tecnologico o economico.
Il cambiamento della struttura sociale fu in stretto rapporto con l’ingrandirsi delle comunità umane, ma per quanto le società di cultura Mississipi abbiano rappresentato quanto di più simile ad una civiltà urbana si produsse in Nord America in epoca precolombiana, esse ebbero un limite nel loro sviluppo per l’assenza di alcune condizioni fondamentali.
Così i grandi centri rituali, che pure furono a volte riferimento per migliaia di individui, non divennero mai veri e propri centri urbani, mancando la conoscenza nelle tecniche di rotazioni dei terreni, che permisero per esempio in Mesopotamia, la residenza in una medesima località di una numerosa popolazione, impegnata in attività agricole anche per più generazioni consecutive. Al contrario i grandi centri cerimoniali Mississipi, con le loro vaste “plazas”, circondate da “temple mounds”, pur essendo anche per lunghi periodi la residenza di capi e sacerdoti, con i loro famigliari e servitori, non divennero veri e propri centri economici, dovendo sempre dipendere dalle comunità agricola satellite, su cui esercitavano la loro influenza. Così mentre i centri cerimoniali si arricchivano di piramidi di terra sempre più elevate, al sommo delle quali si ergevano templi e abitazioni aristocratiche, le comunità agricole satellite, erano costrette periodicamente a ridislocarsi a causa dell’esaurirsi delle potenzialità agricole dei terreni; così è probabile che gran parte della popolazione, vivendo nelle piccole comunità agricole ancora legate alla tradizione del clan famigliare, non abbia visto veri cambiamenti nella propria vita quotidiana, ad esclusione della partecipazione passiva ai riti pubblici in cui si manifestava il potere delle oligarchie.
Rispetto all’epoca Hopewell, le comunità Mississipi sembrano temere l’ostilità di gruppi vicini, e compaiono intorno ai villaggi palizzate per la difesa; ciò è particolarmente vero nei frequenti casi in cui i gruppi di cultura Mississipi vivevano circondati da comunità di cultura diversa, come nelle zone più periferiche, e ciò fa pensare anche ad una spinta espansionistica e aggressiva dei popoli Mississipi, che sembra assente in epoca Hopewell. E’ quindi probabile che i popoli di cultura Mississipi, con una solida economia agricola, un struttura sociale fortemente integrata, e una organizzazione del potere centralizzata, abbiano potuto imporsi su gruppi limitrofi con una struttura sociale meno coesa ed una economia più povera, ma che per mantenere tale predominio abbiano acquisito una maggiore predisposizione alla guerra. Non a caso in queste società fortemente gerarchizzate, costruite intorno alla leadership religiosa dei sacerdoti, il valore guerriero si manteneva come l’unica opportunità di mobilità sociale.
Di fatto il modello Mississipi diede vita ad una serie di strutture politiche, sorta di principati teocratici, probabilmente collegati tra loro in un rapporto di vassallaggio, al cui vertice erano i sacerdoti dei centri principali, Cahokia nell’Illinois, Etowah e Ocmulgee in Georgia, Spiro in Oklahoma,e altri ancora, dai quali dipendevano centri minori, all’interno dei quali si manteneva la medesima struttura gerarchica. Alla base di questo sistema era la gran massa dei contadini, che vivevano e lavoravano nelle vicinanze dei centri cerimoniali, ai quali destinavano parte del loro raccolto, in cambio della protezione spirituale ed eventualmente anche del sostegno nella difesa contro i nemici.
Per gli abitanti di queste piccole comunità, lo stile di vita non doveva essere molto diverso da quello dei secoli precedenti, a parte l’innovazione rappresentata dal mais. Alle donne competeva sempre la maggior responsabilità del lavoro agricolo, anche se certamente nella fase di disboscamento e dissodamento dei campi, così come durante la semina e il raccolto, il contributo degli uomini doveva essere rilevante; caccia, pesca e raccolta, erano ancora significative attività integrative, ma non sostitutive dell’agricoltura, e il buon esito del raccolto era la sola garanzia di scampare alla fame nei mesi invernali. Neanche sul piano delle tecnologie, a parte l’arco e le frecce, si realizzano innovazioni: non vengono allevati animali, non si realizzano nuove tecniche per il trasporto, la produzione di oggetti d’uso quotidiano non fa notevoli passi avanti ne in rapporto alle materie prime, ne per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto, mentre la produzione artistica si rinnova ed eccelle, solo in riferimento al suo uso rituale, o al suo essere emblema di status. Rimane l’uso di abitazioni costruite con rami e corteccia, specialmente nelle parti settentrionali dell’area, mentre nella parte meridionale del territorio le capanne si trasformano in strutture più solide, con pareti di rami intonacate con fango e argilla.
Il commercio, che era stata la grande innovazione dell’epoca Hopewell, ebbe sicuramente un nuovo impulso, ma assunse caratteristiche totalmente diverse. Se probabilmente esso era avvenuto in epoca passata nella forma del dono rituale, attraverso cui piccole comunità intessevano relazioni di scambio, in occasione di accordi matrimoniali, di cerimonie funebri o semplicemente come segno di reciproca buona disposizione, coinvolgendo più o meno tutti i membri della comunità, in epoca Mississipi il commercio, si indirizza principalmente verso beni esotici e di lusso, appannaggio delle classi elevate, che li ottengono come omaggi e segni di vassallaggio, e li usano come simboli di uno status superiore, che li separa e li differenzia dalla gente comune. La rete commerciale che legava i le terre a nord dei Grandi Laghi con la costa del Golfo del Messico, ritorna ad essere pienamente attiva, rame e conchiglie pregiate raggiungono i principali centri nella valle del Mississipi, ma è difficile immaginare che questa rinascita commerciale abbia coinvolto anche i contadini della classe più bassa. E’ invece probabile, che siano emerse figure di viaggiatori e commercianti, in grado di compiere lunghi viaggi alla ricerca di beni rari e preziosi, per rifornire le elite sociali del tempo; figure simili ai “Pochteka” delle culture mesoamericane, e certo la loro attività commerciale non coinvolgeva i contadini delle piccole comunità satellite. Dell’esistenza di un commercio di manufatti di lusso per le sole classi elevate, potrebbe essere prova la mancata diffusione della tessitura, che da riscontri archeologici risulta sicuramente nota ai popoli del Mississipi, ma i cui prodotti non rientrarono mai nell’uso comune delle Foreste Orientali. Probabilmente i pochi reperti che ci sono giunti, facevano parte della ricchezza di qualche sacerdote o nobile, esotico prodotto importato dal sud, o al massimo prodotto in loco da artigiani al diretto servizio dei potenti.
D’altra parte l’esistenza di una classe in grado di apprezzare manufatti esclusivi ed originali, oltre che di una casta sacerdotale che necessitava di oggetti simbolici da mostrare e usare nei riti pubblici e nelle cerimonie religiose, fu occasione di notevole impulso nell’evoluzione estetica dei prodotti artigianali. In particolare i recipienti di terracotta, che durante la fase Hopewell non erano andati oltre la più elementare funzionalità, si raffinano notevolmente, a volte sono modellati a forma di testa umana, quasi sempre sono presenti decorazioni con il metodo dell’incisione o dell’impressione, e verso la fine del periodo, e solo nella parte orientale dell’area, si pratica anche la pittura, secondo modelli estetici mutuati dalle terre del Messico. Così anche il semplice vasellame di uso quotidiana, che in epoca Hopewell era rimasto ai margini della fioritura artistica, diviene simbolo di status quando è proprietà di un membro dell’elite sociale, e quindi si raffina dal punto di vista estetico. Ma è principalmente negli oggetti simbolici e legati al culto, che si esprime la perizia degli artigiani Mississipi: gusci di conchiglia con minute e accurate incisioni, figure umane, spesso inginocchiate, alte fino a 50 cm, pipe in forma umana o animale, addirittura una pesante ascia ricavata da un unico blocco di pietra. A tutti questi oggetti si accompagna una simbologia rituale di cui è difficile oggi cogliere il significato, ma che ricorre in luoghi anche distanti, a dimostrazione di un sistema di credenze condiviso: il tema dell’occhio piangente, quello della mano e dell’occhio, e poi simboli solari, croci, disegni geometrici. Tra tutti questi simboli spicca una figura umana, decorata con piume e sempre di profilo, la cui posa innaturale, è spiegabile solo se accompagnata al volo. Tutti questi elementi simbolici, molti di chiara origine messicana, hanno fatto ritenere che un culto comune fosse condiviso fra i popoli del Mississipi.
Il Culto Meridionale
Un aspetto caratteristico e certamente innovativo delle culture del Mississipi, è certamente il modello ideologico e cerimoniale che lo caratterizzò, collegando in un sistema di interazione, tutta la regione del basso e medio Mississipi, fino alle regioni dell’attuale sud-est degli Stati Uniti. Come già accennato, l’esistenza di un sistema di credenza condiviso è testimoniato da un gran numero di manufatti artigianali che, ritrovati in siti distanti centinaia di chilometri l’uno dall’altro, presentano simili immagini e simboli, e in alcuni casi sembrano addirittura opera degli stessi artisti. E’ per questa ragione che gli studiosi ritengono di poter parlare di “Culto Meridionale”, per definire un complesso cerimoniale e la sua struttura ideologica.
Nella ricostruzione di questo complesso cerimoniale, è possibile utilizzare tre fonti, in primo luogo i ritrovamenti archeologici, quindi le scarse testimonianze dei primi osservatori europei, in particolare i Francesi nella zona del basso Mississipi a cavallo tra il ‘600 e il ‘700, e infine gli usi e le credenze degli indiani storici, la cui continuità con le culture Mississipi è più evidente, in particolare i Muskogee della confederazione Creek della Georgia e dell’Alabama, e i Caddo del Texas orientale.
Se i diversi reperti archeologici dimostrano chiaramente l’esistenza di un universo simbolico condiviso in tutta l’area Mississipi, più difficile è cogliere il significato dei diversi simboli: croci inserite nel cerchio e svastiche, ci indicano l’esistenza di un culto solare, peraltro riscontrabile negli usi di molti gruppi tribali storici, quali i Caddo e i Creek, nei cui riti era presente un Sacro Fuoco, emblema terreno dell’energia del Sole; tra i Natchez addirittura, Sole era definito il gran sacerdote e il capo, così come i suoi famigliari. Più difficile è definire il significato di una serie di simboli riguardanti la figura dell’Occhio, declinato in diversi modi: l’occhio nel palmo della mano, l’occhio piangente, l’occhio circondato da motivi bi o trilobati. I primi due simboli possono forse evocare l’accesso al mondo ultraterreno, ed essere collegati al culto dei defunti, secondo la trasizione più antica delle Foreste Orientali, mentre gli ultimi due sono collegati ad altre due figure mitiche di cui si è trovata testimonianza: l’occhio bilobato si accompagna spesso alla figura del Serpente d’Acqua, divinità collegata al mondo sotterraneo, mentre l’occhio trilobato, è collegata alla figura del Falco o Uomo Uccello, rappresentazione di figure shamaniche, di cui è stata trovata testimonianza in diversi reperti e in particolare i gusci di molluschi incisi con perizia e grande senso estetico. Un terzo gruppo di simboli è legato ad alcuni oggetti rituali, che certo facevano parte dell’armamentario dei sacerdoti: mazze, frecce bilobate, pendagli. Da quel poco che è possibile dedurre, è possibile immaginare che il Culto Meridionale abbia prodotto una visione del mondo incentrata su tre livelli: un livello celeste, dominato dalle figure del Sole, della Luna, e di alcune Stelle, al quale appartiene anche il Falco, che potrebbe coincidere con il potere del Tuono; un mondo terreno e concreto, nel quale vive l’uomo, ed un mondo sotterraneo, dominato dalla figura del Serpente d’Acqua, figura che può variare, assumendo l’immagine di Serpente Cornuto, o di animale mitico con parti del corpo di Serpente, di Puma ecc…. Questi tre livelli della realtà, sono tra loro collegati da un’altra figura simbolica di cui è stata trova testimonianza, l’Albero della Vita, che ha le radici nel mondo sotterraneo e protende i suoi rami verso il cielo.
In realtà gran parte di questo sistema simbolico, ed in particolare ciò che riguarda il Serpente d’Acqua, o il Falco, hanno radici nelle precedenti culture Hopewell, e permangono, con alcune modificazioni, nelle successive culture storiche, in particolare fra le tribù di lingua Siouan e Muskogean, ma anche fra popoli che probabilmente ebbero scarse o nessuna connessione con le culture Mississipi, come ad esempio gli Ojibway. E’ quindi probabile che nel Culto Meridionale, siano state ricomposte e assemblate credenze precedenti alla nascita delle Culture Mississipi, integrate poi con quella che probabilmente fu la vera novità, e cioè il culto del Sole e del Fuoco, che diviene il fulcro del potere dell’aristocrazia sacerdotale. Come già accennato, cerimonie in onore del Sole e del Fuoco, sono testimoniate tra i Caddo e i Muskogean storici, mentre gli Skidi Pawnee, anch’essi di lingua Caddoan, ancora nei primi decenni del XIX secolo, sacrificavano una vergine alla Stella del Mattino. Sacrifici umani in qualche modo connessi al culto solare, erano probabilmente quelli che accompagnavano la morte del Grande Sole tra i Natchez, quando le sue mogli e i suoi servi venivano strangolati per accompagnarlo nell’al di là, mentre uomini e donne della tribù giungevano al punto di togliersi spontaneamente la vita. Riscontri archeologici di sacrifici umani, sono stati ritrovati in alcuni mounds della zona di Cahokia, e anche alcuni dei primi visitatori spagnoli nel ‘500 ne danno testimonianza.
Il tema del sacrificio umano è di una certa rilevanza nel definire il Culto Meridionale, perchè pone le culture Mississipi in relazione con le culture mesoamericane fra le quali tale pratica era ampiamente diffusa, al contrario di quanto accaddeva in Nord America in epoca Hopewell, e in epoca storica, quando a parte il caso degli Skidi Pawnee e dei Natchez, tali usi non sono documentati. Tutto ciò può far ritenere che nel Culto Meridionale abbiano convissuto due diversi impianti, uno legato ai riti shamanici, collegati in particolare alle figure del Falco o Uomo Uccello e del Serpente d’Acqua, ma anche alla permanenza dei riti funerari, e rispondenti alle necessità quotidiana dei singoli individui e gruppi famigliari, e l’altro quello legato al Sole, al Fuoco e al mondo celeste, monopolio di una casta sacerdotale, che presiede a grandi riti pubblici e ai sacrifici, e il cui compito è di accompagnare il ciclo stagionale del lavoro agricolo, intercedendo presso il mondo soprannaturale, perchè esso dia frutti abbondanti. La permanenza, seppur in forma subordinata del sistema di credenze Hopewell all’interno del modello Mississipi, è dimostrata proprio dal permanere degli usi funerari Hopewell, la cui testimonianza si riduce notevolmente, ma la cui sopravvivenza è testimoniata da alcuni mounds funerari di epoca Mississipi, appartenenti a esponenti delle classi più elevate.
Sulla base di queste considerazioni è possibile ipotizzare che l’aspetto caratterizzante del Culto Meridionale, sia l’emergere sul comune sostrato spirituale dei popoli delle Foreste Orientali, di una sorta di “ideologia” delle oligarchie dominanti, che fondata sul controllo delle conoscenze agricole, si impose come religione su tutta la popolazione, senza però riuscire a permeare in profondità, ne il tessuto sociale, ne l’approccio psicologico dei popoli delle Foreste Orientali. E questo potrebbe forse spiegare perchè, nel corso di poche generazioni, il ricordo degli edificatori dei grandi Temple Mounds del Mississipi, sia andato perduto.
Chi erano i Popoli del Mississipi?
L’idea che i grandi tumuli delle culture del Mississipi fossero opera di un qualche misterioso popolo, ha avuto spazio per buona parte del XIX secolo, fondandosi, oltre che sul razzismo di quanti ritenevano i “selvaggi” incapaci di produrre simili opere, anche sul fatto che in molti casi, gli indiani che risiedevano nelle terre dove i mounds erano stati edificati, non avevano alcuna idea, ne della loro funzione, ne di chi li avesse costruiti. Questo apparente mistero può avere diverse e complesse ragioni, anche se in più di un caso esso si spiega con il semplice fatto, che gli indiani incontrati dai bianchi nelle terre dei mounds, avevano occupato quelle terre in epoca successiva alla edificazione dei tumuli, dopo che i costruttori avevano abbandonato la regione.
Questo è certo vero nell’area che rappresentò il cuore della cultura del Mississipi, la regione del Medio Mississipi, espressione che oltre che definire un area geografica, è riferita anche al modello più classico della cultura del Mississipi. In quest’area, che comprende il medio corso del Mississipi, e si estende ad est fino al basso corso dei fiumi Ohio, Wabash, Cumberland e Tennessee, si svilupparono alcuni tra i più importanti principati teocratici di cultura Mississipi, a partire da quello di Cahokia, che all’apice del suo sviluppo, fu punto di riferimento per una popolazione di oltre 15.000 individui. Cahokia era nelle vicinanze dell’attuale città di Saint Louis, vicino alla confluenza tra Mississipi e Missouri, una zona in cui i mound sono stati contati a decine, di ogni grandezza e forma, tra cui alcuni adibiti a uso funerario, e su cui spicca fra tutti il gigantesco Monk‘s Mound di Cahokia, così denominato perchè divenne sede di un convento di monaci trappisti. A nord di Cahokia, al limite settentrionale della cultura del Medio Mississipi, un importante centro era quello Azatlan, probabilmente una colonia avanzata delle genti che provenivano da Cahokia, e che si insediarono tra genti di cultura Oneota, un modello culturale influenzato dai popoli del Mississipi, ma con significative differenze. Altri importanti centri del Medio Mississipi erano nella zona di confluenza tra i fiumi Ohio e Wabash, sul basso corso dei fiumi Cumberland e Tennessee, e alla confluenza tra Ohio e Mississipi.
I Cahokia
Tutta questa regione era stata una delle aree più significative della cultura Hopewell e, dopo i secoli di stagnazione, fu qui che la cultura Mississipi evolvette nei suoi elementi caratteristici, in particolare per ciò che riguarda i nuovi assetti sociali. Fu in quest’area che in un contesto di crisi agricola e alimentare, l’innovazione della coltura del mais rappresentò la differenza tra la sopravvivenza e la fine di una comunità; fu in quest’area che probabilmente la tecnologia dell’arco e della freccia giunse da nord, prima che in altre zone delle Foreste Orientali, inserendosi nel contesto di crisi economica e sociale successivo alla fine della cultura Hopewell, determinando la crescita delle tensioni tra singole comunità. E’ questo probabilmente il quadro che vide l’emergere di nuove strutture di potere. Fu sempre in questa regione che la crisi del modello Mississipi si produsse prima che in altre aree, lasciando dietro di se solo un alone di mistero.
Tutti gli insediamenti del Medio Mississipi, a parte forse quelli sui fiumi Cumberland e Tennessee, furono edificati e abitati da genti di ligua Siouan del gruppo Degiha, antenati degli Osage, dei Quapaw e degli Omaha, che abbandonarono questa regione all’inizio del ‘600, per spostarsi nelle pianure dell’ovest. La presenza di queste tribù nell’area è ormai indiscutibilmente accertata, mentre più difficile è accertare come sia possibile, che nella loro tradizione sia scomparso ogni riferimento ai loro antenati edificatori di tumuli. Oltre a questi Siouan, è probabile che anche gli antenati degli Yuchi storici, che vivevano nel Tennessee, abbiano partecipato dello stesso modello culturale, edificando gli insediamenti lungo il fiume Cumberland.
Scendendo il corso del Mississipi, a valle della confluenza dell’Arkansas, la caratterizzazione locale del modello Mississipi, viene chiamata Planquemine, e si innesta sulle culture locali sviluppatesi successivamente alla crisi del modello Hopewell-Marksville (Baytown, Troyville, Plum Bayou), quasi certamente per gli influssi provenienti dal nord. In quest’area, come in generale nella parte meridionale delle Foreste Orientali, dopo il V secolo e la crisi del modello Hopewell, si produssero culture locali che dopo la’esaurirsi del sistema di relazioni Hopewell, riuscirono comunque a fiorire con successo, e poi a trasformarsi acquisendo le influenze Mississipi provenienti da nord. Il principale insediamento Planquemine fu probabilmente quello di Emerald Mound, il cui tumulo è per grandezza, secondo solo a quello di Cahokia. E’ questa la regione in cui il modello Mississipi è sopravvissuto più a lungo, e le genti di lingua Tunican e Natchez, che prima gli Spagnoli, poi i Francesi incontrarono nella regione nel ‘500 e nel ‘600, a quell’epoca vivevano ancora secondo gli usi dei loro antenati costruttori di tumuli. Rispetto ai tempi storici è probabile che la collocazione dei popoli di lingua Tunican fosse più settentrionale, comprendendo anche l’area lungo il corso del Mississipi a nord della confluenza con l’Arkansas, e che essi si siano spostati a sud all’inizio del ‘600 per le pressioni dei Siouan Degiha. Più difficile è collocare all’interno del complesso Planquemine le popolazioni di lingua Muskogean antenate dei Choctaw, dei Chickasaw, e di altri Muskogean occidentali; tra i Choctaw e i Chickasaw è presente una tradizione che fa riferimento ad una migrazione da terre a ovest del Mississipi, ma quando intorno al 1540 De Soto li incontrò, e si scontro con i Chickasaw, essi erano già nelle loro sedi storiche, nel nord dello stato del Mississipi. In ogni caso è certo che anche i Muskogean occidentali furono partecipi della cultura Planquemine, anche se non ne rappresentarono il cuore.
Anche a ovest del basso corso del Mississipi, ai confini degli attuali stati di Arkansas, Oklahoma, Texas e Louisiana, la cultura del Mississipi sopravvisse fino ai tempi storici, declinando solo in coincidenza con la quasi estinzione delle genti di lingua Caddoan che vivevano nella regione. Rispetto al modello insediativo della cultura del Mississipi, i villaggi della variante Caddoan mancano abitualmente delle palizzate difensive e questo probabilmente perchè la prossimità con le grandi e scarsamente popolate praterie occidentali, rendeva meno pressante la competizione con i popoli vicini. Anche il formarsi delle culture Mississipi-Caddoan fu un fenomeno tendenzialmente lineare, uno sviluppo senza soluzione di continuità rispetto all’ultima fase delle varianti locali della culture Hopewell; è probabile che i Caddoan, data la vicinanza con il Messico, abbiano inserito la coltivazione del mais nella loro economia prima di altri, già nel corso dell’ultima fase della cultura Hopewell, e che il passaggio da Hopewell a Mississipi sia avvenuto senza fasi intermedie di crisi e stagnazione. Le più recenti ricerche degli archeologi hanno riscontrato significative differenze tra i siti settentrionali, lungo il basso corso dell’Arkansas, abbandonati a partire dall’inizio del ‘600, e la regione del Red River più a sud, dove il modello si mantenne fino ai primi del ‘700; è certo che le confederazioni dei Kaddohadache, degli Hasinay e dei Natchitoche, furono gli eredi dei popoli Mississipi della valle del Red River, mentre è probabile che i Kichay e forse i Pawnee e i Wichita, anch’essi di lingua Caddoan, abbiano edificato i siti più settentrionali, per poi abbandonare la regione all’inizio del ‘600, e spostarsi a sud e a ovest, per divenire meno dipendenti dall’agricoltura e più dalla caccia al bisonte; tale trasformazione fu quasi certamente conseguenza delle pressioni dei Siouan Degiha provenienti da nord. Il più importante dei siti Caddoan-Mississipi fu quello di Spiro, nella valle dell’Arkansas, sul margine orientale dello stato di Oklahoma.
Lungo la fascia costiera a est della foce del Mississipi, fino alla Florida settentrionale, la crisi della cultura Hopewell ebbe conseguenze meno gravi che nelle regioni interne, probabilmente anche grazie alle risorse del mare, che potevano integrare le minori risorse alimentari, garantite dall’attività agricola prima della diffusione del mais. Qui si sviluppò la cultura di transizione di Weeden Island, che rappresentò il ponte tra la fase Hopewell e il pieno affermarsi del modello Mississipi. A partire dal X secolo i caratteri tipici della cultura Mississipi fecero la loro comparsa nella regione, articolandosi in due varianti locali, quella di Ft.Walton a ovest, di cui furono artefici genti di lingua Muskogean, e quella di Safety Harbor sulle coste occidentali della Florida, che interessò popoli di lingua Timucuan. Entrambe queste culture erano vive e fiorenti al tempo dei primi contatti con gli Spagnoli, alla metà del ‘500, ma decaddero nel giro di pochi decenni successivamente al contatto.
A nord di quest’area, sui monti Appalachi meridionali e nella vasta regione circostante, il declino della cultura Hopewell fu più sensibile e l’emergere della cultura Mississipi, che qui prende il nome di Southern Appalachian Mississipi, ebbe caratteristiche simili a quelle della regione del Medio Mississipi. Anche in quest’area nacquero grandi centri cerimoniali che esercitavano il loro dominio su molte piccole comunità circostanti, la presenza di palizzate e fortificazioni ci indica tendenze espansionistiche e aggressive. E’ probabile che in quest’area le influenze del Medio Mississipi siano state particolarmente forti, e che il nuovo modello culturale si sia affermato, non attraverso l’acquisizione di nuovi elementi da parte di culture locali, ma per l’arrivo di popolazioni più aggressive e innovative, portatrici di un diverso modello culturale; la preminenza ancora in tempi storici dei Creek Superiori (Muskogee) rispetto ad altri gruppi affini, e una tradizione che rimanda ad una loro provenienza occidentale, potrebbe essere coerente con l’ipotesi di una penetrazione da occidente del modello Mississipi.
Il più antico e forse più importante centro della variante Mississipi di quest’area, Etowah in Georgia, sulle pendici meridionali degli Appalachi, era certamente abitato dagli antenati dei Creek Superiori; altri centri importanti, ma successivi di oltre un secolo a Etowah, sono quelli di Moundville in Alabama, rivale e ostile di Etowah, e Ocmulgee in Georgia, sul fiume omonimo; ancora più tardo il sito di Lamar, in Georgia e risalente alla metà del XIV secolo. I Creek, Superiori e Inferiori, furono certamente i protagonisti della cultura Mississipi nella regione, ma certamente anche altri gruppi furono coinvolti e influenzati, seppur forse solo come vassalli; siti della cultura Mississipi sono stati scoperti fino in North Carolina, dove erano stanziati gruppi di lingua Siouan, mentre i Cherokee, che in tempi storici occuperanno il sito di Etowah, dovevano all’epoca essere solo un gruppo minore, stanziato nelle valli montane e forse vassallo di qualche principato Mississipi.
Degli usi di questi popoli Mississipi abbiamo diverse testimonianze dagli Spagnoli che visitarono la regione intorno alla metà del ‘500, trovandola densamente popolata, governata da capi potenti e costantemente in lotta fra di loro. Tra queste prime testimonianze, e quelle successive dei primi mercanti Inglesi oltre un secolo dopo, si consumò la crisi e la quasi totale scomparsa della cultura Mississipi in quest’area; comunque ancora in tempi storici, tra i Creek e altre tribù della regione, permanevano resti del Culto Meridionale e della antica stratificazione sociale, tali da non far dubitare sulla totale coincidenza tra indiani storici e costruttori di Temple Mounds.
Collasso e declino
Le culture del Mississipi raggiunsero il punto di massimo sviluppo all’inizio del XIV secolo, iniziando poi un processo di declino a partire dalle zone più settentrionali; poco più di due secoli dopo, quando dopo la metà del ‘600 i primi Europei entrarono in contatto con gli indiani delle Foreste Orientali, del mondo dei popoli del Mississipi non rimanevano che poche tracce nella parte meridionale del territorio, mentre ogni ricordo era andato perduto nelle zone più a nord: gli indiani storici, anche quelli che hanno continuato a vivere nelle vicinanze dei tumuli edificati dai loro antenati, non ci hanno dato nessuna utile indicazione, sul come e perchè della fine di quella complessa cultura. Il mistero della sostanziale rimozione dalla memoria degli indiani storici, dei costruttori di Temple Mounds, è un fatto che non si spiega semplicemente con i limiti della trasmissione orale, dato che due secoli sembrano un margine di tempo troppo ridotto, per far perdere ogni ricordo di una storia così importante; più probabilmente la spiegazione di tale rimozione, deve essere cercato nelle ragioni e nelle dinamiche che portarono al collasso le società del Mississipi, che certamente produsse un qualche tipo di trauma sociale, tale da indurre una sorta di “tabuizzazione” della memoria, una dinamica psicologico-culturale che è tutt’altro da escludere, anche alla luce di quanto sappiamo della dimensione magica e spirituale degli indiani storici. L’uso di non parlare di fatti o persone, per il timore di evocare forze soprannaturali ostili e temute, non era infrequente tra gli indiani, e l’ipotesi che la rimozione della memoria possa essere dovuta anche a questo meccanismo di tabuizzazione, può forse spiegare tale fenomeno; l’assenza di fonti scritte, l’emigrazione e l’adattamento a nuovi contesti ambientali, il trauma del confronto con i bianchi, possono aver completato l’opera.
Ma quali traumi possono aver indotto un simile meccanismo di radicale rimozione? Cosa dovette accadere perchè in una regione vasta quasi quanto l’Europa intera, un intero sistema di vita cessasse di esistere senza quasi lasciare nulla dietro di se, a parte il mistero delle piramidi di terra?
Perchè un evento possa definirsi traumatico, non è sufficiente che esso sia drammatico, ma che soprattutto realizzi il suo impatto in un tempo limitato; la traumaticità di un evento sta proprio nella impossibilità di reagire ad esso con strategie di adattamento, strategie che in linea di massima, è sempre possibile produrre in un determinato lasso di tempo. Quindi in primo luogo, nell’esaminare il fenomeno vanno verificati i tempi entro i quali si verificò; sulla base dei riscontri archeologici è stato appurato che nel complesso, la fine delle culture Mississipi si realizzò in tutte le Foreste Orientali, nel corso di meno di tre secoli, dall’abbandono del grande centro cerimoniale di Cahokia, all’inizio del ‘400, alla distruzione dei Natchez da parte dei Francesi all’inizio del ‘700.
Riferiti ad un singolo evento, tre secoli non sono un tempo breve, non tanto breve da legittimare l’uso di parole come “trauma “ e “collasso”; pure guardando con più attenzione al fenomeno, ciò che risulta evidente è che in effetti non di un fenomeno si tratta, ma di più fenomeni, autonomi l’uno dall’altro, seppur in una medesima sequenza temporale. In alcuni casi tali fenomeni portarono ad un vero e proprio collasso, in altri invece determinarono un declino, che ebbe poi il suo esito definitivo, solo in conseguenza del contatto con i bianchi.
Il primo di questi fenomeni è certamente il cambiamento climatico definito “Little Ace Age” (Piccola Età del Ghiaccio), che si verificò in modo relativamente improvviso nell’emisfero settentrionale a partire dall’inizio del ‘300 e si protrasse fino alla metà dell’800; sappiamo che in conseguenza di questo evento i Vichinghi abbandonarono i loro insediamenti in Groellandia, e che in tutta Europa il disastro dei raccolti portò alla “grande carestia” tra il 1315 e il 1322 e ad altri eventi disastrosi nel corso del secolo.
La piccola era glaciale
E’ altamente probabile che analoghi eventi si produssero anche in Nord America, almeno nella parte settentrionale del continente, coinvolgendo anche l’area del Medio Mississipi, dove Cahokia e altri centri cominciano a declinare proprio in quel periodo. Una società fortemente dipendente da una monocultura, all’apice di una significativa crescita demografica, e di un conseguente processo di deforestazione e sfruttamento intensivo del suolo, può essere estremamente vulnerabile all’abbassamento della temperatura anche di pochi gradi. Questa dinamica, che quasi certamente si produsse nell’area del Medio Mississipi, può spiegare il declino, ma è ancora insufficiente a spiegare il collasso, inteso come interruzione repentina di esperienze di vita sociale complesse durate secoli, e concluse nel volgere di pochi anni: Aztalan, il più settentrionale dei centri del Medio Mississipi è abbandonato già all’inizio del ‘300, poi è la volta di tutti i principali centri politici e cerimoniali, Dickson Mound a nord di Cahokia alla metà dello stesso secolo, il sito di Emmons, sempre nell’Illinois, prima della fine del ‘300, Cahokia all’inizio del ‘400, Kinkaid Mound a sud di Cahokia nello stesso periodo, Angel Mound nell’Indiana intorno al 1450, diversi siti del Tennessee tra il 1450 e il 1480. La sequenza temporale sembra viaggiare in direzione nord-sud, e questo potrebbe confermare il rapporto di causa effetto tra cambiamenti climatici e abbandono dei principali centri cerimoniali, a partire dalle zone più settentrionali. Un ulteriore elemento che andrebbe indagato, ma per il quale è difficile trovare riscontri oggettivi, riguarda l’impatto che la crisi agricola e alimentare conseguente ai cambiamenti climatici, può avere avuto sulla struttura sociale delle culture del Medio Mississipi; se il sistema di potere e la gerarchia sociale in tali società si era costituita a partire dal formarsi di un’oligarchia teocratica, garante del rapporto con il mondo sovrannaturale per il buon esito del lavoro agricolo e dei raccolti, un lungo periodo di risultati insufficienti, non può non aver avuto conseguenze proprio sull’autorevolezza di quel sistema di potere e di gerarchie.
Accentramento del potere, privilegi e separatezza delle elites, che la massa della popolazione poteva accettare nel quadro di una sacralità delle funzioni svolte da quelle elites, divengono inaccettabili, quando tale sacralità è messa in discussione dall’assenza di risultati; da qui il possibile prodursi di tensioni, la rottura dei rapporti sociali, il disgregarsi delle comunità. L’esplodere di tensioni sociali in un contesto di crisi economica e alimentare, è sempre traumatico, ma lo diviene ancora di più in una società in cui potere politico e religioso coincidono, perchè in tali contesti ad andare in crisi non sono solo le istituzioni politiche, ma anche l’approccio spirituale di una intera comunità.
Le conseguenze di questa situazione di crisi furono diverse nelle tre diverse aree focali della cultura del Medio Mississipi: l’area meridionale tra il basso corso del Tennesse e del Cumberland, quella centrale tra il basso corso dell’Ohio e del Wabash, e quella settentrionale, il corso del Mississipi a nord della confluenza con il Missouri. Nella zona meridionale del Medio Mississipi, l’area del basso corso del Cumberland e del Tennessee, la crisi del XV secolo, vide l’abbandono di molti siti, ma anche il contestuale nascere di altri centri in una sostanziale continuità culturale; più che di collasso in questa area si deve parlare di declino, un declino forse legato, più che a cause endogene, alla crisi generale delle regioni più a nord, e al conseguente venir meno di relazioni e influenze, scambi commerciali e culturali; in quest’area ancora alla fine del ‘500, gli Yuchi storici vivevano secondo uno stile non troppo diverso dai tempi in cui la cultura Mississipi era al suo apice. Più a nord, lungo i fiumi Wabash e Ohio, dopo l’abbandono dei grandi centri di Angel Mound e Kincaid alla metà del ‘400, le popolazioni dell’area costruirono nuovi insediamenti, che pur nella continuità per ciò che riguarda tecniche e attività di sussistenza, si differenziavano per l’assenza dell’elemento simbolo della cultura dei popoli del Mississipi, i grandi tumuli di terra, simbolo del potere delle oligarchie e centro della vita cerimoniale e amministrativa, e questo a riprova delle trasformazioni avvenute nella struttura sociale; in quest’area certamente la crisi agricola e alimentare, ebbe come conseguenza la dissoluzione delle strutture di potere e del loro impianto ideologico e spirituale, di cui non è rimasta traccia nello stile di vita dei Siouan Degiha (Osage, Quapaw ecc…), che furono i discendenti degli abitanti di Angel Mound. Questi Siouan continuarono a vivere nella stessa area seguendo un tardo e declinante adattamento della cultura del Medio Mississipi, denominato “fase Caborn-Welborn“, che si protrasse fino almeno al 1650 circa, come testimoniato dalla presenza di reperti di provenienza europea in alcuni degli insediamenti più recenti. A quell’epoca in quest’area il fiume Ohio era chiamato dalle tribù del nord “fiume degli Akansa”, un nome dei Quapaw, a dimostrazione del fatto che i Siouan ancora abitavano la regione. Quando alla metà del XVII secolo iniziarono le “Guerre del Castoro”, per il controllo dei territori di caccia agli animali da pelliccia, i guerrieri della potente Lega Iroquois, in possesso di armi da fuoco, costrinsero i Degiha ad abbandonare la regione e a spostarsi a sud e a ovest. Gli Osage, i Quapaw, gli Omaha ecc…, in tempi storici avevano perso ogni rapporto con la loro storia passata, e soprattutto nulla o quasi era rimasto dell’impianto oligarchico e teocratico.
Più drammatica e anche più difficile da ricostruire la vicenda che coinvolse la parte settentrionale dell’area del Medio Mississipi, la regione a nord della confluenza con il Missouri, che ebbe il suo epicentro a Cahokia; qui certo la combinazione tra cambiamenti climatici, pressione demografica e sfruttamento del territorio e deforestazione ebbe l’impatto più grave, e lasciò dietro di se il vuoto; probabilmente le ridotte e disperse popolazioni abbandonarono la regione, lasciando l’area semideserta, almeno fino alla successiva penetrazione di genti Algonchine da nord, oltre un secolo dopo. Probabilmente solo in quest’area è possibile parlare di un vero e proprio collasso, una fine traumatica e per certi versi misteriosa che lascia molte domande senza risposta. Rimane quindi il mistero su chi fossero gli antichi fondatori del principale centro cerimoniale di tutto il Nord America, e su quale sia stato il loro destino. Tutta l’alta valle del fiume Mississipi fu certamente abitata in epoca precolombiana da genti di lingua Siouan, ma allo stato delle attuali conoscenze non è possibile individuare un preciso collegamento tra i fondatori di Cahokia, e una o più tribù storiche: difficile pensare ai Degiha (Osage, Quapaw ecc…) di cui è certo lo stanziamento sul basso corso dell’Ohio nei secoli precedenti al contatto, e lo stesso si può dire per i Chiwere (Winnebago, Iowa ecc…), che erano stanziati a ovest del lago Michigan con uno specifico modello culturale (Oneota); quasi certamente sono da escludere i Mandan, che già nel X secolo costruivano i loro villaggi a ovest, lungo il Missouri, tra Iowa e South Dakota. Suggestiva potrebbe essere l’ipotesi che gli edificatori di Cahokia possano essere stati gli antenati dei Dakota, ma è impossibile trovare sufficienti elementi in favore di tale ipotesi; all’inizio del ‘600 i Dakota vivevano alle sorgenti del Mississipi, e benchè alcuni autori credano ad una loro provenienza meridionale, quindi da una zona che potrebbe essere quella di Cahokia, tale affermazione manca di riscontri; i Dakota poi praticavano solo marginalmente l’agricoltura, a differenza dei popoli di cultura Mississipi. D’altra parte c’è da dire che i Dakota erano organizzati in una confederazione politico-religiosa, che raccoglieva sette gruppi tribali (i 7 Fuochi), una forma di organizzazione piuttosto insolita tra popolazioni la cui economia è legata al nomadismo, alla caccia, alla pesca e alla raccolta, e che forse potrebbe essere il retaggio di una più complessa ed elaborata cultura del passato; gli Algomchini Ojibway, che conducevano uno stile di vita non troppo diverso dai Dakota delle sorgenti del Mississipi, erano organizzati solo in bande a carattere famigliare, e con la loro organizzazione sociale meno coesa, all’inizio del ‘600 subivano l’aggressività espansionistica dei Dakota. E’ comunque inspiegabile che, in conseguenza di un irrigidimento climatico si possa produrre un movimento migratoria da sud verso nord, e ciò rende l’ipotesi Dakota improbabile. Se la gente di Cahokia non apparteneva a nessuno dei gruppi Siouan storici, allora l’unica ipotesi e che essi si siano dispersi e quindi mescolati a popoli vicini di simile lingua e cultura, perdendo poi una loro specifica identità. Ciò spiegherebbe la fine di ogni memoria di Cahokia tra gli indiani storici.
Più a sud, lungo il basso corso del Mississipi e nelle zone sud-orientali degli attuali Stati Uniti i cambiamenti climatici della “Little Ace Age”, dovettero avere un impatto minimo o addirittura nullo, e in effetti non risulta che in questa vasta zona i popoli del Mississipi vivessero una crisi, quando intorno alla metà del ‘500 furono visitati dai primi esploratori Spagnoli. I resoconti degli Spagnoli guidati da Hernando de Soto, che, tra il 1539 e il 1543, viaggiarono attraverso tutto il sud-est, dalla Florida agli Appalache meridionali e fino al Mississipi e alle pianure orientali del Texas, testimoniano di una popolazione numerosa, di una società stratificata, di capi autorevoli che esercitavano la loro autorità su numerosi villaggi ed estesi territori, in un quadro che è quello stesso ricostruito dagli archeologi per i secoli precedenti al contatto. Questo stesso quadro è confermato dai resoconti di altre spedizione spagnole, quella di De Luna del 1559, e quella di Juan Pardo, che tra il 1566 e il 1568, tentò di insediarsi e controllare il territorio delle due Caroline e del Tennessee orientale. Così è evidente che mentre al nord già da un secolo e più, le società Mississipi facevano i conti con una fase di crisi, più o meno grave, nelle regioni meridionali di tale crisi non v’era traccia; dopo la spedizione di Pardo per circa un secolo non si ebbero significativi contatti tra Europei e popoli delle regioni interne, ma quando dopo il 1670 i primi mercanti inglesi e francesi cercarono di aprire contatti con gli indiani della regione, trovarono un quadro totalmente mutato. In tutta l’area la popolazione era considerevolmente minore che non ai tempi di De Soto, non c’erano più i grandi centri di potere in grado di esercitare il controllo su molti villaggi, il livello massimo di integrazione era costituito da labili confederazioni tenute insieme da lingua, usi e credenze comuni; tranne che fra i Natchez, erano scomparse le figure di capi in grado di esercitare il potere in forme autocratiche, mentre dell’antica stratificazione sociale, rimanevano solo residui quasi impercettibili. Quanto poi ai grandi centri rituali come Etowah, Moundville, ecc…, erano stati tutti abbandonati e alcuni di essi, come Etowah, erano ormai occupati da popoli di recentissimo stanziamento. E tutto ciò doveva essere accaduto in un periodo di meno di un secolo: ecco questo è forse il caso in cui si può effettivamente parlare di “collasso”, ma a differenza che nel caso di Cahokia, qui le principali dinamiche sono note, altre almeno ipotizzabili.
La causa scatenante della veloce crisi delle culture Mississipi del sud-est è certamente addebitabile alla prima, immediata e distruttiva, conseguenza dell’incontro con i bianchi: la diffusione di malattie ignote e per quali il patrimonio immunitario degli indiani era totalmente impreparato. Così, malattie che in Europa erano diffuse da secoli e che producevano danni limitati, potevano distruggere interi villaggi indiani e falcidiare la popolazione di vaste aree; questa dinamica distruttiva viaggiava ovviamente in entrambe le direzione, come dimostra la diffusione della sifilide in Europa in quello stesso periodo, ma è certo che in questo terribile scambio, gli indiani furono fortemente penalizzati. Le testimonianze più tarde, delle conseguenze fra gli indiani della diffusione anche di semplici sindromi influenzali, possono solo vagamente illuminare su quello che deve essere stato il primo impatto di tali malattie sulle popolazioni indiane; la spedizione di De Soto, con i suoi numerosi componenti e le migliaia di chilometri percorsi, incontrando decine di comunità, può aver avuto da sola, un effetto dalle conseguenze irreversibili. Ma se una crisi agricola può minare l’autorevolezza delle elite sacerdotali deputate alla relazione con il mondo sovrannaturale, la diffusione di malattie ignote e di epidemie produce un analogo fenomeno, con in più l’aggravio delle accuse di pratiche di stregoneria e il loro corollario di odio e sospetto reciproco. Di fronte alla morte inspiegabile e invisibile, la ricerca dell‘untore, la motivazione cercata in una colpa e in una conseguente divina punizione, la tendenza a individuare nel diverso la causa, sono fenomeni noti e ripetuti anche in tempi recenti (la caccia all’untore a Milano durante la peste alla metà del ‘600, l’AIDS come punizione per gli omosessuali); a maggior ragione essi si producono in una società in cui il tema del “sacro” e quello del potere sono fortemente intrecciati. E’ facile immaginare che nel tentativo di spiegare e di affrontare la morte invisibile e inspiegabile portata da malattie ignote, si siano prodotte tensioni sociali, e che tali tensioni possano essere sfociate in un vero e proprio sovvertimento delle strutture di potere; e nel dramma che si aggiunge al dramma, il collasso di un’intera civiltà.
Questa ricostruzione, di per se ragionevole, potrebbe trovare un ulteriore conferma in uno dei pochi miti indiani riferibili a questo oscuro periodo: si tratta di una leggenda dei Cherokee, in cui si narra della sollevazione del popolo stanco dei soprusi e degli abusi, di un clan di stregoni e di maghi maligni; è evidente il riferimento alla crisi di un sistema di potere gerarchico e teocratico, sistema di potere che si affermò tra i Cherokee, nel corso di quella che è definita Pisgah Phase, un adattamento locale del modello Mississipi degli Appalache meridionali. Interessante notare come negli insediamenti della Pisgah Phase, i mounds su cui venivano edificati i templi, sorgevano al di sopra di quelle che nella precedente fase storica, erano state case di terra per le riunioni dei consigli tribali; così gli edifici simbolo della precedente struttura sociale egualitaria, divenivano la base su cui si edificava il potere delle nuove gerarchie. Tra i Cherokee evidentemente l’influenza delle culture Mississipi, provenienti dai loro vicini meridionali Muskogee, non furono in grado di eliminare l’antico impianto egualitario, e certo alla prima occasione di crisi, esso riprese il sopravvento; questo primo rivolgimento sociale interno, fu probabilmente solo l’inizio di un più vasto conflitto che portò alla fine del principale centro Mississipi degli Appalache meridionali, quello di Etowah; in un lasso di tempo indefinito, a cavallo tra XVI e XVII secolo, dalle loro sedi al confine tra North Carolina e Tennessee i Cherokee invasero le terre dei Muskogee, insediandosi nel nord della Georgia, e sostituendo nella regione il loro modello sociale tendenzialmente egualitario, alle vecchie culture teocratiche. I Muskogee dal canto loro, eredi della tradizione di Etowah, con il nome di Creek Superiori continuarono a svolgere un ruolo di prestigio tra i popoli affini (Creek Inferiori), divenendo il centro di una confederazione politico-religioso che avrebbe svolto ancora un importante ruolo fino all’inizio del XIX secolo. E’ in questa importante confederazione indiana che è forse possibile ritrovare l’ultimo retaggio dei principati teocratici delle culture Mississipi del sud degli Appalache.
Più a ovest lungo il basso corso del Mississipi, in quello che è definito Mississipi Planquemine, le vicende furono ancora diverse; alla metà del ‘500 quando De Soto visitò la regione, le culture Mississipi non mostravano segni di crisi e nella parte meridionale dell’area, i Natchez continuarono a perpetuare il loro stile di vita ancora fino all’inizio del ‘700, quando vennero a conflitto con i Francesi che avevano costruito le loro colonie. Sempre in area Planquemine, ma più a nord, oltre la confluenza dell’Arkansas, nel corso del XV secolo si erano prodotto diverse varianti locali del modello Mississipi (Nodena ecc…); qui la crisi si manifestò nel corso del ‘600, quando i Tunican dovettero subire la pressione dei Quapaw provenienti da nord; ma a quel tempo ormai, l’epoca dei sacerdoti e delle piramidi di terra, era conclusa quasi ovunque nelle Foreste Orientali.
Analoga fu la vicenda a ovest del Mississipi, tra i popoli Caddoan, dove gli insediamenti più settentrionali furono abbandonati a partire dall’inizio del ‘600, in coincidenza con lo sposatamento nella regione dei Siouan Degiha, mentre quelli meridionali sopravvissero fino al tempo del contatto con i bianchi, Spagnoli e Francesi, e al conseguente rapido declino demografico, causato dall’impatto delle malattie e dei conflitti.
Cambiamenti climatici, tensioni sociali, conflitti intertribali, epidemie portate dagli Europei e in ultimo le migrazioni e gli sconvolgimenti causati dal primo grande conflitto commerciale alla metà del ‘600, la I Guerra del Castoro, tutti questi eventi si susseguirono e si sommarono l’uno all’altro nel corso di tre secoli, trasformando radicalmente lo scenario delle Foreste Orientali, facendo scomparire i protagonisti di una cultura protrattasi per oltre cinque secoli, e facendo emergere le tribù storiche, i Creek, i Cherokee, gli Osage, gli Iroquois, i protagonisti del nuovo ciclo storico iniziato con l’arrivo dell’uomo bianco. Ma se questa sommaria ricostruzione ha un suo margine di credibilità, ciò che ne consegue è che la storia, dal punto di vista dei nativi, non può essere divisa nettamente, tra una fase precedente l’arrivo dei bianchi, ed una successiva, ma va vista come un unico dramma, in cui il contatto con l’uomo bianco fu un momento centrale, ma non estrapolabile dalle dinamiche già in corso nella vicenda storica dei popoli nativi.
Le culture marginali delle Foreste Orientali
Le culture del Mississipi, che certo rappresentano il punto più alto dello sviluppo culturale nelle Foreste Orientali, non esauriscono comunque lo scenario di tutta questa vasta regione; in particolare la storia delle culture del Mississipi non ci dice nulla sul passato di quei popoli che furono i protagonisti delle vicende successive al contatto: gli Algonquian, gli Iroquaian, gran parte dei Siouan orientali, oltre che di gruppi minori in aree periferiche, come la Florida. Le culture di questi gruppi furono in misura minore o maggiore influenzati dalla cultura del Mississipi, e alcuni di essi sono addirittura considerate solo varianti locali di tale modello; in realtà la maggior parte di queste culture rimase sostanzialmente estraneo al cuore del modello culturale del Mississipi, il sistema basato sulla stratificazione sociale, nel quadro di un impianto teocratico, mantenendo invece un‘organizzazione sociale più legato al modello tradizionale delle Foreste Orientali, egualitario e incentrato sull’appartenenza di ogni individuo non ad una casta, ma ad un clan famigliare. La spiegazione di questo diverso approccio culturale può essere cercata nella distribuzione geografica di queste popolazioni in epoca pre-colombiana, periferiche o lontane dalla valle del Mississipi, il cuore agricolo delle Foreste Orientali, in aree settentrionali in cui la resa agricola non era tale da poter esaurire tutte le necessità alimentari di una comunità, ne da poter produrre eccedenze sufficienti al sostentamento di una casta sacerdotale; simile il ragionamento per le in aree costiere, in cui l’attività agricola era poco praticabile e in ogni caso non necessaria, a fronte delle risorse offerte dal mare. Così non producendosi ne una condizione di totale dipendenza dall’esito dei raccolti, ne significative eccedenze nei raccolti stessi, potrebbe esser venuta meno sia l’esigenza che la possibilità di affidarsi ad una casta sacerdotale, garante del buon esito del lavoro agricolo; ciò avrebbe quindi impedito il prodursi di quella struttura sociale e gerarchia dei poteri che intorno a tale casta si costruiva. Lo stretto rapporto tra dipendenza agricola, in particolare dalla monocoltura del mais, e sviluppo di impianti teocratici, che è la ragione della nascita del modello culturale del Mississipi, è quindi anche la spiegazione del mancato affermarsi di tale modello, in aree geografiche con diverse condizioni ambientali.
Comunque anche fuori dalla valle del Mississipi, laddove il mais si imponeva come principale prodotto agricolo, si produceva un rinnovato sviluppo sociale rispetto al modello Hopewell dei secoli del passato, con la nascita di comunità più numerose e strutturate e di uno stile di vita più ricco ed elaborato; la coltura del mais, che fu la base economica dello sviluppo delle culture del Mississipi, accompagna l’estendersi dell’influenza di queste culture, che diminuisce man mano che ci si allontana dalle zone più adatte alla coltivazione. Così a fronte di società che molti studiosi considerano varianti locali del modello Mississipi, ci sono poi modelli culturali più lontani, il cui rapporto con il mondo dei popoli del Mississipi si esaurisce nello scambio di manufatti e materie prime. Proprio i popoli protagonisti di queste esperienze periferiche e marginali, grazie alla maggior flessibilità e semplicità del loro stile di vita, saranno quelli che meglio sapranno adattarsi al nuovo scenario prodotto dall’arrivo dei bianchi, e a svolgere un ruolo centrale nei secoli successivi.
Gli Oneota
Tra i popoli che sicuramente furono più influenzati ed ebbero maggiori contatti con i popoli del Mississipi, ed in particolare con il grande centro cerimoniale di Cahokia, ci furono certamente quelli definiti con il nome Oneota, termine con cui gli Algonquian storici designavano il fiume Iowa, dove furono per la prima volta iniziate ricerche archeologiche su siti abitati da queste genti. Gli Oneota occupavano una vasta regione che aveva il suo cuore a ovest del lago Michigan, in particolare lungo il corso di alcuni affluenti orientali del Mississipi, ma si estendeva fino alle sorgenti del Mississipi e nelle pianure a ovest del grande fiume, nel Minnesota meridionale e nello Iowa. Il rapporto tra Oneota e genti di Cahokia è difficile da definire, perchè se è vero che le relazioni commerciali furono strette, influenzando l’espressione artistica e forse anche la struttura sociale, è anche evidente che gli Oneota avevano loro specifiche tecniche artigianali, in particolare nella produzione di ceramica, e soprattutto un diverso modello di sussistenza e di organizzazione sociale; a rendere comunque più complessa la materia, c’è il fatto che sicuramente le terre abitate dagli Oneota, furono oggetto di piccole migrazioni e infiltrazioni di popoli Mississipi provenienti da sud, che si insediarono tra gli Oneota, portando con se il loro stile di vita, ma probabilmente acquisendo anche, specie sul piano della sussistenza, pratiche e usi dei popoli fra cui si erano insediati.
Lo stile di vita degli Oneota emerge comunque, dopo la crisi delle varianti locali della cultura Hopewell, in coincidenza con l’acquisizione della coltura del mais e dei fagioli, in un periodo databile intorno al 900 – 1.000 della nostra era, in coincidenza quindi con la nascita delle culture Mississipi più a sud. L’acquisizione del mais, che certamente permise una crescita demografica e lo sviluppo di comunità più grandi, non modificò però totalmente il modello di sussistenza, che rimase ancora legato anche ai cultigeni autoctoni (chenopodium, girasole ecc…), alla raccolta di vegetali selvatici (il riso selvatico soprattutto), e soprattutto alla caccia, praticata non solo come attività integrativa nelle vicinanze dai villaggi, ma anche con migrazioni stagionali verso le pianure dei bisonti, che coinvolgevano spesso l’intera comunità; questo modello di sussistenza flessibile e variegato rimase immutato anche nei secoli successivi al contatto, tra gli indiani che occupavano questa regione.
Le culture del Mississippi, tra cui gli Oneota
Gli Oneota non diedero vita a grandi centri cerimoniali, ma vivevano in insediamenti di alcune centinaia di abitanti, insediamenti la cui permanenza in una medesima località durava pochi decenni, fino ad un massimo di cinquant’anni. Infatti a differenza dei grandi centri cerimoniali del Mississipi, da cui promanava un’autorità politica in grado di raccogliere in forma di tributo la produzione agricola delle comunità dipendenti, e quindi di sopravvivere al di là delle disponibilità prodotte in loco, i villaggi Oneota erano ricollocati quando il terreno esauriva le sue potenzialità agricole. Le abitazioni non erano molto diverse da quelle usate dagli indiani storici, fatte con rami e corteccia, spesso di dimensioni sufficienti ad ospitare più gruppi famigliari; palizzate difensive iniziarono ad essere edificate in particolare a partire dal XIII secolo, quando certamente le condizioni vita iniziarono a peggiorare e questo probabilmente causò un aumento della conflittualità. La produzione artigianale degli Oneota, vasellame di terracotta, utensili vari in pietra, per quanto significativa e caratteristica, non raggiungeva le eccellenze artistiche dei loro vicini meridionali, rimanendo più legata al suo valore d’uso quotidiano, piuttosto che assumere valore come prodotto di scambio e simbolo di status; in ciò ovviamente potremo trovare una conferma dell’assenza di una classe privilegiata, in grado di alimentare la domanda di prodotti di lusso e di prestigio. Peculiare e caratteristica, fu invece la produzione di pipe di un minerale, detto catlinite, reperibile proprio in territorio Oneota, nel sito di Pipestone Quarry, nel sud del Minnesota; le pipe di catlinite erano apprezzate e ricercate in un vasto territorio, tra la zone delle foreste e quella delle pianure, e data la funzione cerimoniale di tali oggetti, anche il luogo in cui era estratto il minerale con cui erano costruite, fu sempre considerato un luogo sacro.
La mancanza di una casta sacerdotale e aristocratica, è certo il carattere che più differenzia gli Oneota dai popoli del Mississipi; sicuramente il prodursi di comunità più numerose e la loro probabile organizzazione in confederazioni locali, deve aver prodotto una qualche leadership più strutturata ed autorevole di quella tipica del modello Hopewell, quando anziani e capi famiglia guidavano gruppi di poche decine di individui, ma questa evoluzione nell’organizzazione sociale si produsse nel solco della organizzazione dei clan, con una loro probabile specializzazione nelle funzioni e nei ruoli, con regole più complesse nella relazione fra i diversi clan, e forse anche con l’emergere di clan più autorevoli, ma senza giungere al formarsi di vere e proprie caste.
Testimonianza del ruolo e della funzione dei clan, può essere trovata in quella che fu la manifestazione più caratteristica della cultura Oneota, gli “effigy mounds”: ancora una volta si tratta di tumuli di terra, ma questa volta la loro funzione non è, ne quella di sepolture, ne quella di ospitare templi e abitazioni di sacerdoti; come dice il loro nome, gli effigy mouns, sono tumuli di terra edificati in forma di animali, ritrovati in gran numero in tutta la regione. Non è chiara quale fosse la funzione di questi mounds, ma è probabile che essi rappresentassero da un lato un omaggio agli animali mitici da cui i singoli clan ritenevano di discendere, dall’altro luoghi di incontro cerimoniale per gli stessi appartenenti al clan, oltre che simboli dell’autorevolezza e del prestigio del clan stesso. Oltre agli effigy mounds in tutta l’area sono stati trovati piccoli mounds funerari e sepolture comuni, a testimonianza del permanere di usi funerari della precedente fase Hopewell. Poco sappiamo delle credenze e della dimensione spirituale degli Oneota, mancano espliciti riferimenti al culto solare che invece caratterizza i popoli del Mississipi, ed è probabile che l’approccio individuale al mondo spirituale, con la sola mediazione delle figure shamaniche, fosse prevalente.
Per molto tempo si è creduto che la cultura Oneota fosse dovuta alla migrazione verso nord di popoli di cultura Mississipi, che adattarono il loro modello a diverse condizioni ambientali, ma è ormai prevalente l’orientamento che vede la cultura Oneota emergere da preesistenti culture locali Hopewell (Havana e Trempeleau); non ci sono invece misteri per quanto riguarda l’individuazione di una corrispondenza tra Oneota e tribù storiche, dato che è certo che gli artefici di questa cultura furono gli antenati dei Siouan Chiwere (Winnebago, Oto, Missouri, Ioway), data la sostanziale continuità tra i più antichi insediamenti Oneota, e gli stanziamenti storici dei Chiwere. Più problematico è comprendere il coinvolgimento o quantomeno le influenze Oneota sugli antenati dei Dakota; tracce archeologiche degli Oneota sono state ritrovate anche nell‘area delle sorgenti del Mississipi, la zona che sappiamo essere stata occupata dai Dakota al tempo del contatto, alla metà del ‘600, ma non è chiaro se i Dakota fossero già presenti in quest’area nei secoli precedenti, o se essi l’abbiano occupata solo a partire da quell’epoca, sostituendosi agli Oneota.
Fu forse la maggiore flessibilità del modello di sussistenza e la minore rigidità della struttura sociale, che permise agli Oneota di non subire il declino che colpì i popoli del Mississipi e le genti di Cahokia in particolare, a partire dall’inizio del ‘300. La cultura Oneota era ancora vitale alla metà del XVII secolo, quando la regione a ovest del lago Michigan fu investita da un traumatico movimento migratorio di genti Algonquaian in fuga dall’aggressività della Lega Iroquois, armata dai mercanti di pelli olandesi e inglesi. In conseguenza di questo traumamatica migrazione, parte degli Oneota si spostò ad ovest, adattandosi ad un diverso stile di vita nelle pianure, e solo i Winnebago rimasero nella regione, fino ai primi decenni dell’800; ad oggi i Winnebago (Ho Chunk), si considerano a tutti gli effetti gli eredi degli Oneota.
Fort Ancient e Monongahela
Contemporanee e sotto molti punti di vista simili alla cultura Oneota, sono due tradizioni sviluppatesi nella media e alta valle del fiume Ohio, quella di Fort Ancient e quella di Monongahela; la prima che ebbe il suo centro nel sud dell’Ohio e nelle zone limitrofe del Kentucky, la seconda lungo il corso del fiume omonimo tra West Virginia e il sud-ovest della Pennsylvania. La cultura di Fort Ancient prende nome dal suo sito più importate, un grande centro cerimoniale lungo il corso del fiume Miami, nella contea di Warren, Ohio, che essendo circondato da un lungo muro di terra, fu all’inizio considerato una antica fortezza; in realtà la struttura non aveva alcuna funzione difensiva ed è anche precedente la nascita del centro cerimoniale, risalendo sicuramente al tempo in cui nella regione si affermava la cultura Hopewell. Come per l’Oneota, anche la tradizione di Fort Ancient fu all’inizio considerata un’espressione locale del modello Mississipi, principalmente per la gran quantità di manufatti in cui erano evidenti le influenze del vicino e importante sito di Angel Mound, ma oggi si ritiene che la cultura di Ft.Ancient si sia sviluppata in modo autonomo, seppur parallelo, alle vicine culture Mississipi. Come i popoli del Mississipi, anche quelli di Fort Ancient e Monongahela dipendevano fortemente dall’agricoltura e in particolare dal mais, anche se sembra accertato che durante i mesi invernali, quando le risorse alimentari si facevano più scarse, almeno una parte della popolazione abbandonava i villaggi, per vivere di caccia in piccole comunità o gruppi famigliari. A parte questo comportamento, probabilmente dovuto a semplici necessità contingenti, le genti di questa cultura erano di abitudini sedentarie, costruivano villaggi in cui vivevano centinaia di individui, spesso circondati da palizzate, con capanne rettangolari di rami, stuoie e corteccia, in cui risiedevano diversi gruppi famigliari, tutte poste intorno ad una piazza centrale che era il luogo per le cerimonie e le pubbliche celebrazioni; invece delle piramidi di terra con in cima i templi, in ogni villaggio era presente una grande capanna comune, in cui si riunivano il consiglio dei capiclan e dei personaggi più autorevoli, a dimostrazione questo, di una struttura sociale che era andata già oltre il semplice livello delle precedenti comunità Hopewell, senza però giungere alla complessità sociale dei popoli del Mississipi. Come gli Oneota, le genti di Fort Ancient e Monongahela non risiedevano nella stessa località per più di pochi decenni, spostandosi altrove quando la resa dei terreni e in generale le risorse della zona erano in via di esaurimento.
Il culto funerario è documentato sia dalla presenza di piccoli mounds funerari, sia da cimiteri e sepolture collettive nelle vicinanze dei villaggi, anche se sembra che l’uso di costruire tumuli sia stato più frequente nei primi secoli, per essere poi progressivamente sostituito dai cimiteri collettivi. Poco sappiamo delle credenze della dimensione spirituale di queste genti, che però quasi certamente era fortemente influenzato dai vicini occidentali e meridionali di cultura Mississipi.
Culture di Fort Ancient e Monongahela
Per quanto riguarda l’elemento più tipico delle antiche culture delle Foreste Orientali, e cioè i mounds, è certo che le genti di Ft. Ancient costruirono “burial mounds”, anche se non ne sono stati trovati di veramente grandi, non è chiaro se edificassero “temple mound”, che se anche fossero stati usati, non raggiungevano le dimensioni di quelle dei vicini popoli del Mississipi, mentre è sicuro che edificarono almeno due grandi “effigy mounds”, sul modello di quelli Oneota, e probabilmente con analoghe funzioni. L‘Alligator Mound, nelle vicinanze di Granville nell’Ohio, fu così chiamato dai primi coloni bianchi, che nella sagoma individuarono l’immagine di un alligatore, animale che però è assente nella regione: più probabilmente la struttura rappresenta un puma, o forse un qualche animale mitico delle credenze locali; notevole è il Serpent Mound, nella contea di Adams, sempre in Ohio, un terrapieno di oltre 400 metri di lunghezza e un metro di altezza, che sembra rappresentare un serpente e che è il più grande effigy mound fino ad oggi scoperto. La presenza di questi grandi effigy mound, seppur in numero così limitato, indica comunque che le genti di Ft.Ancient, come i vicini e affini Monongahela, dovevano aver raggiunto un livello di coesione e complessità nell’organizzazione sociale, tale da portare alla condivisione di credenze e cerimonie tra più comunità, che certo collaborarono nell’edificare i siti cerimoniali.
A differenza degli Oneota, per cui è chiara una corrispondenza con alcune tribù storiche, per i popoli di Ft. Ancient e Monongahela l’identificazione è ancora soggetta a discussione. Il dato certo è che nella seconda metà del ‘600, quando la valle dell’Ohio fu visitata dai primi bianchi, la regione era sostanzialmente disabitata, usata dagli Iroquois come terreno di caccia, dopo che ne avevano preso possesso cacciando gli abitanti originari. Successivamente, a partire dai primi decenni del ‘700, l‘area fu abitata dagli Algonchini Shawnee, che la consideravano come la loro terra ancestrale: sulla base di questi elementi è stata avanzata l’ipotesi che fossero Shawnee gli antichi abitanti di Ft.Ancient; non c’è però alcun elemento nella tradizione Shawnee, a sostegno di questa ipotesi, ne tra gli Shawnee storici sono riscontrabili evidenti segni di continuità con la cultura di Ft.Ancient, e questa malgrado il fatto che tra la fine della cultura di Ft.Ancient (inizio del ‘600) e l’emergere degli Shawnee sulla scena della storia (inizio del ‘700), corra meno di un secolo. Quanto poi allo stanziamento degli Shawnee prima delle Guerre del Castoro della metà del ‘600, mancano dati certi: il termine Shawnee in lingua Algonchina significa meridionali, e gli Shawnee erano certo la più meridionale tra le tribù dei Grandi Laghi, ma non c’è alcuna certezza che essi in origine fossero insediati al confine tra Ohio, Kentucky e West Virginia, laddove si sviluppò la cultura di Ft.Ancient; al contrario gli Shawnee rivendicano la comune origine con i Kikapoo, il cui territorio all’inizio del ‘600 si estendeva più a nord, al confine tra Ohio e Michigan, e certamente il concetto di “meridionali” riferito agli Shawnee, va inteso a partire da questo punto di riferimento, e ci indica una zona che comprende certamente l’Ohio centro-occidentale, ma non sappiamo fin dove si estende a sud.
A rendere il quadro ancora più complesso, c’è poi una mappa francese del 1684, che indica nella zona tra i fiumi Ohio e Muskingum, quasi il cuore della cultura di Ft.Ancient, otto villaggi della tribù Mosepelea, con la notazione che i villaggi erano stati distrutti e gli abitanti avevano abbandonato la regione. E’ noto che Mosepelea è un nome che indica gli Ofo, un gruppo Siouan, che alla fine del ‘600 raggiunse il basso corso del Mississipi, provenendo da nord; più o meno nello stesso periodo un altro gruppo Siouan, i Biloxi, compì una simile migrazione da nord verso sud raggiungendo la costa del Golfo del Messico, presso la città omonima, poco prima della fine del ‘600: i Biloxi potrebbero coincidere con i Capinans o Capitanesses è il nome di una tribù che alla metà del ‘600, gli Olandesi ponevano a ovest del fiume Susquehanna, quindi nel bacino del fiume Monongahela. Complessivamente questi elementi possono far ritenere che gruppi di lingua Siouan, risiedevano nell’alta valle dell’Ohio ancora alla metà del ‘600, e ne furono cacciati dall’aggressività degli Iroquois: da ciò l’ipotesi che le genti di Ft.Ancient e Monongahela possano essere stati Siouan piuttosto che Algonquian. Tra l’altro questa ipotesi sarebbe coerente con l’altra, precedentemente avanzata, circa il ruolo dei Siouan nello sviluppo delle culture Hopewell in Ohio, e quindi con quanto ormai credono la maggioranza degli studiosi, circa l’emergere della cultura di Fort Ancient da un precedente substrato Hopewell. A ciò va poi aggiunto che l’affinità etnica e linguistica tra i Siouan di cultura Mississipi del basso corso dell’Ohio e quelli di cultura Ft.Ancient dell’alto corso, avrebbe sicuramente facilitato i contatti e gli scambi tra i due gruppi, che in effetti furono frequenti, numerosi e ben documentati. Un ultima considerazione riguarda la cultura dei Biloxi e degli Ofo storici, popoli eminentemente agricoli e sedentari, che ben si inserirono nel contesto meridionale, in cui ancora all’inizio del ‘700 era forte l’influenza delle precedenti culture Mississipi. Purtroppo tutte queste considerazioni non producono alcuna certezza e il tema è ancora oggetto di discussione fra gli studiosi.
Le regioni settentrionali: Laurel Complex, Point Peninsula, Princess Point, Owasco, Clemson Island
Mentre le culture Hopewell con il loro modello agricolo semi stanziale si erano affermate in gran parte delle Foreste Orientali, fin verso il secolo V d.C., nelle regioni più settentrionali, intorno ai laghi Erie, Ontario, Huron e a nord del lago superiore, il modello di sussistenza era rimasto legato al tradizionale modello Arcaico, incentrato sulle attività di caccia pesca e raccolta, e su un nomadismo a breve raggio; l’attività agricola era certamente nota e in qualche misura praticata, ma non al punto da determinare un vero e proprio sviluppo economico e sociale. La ceramica fu acquisita autonomamente e dava vita ad una specifica produzione artigianale, dai cui resti è possibile individuare due diverse tradizioni, una definita Laurel Complex, intorno al lago Huron e a nord del lago Superiore, l’altra conosciuta come Point Peninsula Complex, intorno ai lagni Erie e Ontario. Pur marginali queste culture erano comunque inserita nel sistema di scambi e commerci Hopewell, come dimostrato dal diffondersi di pratiche tipiche della cultura Hopewell, in particolare i mounds funerari, La più significative testimonianza di mounds funerari nell’area Point Peninsula è il Serpent Mound di Rice Lake, nell’Ontario orientale, una serie di mounds funerari, che si prolungano a formare una serpentina lunga circa 60 metri, larga 8 e alta quasi due; un altro significativo è quello di Manitoù Mounds, nella regione del Rainy River, al confine tra Ontario e Minnesota, nell’area Laurel Complex. La costruzione di mounds funerari sembra cessare intorno al III secolo d.C., alla vigilia della crisi e della decadenza delle culture Hopewell, che attraverso gli scambi commerciali, avevano agito da stimolo all’innovazioni per i popoli di quest’area.
Così ad esclusione di una limitata area nella parte occidentale dello stato di New York, dove si produsse una specifica variante del modello Hopewell, le zone più a nord rimasero sostanzialmente estranee allo sviluppo agricolo, che fu l’aspetto più importante delle culture delle Foreste Orientali nei primi secoli dell’era cristiana. Questo modello culturale più legato alla tradizione più antica, quasi certamente vide protagonisti gli antenati degli Algonquian, che fin dall’epoca Arcaica avevano occupato le Foreste Orientali, spostandosi poi verso nord, man mano che il ritiro dei ghiacci liberava nuove terre in cui cacciare e pescare.
E’ probabile che i popoli che vivevano in quest’area, non dovettero misurarsi con una crisi simile a quella che colpì le popolazioni Hopewell, dato che l’assenza di una attività agricola significativa, rendeva il loro modello di sussistenza meno sensibile ai mutamenti climatici, e alle loro inevitabili conseguenze sui raccolti. Ciò nonostante proprio nei secoli di decadenza successivi alla crisi Hopewell, anche nella parte orientale di questa regione settentrionale, quella coincidente con il modello Point Peninsula, si registrarono importanti cambiamenti, quasi certamente riconducibili all’arrivo di nuove genti, portatori di uno stile di vita più articolato e complesso, e soprattutto di un modello di sussistenza fortemente legato all’agricoltura, e al mais in particolare.
Fu probabilmente proprio a causa della crisi del modello Hopewell che genti provenienti dalla valle dell’Ohio, si spostarono a est e a nord-est, colonizzando l’area intorno ai laghi Ontario ed Erie e la regione a est degli Appalacheee, la valle del Susquehanna in particolare. E’ dopo il VI secolo d.C. che le pratiche agricole si impongono in un lasso di tempo relativamente breve nella regione a nord dei laghi Erie e Ontario; tra i prodotti coltivati il mais è quello principale, insieme ovviamente a zucche e fagioli, tutti prodotti non autoctoni, introdotti dalla valle dell’Ohio. La presenza di una pratica agricola già avanzata, insieme agli insediamenti stabili, e all’evoluzione della produzione di ceramica, testimoniano l’arrivo di genti con un modello culturale e di sussistenza autonomo e diverso dagli Algonquian di cultura Point Peninsula, che continuarono a mantenere il loro stile di vita arcaico nelle regioni più a nord. Gli archeologi hanno designato questo modello culturale Princess Point, dal nome della località dove vennero effettuati i primi scavi.
Di poco successivo (VIII sec. d.C) è un analogo sviluppo culturale nella valle del fiume Susquehanna, in particolare nella località di Clemson Island; anche qui è testimoniata la presenza di insediamenti stanziali, le pratiche agricole come principale risorsa per la sussistenza, la nascita di comunità più numerose e coese.
Direttamente collegata alla cultura di Clemson Island, è quella di Owasco, nella zona a est del lago Ontario, che fa la sua comparsa a partire dal IX sec. d.C., ed è la più documentata e conosciuta. In generale si ritiene che l’emergere della cultura Owasco sia riconducibile proprio al progressivo spostamento a nord di genti di Clemson Island, che si inserirono tra i popoli di cultura Point Peninsula, imponendosi per il loro modello di sussistenza più efficiente e per la loro maggiore coesione sociale.
Princess Point, Clemson Island, Owasco sono tutte manifestazioni locali della diffusione nell’area delle genti Iroquaian; modello di sussistenza, caratteristiche delle abitazioni, produzione artigianale e usi funerari, legano direttamente queste genti alle tribù Iroquaian storiche. E’ così possibile ipotizzare che gli antichi Iroquaian, dopo aver dato vita alla cultura di Adena ed essere stati protagonisti dello sviluppo di quella Hopewell nell’alta valle dell’Ohio, abbiano abbandonato la regione per cause ignote, ma riconducibili al quadro di decadenza della cultura Hopewell successivo al V secolo, spostandosi a nord e a est, portando con se quanto rimaneva di una tradizione antica, ma ormai esaurita.
Questa ricostruzione, si basa principalmente sul presupposto che le trasformazioni nel modello di sussistenza e in generale dello stile di vita in questa regione, si siano prodotte in un tempo relativamente breve, e che quindi possano difficilmente essere ricondotte ad un processo sviluppatosi in loco, ma siano più probabilmente dovute all’arrivo di popoli da sud, con un loro già strutturato bagaglio di conoscenze agricole ed un modello sociale conseguente.
Tale ipotesi è stata di recente messo in discussione da alcuni studiosi, che sono giunti a negare l’esistenza di un modello culturale Owasco, preferendo la tesi di uno sviluppo interno al modello Point Peninsula. In conseguenza di questa tesi, viene meno la possibilità di una approssimativa datazione della presenza degli Iroquaian nelle regioni storicamente occupate, in cui in teoria potrebbero aver potrebbero aver risieduto per migliaia di anni; d’altra parte questa ipotesi, che assume lo sviluppo delle culture Iroquaian da un comune substrato delle antecedenti culture Point Peninsula, non ci da conto di come tale sviluppo abbia riguardato solo le genti Iroquaian, senza coinvolgere i gruppi di lingua Algonquian, pure riconducibili al medesimo modello Point Peninsula e stanziati nella stessa area. L’ipotesi che in tutta la vasta area interessata dalla cultura Point Peninsula, che dall’est dell’Ontario si estendeva a nord e a est, solo i gruppi Iroquaian abbiano sviluppato la tendenza alla sedentarietà e alla dipendenza dall’agricoltura, mentre i gruppi Algonquian, nelle medesime condizioni ambientali, si siano attardate su un modello Arcaico è certamente poco spiegabile. D’altra parte la coesistenza di reperti della tradizione Point Peninsula e Owasco nei medesimi siti, più che lo sviluppo senza soluzione di continuità dall’uno all’altro modello, può essere spiegata con la pratica dell’adozione di intere comunità, da parte della tribù dominante, pratica ampiamente documentata tra gli Iroquaian storici; tale pratica riguardava in particolare le donne, fatte prigionieri e poi sposate, e non a caso i reperti Point Peninsula ritrovati in siti Owasco riguardano solo le terracotte, abitualmente prodotte dalle donne, e non le punte di freccia, fabbricate dagli uomini. Che i popoli Iroquaian Owasco, abbiano potuto sottomettere e integrare al proprio interno comunita Algonquian è una tesi credibile, alla luce del fatto che ciò accadde anche in tempi storici. La questione è comunque oggetto di dibattito e dalla sua soluzione può dipendere la ricostruzione del complesso mosaico che tenta di narrare le vicende dei nativi americani prima del contatto.
Se è stata messa in discussione l’origine degli Iroquaian, di essi si ha invece una più precisa conoscenza per quanto riguarda i secoli immediatamente precedenti l’arrivo dei bianchi, e anzi proprio a queste genti appartengono le prime figure di personaggi storici, di cui la tradizione orale ci ha trasmesso memoria. Dekanawida, un profeta di origine Huron, ma che svolse la sua attività tra gli Iroquois, e Hiawatha, un capo Onondaga o Mohawk, sono le uniche due figure di indiani, vissuti prima del contatto con i bianchi, di cui ci sono noti il nome, e anche le vicende personali, seppur in forma fortemente mitizzata. Profeta, uomo di medicina e predicatore di pace Dekanawida, capo politico e riformatore Hiawatha, a questi uomini si deve la fondazione della Lega Iroquois, la potente confederazione tribale che avrebbe svolto un ruolo centrale nella storia della colonizzazione americana, per tutto il XVII e XVIII secolo. La loro vicenda va collocata in un periodo non definito, ma comunque compreso tra il XIII e il XV secolo, durante una fase di cruenti conflitti tribali, di grande competizione per le risorse alimentari, che portò anche al diffondersi di pratiche antropofaghe. Il periodo è quello della Piccola Età del Ghiaccio, il calo delle temperature che ebbe certo un ruolo nella crisi dei più settentrionali centri della cultura Mississipi, e che dovette avere conseguenze gravi anche nelle terre abitate dagli Iroquaian, la cui economia era fortemente dipendente dai raccolti agricoli. E’ quindi probabile che a differenza di quanto accade a Cahokia e in altri centri Mississipi, dove la crisi climatica e agricola portò alla crisi politica delle strutture di potere centralizzate, tra gli Iroquaian, invece proprio la crisi agricola fu l’occasione per il prodursi di una maggiore coesione politica, come strumento per far fronte alle difficoltà; e in effetti la Lega Iroquois fu la più importante, ma non l’unica tra le confederazioni Iroquaian: gli Huron, nemici acerrimi degli Iroquois erano una alleanza di almeno quattro tribù, i Susquehanna erano una potente confederazione che raccoglieva decine di villaggi, ed è probabile che ciò valga anche per gli Erie e altri gruppi meno noti. Così mentre le crisi e i cambiamenti climatici del XIII e XIV determinarono la misteriosa scomparsa dei potenti abitanti di Cahokia, grazie all’opera di personaggi illuminati e certo dotati di grande carisma, gli stessi eventi posero sulla ribalta della storia gli Iroquois, la più potente tra le entità politiche prodotta dai nativi americani.
Gli Algonquian
Dalla sommaria panoramica dei popoli e delle culture delle Foreste Orientali in epoca precolombiana, evidente risulta la marginalità di quelle genti che dopo il contatto, furono gli occupanti di gran parte delle Foreste Orientali, divenendo protagoniste dei conflitti con gli Europei invasori: quei popoli di lingua Algonquian, che con una quantità di nomi tribali (Abnaki, Wampanoag, Delaware, Powhatan, Kikapoo, Shawnee, Miami, Illinois ecc…), rappresentano l’immagine più nota dell’indiano delle Foreste Orientali. E in effetti nessun collegamento risulta tra queste tribù storiche, e i ritrovamenti archeologici nelle terre da loro occupate, e di cui questi stessi popoli non hanno alcuna memoria. Così, se alla luce di questo dato è legittimo ipotizzare che le genti Algonquian si siano insediate in questa regione in tempi relativamente recenti, tale ipotesi risulta in evidente contraddizione, con la convinzione della maggioranza dei linguisti, di una remota connessione tra Algonquian e Muskogean delle terre meridionali, entrambi riconducibili alla più antica colonizzazione delle Foreste Orientali, già in epoca Paleoindiana. La questione su cui soffermarsi è quindi se sia possibile avanzare ipotesi sulla storia più antica degli Algonquian, ricostruendo il percorso che li portò dall’essere i primi abitanti delle Foreste Orientali, migliaia di anni prima dell’era cristiana, agli ultimi colonizzatori solo pochi secoli prima del contatto. In questo percorso precario e avventato, gli unici elementi a guidarci sono le variazioni climatiche ed ambientali che attraversarono le Foreste Orientali dopo il ritiro dei ghiacci, e il dato dello stanziamento degli Algonquian in epoca storica: partiamo quindi da questo dato certo.
Algonquian
L’area in cui la cultura degli Algonquian risulta più genuina, originale e libera da influenze esterne è certamente la zona a nord dei Grandi Laghi, comprendente gran parte del Canada orientale; in quest’area vivono ancora oggi le più vaste aggregazioni tribali Algonquian, i Cree, gli Innu (Montagnais e Naskapi), gli Ojibway, gli Algonchini veri e propri, tutti parlanti dialetti molto simili fra loro; a quest’area fa riferimento la tradizione di alcune tribù come gli Abnaki, che stanziati in tempi storici nel Maine, credevano in una loro migrazione da occidente. Sempre in questa vasta regione, gli scarsi ritrovamenti archeologici, mostrano una sostanziale continuità nei modelli di sussistenza, tra popoli precolombiani e tribù storiche. I modelli culturali noti come Point Peninsula, Laurel Complex, Saugeen e Couture Complex, che si svilupparono nella zona dei Grandi Laghi nei primi secoli dell’era cristiana, furono certamente influenzati dalla cultura Hopewell, in particolare per ciò che concerne l’uso di tumuli funerari, ma rimasero vincolati ad un modello di sussistenza basato su caccia, pesca e raccolta, simile a quello degli Algonquian storici; a nord e a ovest dell’attuale provincia dell’Ontario, la cultura Arcaica dei cacciatori Plano, la cui principale risorsa era la selvaggina di media e grossa taglia, si protrasse in sostanziale continuità fino ai tempi storici, coinvolgendo anch’essa genti di lingua Algonquian, dalla regione del lago Winnipeg a ovest, e alla penisola del Labrador a est. Quindi sulla base di questi dati, possiamo affermare che mentre nel cuore delle Foreste Orientali si avvicendavano le diverse culture Adena e Hopewell, le genti di lingua Algonquian vivevano più a nord, con un modello di sussistenza non agricolo, rimasto immutato per millenni nei suoi aspetti essenziali.
Assunta questa certezza, rimane da capire quando essi occuparono le regioni settentrionali, recidendo il loro legame con le genti Mukogean che vivevano a sud, e con le quali avevano una comune e antica origine e un comune stanziamento nelle Foreste Orientali. Per fare ipotesi su quando avvenne questa separazione, e lo spostamento a nord dei Grandi Laghi degli Algonquian, abbiamo un solo dato di riferimento, e cioè l’epoca in cui la regione fu liberata dai ghiacci e resa disponibile alla colonizzazione.
Nella parte orientale del Nord America, la calotta glaciale, che alla sua massima estensione raggiungeva la valle dell’Ohio, iniziò a ritrarsi più tardi che non nella parte occidentale, e ancora intorno al V millennio a.C., la regione a nord dei Grandi Laghi era ricoperta dal ghiaccio; la colonizzazione di quest’area fu possibile quindi solo a partire dagli ultimi millenni prima dell’era cristiana, ed è quindi probabile che gli Algonquian iniziarono ad occuparla, più meno nello stesso lasso di tempo che portò alla colonizzazione delle Foreste Orientali da parte degli antenati dei Siouan e degli Iroquaian, provenienti dalle praterie occidentali.
Questa ipotesi potrebbe così dar conto della comune origine di Algonquian e Muskogean e della loro separazione, linguistica e geografica, avvenuta in epoca remota; nelle terre da poco liberate dai ghiacci, le condizioni climatiche e ambientali che si produssero erano analoghe a quelle esistenti precedentemente nelle zone meridionali, e gli Algonquian avrebbero potuto colonizzare quest’area da sud, inseguendo i contesti ambientali e climatici nei quali perpetuare il loro stile di vita, basato sul nomadismo e sulla caccia e la pesca. La migrazione degli Algonquian verso nord, oltre i Grandi Laghi, può forse anche spiegare la crisi, alla fine della fase Arcaica, della cultura della Pittura Rossa, che scompare da tutta l’area costiera tra il New England e il Labrador, sopravvivendo solo sull’isola di Terranova.
Gli antenati degli Algonquian vissero quindi per un lungo periodo nell’area intorno e a nord dei Grandi Laghi, fino alla Baia di Hudson, differenziandosi in relazione all’ambiente, con i gruppi meridionali che intorno ai Grandi Laghi usavano maggiormente delle risorse vegetali, in particolare il riso selvatico, che abbondava nelle zone palustri /(Laurel Complex), o praticando un po’ di agricoltura (Saugeen, Couture, Pointi Peninsula), mentre le bande che vivevano più a nord, dove nessuna attività agricola era praticabile e le risorse vegetali erano minori, praticavano uba variante dello stile di vita Arcaico dei cacciatori Plano, adattondasi alle diverse condizioni, riducendo la dipendenza dalla selvaggina di grossa taglia (alci, cariboù) e aumentando l’importanza della pesca nei laghi e nei fiumi di cui la regione abbonda.
Da questa vasta regione, che ancora in tempi storici era il cuore del territorio Algonquian, con le grandi tribù degli Ojibway , dei Cree, degli Innu (Naskapi e Montagnais), gli Algonquian si diffusero in una regione molto più vasta, e all’epoca del contatto essi si erano spinti molto più a sud, fin sulle coste della Carolina e oltre il fiume Ohio. Il ritorno, dopo mllenni, degli Algonquian nelle terre del sud, avvenne probabilmente in due distinte fasi, lungo due diverse direttrici, e fu accompagnata da significativi cambiamenti nella cultura e nei modelli di sussistenza.
Quasi certamente nelle regioni occidentali, a sud dei laghi Huron, Michigan e Superiore l’inizio dello spostamento a sud fu successivo alla crisi delle culture Mississipi dopo il XIII e il XIV secolo, e poi ancora più significativo in epoca storica, dopo le Guerre del Castoro. Gli Algonquian di quest’area, che erano vissuti in contatto con gli Hopewell e ne avevano subito l’influenza, avevano già introdotto l’agricoltura nel loro modello di sussistenza, seppur come attività marginale e solo sul limite meridionale delle terre da loro occupate, in particolare nella penisola del Michigan; quando la Piccola Età del Ghiaccio, con i cambiamenti climatici che determinò, rese difficile la pratica agricola in quest’area, essi iniziarono a spostare i loro insediamenti a sud, approfittando della contestuale crisi dei popoli di cultura Mississipi.
Dalla regione del Michigan, gli antenati dei Miami, degli Illinois, degli Shawnee, dei Kikapoo, iniziarono a spingersi verso la valle dell’Ohio e il Mississipi, ma tale processo fu interrotto dall’espansionismo della Lega Iroquois, che durante le Guerre del Castoro obbligarono gli Algonquian a fuggire a ovest del lago Michigan. L’occupazione delle loro sedi storiche nella valle dell’Ohio, giunse a compimento completo solo nel XVIII secolo, dopo le Guerre del Castoro, quando i Siouan avevano abbandonato definitivamente la regione, e la Lega Iroquois che li aveva scacciati, non era più in grado di dominare quel vasto territorio.
L‘agricoltura che nel corso di questo spostamento a sud, aveva acquisito una sempre maggior rilevanza nell’economia di questi Algonquian meridionali, non giunse comunque fino al punto di modificarne la struttura sociale, che mantenne la scarsa coesione politica tipica dei popoli nomadi, ne a modificare la stessa tendenza al nomadismo. La flessibilità e l’adattabilità del modello di sussistenza Algonquian fu pienamente confermato dopo il contatto con i bianchi, quando la caccia, alimentata dalla necessità del commercio con i bianchi, tornò ad essere una delle principali attività economiche. Tra questi Algonquian, gli Illinois, che erano i più meridionali, furono forse i primi a spostarsi a sud, in epoca di poco posteriore alla crisi delle genti di Cahokia, sui cui territori si insediarono; rispetto alle altre tribù Algonquian della regione, erano più legati ad uno stile di vita agricole e sedentario, e forse anche per questo subirono maggiormente l’impatto con le trasformazioni successive al contatto. Altre tribù come i Kikapoo, gli Shawnee, i Sauk e i Fox, reagirono al contatto con strategie flessibili, migrando frequentemente da un territorio all’altro, dividendosi in più gruppi, adattando la loro economia alle risorse di cui potevano disporre in loco, senza peraltro mai rinunciare o perdere la loro identità linguistica e culturale.
Più difficile è ricostruire le dinamiche che portarono all’espansione degli Algonquian, lungo le coste dell’Atlantico, un’area nella quale le testimonianze archeologiche sono piuttosto limitate, e che rimase sostanzialmente periferica rispetto alle culture Hopewell e Mississipi delle Foreste Orientali. Al tempo del contatto, la lunga striscia di territorio compresa tra le pendici orientali degli Allegheni e la costa Atlantica, dal New England alla Carolina, era abitata nelle zone più interne da genti di lingua Siouan (Catawba, Tutelo, Manhaoac ecc…) e Iroquaian (Susquehanna, Tuscarora, Cherokee ecc…), e lungo la costa da Algonquian; per quanto poco ne sappiamo, dato che gran parte dei Siouan erano scomparsi all’inizio del XVIII secolo, gli abitanti delle regioni interne erano fortemente influenzati dai popoli affini di cultura Hopewell o Mississipi, mantenevano fra loro relazioni piuttosto strette, al punto che è anche difficile identificare le singole entità tribali, ed erano in relazioni ostili con gli Algonquian delle zone costiere. Popolazioni eminentemente agricole, provenienti dalle terre a ovest degli Allegheni, questi Iroquaian e Siouan potrebbero non aver approfittato delle zone costiere, i cui terreni erano meno adatti alla coltivazione, lasciando quest’area disponibile alla colonizzazione di tribù Algonquian; questi ultimi, provenienti dalle coste del New England e della Nova Scotia, con un modello tradizionale di sussistenza, basato su caccia pesca e raccolta, erano perfettamente in grado di utilizzare le risorse costiere (pesca, caccia di mammiferi marini, raccolta di molluschi). L’agricoltura, che nel medio periodo ha abitualmente conseguenze sull’organizzazione sociale dei popoli che la praticano, sembra in generale per gli Algonquian della costa Atlantica, un’acquisizione relativamente recente, che pur producendo una tendenziale sedentarietà, non modifica totalmente il modello di sussistenza, ne produce una più elaborata struttura sociale. Un ulteriore elemento di riflessione, riguarda l’assenza tra gli Algonquian della costa Atlantica, di qualsiasi riferimento all’uso di mounds, in particolare di quelli funerari, cosa che può essere spiegata con il loro arrivo nell’area in un epoca successiva alla grande diffusione di questi usanza, quindi dopo il declino della cultura Hopewell nel V secolo d.C.
Il territorio Algonquian in inverno
Anche la linguistica può aiutarci a fare ipotesi sui tempi dello stanziamento degli Algonquian lungo la costa Atlantica. Quella degli Algonquian è una grande famiglia, che può essere divisa in tre gruppi, la cui reciproca differenziazione può darci una idea relativa dei tempi in cui le separazioni avvennero: i Blackfoot e altri gruppi delle pianure hanno una maggiore differenziazione linguistica, rispetto al gruppo principale degli Algonquian del Canada orientale (Cree, Ojibway, Innu ecc…), e questo potrebbe implicare una separazione in tempi più lontani; gli Algonquian della costa Atlantica e quelli del Canada Orientale, parlano lingue e dialetti differenziati, ma complessivamente più simili fra loro di quanto lo siano rispetto alle lingue degli Algonquian delle pianure; estremamente ridotta è invece la differenziazione tra le lingue Algonquian del Canada orientale e quelle della valle dell’Ohio (Shawnee, Kikapoo, Illinois ecc…), la cui separazione effettiva non avvenne prima del XIII-XIV secolo.
Sulla base di questo ragionamento possiamo quindi ipotizzare che gli Algonquian della costa Atlantica, si separarono dal nucleo principale, per migrare a sud nelle regioni costiere, in un periodo precedente al XIV, quando altri Algonquian colonizzavano la valle dell’Ohio, ma successivo al V sec. d.C., e al declino dei costruttori di mounds Hopewell. E’ quindi possibile che gli Algonquian provenienti dall’area a nord dei Grandi Laghi, dopo aver soppiantato le genti della cultura della Pittura Rossa (antenati dei Beothuk), lungo le coste del Labrador e del New England, verso la fine dell’era Arcaica (I millennio a.C.), dotatisi di un modello di sussistenza in grado di utilizzare le risorse marine, abbiano continuato la loro espansione verso sud, fino a raggiungere in un epoca compresa tra il VI e il XIV, le coste della Virginia e della Carolina dove si insinuarono tra genti Siouan di più antico stanziamento. Nel corso di questa colonizzazione l’agricoltura divenne patrimonio di tutti gli Algonquian della costa, anche se le risorse del mare continuarono a svolgere un ruolo importante, soprattutto nelle zone meridionali di più recente occupazione.
Alla luce di queste ipotesi è possibile concludere che gli Algonquian, che in tempi storici occupavano gran parte delle Foreste Orientali, svolsero un ruolo marginale nella storia precolombiana di quest’area, occupandola prima solo nelle aree periferiche, e insendiandovisi definitivamente solo dopo la crisi delle culture Mississipi, grazie soprattutto ad una struttura sociale e ad un modello di sussistenza, più semplice, flessibile e adattabile.
La Florida: St. John, Glades e Belle Glades
Come a nord della valle dell’Ohio, le culture Hopewell e Mississipi esercitarono la loro influenza su popoli che mantennero modelli di sussistenza e cultura sostanzialmente diversa, analogamente accadde a sud, in particolare nella penisola della Florida, il cui contesto ambientale ha caratteristiche specifiche, che produssero specifici adattamento. Un ambiente caratterizzato dalla presenza del mare e di vaste lagune, paludi e terreni sabbiosi poco adatti all’agricoltura, ma che è in grado di fornire un gran numero di risorse alimentari, pesce, molluschi, selvaggina, oltre ad una gran quantità di frutti, quali ne mette a disposizione una vegetazione varia e lussureggiante; una ricchezza tale da permettere il prodursi di un modello di sussistenza sostanzialmente sedentario, e quindi di un’organizzazione sociale più strutturata e complessa anche in società che non praticavano l’agricoltura.
In quest’area con proprie specifiche caratteristiche, vivevano in epoca precolombiana, popolazioni che linguisticamente non sono riconducibili alle genti limitrofe che diedero vita alle culture Hopewell e Mississipi; una lontana relazione tra i Timucuan della Florida settentrionale e i Muskogean, è stata spesso ipotizzata, ma qualora esistesse essa sarebbe certamente molto remota nel tempo; nel sud della Florida, vivevano tribù poco conosciute, che quasi certamente provenivano dall’area Caraibica, forse affini a gruppi che occupavano la regione Caraibica precedentemente all’arrivo dei Taino dalle coste del Sud America, come i Guanajatebey, che al tempo dell’arrivo di Colombo, erano stati costretti dai Taino a ritirarsi nella parte occidentale dell’isola di Cuba, proprio di fronte alle coste della Florida.
Dal punto di vista culturale, le differenze tra i popoli della Florida e quelli stanziati più a nord, riguardano principalmente l’importanza dell’agricoltura nel modello di sussistenza. Nel nord-est della Florida, la cultura di St.John, di cui furono eredi i Timucuan storici, considerava l’attività agricola come elemento integrativo della caccia, della pesca e della raccolta, e l’acquisizione del mais avvenne in un’epoca imprecisata tra l’VIII e l’XI secolo d.C. La cultura di St.John, nell’area del fiune omonimo, si produsse nei primi secoli dell’era cristiana, e fu certamente influenzata dalle coeve culture Hopewell (Swift Creek e Weeden Island) e Mississipi (Ft.Walton), che si svilupparono a nord e a ovest; presso le genti di cultura St.John erano diffusi i mound funerari, così come più tardi anche i mound usati come piattaforme per le abitazioni di capi e sacerdoti; caratteristica di questa e altre culture della Florida, sono i tumuli costituiti dall’accumularsi di una gran quantità di gusci di conchiglie, tumuli che alla lunga potevano costituire la base su cui si elevavano le abitazioni dei capi. Questi popoli sedentari e ricchi di risorse, giunsero a produrre società con una stratificazione ed una gerarchia mutuata probabilmente dalle vicine culture del Mississipi, anche se mancano i grandi centri cerimoniali, espressione di veri e propri potentati teocratici.
Più a sud, nelle zone interne della Florida e in particolare intorno al lago Okeechobee, fece la sua comparsa alla fine dell’era Arcaica, intorno al 1.000 a.C., la cultura di Belle Glades, caratterizzata da una propria produzione di ceramica, ed espressione di popoli il cui modello di sussistenza non prevedeva la coltivazione, ed era integralmente basato su caccia, pesca e raccolta. Simile e di poco successiva è la cultura di Glades, che compare intorno al 500 a.C. nelle zone costiere della Florida meridionale. A differenza di quella di St.John, il cui sviluppo coincide con l’affermarsi della cultura Hopewell, queste due culture sono più antiche, riferibili più o meno alla stessa epoca in cui nella valle dell’Ohio vivevano i popoli di Adena, ma è assolutamente improbabile immaginare alcuna relazione con essi; presso entrambe le culture era presente l’uso di mounds funerari e secondo alcuni studiosi il sito di Ft. Center, uno dei più significativi della cultura Belle Glades, nei primi secoli dell’era cristiana fu il centro di pratiche funerarie che probabilmente prevedevano la scarnificazione e pulizia delle ossa dei defunti. E’ difficile dire se queste usanze, che evidentemente sono simili a quelle sviluppatesi in altre aree delle Foreste Orientali, furono il frutto di contatti e influenze, o se esse si svilupparono autonomamente in loco, anche se l’antichità di queste culture, almeno quanto quella di Adena, rende più credibile la seconda ipotesi. Un elemento aggiuntivo a possibile conferma di uno sviluppo culturale autonomo di quest’area, almeno nei secoli più antichi, è dato dal ritrovamento di polline di mais nel sito di Ft.Center, risalente al 450 a.C., un epoca in cui il mais era assente da tutta la Florida, poco diffuso nel resto del continente, ma già noto in America Centrale e Meridionale, quasi che tale presenza fosse riconducibile a contatti con popoli dell’area dei Caraibi. Il sito di Ft.Center non presenta caratteristiche adatte all’attività agricola, mentre dalla analisi dentale dei crani ritrovati, non sembra che l’alimentazione prevedesse mais o ortaggi in misura significativa, cosa che potrebbe far ritenere la presenza di polline di mais, riconducibile ad attività rituali. In ogni caso a partire dal VII secolo, fino all’epoca di poco precedente il contatto, mentre in tutte le Foreste Orientali il mais si affermava come principale cultigeno, nella Florida meridionale manca ogni riscontro di attività agricola e in particolare di coltivazione del mais, a ulteriore dimostrazione del carattere peculiare di questa enclave culturale. Tumuli funerari, opere di canalizzazione e drenaggio delle terre paludose, piattaforme costruite per elevare le abitazioni al di sopra del livello delle inondazioni, sono tutti elementi che testimoniano di una cultura ricca e sedentaria, incentrata sulla pesca, la caccia e la raccolta di vegetali e molluschi, un modello di sussistenza rimasto invariato fino al tempo del contatto.
Poco sappiamo dell’organizzazione sociale di queste genti, i cui eredi storici furono tribù poco note come i Tequesta, i Mayuca, o i Calusa, ma certamente proprio gli antenati di questi ultimi, a partire dal IX secolo diedero vita ad una variante culturale, definita Caloosahatchee, dal nome del principale fiume della regione, presso cui si manifestarono caratteristiche tipiche dei popoli del Mississipi. Una forte centralizzazione del potere, insieme ad una significativa stratificazione sociale, il formarsi di grandi centri cerimoniali con un gran numero di mound, plazas, canali danno l’idea di uno sviluppo parallelo e certo influenzato da quanto avveniva nello stesso periodo nelle regioni più a nord, ma anche con caratteristiche autonome e non solo sul piano della sussistenza; mancano in particolare reperti archeologici, riconducibili al Culto Meridionale, quel complesso di credenze e cerimonie, genericamente riconducibili ad un culto solare, che costituì l’humus ideologico delle diverse culture del Mississipi. D’altra parte, sulla base delle poche testimonianze dell‘epoca, sembra che l’autorità del capo dei Calusa, che si estendeva su gran parte della Florida meridionale, non fosse ricondicibile ad una funzione sacerdotale e quindi ad un modello di tipo teocratico, ma fosse simile a quella dei Caciques che dominavano le diversi signorie della regione dei Caraibi.
A differenza di quanto accadde in gran parte delle Foreste Orientali, in Florida non c’è soluzione di continuità tra culture precolombiane e tribù storiche, anche se ciò non rende più facile la conoscenza dello storia prima del contatto, dato che tutte le tribù della Florida scomparirono tra la metà del ‘500 e i primi anni del ‘700.
Le culture precolombiane e le relazioni storiche tra nativi ed invasori
Alla fine di questa panoramica generale della condizione delle Foreste Orientali alla vigilia del contatto, può essere interessante cercare di cogliere un nesso, tra tali condizioni e i successivi sviluppi storici; in effetti la zone delle Foreste Orientali fu, insieme al Sud-Ovest, ma ancor più di esso, la regione in cui si decisero le sorti dei nativi americani nel confronto con i bianchi invasori.
In questa vasta regione infatti, per circa due secoli si sperimentarono almeno tre distinti modelli di dominio coloniale, Inglese, Francese e Spagnolo, e diverse modalità di relazione con i popoli nativi, dalla alleanza su base quasi paritetica, alla partnership commerciale, fino alla vera e propria guerra di distruzione. A differenza di quanto accadde nelle regioni occidentali, dove il confronto tra nativi e colonizzatori fu fortemente squilibrato, con i colonizzatori in numero sempre crescente rispetto ad una popolazione di nativi in forte inferiorità numerica, con i primi in possesso di una tecnologia e un apparato produttivo e bellico già di tipo industriale, e i secondi rimasti al neolitico, con da una parte una moderna nazione in grado di perseguire una coerente strategia di dominio e dall’altra un gran numero di tribù spesso in lotta fra loro, nelle Foreste Orientali i rapporti di forza tra nativi ed invasori furono per lungo tempo più equilibrati. Così mentre nel corso dell’800 e in particolare dopo il 1860, con l’uso di armi a ripetizione e a retrocarica, la colonizzazione assunse caratteristiche di massa e procedette come uno schiacciasassi nelle regioni occidentali, il dominio e la sottomissione dei popoli delle Foreste Orientali, fu un processo assai più lungo, che iniziato alla metà del ‘500, si protrasse almeno fino ai primi decenni del XIX secolo, con la cacciata dei Cherokee dalle loro terre e le ultime guerre contro i Seminole della Florida. Le ragioni di ciò sono evidenti: almeno fino alla metà del ‘700 la popolazione europea in Nord America non raggiunse numeri tali da poter effettivamente sovrapporsi e sostituirsi a quella dei nativi; l’apparato produttivo e tecnologico di cui erano dotati gli invasori, non ancora potenziato dalla rivoluzione industriale del XIX secolo, era si in grado di esercitare una egemonia economica sui popoli nativi, ma necessitava anche delle loro conoscenze, per lo sfruttamento delle risorse della regione, in particolare nel commercio delle pelli; il potenziale bellico fu per un lungo periodo relativamente equilibrato, le armi da fuoco del tempo, di cui peraltro i nativi entrarono in possesso attraverso il commercio, erano ad un colpo solo e ad avancarica, spesso imprecise e lente nel caricamento, cosa che le rendeva meno temibili, per abili arcieri in grado di scoccare frecce con precisione e velocità, e con un’ottima conoscenza del terreno di battaglia; da ultimo va ricordato che se i popoli nativi delle Foreste Orientali erano certamente divisi e in guerra fra loro, altrettanto lo erano gli invasori europei, Inglesi, Francesi e Spagnoli, che nei loro conflitti si contendevano l’alleanza delle maggiori nazioni indiane.
Le culture precolombiane
E’ in questo quadro che va collocata la vicenda storica dei nativi delle Foreste Orientali, presso cui furono elaborate le più complesse strategie per resistere all’onda massiccia della colonizzazione bianca; ed è interessante rilevare come proprio dalle diverse condizioni in cui si trovavano le diverse aree delle Foreste Orientali al momento del contatto, presero le mosse diversi approcci al tema della resistenza all’invasione.
Già si è accennato al caso della Lega Iroquois, che costituitasi come entità politica nel XIV o XV secolo, era al momento del contatto con gli invasori, una struttura forte e coesa, in fase di ascesa come potenza regionale, e su questa base aprì una relazione paritaria con Olandesi prima e Inglesi poi, perseguendo per lungo tempo una propria politica di espansione territoriale e commerciale, a scapito delle tribù confinanti; questa strategia ebbe il suo limite, nella non comprensione delle dinamiche tra coloni americani e governo coloniale inglese, per cui quando si giunse al conflitto tra questi, gli Iroquois, schierati con l’Inghilterra, furono i primi indiani a subire il pugno di ferro e la guerra di distruzione dell’esercito americano.
Un meccanismo analogo si produsse a sud, dove al momento del contatto i potentati teocratici delle culture Mississipi erano all’apice dello sviluppo; in quest’area lo shock prodotto dalla diffusione di sconosciute e terribili malattie, se certamente incrinò le strutture di potere di tipo teocratico, non mise in discussione la sostanza di un modello sociale ed economico, che si trasmise alle tribù storiche della regione, i Cherokee, i Creek, i Choctaw, i Chickasaw, i Natchez. A parte il caso dei Natchez, la cui vicenda ha proprie peculiarità, queste tribù seppero reagire al contatto con gli invasori, con una quantità di strategie, dall’alleanza con una delle potenze coloniali in lotta fra loro, ad una dura e prolungata guerriglia, alla fine dell’epoca coloniale, quando il confronto fu con gli Stati Uniti, fino a giungere all’assunzione del modello culturale degli invasori e all’adattamento al loro stile di vita, e addirittura all’uso della battaglia legale e istituzionale per la difesa dei loro diritti, come fecero i Cherokee durante gli anni ‘30 dell’800. Grazie a queste strategie questi popoli riuscirono a mantenere quasi integri i loro territori fino ai primi decenni dell’800, e presso di loro si realizzò un modello di colonizzazione basato sul meticciato, che a parte il caso dei Brulè del Canada, non ha riscontri in nessuna parte del Nord America; così immigrati di origine irlandese o scozzese, furono spesso accolti sulle loro terre, integrati nella tribù attraverso il matrimonio, divenendo i protagonisti di un modello di interazione tra bianchi e indiani, che se esteso in tutto il Nord America, avrebbe potuto cambiare il corso della storia. All’inizio dell’800 questi meticci svolsero un ruolo fondamentale, alcuni divenendo eroi del nazionalismo indiano, altri invece divenendo gli strumenti della politica americana in seno alla tribù. Comunque l’aspetto rilevante è che laddove alla vigilia del contatto, l’organizzazione sociale era più coesa e strutturata, la relazione tra bianchi e indiani assunse forme ben più complesse del semplice rapporto tra “stato di natura” e “mondo civile”.
Diversamente andarono invece le cose nel cuore delle Foreste Orientali, quella valle dell’Ohio che, investita dai cambiamenti climatici della Piccola Età del Ghiaccio, viveva nei secoli immediatamente precedenti al contatto, una fase di crisi e trasformazione. Qui dopo la crisi e la scomparsa delle genti di Cahokia e di altri centri cerimoniali, le genti di cultura Mississipi vivevano in una fase di transizione, mentre nuovi protagonisti, genti Algonquian con un modello culturale più semplice e flessibile, premevano da nord. In questo contesto, lo scatenarsi nei primi decenni del ‘600 dell’aggressività della Lega Iroquois, e l’inizio del lungo periodo delle Guerre del Castoro, fu il colpo finale che definitivamente affossò quanto rimaneva del mondo precolombiano; intere tribù Siouan abbandonarono la regione per spingersi verso le pianure, altre scomparirono nel giro di pochi decenni, la lenta migrazione verso sud degli Algonquian subì una battuta d’arresto e per alcuni decenni gran parte dell’area rimase sostanzialmente spopolata. Quando poi diverse tribù Algonquian iniziarono a risiedervi, tutta l’area divenne una zona di instabilità e conflitti; formalmente sotto il controllo della Lega, di fatto contesa tra Francia e Inghilterra, ma in ultima analisi luogo di rifugio per i profughi dei tanti conflitti coloniali e tribali. Diversamente da quanto accadeva a nord-est, tra gli Iroquois e a sud, tra i Creek e i Cherokee, nessuna espressione politica tribale emerse in questa regione a contrastare o a condizionare le politiche coloniali europee, e le diverse tribù si dissanguarono in conflitti interni o a fianco dell’uno o dell’altra potenza europea. Solo verso la fine dell’epoca coloniale, per un breve periodo un grande capo come l’Ottawa Pontiac, riuscì a riunire tutte le tribù in una labile coalizione, assestando alla potenza coloniale inglese un colpo talmente duro, che il governo di Londra preferì inimicarsi i coloni, bloccando la loro espansione nel territorio indiano, piuttosto che rischiare un altro conflitto. Quando poi i coloni americani si liberarono dell’autorità britannica, la conquista della valle dell’Ohio fu il loro primo obbiettivo. La fase che seguì fu segnata dalla contraddizione tra la durissima resistenza armata degli indiani, che qui sul Wabash River, guidata dal Miami Piccola Tartaruga, inflissero all’esercito americano una delle più umilianti sconfitte della loro sua storia militare, e l’assoluta inconsistenza politica delle leadership tribali, che per corruzione o ignavia cedettero un pezzo dopo l’altro il territorio indiano. Proprio a fronte di questa inconsistenza politica, qui venne alla luce il sogno visionario e moderno, di quello che forse fu il più lucido tra i leader indiani, lo Shawnee Tecumseh, che per primo e forse unico, immaginò uno stato pan-indiano e una politica che andasse oltre l’orizzonte dell’interesse tribale. Il fatto che il suo sogno sia naufragato per gli errori del suo braccio destro, il fratello Tenkskatawa, che iniziò la guerra, quando ancora il disegna politico di Tecumseh non era compiuto, è la conferma di quello che fu un tema ricorrente nella resistenza indiana nella valle dell’Ohio: il valore guerriero come unica risorsa. Così l’assenza già al tempo del contatto, di società coese e strutturate, con leaderhip autorevoli e politiche tribali forti, condizionò i modi e le forme della relazione tra nativi ed invasori nella valle dell’Ohio.
Queste forse arrischiate riflessioni, che si fondano su evidenti e certo discutibili generalizzazioni, hanno almeno una giustificazione: il tentativo di ricostruire la storia dei nativi americani come un continuum, con una sua coerenza storica e non come il semplice prodotto del contatto; e anzi per certi versi, è possibile forse affermare che i modi e le forme in cui il contatto si realizzò, furono in ampia misura determinati dalle condizioni storiche dei nativi americani: perchè la storia non è mai il prodotto dei soli vincitori che la narrano.