La Corsa del Secolo che segnò la fine del west

A cura di Giovanni Vezzoni

La grande corsa dei cowboy del 1893
Gli americani non si sono mai fermati. La Guerra Civile aveva diviso la nazione e liberato gli schiavi. La grande depressione li avrebbe abbattuti ma avrebbe portato anche nuove opportunità. Ogni nuova generazione di coloni ha aggiunto qualcosa a quanto fatto dalla precedente. Fino alla chiusura della frontiera, un evento (nel 1890) che formalmente dichiarava che il west era vinto, conquistato. Ma ancora molto restava vivo dei tempi selvaggi e ancora nel 1893 qualcosa dal sapore antico accadeva…
In quel giugno del 1893 il paese si stava muovendo di nuovo e il Vecchio West stava morendo e il cambiamento forse non era mai sembrato tanto netto.
Nell’estate del 1893, le pianure occidentali erano state quasi del tutto colonizzate e in gran parte anche coltivate e recintate. Dei bisonti selvatici, rimanevano solo poche ossa che a sbiancarsi nell’erba. Le Guerre Indiane erano pressoché concluse e gli indiani trasferiti nelle riserve. Il telegrafo arrivava già ovunque e le linee telefoniche si estendevano sempre più verso ovest. Un nuovo secolo, il secolo americano, era dietro l’angolo, un secolo di grandi invenzioni, grandi speranze e dei grandi cambiamenti che hanno sempre visto l’America reinventare se stessa.


Sulla linea di partenza – clicca per INGRANDIRE

L’America stava cambiando di nuovo e in un ultimo disperato scatto i cowboy speravano di scrivere per sempre nella memoria di tutti come scout, pionieri, coloni, rancher e anche i cowboy avessero domato la frontiera selvaggia.
Arrivarono a cavallo sputati direttamente dal Vecchio West, nove cowboy, montati su focosi cavalli allevati all’ovest, gareggiarono per 2 settimane attraversando le pianure fino al traguardo alla Fiera Mondiale di Chicago.
La gara stessa iniziò come uno scherzo, un trucco per far conoscere la piccola e insignificante Chadron, nel Nebraska, al resto del paese.
Quando l’ente fieristico, incaricato di promuovere il tema “il futuro dell’America”, rifiutò di includere nel programma l’idolo dell’intrattenimento, Buffalo Bill Cody e il suo Wild West Show, i cowboy decisero di competere in una gara con il traguardo presso il circo di Buffalo Bill che egli, in aperta sfida, aveva piantato di fianco alla fiera stessa.
L’idea are di un brillante giornalista del west: John Maher. Uno dei primi a descrivere il massacro di Wounded Knee che mise fine al “problema indiano”. Egli era però anche più famoso per le bufale che inventava e inviava ai grandi giornali dell’est, sempre avidi di notizie dalla frontiera.


La corsa dei cowboy scatenati

Il comitato organizzatore fu vitalizzato dall’entusiasmo di un cittadino di Chadron, “Billy the Bear” (Billy l’Orso) Iaeger. Billy era sopravvissuto, fuori Rock Creek nel Wyoming, a una orribile tempesta di blizzard durata quattro giorni che gli costò le gambe e quasi tutte le dita. Egli riuscì però a riprendersi e divenuto un notabile di Chadron (dove conquistò la più bella fanciulla della città), si spese come promotore della corsa.
All’inizio erano moltissimi i cowboy che si presentarono in città per iscriversi a quella che ormai era chiamata la Grande Corsa dei Cowboy. Venivano dalle Montagne Rocciose del Colorado, dai pascoli del Nebraska, dal bacino del Little Bighorn e dal selvaggio Wyoming. Molti di essi erano noti in lungo e in largo con nomi come “Texas Ben”, “Cowboy Giant” o perfino “Yeast Powder Bill”. Uno di essi era un famigerato fuorilegge e ladro di cavalli, un “desperado” e omicida chiamato “Doc Middleton”.
Egli era il favorito della città di Chaudron e le donne lo seguivano ovunque sperando di poter rubare una ciocca di crini del suo cavallo o uno sguardo dei suoi profondi occhi scuri.
“Billy the Bear” Iager
Un altro era un giovane del Kansas che portava un cappello adornato di code di serpente a sonagli e si faceva chiamare “Rattlesnake Pete”. Un terzo era il grande Joe Gillespie, il più anziano del gruppo, un uomo così rude che si diceva cacciasse i coyote non col fucile o la pistola ma con la frusta e spesso li finisse a calci se, come diceva, “pensava che avessero bisogno di un trattamento addizionale”.
Il percorso, calcolato in mille miglia, si sarebbe snodato nel mezzo del paese e ne avrebbe attraversato i due fiumi principali: il Missisippi e il Missouri. I cowboy avrebbero attraversato le colline di sabbia del Nebraska, avrebbero galoppato tra i campi di grano dell’Iowa e tra quelli di frumento nell’Illinois e, avvicinandosi a nuovi grattacieli di Chicago avrebbero caracollato verso le strade pavimentate, le alte cupole della città e le fresche brezze del lago Michigan.
E la legge li avrebbe inseguiti: la notizia della corsa allarmò i sostenitori dei diritti degli animali dall’Illinois al Massachusset. Essi si misero subito in attività per impedire la gara. “Pazzi!” sostenevano, lamentandosi della crudeltà verso gli animali. I cavalli sarebbero stati spinti troppo. Due governatori si dissero d’accordo e avvisarono che la gara sarebbe stata fermata. Furono affissi avvisi di ricerca lungo tutto il percorso. Gli sceriffi si misero alla ricerca di cavalli sfiancati e cowboy in cerca di guai. Furono minacciati arresti e aperte le porte delle prigioni. Ma i cowboy continuarono a correre, per vincere il premio: una sella di cuoio nuova, una Colt dorata e una borsa di soldi. Cavalcarono giorno e notte dal nuovo insediamento di Chadron nei pressi delle Purple Badlands fino al lungolago di Chicago.


I cowboy che si esibirono alla fiera di Chicago

Con loro cavalcava, spingendoli avanti, la consapevolezza che, nella loro vecchiaia, quando il paese fosse cambiato e cambiato ancora, questi arruffati cowboy avrebbero potuto raccontare ai ragazzini inebetiti dalle Ford T e dall’aereo Spirit of St.Louis, che, per un’ultima calda, umida, gloriosa estate, essi avevano vissuto l’avventura di una vita, avevano montato un ansimante, tonante, muscoloso cavallo americano che li aveva portati nell’immortalità dei cowboy.
E fu in effetti, per una breve estate, una immagine indimenticabile: nei villaggi e nelle piccole città, nel cuore della campagna americana, i ragazzini gridavano dai rami degli alberi e i fabbri battevano sui loro incudini per annunciare il passaggio dei cowboys. La folla riempiva allora i marciapiedi e le piazze e incitava i cowboy che passavano al galoppo. Nelle pagine dei giornali il Vecchio West era vivo per un’ultima volta.
Come era accaduto in passato e come sarebbe accaduto ancora in futuro, la perseveranza e la resistenza americana avevano vinto.

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