Le armi da fuoco che hanno conquistato il west

A cura di Mario Raciti

Armi del west – clicca per INGRANDIREI
l West, lo sappiamo, fu conquistato principalmente con il sudore, la forza, il coraggio, il lavoro e la pazienza di migliaia e migliaia di pionieri, agricoltori, cercatori d’oro e cowboy che vi si riversarono, e nel giro di poco meno di un secolo lo trasformarono nel futuro dell’America, che a quell’epoca si basava essenzialmente sulle industrie, l’economia e la politica dell’Est.
Ma come avrebbero potuto, loro, pionieri, cercatori d’oro e tutti gli altri protagonisti del West, offrire alle loro doti un aiuto decisivo e insostituibile se non affidandosi all’uso delle armi?
Questi strumenti di offesa, in qualsiasi loro forma, furono i protagonisti paralleli agli uomini della Conquista del West.
E, nello stesso tempo, resero l’Ovest più selvaggio e affascinante, terra fertile per pistoleri e uomini di legge o comunque per chiunque riuscisse a trasportare un’arma e, soprattutto, sapesse usarla!


Una sparatoria in una cittadina del west

In un territorio che fu pericoloso e ostile fino alla fine, possedere un fucile, una pistola o anche un coltello era assolutamente indispensabile.
I primissimi coloni, alla fine del 700, quando ancora la Frontiera corrispondeva alla zona delle catene montuose più vicine alla costa orientale, dovevano difendersi dagli indiani ostili per poter avanzare verso occidente. Ma dovevano anche cacciare e procurarsi da mangiare. Nel XVI secolo erano state ideate varie forme di accensione da applicare alle armi, che si basavano principalmente sul principio dell’attrito e, quindi, della scintilla. Variavano da piccole ruote alla classica pietra focaia, ed il loro sistema consisteva in una piccola forma di pirite o selce che doveva entrare in contatto con una sottile lastra di metallo, tale da provocare una scintilla che accendesse una carica di polvere da sparo che avrebbe fatto partire il proiettile. Era un modello, questo, che venne applicato su pistole e fucili, ma fu soprattutto su questi ultimi che vide la sua utilità.


Una vecchia Charleville Carbine, in uso tra i pionieri del XVIII secolo

I cacciatori avevano dunque bisogno di questo, di un’arma che riuscisse a sparare a grandi distanze, robusta per dare sicurezza nelle zone isolate dove non erano disponibili né pezzi di ricambio né tantomeno armaioli, maneggevole per poter essere utilizzata nel minor tempo possibile oltre a dover offrire anche una certa comodità e precisione di sparo. Queste caratteristiche, se prese in paragone con armi dell’800 avanzato, erano ovviamente assolutamente relative.
I primi fucili (le pistole erano destinate ai damerini dell’Est, che le portavano intarsiate e lavorate), dunque, furono l’arma principale dei primi coraggiosi che si spinsero verso il calar del Sole. Erano armi con canne lunghissime, che proprio per questo offrivano una certa precisione nello sparo, precisione che doveva assolutamente risultare perfetta nei sempre presenti casi di pericolo come per esempio l’attacco di un orso. Poiché, inoltre, questi fucili erano a colpo singolo, questa famosa precisione era imprescindibile perché, nel caso dell’orso, se il primo colpo non centrava il bersaglio, per l’assalito c’erano ben poche probabilità di salvarsi.
Abbiamo detto poco sopra che questi primi fucili (e anche le pistole) erano a colpo singolo. Ciò necessitava, per produrre un buon sparo, una certa uniformità tra polvere, palla e innesco, uniformità che il buon cacciatore sapeva perfettamente ricreare. Dosare ben bene gli elementi era di primaria importanza per poter ottenere un tiro infallibile. Dunque, nei fucili a pietra focaia il piccolo serbatoio posto direttamente a fianco della lamina metallica, proprio all’estremità della canna, veniva riempito di polvere, ed il cane – che consisteva in una sorta di “presa” dove veniva incastrata la pietra focaia – veniva armato.


Un particolare del cane di un vecchio fucile

La palla, realizzata dai cacciatori artigianalmente con piombo, veniva avvolta in sottili strisce di pelle e quindi inserita nella bocca della canna e spinta a fondo con un bastone (che trovava posto proprio sotto la canna). A quel punto bastava il rilascio del cane tramite il grilletto per fare abbattere la pietra focaia sulla striscia metallica, provocare la scintilla, accendere la polvere e far partire il colpo. Naturalmente non era tutto “istantaneo” e un secondo in più era di norma per dare il tempo al procedimento di completarsi, senza contare che non sempre la scintilla “nasceva” e quindi si doveva velocemente riarmare il cane e sparare nuovamente. Come tutti gli appassionati di West sanno, e finalmente lo dico, il “principe” americano (sebbene derivasse da un fucile tedesco) di questi fucili era il famosissimo Kentucky, che prende il nome dai fucilieri di quello Stato che lo utilizzarono durante la guerra del 1812. Sembra tuttavia che fosse stato ideato in Pennsylvania e per questo era stato battezzato anche Pennsylvania Rifle.


Una bella serie di Pennsylvania Rifle

Con l’avanzare della Frontiera verso Ovest, avanzano gli anni, si entra nel XIX secolo e si scoprono enormi risorse da destinare al commercio e alla speculazione. In questo senso, mentre i coloni procedevano lentamente installando fattorie e coltivando la terra, esploratori e trapper si spingevano molto oltre, fino al Missouri e anche molto più in là. Quei territori erano ancora assolutamente vergini, e c’era abbondanza di natura e, di conseguenza, di risorse (terra, acqua, selvaggina, legname, animali).
La spedizione di Lewis e Clark agli inizi del 1800 (1804-1806) arrivò fino al Pacifico e ritornò raccontando le meraviglie di quel mondo naturale e selvaggio.


Una classica raffigurazione della spedizione di Lewis e Clark

Così, vi si riversarono i trapper e i commercianti di pellicce e portarono con sé tutto il necessario e, soprattutto, le armi. Erano, queste ultime, armi che non si diversificavano molto dal Kentucky, realizzate da armaioli indipendenti, ma diedero la loro presenza l’Harper’s Ferry (1803), il Northwest Trade Gun, l’Hall e soprattutto l’Hawken, in ogni caso tutte armi a pietra focaia.


Il fucile Kentucky


Il Northwest Trade Gun


Un esemplare originale di fucile Hawken

Tra i trapper, inoltre, erano molto comuni le pistole, piccole e facili da trasportare, anch’esse a pietra focaia e a colpo singolo.
Quando arrivò l’avvento del sistema a percussione, di cui furono dotate anche le armi dei trapper, essi continuarono a preferire quelle ad accensione a pietra. Il perchè è facile da intuire, questo tipo di fucili erano robusti e necessitavano raramente di manutenzione urgente, caratteristica che non era presente nelle neonate armi a percussione, ancora in fase di perfezionamento e pertanto tendenti a rompersi o a fallire. I pietra focaia inoltre avevano bisogno solo di una pietra adatta all’accensione e di polvere e piombo, che i trapper si portavano appresso in gran quantità, insieme agli stampi per creare le pallottole; inoltre, qualora sarebbe mancata la pietra per l’accensione, era possibile trovarne altre adatte in loco.


Gli accessori necessari alla produzione di pallottole per fucile

Tutto ciò non era possibile con le capsule per la percussione, che erano anche troppo piccole e difficoltose da sistemare nei momenti di difficoltà. Per questo, quindi, i mountain men preferirono i vecchi fucili ad accensione “a scintilla”: lenti, ma sicuri e affidabili.
Una volta dato il via alle esplorazioni e al commercio delle pelli, ecco che la Frontiera avanza velocemente sempre più verso occidente, spostandosi alla fine in corrispondenza del Mississippi-Missouri.
E avanzavano anche i coloni sui loro carri, pionieri lungo la pista dell’Oregon e della California; l’esercito cominciava a costruire forti e magazzini, cercatori d’oro sporadici raggiungevano la California e i Texas Rangers se la vedevano con i Comanche e i messicani a Sud.


Ranger del Texas all’attacco

Nel 1836 il Texas venne strappato al Messico dopo le battaglie di Alamo e San Jacinto, e divenne, dopo un periodo di Repubblica Indipendente, stato dell’Unione nel Dicembre del 1845. La milizia che lo pattugliava e proteggeva erano i famosi Texas Rangers, che furono i primi a provare, ed approvare, la nascita e la presenza di una nuova arma destinata ad entrare nella storia del West e delle armi da fuoco. Si trattava del revolver di Samuel Colt, che il 22 Ottobre 1835 aveva brevettato il primo modello di pistola basantisi su un nuovo sistema di accensione.
Tra il 1805 e il 1807, il reverendo scozzese Alexander Forsyth aveva scoperto il metodo per sostituire il meccanismo a pietra focaia e rendere le armi più veloci da caricare e soprattutto più sicure.


Il reverendo Alexander Forsyth


Il meccanismo legato all’uso di fulminato di mercurio

Il suo risultato fu la creazione di una polvere chimica, il fulminato (di mercurio), che, opportunamente sollecitata, produceva una scintilla. Questa sostanza venne semplificata, all’incirca verso il 1817, sotto forma di capsula di rame, e non restava altro che trovare il suo metodo di applicazione: come e dove.
Nella foto a destra: Samuel Colt
A questo ci pensò Samuel Colt, un giovanotto dell’Est che, mentre era in viaggio per le Indie su una nave come mozzo, realizzò un prototipo di tamburo in legno, con i relativi meccanismi e ingranaggi atti a farlo ruotare.
Quando ritornò in America, mise a punto questa sua invenzione sotto forma di pistola: la prima che nacque, nel 1831-32, era un rozzissimo modello, la Paterson, che funzionò a modo suo (cioè non funzionò) e non accese l’attenzione degli esperti.
Il sistema realizzato da Colt consisteva in un tamburo a cinque camere (successivamente, con la nascita della Colt Walker, aumentato a sei), chiuso posteriormente, che veniva caricato – camera per camera – con polvere e palla; poi si applicavano le capsule di rame all’estremità chiusa di ogni scomparto ed esse, colpite dal cane, esplodevano, accendevano la polvere e facevano partire il proiettile.
Come meccanismo non era male, ma fallì con il primo modello.


La Colt Paterson in una confezione di vendita originale

Successivamente Colt brevettò l’invenzione anche in Inghilterra, e produsse nel 1836 un nuovo modello di Paterson che fornì in prova ai Texas Rangers. Questi rimasero colpiti dalla facilità di sparo e, soprattutto, dalla quantità di sparo, in una battaglia contro i Comanches, che decretò la vittoria degli uomini di legge in poco tempo. Il Capitano Samuel Walker ne rimase talmente colpito che riuscì a convincere il Governo a comprarne delle forniture per le milizie texane e aiutò Colt a realizzare un nuovo modello di revolver, riducendo i difetti e le mancanze della Paterson: nacque così, nel 1847, la Colt Walker (dal nome del Capitano) calibro .44 a sei colpi, che decretò definitivamente il successo della pistola a tamburo e di Samuel Colt.


Un esemplare istoriato di Colt Walker

Questa nuova pistola era robusta e pesante (circa 3 chili) e fece faville nelle mani dei Rangers. Poiché nelle battaglie non c’era tempo di ricaricare le singole camere del tamburo, i Rangers sostituivano direttamente i tamburi scarichi con quelli carichi, di cui portavano con sé una bisaccia piena.
Successivamente, visto il successo, Colt realizzò nel 1848 e nel 1849 un altro tipo di Walker, la Dragoon, destinata alle file dei Dragoni, come erano chiamati i militari a cavallo prima della Guerra di Secessione.


Una Colt Dragoon

Nel frattempo, Samuel Colt si era affacciato anche nel campo dei fucili, e aveva realizzato qualche esemplare a tamburo e con caricamento ad anello, che riuscì a piazzare ad alcuni reparti dell’esercito. Non erano armi affidabili quanto le Colt Walker e successive pistole. Il più famoso di essi era una classica Colt solo con la canna più lunga.
Aveva un tamburo molto profondo, ma era un’arma molto poco affidabile, si guastava facilmente e non era per niente sicura.


Un fucile della serie prodotta da Samuel Colt

Il fumo che provocava ad ogni sparo era tale che bisognava attendere che si diradasse prima di continuare a sparare. Inoltre, era un rischio tutt’altro che raro la deflagrazione di tutte le cariche del tamburo contemporaneamente.
Ritornando alle pistole, la fama di Colt raggiunse l’apice nel 1851 quando, sulle orme della Walker e della Dragoon, venne alla luce l’eccellente Colt Navy, molto più leggera delle precedenti e con un calibro minore (.36), destinata alla Marina ma con modelli anche per i civili. Nove anni dopo nacque la versione Army, calibro .44, per l’esercito, di cui anch’essa vide versioni per i civili.


Una Colt Navy

Ricordiamo che tutti questi revolver erano ad azione singola, cioè bisognava armare manualmente in cane dopo ogni sparo.
Prima di Colt, nel 1830, qualcun altro si era affacciato nel campo delle pistole che avrebbero utilizzato il sistema di accensione a percussione. Si trattava di armaioli inglesi che realizzarono la Pepperbox, un’arma insolita, formata da più canne (solitamente sei, ma c’erano modelli anche di 9 e 12) che ruotavano su un perno. Per ogni rotazione, una canna – caricata precedentemente ad avancarica – si allineava con il cane piatto, che cadeva sulla capsula e sparava. Agli inizi il gruppo delle canne doveva essere ruotato a mano, ma successivamente grazie al brevetto Allen, questo inventore aveva permesso che il gruppo di canne girasse con la spinta del grilletto, anticipando così di molti anni il sistema a doppia azione. La Pepperbox si diffuse molto negli Stati Uniti durante la Guerra Civile, e nei campi minerari.


La famosa Pepperbox

Spendiamo adesso qualche parola sui sistemi di sparo, prima di continuare con le pistole e, poi, con i fucili, di modo che si possa avere un’ampia panoramica del loro funzionamento.
Sostanzialmente i sistemi di sparono erano due: ad azione singola e a doppia azione. Nel primo, il cane doveva essere armato manualmente (con la mano o il pollice) prima di sparare un colpo, di modo che il tamburo ruotasse per offrire al percussore del cane la capsula d’accensione o, più tardi, il contatto con l’innesco della cartuccia metallica. Era il sistema utilizzato anche nei fucili, anche se in quelli a ripetizione era la parte posteriore del percussore stesso ad armare il cane, sotto l’azione di una leva (Henry e Winchester).


Un fucile Henry del 1860

Nel secondo sistema, bastava la pressione sul grilletto per armare il cane e rilasciarlo, facendo nel contempo girare il tamburo. Nelle pistole con questo sistema, per il primo sparo il cane doveva essere armato manualmente. Dopo, ad ogni pressione del grilletto corrispondeva lo sparo.
Il sistema a doppia azione nacque nel 1851, realizzato da Robert Adams, un armaiolo inglese.


Una pistola a doppia azione prodotta da Robert Adams

Solo alla fine del 1800 venne applicato alle pistole in uso nel West. Quelle più famose e utilizzate erano tutte ad azione singola.
Eliphalet Remington
Riprendiamo il discorso pistole. Nel 1857 si era fatto avanti un certo Eliphalet Remington, che aveva costruito su di sé una certa reputazione grazie ad alcuni rifornimenti di armi di propria realizzazione, sin dal 1822.
Nel 1857, quindi, Remington realizzò il suo primo revolver insieme ai figli, che aveva inserito come soci nella sua nuova azienda, la “E. Remington & Sons”, fondata nel 1856 a Illion (New York). Questo modello iniziale era a cinque colpi, ad azione singola e con un calibro da 31, aveva una canna ottagonale da 3 pollici e prese il nome di Remington-Beals Pocket Revolver. Circa 2.500 modelli ne vennero prodotti, tra il 1857 e il 1858. Non appena questo revolver conquistò la giusta fama tra i civili, Remington e figli iniziarono a progettarne immediatamente un nuovo tipo, destinato però ai militari.


Una Remington-Beals Pocket Revolver

Il risultato fu una potente arma calibro .44 conosciuta come Remington-Beals Army Revolver. Nonostante la data di produzione di questo modello andasse dal 1860 al 1862, i collezionisti si riferiscono ad esso con il 1858, anno di brevetto del revolver.


Una Remington-Beals Army Revolver

E. Remington e figli non trascurarono il popolare calibro .36, con il quale realizzarono 8.000 armi durante i due anni della produzione della Army. Nel frattempo, 5.000 Navy, conosciute anche come 1861, vennero realizzate nel 1862. Quando questi modelli diventarono obsoleti, Remington decise di migliorarli, e il risultato fu il loro capolavoro.
La Remington New Model Army fu realizzata dal 1863 al 1875. Ad una prima occhiata, essa era identica ai modelli precedenti. Tuttavia, essa era stata progettata e disegnata per eliminare i problemi dei suoi predecessori: venne perfezionata con una montatura scanalata che alloggiava il fermo del tamburo, con delle tacche tra i luminelli del tamburo per poter far riposare il cane ed evitare spari accidentali, e con una struttura che permettesse una facile presa. Questa Remington New Model Army sparava sei colpi calibro .44 attraverso la canna ottagonale da otto pollici.


La Remington New Model Army

Quest’arma perfezionata continuò le sue migliorie con ponticello d’ottone, calcio in legno, acciaio azzurro e una leva di caricamento migliorata. Questa pistola era stata così ben accettata che 132.000 esemplari ne vennero prodotti tra il 1863 e il 1875, insieme a 32.000 New Navy. Fu l’arma per eccellenza che mise in difficoltà l’impero di Sam Colt. Il Governo ne ordinò circa 110.000 tra modelli Army e Navy, attraverso un contratto che fruttò 29.196.820 dollari prima della fine della guerra civile.


La Remington New Model Navy

La Remington New Model Army sì dimostrò estremamente popolare tra i soldati di entrambi i fronti Unionisti e Confederati grazie alla robustezza e alla solidità della montatura. Durante la Ricostruzione, uomini di legge, banditi, e Texas Rangers utilizzarono questa pistola per le loro battaglie.
Ideata e progettata da un certo Alexander LeMat, di New Orleans, la LeMat fu un’altra arma molto caratteristica dell’epopea americana.
Revolver ad azione singola e ad avancarica, aveva un tamburo con ben 9 colpi calibro .32 a differenza degli altri revolver dell’epoca, che non superavano i 6 colpi. Ma altra caratteristica di quest’arma era la canna aggiuntiva posta sotto quella principale, che veniva utilizzata per sparare pallottole da caccia!


La pistola prodotta da LeMat

Infatti aveva un diametro più grande e poteva accogliere proiettili calibro .60, dei veri e propri proiettili per fucili da caccia. E proprio questo poteva diventare la LeMat: un fucile da caccia, che da distanza ravvicinata era micidiale.
Abbiamo detto che questo revolver era ad avancarica e ciò valeva anche per la canna da caccia (ma sono esistiti anche modelli a retrocarica): vale a dire che abbisognava di essere caricato dal davanti, inserendo palla e polvere negli scomparti, pressare il tutto con l’asta avvitata a fianco della canna, chiudere con del grasso o della cera e infine inserire le capsule sopra i luminelli.
Per quanto riguarda il caricamento della canna sottostante, oltre a venir caricata come sopra indicato (ad eccezione, ovviamente, del grasso o della cera), dove veniva inserita la capsula? Ebbene, tirando il cane, era visibile, proprio sotto di esso, un luminello come quello del tamburo: era quello su cui mettere la capsula che avrebbe fatto esplodere il colpo della canna da caccia.
Per poter sparare tramite quella canna, era però necessario “muovere” qualcosa: infatti il cane aveva avvitato quasi alla sua estremità una sorta di perno, che si doveva abbassare: fatto ciò, se si premeva il grilletto il cane, abbassandosi, faceva cadere il perno sul luminello isolato della canna da caccia, facendo così partire il colpo. Ciò ovviamente non permetteva di far esplodere anche le cariche del tamburo. Per sparare classicamente, bastava lasciare il cane com’era, oppure, se si era sparato prima con la canna da caccia, rialzare il perno.
Questa pistola rimase semi-sconosciuta ed oggi è considerata molto rara.
Tra i fucili a percussione, troviamo lo Sharps, famoso fucile che fece la sua fama come arma per eccellenza della caccia al bisonte.


Fucili e carabine Sharps

Realizzato nel 1848 da Christian Sharps (1811-1874), in calibro .54, era a retrocarica ma con meccanismo di accensione a percussione. Abbassando il ponticello, che fungeva da leva, l’otturatore scorreva all’ingiù, scoprendo così la camera di scoppio, dove veniva inserita la cartuccia di carta o di tela. Rialzando il blocco, esso tranciava via la parte posteriore della cartuccia, che così rilasciava la polvere. Ad accendere quest’ultima, nel primo modello ci furono le capsule di rame che venivano poste in sito dal movimento della leva; poi ci fu l’avvento dell’innesco Maynard a nastro, cioè una serie di “pastiglie” di fulminato di mercurio; negli altri modelli (1852, 1853, 1859, 1863) l’accensione era data da dischi di fulminato contenuti in un serbatoio cilindrico, che si adattavano automaticamente al luminello. Negli ultimi due modelli, infine, un brevetto di Richard Lawrence bloccava il serbatoio cilindrico in modo da poter utilizzare anche le capsule di rame.
I modelli che furono utilizzati per lo sterminio del bisonte, furono il 1869 e il 1874 che utilizzavano tali quantità di polvere nera da rendere la gittata addirittura oltre i mille metri! Il loro calibro era .52.
Gli Sharps erano conosciuti anche come “Beecher’s Bibles”, le Bibbie di Beecher, un predicatore che, durante la Guerra Civile, fece arrivare alle milizie nordiste non ufficiali delle casse piene di fucili Sharps, casse sulle quali vi era la scritta “Beecher’s Bibles”.
Durante la Guerra Civile, i fucili Sharps, grazie alla loro velocità di caricamento, l’alta potenza di fuoco e la reputazione di essere dei fucili accurati, vennero largamente richiesti.


Gruppo di “Sharpshooters”

Il colonnello Hiram Berdan fornì questo tipo di fucili ai suoi famosi “Sharpshooters”, che si camuffavano indossando delle uniformi verdi. La distanza massima di fuoco era di circa 915 metri, meno dei fucili ad avancarica Springfield e Enfield, però il suo meccanismo di caricamento a retrocarica permetteva di poter sparare 10 colpi al minuto (al contrario di quelli ad avancarica, che sparavano due colpi in un minuto), e rendeva estremamente facile ai soldati ricaricarlo, anche rimanendo sdraiati, per esempio al riparo dietro una roccia o un cespuglio.
Nel 1857 nacque la cartuccia metallica. Ad inventarla e brevettarla furono due grandi della storia delle armi, Horace Smith e Daniel Wesson.


Horace Smith e Daniel Wesson

Essi pensarono di rendere il proiettile vero e proprio in grado di “partire” senza bisogno di ulteriori intermezzi, come le capsule di fulminato. Nel 1854 realizzarono un prototipo, che venne utilizzato nella loro nuova invenzione, la pistola a ripetizione Volcanic. Erano grosse armi con meccanismo di caricamento a leva rotonda, le primissime dell’epoca.


Un fucile ed un revolver Volcanic

Nei calibri .31 e .41, che avevano rispettive lunghezze della canna, erano state realizzate anche nelle versioni carabina. Avevano un serbatoio tubolare sotto la canna che nelle pistole poteva contenere 6, 8 o 10 cartucce e nelle carabine 20, 25 o 30 a seconda della lunghezza della canna.
Le cartucce venivano spinte nell’otturatore tramite una leva, dopo ogni sparo, che, abbassandola, le alzava in linea con il percussore e la camera di scoppio, armando nel frattempo il cane.
Il tipo di cartuccia, dicevamo, era singolare: un proiettile di piombo cavo che, al suo interno, conteneva polvere ed innesco. Era sicuramente una rivoluzione che permetteva di sostituire il caricamento ad avancarica con quello a retrocarica: queste cartucce venivano immagazzinate all’interno del serbatoio da una apertura posta all’estremità sotto il castello, e trattenute da una molla, che le lasciava sopra l’elevatore mosso dalla leva.
Le Volcanic non ebbero nessun successo, anche a causa della cartuccia, che non era adatta né per cacciare, né per uccidere, e la poca polvere al suo interno la rendeva poco potente e precisa.
Oliver Winchester
Il loro progetto fu rilevato da Oliver Winchester, che alla fine del 1850 lo affidò ad Tyler B. Henry. Questi rese la cartuccia più affidabile, inserendo il proiettile dentro un bossolo e applicando nel fondo polvere e innesco. Era di calibro .44 e a percussione anulare.
Con ciò colgo l’occasione per spiegare i termini relativi alle cartucce. Percussione centrale, a spillo e percussione anulare erano i tre tipi di cartuccia più diffusi. Nel primo, l’innesco era allocato proprio al centro del fondo del bossolo, naturalmente subito comunicante con la polvere. Nel secondo, una corta asticella usciva dal fianco del bossolo e veniva colpita dal cane piatto per far partire il proiettile. Nel terzo, a percussione anulare, l’innesco si trovava invece lungo la corona e venne utilizzato in cartucce per fucili di prima “generazione” cioè in quei fucili in cui non si era certi della partenza del colpo a causa della poca potenza rilasciata da cane e percussore. Quest’ultimo era quindi modificato per produrre un impatto duale, come nell’Henry. Fu questo fucile (insieme allo Spencer, di cui parliamo più avanti), realizzato, come abbiamo detto sopra, da Tyler Henry per ordine di O. Winchester, a spianare la strada all’utilizzo della cartuccia metallica nei fucili e alla nascita del leggendario Winchester.


Un fucile Henry

L’Henry era in definitiva la copia della Volcanic, ma era stato perfezionato, oltre al tipo nuovo di cartuccia. Manteneva caricatore e meccanismo di caricamento a leva uguale a quello della Volcanic, ma poiché era un fucile il numero di colpi era 15; e cambiava percussore che era a forma biforcuta, di modo che una delle due estremità colpisse con sicurezza il bossolo a percussione anulare. Questa caratteristica rimase radicata anche nel Winchester 1866.


Il Winchester 1866

Un altro fucile che fece della cartuccia metallica il suo punto di forza fu l’eccellente Spencer. Ideato, disegnato, brevettato e costruito da Christopher Spencer nel 1860, questo fucile a ripetizione aveva un serbatoio da sette colpi, inserito nel calcio. La molla dell’asta di chiusura lasciava i proiettili in alto, pronti per essere immessi nella camera di scoppio dal blocco che, abbassato con un movimento della leva verso il basso, lasciava cadere il bossolo vuoto e ne inseriva uno nuovo nell’otturatore. Un meccanismo semplice e affidabile.


Lo Spencer del 1860

Le cartucce utilizzate furono inizialmente calibro .52 anulare ma successivamente vennero utilizzate anche di calibro .50 e .46.
Era l’arma perfetta per l’esercito perché permetteva un buon rateo di fuoco ed una velocità di caricamento sensibilmente più alta.
La generazione dei fucili a leva, a ripetizione e a più di dieci colpi, nata con i vari modelli Volcanic e proseguita con l’Henry, raggiunse il suo apice con la nascita di una vera e propria leggenda: il Winchester.
Il primo modello nacque nel 1866 ed aveva le stesse caratteristiche dell’Henry (caricamento a leva, cartucce a percussione anulare, percussore biforcuto), tranne che nel caricatore: numero di colpi aumentato a 17 più quello in canna, e rivestimento parziale esterno di legno, con anello di ferro per trattenerlo. Inoltre, nel castello era stato aperto uno sportellino per il caricamento, che rendeva quest’azione molto più semplice e veloce. Da allora, la Winchester non si è più fermata ed ha continuato a realizzare modelli su modelli, tutti in tre versioni: fucile, carabina e moschetto.


Il Winchester 1873, l’arma che conquistò il west

I modelli del West furono: il 1873 che si conquistò l’appellativo di “Fucile che conquistò il West” e che era a percussione centrale; a percussione erano anche i seguenti: 1876, 1885, 1886, 1892 e 1894. Tutti con le stesse caratteristiche peculiari, che variavano solo nel tipo di canna (ottagonale o rotonda o entrambe) e nella lunghezza. Dal momento che utilizzavano le cartucce metalliche (quindi con il bossolo) l’elevatore fungeva anche da espulsore, facendo uscire il bossolo vuoto.
Anche la Remington disse la sua nella categoria fucili, e lo fece con un’arma a retrocarica dal meccanismo insolito che venne considerata da tutta Europa come l’arma più resistente ed affidabile mai creata. Si trattava del Remington Rolling Block a retrocarica.


Il Remington Rolling Block a retrocarica

Tutti i fucili Remington a blocco ruotante usano lo stesso meccanismo, che è costituito da una sorta di “blocco” (breechblock o rolling block) a forma di L, ruotabile, agganciato alla culatta di fronte e sotto l’asse della canna, e dal classico grilletto, piazzato proprio dietro il “blocco”, che deve essere armato manualmente per ogni colpo.
Per caricare l’arma, bisogna armare il cane. Questo permette di sbloccare il “blocco”. Quindi tirare indietro il “blocco” ormai libero per poter mostrare la camera di scoppio. Se c’è una cartuccia all’interno, essa verrà alzata dall’estrattore collegato al “blocco” e può venire rimossa manualmente. In caso contrario basta caricarlo con una nuova cartuccia. Fatto ciò, basta rialzare il “blocco” dalla sua posizione laterale e richiuderlo spingendolo verso il basso così da chiudere la culatta e sigillarla. Adesso il fucile è pronto per sparare.
Questo tipo di fucile è uno dei più robusti, resistenti e affidabili mai costruiti. Realizzato nel 1890, continuò ad essere prodotto fino al 1933. Approssimativamente furono sfornati 356.000 esemplari in totale, destinate agli eserciti della Svezia, della Spagna, del Lussemburgo, della Germania, dell’Egitto, dell’Argentina, dell’Uruguay, della Danimarca, dell’Italia, della Norvegia e dello Stato Pontificio. Arma a colpo singolo, utilizzava i calibri .22 corto, .22 lungo, .22 long rifle, .32 corto e .32 lungo.
Di essa era stata realizzata anche la versione pistola.


La pistola Remington Rolling Block

Ritornando alle pistole, la Colt nel frattempo non era rimasta inattiva e aveva realizzato numerose versioni della Navy e dell’Army, come le Police e le Pocket, tascabili.


Una Colt Pocket Police

Fu nel 1873 che accolse la cartuccia metallica nel migliore dei modi, ideando e realizzando una delle pistole più famose e resistenti del mondo: la Peacemaker.
Questa pistola era stata completamente rivoluzionata rispetto alle precedenti ad avancarica. Aveva il tamburo scavato e non più piatto, aveva il cane con il percussore a punta, aveva l’asta espulsore e soprattutto aveva il caricamento a retrocarica: il tamburo non era più chiuso (altra novità) ma aperto di modo che potesse contenere le cartucce inserite direttamente da dietro, aprendo uno sportellino a fianco del cane, che metteva in vista le camere del tamburo. Sempre ad azione singola, una volta scaricato il tamburo, per espellere i bossoli si doveva portare manualmente il tamburo in linea con l’espulsore e tirare la molla di quest’ultimo, che spingeva il bossolo all’indietro facendolo uscire.


Una Colt Peacemaker

Era semplicissima da utilizzare, resistentissima e robusta, tanto che poteva funzionare benissimo anche se mancavano alcune parti!
Un modello per l’esercito era uguale, ma aveva la canna più lunga: era il Cavalry.


Una Colt Peacemaker Cavalry

L’avvento della cartuccia metallica non venne ben sfruttato dalla Remington. Eliphalet Jr., successore del padre, era morto nel 1861 e l’azienda era passata nelle mani dell’altro fratello, Philo, che nel 1875 produsse la Remington Single-Action Army, del tutto uguale alla Colt Peacemaker se non fosse stato per la mascherina a forma di ala sotto la canna, che ricordava i precedenti modelli Remington.


Una Remington Single-Action Army

Non era un’arma che poteva competere con l’ultima Colt: era poco robusta e si rompeva facilmente, inoltre non poteva sopportare spari troppo a lungo.
Il revolver modello Schofield, della Smith & Wesson, entrò in produzione nel 1869. Conosciuto dapprima come Modello N. 3, in seguito venne nominato American, ma mantenne l’appellativo di Schofield, dal nome del generale che l’aveva ideata e che si era poi suicidato con la sua stessa invenzione a causa del cattivo successo raccolto. Fu molto amata ed apprezzata in Russia (dove vennero spediti dei modelli nominati Russian, che avevano un anello alla base del calcio) e specialmente dal granduca Alessio.
In confronto alle altre pistole, aveva una particolarità di non poco conto: la velocità di caricamento. L’arma possedeva una sorta di perno sotto la canna e una “sicura” tra il tamburo e la canna stessa che, sbloccandola, permetteva letteralmente di “aprire” l’arma. Con l’abbassamento della canna, l’estrattore automatico espelleva contemporaneamente i sei bossoli. Bisognava quindi ricaricare inserendo semplicemente altre pallottole all’interno del tamburo. L’arma, a seconda del modello, utilizzava proiettili calibro .44 e .45.


Il modello Schofield, della Smith & Wesson

E’ considerata una delle più accurate e precise armi del 19esimo secolo, ma come per la Remington non era da competizione contro la Peacemaker della Colt. In un “triello” fatto tra esse, risultò, dopo accurati esami basati sulla distanza di fuoco e sulla continuità dello stesso, che il modello della Colt era senza dubbio il migliore, resisteva più delle altre e non dava segni significativi di cedimento, né strutturale ne di ingranaggi o relativi alle cartucce.
Nel novero delle armi a retrocarica in uso nel West, sia pistole che fucili, ce ne sono a bizzeffe di tutti i tipi, ed elencarle tutte sarebbe un’impresa ardua, se solo fosse possibile. Continuerò questo articolo parlando brevemente delle Derringer e di alcune armi che alla fine dell’800 fecero la loro apparizione sotto i modelli a doppia azione.
Le Deringer vere e proprie, cioè originali, fecero la loro comparsa nel 1852 grazie al loro inventore, Henry Deringer (1786-1868), con il modello Philadelphia, a percussione e colpo singolo.


La Henry Deringer modello Philadelphia

Le caratteristiche principali di queste pistole erano le dimensioni molto ridotte (potevano stare tranquillamente nascoste) e il grosso calibro, che usato da vicino (massimo 3 metri) risultava micidiale. Queste armi sono rimaste e rimangono associate ai gambler e alle donne dei saloon, che potevano nasconderle nel cappello, nella manica della giacca, nella giarrettiera o negli stivali ed estrarla in un lampo, al momento giusto.
Quelle di Deringer erano ad un solo colpo, ma quando riscossero un enorme successo, altri costruttori ne presero le caratteristiche e cominciarono a realizzarne di uguali, cambiando il nome aggiungendo un “r”, quindi chiamandole Derringer, e a volte anche il numero di colpi, che solitamente erano due. Molte Derringer utilizzavano cartucce a percussione anulare oppure a spillo, ma non mancarono modelli a percussione centrale.
I modelli erano davvero tantissimi (ce n’erano anche a pietra focaia), ma per dare un’idea un po’ più approfondita descriverò la Sharps Pepperbox.


Una Sharps Pepperbox impugnata e nella sua scatola

Questa piccola pistola era largamente utilizzata nel West da giocatori d’azzardo, donne da saloon e pistoleri grazie alle piccole dimensioni e alla facilità di maneggio. Venne prodotta a partire dal 1859 fino al 1874 dalla C. Sharps Company e dalla Sharps & Hankins Company. I modelli variavano nella lunghezza delle canne e nel calibro delle munizioni. Nel primo caso, la lunghezza variava da 2 pollici e mezzo a 3 pollici e mezzo (da 6,35 cm a 8.89 cm), ma solo 25 pezzi furono prodotti nella versione da 3 e mezzo. Il calibro delle munizioni era .22, .30, .32 corto e .32 lungo.
Questa piccola pistola era costituita da quattro canne per altrettanti colpi. Il procedimento di caricamento dei proiettili avveniva tramite lo spostamento in avanti del gruppo delle canne che in alcuni modelli, grazie ad un piccolo perno posto sotto di esse, si poteva ruotare. Lo spostamento mostrava così le estremità delle canne, che potevano essere caricate con i proiettili.
La stranezza di quest’arma consisteva sia nel meccanismo di sparo che nel fatto della mancanza di un vero e proprio tamburo e, di conseguenza, della sua rotazione. Il cane, nella sua parte posteriore, alloggiava una piccola “rotella” (in alcuni modelli tale “rotella” si poteva trovare sulla struttura dell’arma) che, in base a come veniva ruotata (su ogni lato del cane vi era una tacca su cui spostare la rotellina), permetteva di scegliere la canna da cui sparare. In questo modo ad ogni armamento del cane e conseguente tiro del grilletto una canna sparava il proprio proiettile.


Ancora una magnifica Sharps

Il design di questa piccola arma venne presto imitato grazie alla sua resistenza e solidità.
Le pistole a doppia azione più diffuse furono molte, ma quelle della Colt ebbero un buon successo. C’erano la Colt Thunderer calibro .41 e la Colt Lightning calibro .38, poi accompagnato dai .41 e .32; la Colt Army Mod. 1878 calibro 44/40; il Remington Rider Pocket Revolver, calibro .31 a cinque colpi; e molti altri, anche della Smith & Wesson.

Il West fu sicuramente l’epoca per eccellenza delle armi, un’epoca di enormi progressi in questo campo, che fece nascere capolavori storici come le Colt ed i fucili Winchester, rimasti nell’immaginario collettivo di tutti quelli che amano il Far West.

Per i Commenti è possibile usare il nostro forum