La nascita del mito Western nell’Ottocento: La frontiera americana – 2

A cura di Noemi Sammarco
Tutte le puntate: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16.


Theodore Roosevelt, il presidente cowboy

Tra gli artefici del mito della frontiera americana ve ne furono alcuni destinati ad occupare la massima carica pubblica del Paese. Andrew Jackson aveva partecipato, con l’uniforme di capitano della milizia dell’Illinois, alla guerra contro i Sauk e Fox di Falco Nero. Abraham Lincoln poteva vantare, una serie di sfolgoranti vittorie contro i Creek del mezzosangue Aquila Rossa, più conosciuto con il suo nome inglese di William Weatherford.
Theodore Roosevelt non prese mai parte a campagne contro i nativi, ma condivise la dura vita dei cowboy per alcuni anni dal 1883 al 1885, lasciando alcuni interessanti scritti e prendendo poi parte attiva alla campagna di Cuba del 1898, nella quale si distinse per due travolgenti cariche a cavallo condotte dai suoi Rough Riders. Quanto Turner pronunciò il suo discorso sulla Frontiera, Roosevelt gli scrisse:
Lei ha prodotto alcune idee di prima classe. Lei ha dato forma definita ad idee che fluttuavano da tempo nell’aria in modo disorganico (1). Entrambi erano d’accordo “sulla progressione continua della civiltà attraverso il continente” (2).
Theodore Roosevelt nacque a New York il 27 ottobre del 1858, da una famiglia aristocratica originaria dei Paesi Bassi. Il padre, Theodore Roosevelt, era un repubblicano progressista, mentre la madre, Martha Bulloch, era una conservatrice convinta, cresciuta in una piantagione della Georgia. Il giovane Theodore soffriva di asma e cerco di mascherare i suoi problemi di salute praticando molto sport. Nel 1876, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza presso la prestigiosa Università di Harvard, nel Massachussets, senza però trascurare le discipline sportive. Nell’ottobre 1880 Theodore sposò Alice Hathaway Lee, una ragazza di buona estrazione sociale, l’unica a cui avrebbe permesso, in tutta la sua vita, di chiamarlo affettuosamente “Teddy”. Il 12 febbraio 1884, alla nascita della loro unica figlia, seguì una doppia tragedia familiare, perchè sua madre Martha morì di febbre tifoide a due giorni di distanza dal lieto evento e la moglie si spense 11 ore più tardi a causa di un’insufficienza renale. Fu la sorella di Theodore, Anna, a prendersi cura della piccola Alice Lee.


Roosevelt cowboy

Nello stesso anno del matrimonio Roosevelt si era iscritto nel nuovo Partito Repubblicano, del quale riuscì a fare una veloce scalata, infatti solamente due anni dopo ottenne l’elezione a deputato alla Camera dello Stato di New York.
Nel 1883 Theodore fece un viaggio che influenzò fortemente il suo modo di pensare e la sua vita politica (3). La tappa del viaggio fu in North Dakota, non ancora unito al South Dakota. Vi era già stato prima della morte della moglie, ma dopo il grave lutto decise di tornarvi, probabilmente desideroso di un po’ di solitudine, ed acquistò un ranch per trasferirvisi (4). Il ranch si trovava a Elk Horn, circa 35 miglia a nord della cittadina di Medora. Il North Dakota, con una superficie di 183.000 chilometri quadrati, aveva avuto un fortissimo incremento demografico dopo la fine delle campagne contro i Lakota Sioux, passando dai 2.500 abitanti del 1872 ai 40.000 dell’epoca in cui Roosevelt vi si era stabilito. Nonostante ciò, disponeva di immense aree disabitate e si prestava all’allevamento. Il futuro presidente degli Stati Uniti vi trascorse tre anni, interrotti soltanto da qualche viaggio all’Est, conducendo per propria scelta la vita dei mandriani, dei quali condivise rischi e difficoltà, lavorando come mandriano fino a 15 ore al giorno. Non solo aveva adottato lo stile di vita dei cowboy, ma anche il loro modo di vestire (5). Per Roosevelt la vita nel selvaggio west rappresentava la possibilità di allontanarsi da tutti gli aspetti negativi della vita nell’est. Roosevelt sperava che la vita alla frontiera gli avrebbe dato l’onore, la libertà e la possibilità di una vita genuina; tutte cose che nell’est civilizzato era sempre più difficile trovare (6). E’ Roosevelt a descrivere la vita nel ranch il cui abitava:

“My home ranch-house stands on the river brink. From the low, long veranda, shaded by leafy cotton-woods, one looks across sand bars and shallows to a strip of meadowland, behind which rises a line of sheer cliffs and grassy plateaus. This veranda is a pleasant place in the summer evenings when a cool breeze stirs along the river and blows in the faces of the tired men, who loll back in their rocking-chairs (what true American does not enjoy a rocking-chair?), book in hand–though they do not often read the books, but rock gently to and fro, gazing sleepily out at the weird-looking buttes opposite, until their sharp outlines grow indistinct and purple in the after-glow of the sunset. (7)”

Fece la conoscenza di uomini celebri, quali Seth Bullock (1849-1919) mitico sceriffo di Deadwood, la città in cui era stato assassinato il famoso Wild Bill Hickok. Bullock e Roosevelt, che si erano conosciuti durante una caccia ad una banda di ladri di cavalli, scongiurando anche un tentativo di linciaggio, instaurarono in quell’occasione un’amicizia che sarebbe durata per sempre (8).


Seth Bullock e Theodore Roosevelt

Durante questa esperienza rimase fortemente impressionato dalla figura del cowboy, e scrisse dei diari sulla pericolosa esistenza di queste figure. Dopo le lunghe giornate tra i pascoli, il futuro presidente, tornato nel suo ranch passava molto tempo a scrivere il libro che sarebbe uscito con il titolo “Hunting Trips of a Ranchman, Ranch Life and the Hunting-Trail, and The Wilderness Hunter”, pubblicato a varie riprese fra il 1885 e il 1893. Dal 1889 al 1896, traendo ispirazione dalla medesima esperienza, avrebbe scritto anche “The Winning of the West” (9). Tuttavia l’avventura nell’Ovest non fu molto lunga, nel 1885 aveva infatti commissionato la costruzione di una nuova casa a Sagamore Hill, nella Oyster Bay di New York. Tornato nell’Est civilizzato, si meritò l’appellativo di “Cowboy dei due Dakota”, che lo accompagnò nella campagna elettorale del 1886, quando si candidò alla carica di sindaco di New York. Arrivò solamente terzo, ma la sua carriera politica non si fermò. Nel 1895 ottenne la nomina a presidente della Commissione per la Polizia di New York, mandato che aveva una durata biennale. Roosevelt dovette riformare il corpo abbastanza radicalmente, essendo il Dipartimento di Polizia di New York uno dei più corrotti. Nel 1897, sotto la presidenza di William Mc Kinley, divenne sottosegretario alla Marina nel dicastero assegnato a John D. Long, ma intanto stavano maturando eventi che avrebbero costretto gli Stati Uniti ad uscire dal loro “splendido isolamento”. Nell’aprile 1898 le tensioni fra gli Stati Uniti e la Spagna, che occupava ancora Cuba e Portorico, si acuirono rapidamente fino a sfociare in aperto conflitto.
La stampa americana diede grande risalto all’ esplosione della corazzata Maine, ancorata in un porto cubano e la morte dei suoi 266 marinai e venne interpretata come un attentato. L’opinione pubblica invocava una risposta armata. In seguito a tali accuse, la Spagna inviò il 23 aprile la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti e questi si comportarono nello stesso modo due giorni dopo. Convinto che servire la patria fosse prioritario rispetto a qualsiasi incombenza politica, Roosevelt non tardò a prendere una decisione drastica, rassegnando le dimissioni dal suo incarico per cooperare, insieme al colonnello Leonard Wood, alla creazione di un corpo di volontari da sbarcare nell’isola caraibica. La formazione andava sotto il nome di Primo Reggimento Volontari di Cavalleria, ma entro breve tempo assunse la pittoresca denominazione di “Rough Riders” per la sua eterogenea composizione di uomini particolarmente duri e determinati (10).


Theodore Roosevelt ed i Rough Riders

Il reclutamento degli uomini che entrarono a far parte dei Rough Riders, 1.060 uomini con 1.258 cavalli e muli, fu curato direttamente da Roosevelt. Gli uomini scelti venivano soprattutto dai territori di Las Vegas (New Mexico) in Arizona, Oklahoma e nel Texas, poiché secondo Roosevelt gli abitanti del selvaggio West erano avvezzi alle difficoltà e ai pericoli di ogni genere, quindi perfetti per il suo regimento. Questa idea dipendeva dalla sua esperienza nelle terre dell’ovest, dove aveva appurato che la gente che vi abitava, viveva un’esistenza assai meno confortevole rispetto ai connazionali degli Stati orientali.
Grande attenzione fu dedicata da Roosevelt per all’allestimento del reparto che avrebbe guidato personalmente. Le uniformi erano ispirate a quelle indossate nei reparti di cavalleria che avevano combattuto gli Indiani, con una camicia di flanella blu, un fazzoletto annodato intorno al collo, pantaloni marrone, stivali di cuoio e un cappello a larga tesa (11).
Il reggimento faceva parte della divisione di cavalleria affidata all’ex ufficiale confederato, generale Jospeh Wheeler. Il colonnello Wood ne ebbe il comando e Roosevelt fu nominato tenente colonnello (12). Roosevelt, essendo molto miope, a causa di un occhio rimasto lesionato durante un incontro di pugilato, prese con sé quattro paia di occhiali di ricambio, nell’eventualità tutt’altro che improbabile di perdere in combattimento quelli a pinz-nez che portava. Le avrebbe tenute nelle tasche della camicia azzurra che indossava nella battaglia di Kettle Hill.
I Rough Riders, si mossero alla volta di Tampa il 29 maggio 1898, viaggiando a bordo di un treno della Southern Pacific Railroad. Da qui salparono il 13 giugno alla volta di Cuba, per approdare a Daiquiri il 23 e iniziare la loro marcia su Siboney. Per una serie di problemi organizzativi, Roosevelt non riuscì a trasportare nell’isola il suo intero contingente e dovette privarsi di parecchi uomini, oltre a moltissimi cavalli e muli. La spedizione fu resa ancor più problematica da un’epidemia di febbre gialla che colpì il contingente, falcidiato dai decessi appena dopo lo sbarco. Gli americani riuscirono a cacciare gli spagnoli dalle Filippine, e se ne impadronirono. Per gli Stati Uniti fu la guerra meno sanguinaria della loro storia. I caduti statunitensi sul campo furono solamente 385, mentre vi furono 2.061 morti dovuti ad incidenti, malattie ed epidemie (13). Il ritorno in patria di Roosevelt fu trionfale, i successi che ebbe sul campo spianarono la strada alla sua carriera politica.
Dal 1° gennaio 1899 al 31 dicembre 1900 fu governatore dello Stato di New York. Cessato l’incarico sostenne il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, William Mc Kinley del quale divenne vicepresidente. Mc Kinley vinse le elezioni presidenziali, ma il suo mandato terminò il 14 settembre 1901, quando venne assassinato a Buffalo dall’anarchico Leon Czolgosz. Nel breve periodo della sua presidenza aveva dato grande spinta alla crescita del Paese, sostenendo il protezionismo di alcuni generi e favorendo il ritorno al sistema del gold standard o “sistema aureo”. Con la morte del presidente la carica passò al suo vice, e così Roosevelt si ritrovò a ricoprire la più alta carica del paese e divenne il primo cittadino americano più giovane di sempre. Roosevelt era stato scelto come vice presidente da alcuni leader del partito, nel tentativo di relegarlo in un ruolo di secondo piano, sicuri che la carica di vice-presidente ritenuta una carca di secondo piano, fosse la posizione dalla quale il grintoso erede di una famiglia dell’“aristocrazia” fondiaria e commerciale dello stato di New York non avrebbe potuto produrre danni (14). Il nuovo presidente non fu appoggiato da tutti. Il senatore Hanna affermò:

“Avevo detto a Mc Kinley che era uno sbaglio essere affiancato a quell’accidente. Gli avevo chiesto di immaginarsi cosa sarebbe successo nel caso della sua morte; ed ora ecco qua: quel maledetto domatore di cavalli è presidente degli Stati Uniti!” (15).

Al contrario i cittadini americani sembravano entusiasti di veder insediare alla Casa Bianca l’”Eroe di Cuba”. La popolazione dei territori occidentali era ancora più soddisfatta di veder assurgere alla massima carica istituzionale un uomo dalla mentalità apertamente western, in contrapposizione ai “piedi teneri” dell’Est. Roosevelt era l’uomo che aveva vissuto la dura esistenza dei cowboy nel Territorio del Dakota, che sapeva stare a cavallo e marchiare vitelli, dare la caccia ai puma e addentrarsi nelle regioni più selvagge del West. Benchè newyorkese di nascita, nessuno aveva difficoltà a considerarlo – così come appariva rude, duro, intransigente, tenace ed onesto – un autentico simbolo della Frontiera leggendaria. Del nuovo presidente intimoriva il coraggio fisico e lo spirito marziale dimostrato durante la guerra di cuba e per la capacità di conquistare, con queste virtù il cuore delle folle, coltivando abilmente la propria immagine. Il favore popolare del quale godeva lo rese protagonista delle pagine dei rotocalchi, ispirò vignette, divenne oggetto di attenzione come se fosse un divo teatrale o di celluloide (16). La sua fama sui giornali era tale che, per celebrare l’ascesa del cowboy al più alto ufficio della nazione, la rivista PUNCH pubblicò una vignetta che raffigurava Roosevelt alla guida dei Rough Rider, completo di bandiera americana.
La sua esperienza in North Dakota fece si che il presidente si battè per difendere il territorio da lui tanto amato. Riguardo al Grand Canyon, che aveva visitato due volte per cacciare il puma, dichiarò:

“Il Grand Canyon è di una bellezza e una grandiosità uniche al mondo. Lasciamolo così com’è: il tempo e l’acqua hanno già terminato il lavoro che l’azione dell’uomo potrebbe solo rovinare. Conserviamolo per i nostri figli, e per tutti coloro che verranno dopo di noi…. (17)”

Nel 1908 l’intera area, di circa 5.000 chilometri quadrati, diventò monumento nazionale e più tardi venne chiamato Parco Nazionale del Grand Canyon, rappresentando ancora oggi una delle massime attrattive mondiali sul suolo americano. Già in passato si era dedicato all’ ambiente del west. Nel 1887 il suo intervento fu determinante per la costituzione di un’organizzazione nazionale che si sarebbe occupata della natura e della conservazione delle specie animali: il Boone and Crockett Club. Tra i membri fondatori del club i più importanti furono l’artista Albert Bierstadt, il naturalista George Bird Grinnell e il fratello di Theodore Roosevelt, Elliot, padre di Eleanor. Theodore Roosevelt scrisse la costituzione dell’associazione e ne fu il primo presidente.


Immagine da“Punch, or The London Charivari”

I membri dovevano aver cacciato lealmente “almeno un esemplare di una delle grosse specie americane di grossa selvaggina” (18): orsi, bisonti, pecore delle montagne rocciose, caribù, il bue muschiato, la capra bianca, l’alce, il lupo, l’antilocapra americana, l’alce americano e il cervo. Il club non accettava più di cento soci, ma la sua influenza sulla conservazione delle specie, sulla caccia e sulla salvaguardia del patrimonio forestale fu molto preziosa.
I pochi anni che Roosevelt passò negli aspri territori del west influenzarono fortemente la sua vita. Fu lui stesso ad affermare:

“I have always said I would not have been President had it not been for my experience in North Dakota. (19)”

Non solo lui ebbe grande rispetto, per tutta la sua vita, per gli abitanti e per i luoghi del lontano Ovest, ma soprattutto gli americani lo identificarono come il presidente cowboy. Negli anni in cui il mito della formazione degli Stati Uniti si stava sviluppando intorno al personaggio del cowboy quale “nuovo americano” potersi vantare di aver avuto il coraggio e la forza di vivere nel selvaggio Ovest come un cowboy era sicuramente un punto a favore per un politico. Essere identificato come un cowboy fece si che i cittadini vedessero in lui tutti quei pregi che le dime novels attribuivano ai cowboy dei loro racconti.

CONTINUA

NOTE

  1. B. Cartosio, Da New York a Santa Fe, Giunti, Firenze, 1999, p.141
  2. B. Cartosio, Da New York a Santa Fe, p.141
  3. Robert Green, Theodore Roosevelt, Compas point Books, Minneapolis, 2003, p. 17.
  4. T. Roosevelt, Theodore Roosevelt: An Autobiography, Charles River Editors, p.64
  5. A. Kelley,W. Cronkite, Theodore Roosevelt, Chelsea House Publishers, Philadelphia, 2004, p.34
  6. Kathleen Dalton, Theodore Roosevelt: A Strenuous Life, First vintage books edition, 2004, New York, p.100
  7. Theodore Roosevelt, Hunting Trips of a Ranchman and The Wilderness Hunter, G.P.Putnam’s sons, 1885, p.11
  8. D. Rizzi, Theodore Roosevelt, il presidente a cavallo, https://www.farwest.it/?p=16047
  9. Pubblicata in più volumi dal 1889 al 1896, in cui ricostruiva l’epopea della frontiera e dell’espansione ad Ovest
  10. Robert Green, Theodore Roosevelt, p.26.
  11. D. Rizzi, Theodore Roosevelt, il presidente a cavallo, https://www.farwest.it/?p=16047
  12. Peggy Samuels,Harold Samuels, Teddy Roosevelt at San Juan: The Making of a President, Peggy Samuels and Harold Samuels, 1997, p. 15.
  13. D. Rizzi, Roosevelt, presidente da battaglia, https://www.farwest.it/?p=17028
  14. Ferdinando Fasce, I presidenti USA: due secoli di storia, Carocci, 2008, pp. 63-64.
  15. D. Rizzi, Roosevelt, presidente da battaglia, https://www.farwest.it/?p=17028
  16. Ferdinando Fasce, I presidenti USA: due secoli di storia, p.65.
  17. D. Rizzi, Roosevelt, presidente da battaglia, https://www.farwest.it/?p=17028
  18. M. vecchioni, Theodore Roosevelt, il cacciatore, https://www.farwest.it/?p=11950
  19. T. Roosevelt, cit. in: Michael R. Canfield, Theodore Roosevelt in the Field, The University of Chicago Press, London, 2015, p. 210.

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