Le guerre indiane dal 1680 al 1840 – 3

A cura di Domenico Rizzi
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LA LEGA IROCHESE

Gli Irochesi costituivano, dopo gli Algonchini, uno dei maggiori gruppi linguistici del Nordamerica.
Quando Francesi e Inglesi misero piede nel Nuovo Mondo, compresero subito che si sarebbero dovuti misurare, nella conquista del continente, con le loro potenti nazioni.
Fino al secolo XVI, le tribù erano sparse in un raggio molto ampio, che si estendeva dai Grandi Laghi fino ad alcune regioni centro-orientali della Costa Atlantica. Infatti comprendevano gli Uroni, gli Erie, i Cayuga, i Mohawk, i Neutral, gli Oneida, gli Onondaga, i Petun, i Seneca, i Tuscarora ed altre suddivisioni minori.
Secondo la tradizione orale, fino al 1570 gli Irochesi vissero in un clima di aspra conflittualità interna, a cui pose fine il grande leader Deganawidah, che indusse alla pace Onondaga, Oneida, Seneca, Cayuga e Mohawk.
Un guerriero Irochese
Il suo discepolo Hiawatha realizzò poco tempo dopo il progetto ancora più ambizioso di costituire una sorta di “stato federale” fra queste tribù, dando vita alle Cinque Nazioni Irochesi. Nacque il Consiglio dei Sachem, la suprema unità di governo composta da 48 capi, nel quale le donne, a differenza della maggior parte delle popolazioni indiane d’America, avevano potere decisionale e potevano guidare l’esercito in guerra. La costituzione di Hiawatha e dei suoi continuatori fu un modello organizzativo tanto interessante, da essere studiata a fondo dall’antropologo Lewis H. Morgan, che nella seconda metà dell’Ottocento l’avrebbe illustrata nell’opera “League of the Ho-De-No-San-Nee or Iroquois”. Perfino il filosofo europeo Friedrich Engels ne parlò entusiasticamente nel suo libro “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” nel 1884.
In breve tempo la Lega cominciò ad essere rispettata e temuta da tutte le nazioni confinanti, soprattutto dagli Algonchini. Possedeva una popolazione di 15.000 persone, una forza di guerra di 4.000 combattenti e parecchi villaggi, costituiti da imponenti wigwam disposti in maniera razionale e adeguatamente protetti. L’economia tribale era florida, basandosi sulla caccia, su alcune colture del suolo e sulla raccolta dell’enorme quantità di frutti offerti spontaneamente dalla natura.


Un villaggio irochese

La rivalità degli Irochesi verso le altre nazioni era sempre stata molto forte. Oltre che con le varie tribù algonchine – Abenaki, Mohicani, Massachussets, Narragansett, Shawnee, ecc. – la Lega era entrata in conflitto con i Sioux Yankton, Santee e Teton, costretti addirittura ad emigrare oltre il fiume Mississippi nel XVIII secolo.
Ma i veri nemici degli Irochesi, almeno in un certo periodo storico, erano stati gli Uroni, appartenenti alla stessa matrice linguistica. Al tempo in cui Hiawatha vagheggiava l’unione delle cinque tribù, i loro avversari erano ancora molto potenti e numericamente preponderanti. Infatti si calcola che nel 1600 ve ne fossero circa 35.000, cioè il doppio degli Irochesi veri e propri. Causa del loro crollo demografico furono le epidemie di vaiolo e morbillo, ma anche i continui scontri con gli Iroquois. Una stima sicuramente approssimata per difetto attribuisce agli Uroni soltanto 500 anime intorno al 1660, ma è comunque probabile che in quella data il loro numero, benchè più elevato, non raggiungesse neppure i 1.000 componenti. Valutazioni meno pessimistiche, effettuate oltre la metà del Settecento, attribuirono invece alla tribù – ormai mescolata con altri Indiani – una forza di guerra di 250 combattenti, su una popolazione complessiva di poco superiore al migliaio di individui. Comunque, gli Uroni si erano fusi ormai da tempo con i Petun, assumendo più frequentemente il nome di Wyandot.

LE GUERRE FRANCO-INGLESI

La maggior parte degli storici è concorde nel ritenere che, durante la colonizzazione del Nuovo Mondo, Inglesi, Francesi e Spagnoli sfruttarono l’inimicizia fra le tribù pellirosse per stabilire più facilmente il proprio predominio nel Nord America.
In effetti, questa interpretazione può essere considerata vera soltanto parzialmente, perché i nativi americani fecero lo stesso ragionamento, mirando a sconfiggere, con l’aiuto dell’una o dell’altra potenza europea, i loro nemici di sempre.
Per comprendere meglio tale situazione, basti ricordare che due nazioni dello stesso ceppo etnico-linguistico – Irochesi e Uroni – mirarono a sopraffarsi vicendevolmente, finchè una delle due non venne quasi cancellata. Più in generale, la rivalità fra Algonchini e Irochesi, Muskogee e Cherokee, fu la causa del progressivo indebolimento delle coalizioni indiane che intendevano opporsi all’avanzata dei colonizzatori bianchi.
Verso la fine del XVII secolo, tutte e tre le potenze coloniali che dominavano l’America settentrionale, cioè Spagna, Francia e Gran Bretagna, erano più che mai decise ad instaurare una completa egemonia sulle terre d’oltreoceano, sebbene la loro azione si svolgesse secondo modalità e tempi diversi.
Gli Spagnoli avevano ramificato la loro espansione verso la Florida, il Texas, il Nuovo Messico, l’Arizona e la California e inviavano esploratori nelle regioni che corrispondono oggi agli Stati di Utah, Colorado, Oklahoma, Kansas e Wyoming.
Gli Inglesi sembravano paghi delle loro colonie sulla costa atlantica, conferendo agli insediamenti un assetto sempre più stabile ed un’organizzazione che mancava sicuramente ai territori ispanici del sud.
La Francia, che aveva puntato sull’America per sviluppare il commercio delle pellicce su vasta scala, sembrava più sospinta dal proprio spirito avventuroso che consapevole della crescente potenza dei rivali. I suoi esploratori si erano già spinti oltre il fiume Mississippi, tracciando nuove vie e fondando precari avamposti, senza rendersi conto che il controllo delle immense regioni visitate esigeva ben altre forze che la presenza trascurabile di cacciatori e mercanti, mentre i coloni erano quasi assenti.


Ciò che resta oggi di Fort Chartres

Man mano che i suoi “voyageur” e “trappeur” andavano verso occidente, nascevano Trois Rivière, Sault Saint Marie, Fort Vincennes, Fort Duluth, Kaskaskia, Fort Chartres, Detroit, ma i colonizzatori di lingua francese rimanevano un pugno di uomini sperduti in un continente sconfinato, nonostante il trasferimento forzoso di detenuti e prostitute dalla madre patria. Nel 1660 Quebèc era appena un villaggio di 70 case e 250 abitanti, mentre i potenti vicini britannici, che occupavano una superficie notevolmente inferiore, vi avevano già insediato stabilmente 260.000 coloni, impegnati a costruire fattorie, strade e porti. L’impero francese, simbolicamente esteso dal Canada alla Louisiana, alle spalle dei possedimenti britannici, necessitava del pieno appoggio delle tribù indiane per poter alimentare gli improbabili sogni di “grandeur” di pochi nobili avventurosi.
Per contro, gli Inglesi apparivano assai più concreti e la loro opera di conquista aveva basi di gran lunga più solide .
Nel 1681, Sir William Penn si era stabilito con i suoi “Quaccheri”, un gruppo religioso mal tollerato dai Puritani inglesi, nell’area compresa fra Massachussets e Maryland, fondando la città di Philadelphia e battezzando Pennsylvania la nuova colonia.
Pochi anni dopo divampò lo scontro fra le due potenze europee, coinvolgendo, com’era da aspettarsi, gli Indiani. Gli Uroni, sterminati dagli Irochesi nel 1649, si schierarono dalla parte della Francia, sostenuta dalla maggior parte degli Algonchini. Gli Inglesi trovarono supporto nelle Cinque Nazioni, ma ebbero anche il sostegno di qualche tribù algonchina.
La guerra denominata di “Re Guglielmo” ebbe inizio nel 1689 e fu costellata, più che di battaglie decisive fra i due eserciti contendenti, da una serie di atroci massacri commessi dai Pellirosse.
Il 5 agosto, circa 1.500 Irochesi discesero il lago St. Louis a bordo di numerose canoe, sbarcando nei pressi dell’insediamento francese di Lachine, situato a nord di Montrèal. Dopo avere sostato nei boschi fino all’alba, i guerrieri attaccarono la postazione, difesa da pochissimi militari. L’eccidio fu uno dei più orrendi della storia coloniale americana: in poche ore vennero uccise 200 persone ed altre 120 furono ridotte in cattività. Decine di donne subirono violenza sessuale e invano la milizia coloniale francese cercò di inseguire i responsabili della strage per restituire la libertà ai prigionieri.
La ritorsione della Francia si concretizzò nel marzo successivo, allorchè i suoi alleati algonchini colsero di sorpresa il villaggio inglese di Schenectady, nel territorio di New York, difeso da appena 24 soldati. Una quarantina di coloni trovò anche qui una morte orrenda, mentre 27 fra donne e bambini furono rapiti e trasferiti in luoghi lontani. Poi fu la volta di Salmon Falls, nel New Hampshire, dove Francesi e Indiani ripeterono l’operazione con risultati pressochè identici.


Il villaggio inglese di Schenectady

Mentre il conflitto vero e proprio fra le due potenze non avrebbe registrato avvenimenti determinanti – il governatore della Nuova Francia, Louis de Buade, conte di Frontenac, fece assalire Albany; gli Inglesi di sir William Phips invasero il Canada, senza riuscire ad espugnare le roccaforti nemiche – la guerra indiana produsse altri episodi che seminarono paura ed orrore dovunque.
Nel 1692 il villaggio di Deerfield, nel Massachussets – già distrutto due volte durante la rivolta di Metacomet – subì un altro disastroso attacco ad opera degli Abenaki, che non sarebbe comunque stato l’ultimo della sua tormentata esistenza. Qualche anno dopo, il 15 marzo 1697, gli stessi Abenaki ripeterono le atrocità compiute a Deerfield e nel villaggio di Wells, calando di sorpresa su Haverhill (Massachussets) dove trucidarono 40 persone. Due donne – Hannah Dustin e Mary Corliss Neff – furono condotte in un luogo lontano, ma, aiutate da un ragazzo inglese catturato in precedenza dagli Indiani, riuscirono a liberarsi. Nella notte fra il 30 e il 31 marzo, sorpresero gli Indiani, colpendoli selvaggiamente con tomahawk e coltelli, ne uccisero 11 su 12 e li scotennarono. La furia delle prigioniere non risparmiò neppure i bambini e le squaw, perché la Dustin era stata costretta ad assistere, al momento della cattura, alla barbara soppressione del proprio neonato, scagliato da un Abenaki contro un albero.
Quando il conflitto franco-inglese si estinse, nel 1697, lasciò soltanto una scia di sangue e di episodi efferati, nei quali i Pellirosse erano stati quasi sempre in primo piano.
La pace fra le due potenze non fu di lunga durata, perché agli inizi del Settecento si stavano di nuovo fronteggiando in seguito alla nuova Guerra della Regina Anna.
A soffrirne maggiormente, più che gli sparuti eserciti in campo, furono gli abitanti delle area colonizzate, primi fra tutti quelli della tormentata Deerfield, nel Massachussets. Già assalita più volte in precedenza, la cittadina, che possedeva 70 abitazioni e meno di 300 residenti, fu oggetto di un nuovo raid il 28 febbraio 1704 da parte dei 50 soldati francesi del capitano Jean de Rouville, aiutati da 200 guerrieri Abenaki e Mohawk dissidenti.
L’incursione causò 49 morti ai coloni inglesi, mentre 111 finirono prigionieri. Di questi, 53 perirono durante il loro trasferimento verso il Canada.
L’odissea della deportazione, registrò, come avveniva di solito, la violenza sessuale su alcune delle 24 donne catturate e l’eliminazione di bambini e adulti che, sfiniti e terrorizzati, si rifiutavano di proseguire la marcia.

GENOCIDIO NEL SUD-EST

Ma gli scontri fra Pellirosse e Bianchi nascevano anche da ragioni diverse dal coinvolgimento diretto degli indigeni nei conflitti coloniali.
Ai primi del Settecento, i Tuscarora della Carolina, di lingua irochese, avevano assistito alla creazione di un nuovo insediamento europeo nelle loro terre. Gli ultimi arrivati erano di origine tedesca e svizzera e in poco tempo avevano creato un villaggio – chiamato Nuova Berna – dissodato il suolo e iniziate le semine. Per allargare la superficie delle colture, i coloni disboscarono la contrada, distruggendo la selvaggina che serviva all’economia tribale.
La tensione fra le due comunità andò aumentando fino all’inizio dell’autunno del 1711, quando i Tuscarora attaccarono l’insediamento e le fattorie circostanti, facendo strage di circa 200 persone.
La reazione degli Inglesi, che sospettavano una sobillazione da parte degli Spagnoli, fu affidata al colonnello John Barnwell, che mise insieme volontari e guerrieri di alcune tribù, fra cui gli Yamassee, di lingua muskogee e i Catabwa, di derivazione sioux. La rappresaglia trovò dapprima sfogo soprattutto ai danni del villaggio tuscarora di Narhantes, dove furono uccisi 52 Indiani. Quindi si accanì invano contro la roccaforte pellerossa situata sul Contentea Creek, finchè si riuscì a concordare una tregua molto precaria, che lasciò spazio alle azioni ostili da una parte e dall’altra.
Infine, nell’autunno 1712, il colonnello James Moore, appoggiato questa volta anche dai Cherokee, sferrò un attacco più potente contro i villaggi indiani, cingendo d’assedio quello principale di Neoheroka. I Tuscarora, una parte dei quali era passata nelle file britanniche, capitolarono definitivamente nel marzo 1713, lasciando sul campo un numero spaventoso di morti, che fu stimato in almeno 500. Altre centinaia di uomini, donne e bambini furono invece fatti prigionieri per essere venduti come schiavi. I resti della tribù sconfitta emigrarono verso settentrione ed entrarono più tardi a far parte della Lega Irochese, mentre la fazione favorevole agli Inglesi venne confinata in una riserva della Carolina settentrionale.
Eliminato il pericolo tuscarora, i coloni della regione si trovarono subito alle prese con quello rappresentato dagli ex alleati Yamassee e Catabwa.
Il malcontento delle due tribù per l’incessante arrivo di Europei, finì per creare, nel 1715, la stessa situazione che aveva dato origine all’insurrezione dei loro antichi nemici. Questa volta, però, la rivolta indiana ebbe una conclusione assai peggiore. Perseguitati dal governatore della Carolina, Charles Craven e dalle sue milizie, gli Yamassee vennero decimati e sospinti verso la Florida. Dodici anni dopo le forze britanniche diedero loro il colpo di grazia a St. Augustine: da quel momento la tribù cessò di esistere autonomamente e i suoi superstiti trovarono ospitalità fra i Catabwa.
I Natchez del Mississippi seguirono il medesimo destino poco tempo dopo.
A destra: Jean Baptiste Le Moyne de Bienville
Questa nazione, appartenente ad un ceppo linguistico probabilmente a sé stante, sebbene talvolta ascritta al gruppo muskogee, era composta da 4.500 persone nel 1650, si fondava su un’economia agricola e abitava villaggi fortificati nell’area sud-orientale degli attuali Stati Uniti. La sua struttura sociale, per certi versi simile a quella dei popoli centro e sudamericani, faceva capo ad un unico sovrano assoluto, chiamato il Grande Sole. Come gli Aztechi e i Maya, avevano una società divisa in classi ed un’usanza abbastanza inconsueta per i popoli amerindi: alla morte del sovrano, le sue mogli venivano sacrificate, perché ne accompagnassero lo spirito nella vita ultraterrena.
La tragedia dei Natchez cominciò nei primi anni del 1700, quando comparvero, sul fiume Mississippi, i primi Francesi. Nel 1701, per compensare la penuria di manodopera, Re Luigi XIV autorizzò espressamente i suoi sudditi americani a procacciarsi gli schiavi fra le tribù indiane nemiche. Giovani forti e resistenti vennero catturati fra i Chitimacha e gli Alabama e portati a lavorare nelle piantagioni lungo il Mississippi. Nel 1708, il governatore Jean Baptiste Le Moyne de Bienville, introdusse la possibilità di scambiare gli schiavi pellirosse con i Negri, ma poiché questi ultimi erano ritenuti molto più robusti e affidabili, il rapporto di scambio diventò di due Indiani per ogni Africano. La stessa pratica venne poi adottata anche dagli Inglesi in Carolina, che fecero giungere schiavi neri dalle Antille, pagandoli con indigeni amici dei Francesi.
Dopo un po’ di tempo, sulla scia dei coloni e dei mercanti, arrivarono truppe in numero cospicuo, per costruire l’importante avamposto di Fort Rosalie, vicino al confine con l’odierna Louisiana.
Nel 1729, Bienville, comandante del presidio militare, ordinò agli Indiani di trasferire il loro villaggio di Pomme per far posto ad una colonia agricola. I Natchez, già stuzzicati dai Chickasaw della Carolina, che intendevano muovere guerra ai Francesi, opposero un netto rifiuto, perché in quel villaggio sorgeva uno dei loro templi più importanti, dedicato al dio Sole. La contesa degenerò presto in ostilità aperta e da ambo le parti si fece ricorso alle armi.
Il 28 novembre 1729 i Natchez attaccarono in forze la guarnigione e i civili del forte, circa 650 persone. Oltre la metà di esse vennero trucidate, mentre donne a bambini furono portati via per essere ridotti in schiavitù.
La reazione francese non fu meno terribile delle punizioni inflitte ai Pellirosse dagli Inglesi. Ricevuti rinforzi e con l’alleanza di circa 700 Indiani, in prevalenza delle tribù Muskogee dei Choctaw e dei Creek, i soldati attuarono una durissima repressione, radendo al suolo abitazioni e templi sacerdotali e uccidendo indiscriminatamente i loro occupanti. Fra i sopravvissuti, 500 furono caricati sulle navi e deportati ad Haiti per essere venduti alla stregua degli schiavi africani; gli altri scampati all’eccidio, trovarono rifugio presso gli amici Chickasaw e nel volgere di qualche anno si fusero con questa tribù.
Mentre Francesi e Inglesi affilavano di nuovo le armi, preparandosi all’ennesimo confronto militare, un’altra cultura antichissima avrebbe continuato ad esistere soltanto sui libri di storia.

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