Gli implacabili “bounty hunter”
A cura di Sergio Mura
La grande caccia
Fu solo dopo la Guerra Civile che le parole “bounty hunter” divennero molto diffuse sia tra chi rappresentava la legge che tra chi la violava allegramente.
D’altra parte erano tempi in cui la grande espansione verso ovest faceva spuntare quasi ovunque cittadine e paesotti dal giorno alla notte e la gente era talmente concentrata sulla sopravvivenza che era una specie di miracolo quando riusciva ad incaricare qualcuno di difenderla dai soprusi dei prepotenti o dalle violenze dei fuorilegge. Le città di frontiera potevano essere definite fortunate se avevano uno sceriffo in servizio.
Talvolta, però, lo sceriffo o chi veniva incaricato di tutelare i cittadini non aveva né la voglia né tantomeno la forza per opporsi ai prepotenti e in qualche caso si creavano pericolose collusioni tra fuorilegge, classe politica e rappresentanti della legge.
In aggiunta a questo dobbiamo dire che raramente uno sceriffo aveva la voglia di inseguire i fuorilegge fuori dalla sua giurisdizione e dopo una breve caccia si chiamava fuori e rientrava rapidamente a casa.
Quando i cittadini non ne potevano più di questo andazzo (laddove, naturalmente, questo accadeva) e ritenevano che il loro tutore della legge era inadeguato, arruolavano un “bounty hunter”, un cacciatore di taglie.
Contattarne uno non era peraltro semplice; la natura stessa dell’attività di queste persone rendeva tutto complicato. I cacciatori di taglie erano sempre in movimento da una zona all’altra del west, persino da uno stato all’altro, ma avevano più di una persona che era in grado di raccogliere le “commesse” e di riferire in qualche modo con loro. A volte, per comunicare con un cacciatore di taglie, venivano usate le inserzioni sui giornali locali, ma poteva esserci anche l’opportunità di lasciare un messaggio in una casella postale. Insomma, in un modo o nell’altro si riusciva ad avere il contatto giusto e far avere tutte le informazioni (chi era la persona da trovare, dove era stata vista l’ultima volta, qual era l’accusa) al cacciatore di taglie affinchè potesse decidere se accettare l’incarico e, in quel caso, di avviare la caccia vera e propria.
Il classico “Wanted”
Il cacciatore di taglie non era un uomo di legge vincolato da un giuramento, ma semplicemente una persona particolarmente svelta di mano e con le armi, tenace, capace di stare sempre in sella per periodi anche molto lunghi, sempre dietro le tracce del fuorilegge di turno, fosse un ladro di cavalli, una rapinatore di banche, un ladro di bestiame o un assassino. Una volta che il bounty hunter aveva accettato l’incarico, doveva solo valutare – sempre in base a quel che gli veniva richiesto – se catturare il malvivente e riportarlo nella città in cui era stato commesso il reato (affinchè venisse allestito un processo) o se approfittare della dicitura “dead or alive” (vivo o morto) per semplificarsi notevolmente la vita accoppandolo e affidandolo alle cure di un becchino o riportando indietro un cadavere facilissimo da gestire.
In ogni caso, alla fine della missione il cacciatore dei taglie si tratteneva nella cittadina giusto il tempo necessario a riscuotere la taglia (o il compenso) e poi spariva nel nulla, non avendo più nulla a che fare con eventuali processi.
La caccia ai “desperados” non sempre era un impiego a tempo pieno e i bounty hunter accettavano volentieri qualsiasi altro tipo di lavoro, talvolta anche per nascondere la propria vera attività, essendo la riservatezza una delle doti principali richieste a quelle persone. Alcuni giocavano d’azzardo, altri si facevano assumere in qualche ranch e in qualche caso preferivano lasciare la propria famiglia (laddove ve n’era una…) in qualche città tranquilla a est mentre lavoravano nelle zone di frontiera.
Nella caccia ai fuorilegge era importante poter contare su una discreta rete di informatori; questi erano attenti ai dettagli e cercavano sempre informazioni sulle persone ricercate e quando ne avevano di importanti le vendevano ai cacciatori di taglie che erano in genere ben lieti di pagarle.
Il bagaglio di un cacciatore di taglie era ridotto all’essenziale, ma tutto ciò che lo componeva era in genere di buona qualità.
Charles Siringo, un grande bounty hunter
La caccia ai malviventi richiedeva armi in ottime condizioni e moderne, una sella comoda e resistente, un cavallo affidabile e robusto, in grado di affrontare lunghi viaggi senza lasciare a piedi il suo padrone. Tra le armi non mancavano una pistola, un fucile e qualche altro strumento (come un coltellaccio) da nascondere anche negli stivali e nella sacca della sella.
Il cacciatore di taglie era attento a non farsi conoscere dalla gente e aveva un’arma formidabile nel non essere conosciuto dal ricercato in fuga, accrescendone la tensione e la paura di essere catturato.
Non esisteva alcuna forma di collaborazione con gli sceriffi o con i marshal ai quali ci si rivolgeva solo alla fine del lavoro per riscuotere il denaro delle taglie.
Nel west ci furono parecchi cacciatori di taglie anche molto famosi e temuti, come il notissimo Charles Siringo, uomo dell’Agenzia Pinkerton.
Siringo fece una carriera fulminante nella lotta privata al crimine e grazie ai suoi nervi d’acciaio e alla sua abilità divenne molto famoso, al punto da scrivere un libro che però fu la causa di una disputa con l’agenzia Pinkerton che durò lunghi anni.
Dal 1873, in virtù di una particolare sentenza, il lavoro dei cacciatori di taglie divenne regolare in tutto il west e non mancarono casi in cui uomini di legge decisero di integrare i propri miseri guadagni con qualche taglia, anche se loro erano costretti a rispettare tutte le procedure previste dal loro principale impiego, mentre il successo dei bounty hunter era legato alla grande libertà di movimento di cui potevano godere.