“Se ci chiedete da dove veniamo”: origini dei Crow

A cura di Anna Maria Paoluzzi. Un grazie a Gianni Albertoli

Il mito: la creazione
In principio al mondo non c’era nulla, solo acqua. Iichikbaalia, Colui-Che-In-Principio-Ha-Fatto-Tutto, vagando per il mondo, osservò la vasta superficie d’acqua che si stendeva fino all’orizzonte e pensò che era brutto esser solo. Proprio quando aveva deciso di mettersi in cerca di qualcuno con cui parlare, udì delle voci: “Siamo noi gli unici esseri al mondo, sì, ne siamo sicuri”. A parlare erano stati quattro anatroccoli dagli occhi rossi, che nuotavano muovendo agilmente le loro zampette palmate. Iichikbaalia allora li chiamò a sé: “Non siete gli unici al mondo; ci sono anch’io. Piuttosto, credete anche che non ci sia nient’altro al mondo?” Rispose uno degli anatroccoli “No, questo no: crediamo che qualcos’altro al mondo, giù, nel più profondo delle acque ci sia. Lo sentiamo nei nostri cuori”. Iichikbaalia chiese quindi al primo dei tre anatroccoli “Fratellino, immergiti nell’acqua e vai giù; se troverai qualcosa, prendilo nel becco e portamelo”.
L’anatroccolo, a quelle parole, si immerse prontamente, sparendo alla vista di Iichikbaalia e dei suoi compagni.
Passò un bel po’ di tempo e Iichikbaalia cominciò a chiedersi se l’anatroccolo non fosse morto, ma gli altri lo rassicurarono: non era ancora trascorso il tempo massimo in cui le anatre potevano rimanere sott’acqua senza respirare. L’anatroccolo alla fine riemerse, ma dovette confessare di non aver trovato nulla. Il secondo anatroccolo disse allora “Andrò io a vedere cosa c’è laggiù” e si immerse nelle acque. Passò di nuovo un bel po’ di tempo, forse anche più di quanto ne era trascorso quando il primo anatroccolo era andato giù in fondo all’acqua, ma alla fine anche il secondo anatroccolo riapparve in superficie.Iichikbaalia gli chiese se avesse trovato qualcosa, ma l’anatroccolo rispose: “No, sono andato giù finché ho potuto, ma alla fine ero troppo stanco e ho lasciato perdere”. Si offrì allora di andare il terzo anatroccolo; come gli altri che lo avevano preceduto, egli stette a lungo sott’acqua. Quando riemerse, Iichikbaalia gli domandò se avesse trovato nulla e l’anatroccolo rispose: “Sì: ero arrivato quasi sul fondo e ho visto qualcosa, ma a quel punto mi è mancato il respiro e sono dovuto tornar su”.
A questo punto prese la parola il quarto anatroccolo: “I miei fratelli sono troppo grandi e manca loro il respiro prima che possano raggiungere la cosa che c’è in fondo alle acque. Andrò io”. Iichikbaalia rispose “Mi sembri così piccolo e debole: prova pure, ma non chiedere troppo alle tue forze. Non voglio che moriate, siete gli unici compagni che ho al mondo”. Il quarto anatroccolo si immerse e andò giù, sempre più giù, finché non percepì qualcosa di duro col becco. Comprese di aver raggiunto il fondo e iniziò a camminare, usando il becco per sondare la durezza del fondo. A un certo punto il becco gli si immerse in qualcosa di morbido: aveva trovato ciò che cercava! Prese in bocca una palla di quella materia soffice e si affrettò a tornare in superficie. Quando riemerse era così stremato che non riuscì a dire nulla, e si limitò a posare quanto aveva trovato nel palmo disteso di Iichikbaalia. Iichikbaalia sollevò la mano e sorrise “Fango! Fratellini, con questo fango potremo plasmare tutto quanto ci occorre e riempire il mondo”. Gli anatroccoli si raccolsero tutti eccitati intorno a Iichikbaalia che, dopo aver lavorato la palla di fango che teneva in mano, ne utilizzò parte per separare la distesa d’acqua, da una parte e dall’altra e quindi utilizzò il rimanente per plasmare il cielo, le montagne, i fiumi, i laghi, le piante e gli animali.
Iichikbaalia si fermò quindi un istante a riflettere, contemplando il fango che gli era rimasto in mano: quindi, dopo aver modellato quattro figurine di fango, cominciò a cullarle al suono di questo canto:

Alla quarta ripetizione del canto, Iichikbaalia soffiò sulle quattro figurine, che presero vita (ed è per questo che il linguaggio, possibile solo grazie al respiro, è considerato sacro) e le pose in angoli diversi, perché si moltiplicassero e imparassero a parlare lingue diverse. Dopo un po’ Iichikbaalia posò lo sguardo su un gruppo di persone e le condusse presso una fonte, dove mostrò loro l’immagine di un uomo con l’arco teso. Disse quindi loro “Voi siete il popolo degli Apsáalooke; non sarete mai in gran numero e sarete sempre circondati dai nemici, ma io non permetterò a nessun popolo o forza esterna di sopraffarvi o annientarvi”. Fu così che i Crow vennero al mondo. (1)

??Dalle foreste del nord-est alle pianure occidentali: la grande migrazione

Non è un caso che il mito della creazione dell’uomo nella cultura Apsáalooke sia centrato su una grande distesa d’acqua; l’acqua è infatti un elemento indissolubilmente legato alle origini di questo popolo, sia che si voglia partire dalla regione dei Grandi Laghi, sia che si preferisca andare oltre nel tempo e nello spazio, arrivando alla regione proto-Siouan (che includeva la Virginia centrale, i due terzi del North Carolina e la zona nord-orientale del South Carolina) ipotizzata da James Mooney sulla base delle testimonianze orali di alcuni anziani Osage. Queste popolazioni di lingua Siouan iniziarono la loro migrazione verso ovest a causa delle continue pressioni belliche esercitate dalle aggressive tribù algonchine e muskhogean presenti nella stessa area. Non è in ogni caso affatto chiaro se la popolazione Siouan identificata come i proto-Hidatsa/ Apsáalooke sia stata parte di uno degli episodi di queste migrazioni (e certo non fu parte della migrazione che coinvolse le popolazioni di lingua Siouan –Dhegiha come i Kansa-Osage e gli Omaha- Ponca, viste le marcate differenze tra i due gruppi linguistici). Il sottogruppo a cui appartengono le lingue degli Hidatsa e dell’Apsáalooke è un sottogruppo indipendente, il Siouan Occidentale o Siouan del Missouri Superiore, a cui è parzialmente riconducibile (più per prestiti linguistici e somiglianze lessicali che per effettive affinità) soltanto il Mandan. Nei primi decenni del XX secolo, storici e antropologi dilettanti come Frank Linderman si erano spinti al punto di considerare l’area del Florida come il luogo d’origine degli Apsáalooke, sulla base del loro peculiare aspetto fisico e del termine Apsáalooke Biliksaa, che indica “un mostro simile al serpente, con quattro zampe, che nascosto nei letti dei fiumi tende agguati a chi si avventura in acqua”, identificato dagli euro-americani come l’alligatore. Tali indizi appaiono però troppo deboli; inoltre, sono stati recentemente portati alla luce nell’area del Montana fossili di dinosauri che presentano uno scheletro simile a quello di coccodrilli e alligatori. Non è quindi escluso che le popolazioni Apsáalooke abbiano, a suo tempo, rinvenuto fossili simili e da questi aver tratto la figura del Biliksaa.
Oggi, archeologi come Dale R. Henning e Dennis Toom ipotizzerebbero piuttosto l’appartenenza della cultura Hidatsa/Apsáalooke alla cultura Northeastern Plain Village (Villaggi delle Pianure Nord-Orientali), una cultura semi-sedentaria in cui i villaggi erano costituiti da capanne di terra battuta disposte in file orizzontali e i cui siti più importanti (risalenti al 900 D.C.) sono stati rinvenuti nello Iowa nordorientale e nella zona sud-occidentale del Minnesota. (2)
L’antropologo e storico tribale Apsáalooke Joseph Medicine Crow ha tentato di ricostruire la storia della migrazione dei proto-Hidatsa/Apsáalooke dall’area dei Grandi Laghi fino al North Dakota e successivamente quella delle peregrinazioni degli Apsáalooke, ormai una popolazione distinta, fino all’arrivo nella loro terra promessa, l’area compresa tra il Montana meridionale e il Wyoming settentrionale, un lavoro definito dallo stesso Medicine Crow come “interessante, stimolante e allo stesso tempo frustrante” ma anche come “la più grande e drammatica migrazione indiana mai raccontata”. (3)


Joe Medicine Crow

Le tradizioni orali raccolte da Joe Medicine Crow fanno partire la storia della tribù da una “terra di foreste e di grandi laghi”, identificata come l’area a sud del Lago Superiore e a ovest del lago Michigan, dove questi indiani si erano stabiliti in modo semi-sedentario, piantando mais e zucche e allo stesso tempo cacciando la selvaggina presente in quel territorio. La tradizione orale riporta che un anno non ci furono piogge e il paese di questi indiani fu spazzato dai caldi venti del sud, che fecero seccare l’erba. Le colture furono distrutte e la selvaggina sparì. La tribù era affamata e i capi si riunirono per decidere il da farsi. Inviarono quattro gruppi composti ciascuno da quattordici esploratori nelle quattro direzioni per seguire le tracce della selvaggina. I gruppi che si erano recati a nord, a est e a sud ritornarono senza aver trovato nulla, ma il gruppo che era andato a ovest riportò grandi quantità di carne di bisonte. Interrogati su quanto avevano trovato, gli esploratori raccontarono di essersi diretti a ovest e di essere a un certo punto usciti dalla foresta per ritrovarsi in una pianura sterminata, con verdi pascoli, dove pascolavano mandrie di bisonti. Si ritiene che il posto dove gli esploratori degli Hidatsa- Apsáalooke incontrarono il bisonte fosse l’odierna area di St. Paul nel Minnesota. A questo punto, l’intera tribù decise di spostarsi ad ovest, stabilendosi infine tra il Minnesota Settentrionale e il Manitoba meridionale.


Area della cultura Northeastern Plain Village

Questo racconto, che a prima vista sembrerebbe semplicemente un’affascinante leggenda, è stato in gran parte confermato dagli studi archeologici di Henning e Wood, che confermano una migrazione di alcune popolazioni appartenenti alla cultura Northeastern Plain Village verso l’area del Missouri probabilmente alla ricerca di condizioni migliori per la coltura del mais e selvaggina in un periodo compreso tra il 900 e il 1200 d.C. Le stesse testimonianze archeologiche rivelano, in questo periodo, contatti tra la cultura Northeastern Plain Village e la fiorente cultura Mississippian, testimoniata dal ritrovamento di perline fatte con conchiglie e da tratti culturali come l’introduzione di una variante del gioco del “chunkey” (originario della regione di Cahokia, uno dei siti più fiorenti della cultura Mississippian), in cui i giocatori tentavano di gettare bastoni o lance il più possibile vicino a una pietra tonda. Varianti di questo gioco furono notate poi dai primi esploratori euro-americani non solo tra gli Apsáalooke e gli Hidatsa, ma anche tra i Mandan.


Pietra per il “chunkey” rinvenuta in un sito archeologico Crow nell’area del Little Big Horn, Montana


Indiani Hidatsa che giocano a “chunkey”

La tradizione orale Crow prosegue il racconto della grande migrazione affermando che i proto-Hidatsa/ Apsáalooke lasciarono la loro terra di laghi e foreste, alla ricerca di una patria più accogliente e adatta alle loro esigenze intorno al 1500 d. C. Il primo esodo di questo popolo non fu certamente rapido né privo di difficoltà: la tribù, uomini, donne e bambini, si spostava a piedi, fronteggiando le asprezze del clima e le incertezze del cammino in terre in cui nessuno di loro si era mai addentrato così a lungo. Ma quando finalmente raggiunsero la prima dello loro tante mete?
Nei suoi studi sulle migrazioni degli Apsáalooke e delle antiche tradizioni orali Crow e Hidatsa, Joe Medicine Crow ha intervistato diversi anziani di entrambe le tribù; la testimonianza più importante raccolta in questo senso fu quella resa nel 1932 da Cold Wind (Vento Freddo), un vecchio Apsáalooke allora novantenne. Cold Wind, raccontò di aver visitato, negli anni della sua giovinezza, la tribù sorella degli Apsáalooke, gli Hidatsa, nella loro terra in North Dakota. Da lì proseguì il suo viaggio, diretto ancora più a est e dopo diversi giorni di viaggio giunse presso un’altra tribù indiana, in una diversa riserva (secondo Medicine Crow, una delle riserve della zona settentrionale del Minnesota, la riserva White Earth, quella del Red Lake o del Leech Lake, abitate da diverse tribù Ojibwa). Tra questi indiani, Cold Wind incontrò un vecchio storico tribale che sembrava conoscere diverse tradizioni sul popolo che poi aveva preso il nome di Hidatsa. Il vecchio condusse Cold Wind in un luogo situato a nord-est del proprio villaggio, una vallata lungo un fiume dove si potevano ancora distinguere le fondamenta delle capanne di terra tipiche degli Hidatsa, disposte a formare quello che sembrava un villaggio. Il vecchio mostrò quindi a Cold Wind un’area leggermente scostata, su una specie di terrazza naturale, dove si distinguevano ancora i cerchi dei tepee che un tempo l’avevano occupata. Il vecchio disse quindi a Cold Wind: “I depositari delle nostre tradizioni dicono che i vostri padri una volta abitavano qui. Quest’area, dove vedi i segni lasciati dai tepee era abitata da una parte delle tribù che in estate preferiva cacciare il bisonte e vivere in tende, mentre gli altri vivevano per tutto l’anno nel villaggio delle capanne di terra presso il fiume, coltivando le piante che crescevano qui. Un giorno, entrambi i gruppi raccolsero i loro beni e se ne andarono, diretti a sud-ovest. Non tornarono mai più”.
A questo punto, Cold Wind iniziò quello che Joe Medicine Crow ha definito “il secondo episodio” della storia della migrazione degli Hidatsa/Apsáalooke, una narrazione più accurata e precisa, in cui comparivano nomi di luoghi e di persone la cui esistenza era provata e rintracciabile. Risalendo indietro nel tempo, Medicine Crow ha individuato il sito visitato da Cold Wind nell’area del Lago Winnipeg, in Canada e fissato la partenza degli Hidatsa/ Apsáalooke di cui parlava il vecchio informatore di Cold Wind intorno al 1550. Quasi certamente, il motivo della partenza dell’intera tribù aveva a che fare con i conflitti con i Cree e gli Ojibwa, che allora dovevano aver acquisito un certo vantaggio grazie alle armi di recente ottenute dai nuovi arrivati europei.
La tradizione orale Apsáalooke prosegue quindi con il nuovo esodo della tribù riunita in direzione sud-ovest. Diversi anni dopo (1580?) la partenza dalla loro bella terra di foreste, gli Hidatsa/ Apsáalooke si trovarono di fronte una nuova distesa d’acqua, che ancora oggi chiamano Acque Sacre (il Devil’s Lake nel North Dakota). Le differenze tra gli stili di vita dei due gruppi principali della tribù a quanto pare avevano portato profondi contrasti e i due capi principali delle divisioni, due fratelli di nome No Vitals (Senza Interiora), capo del gruppo “nomade” e Red Scout (Scout Rosso), leader dei “nomadi”, decisero di digiunare per ottenere una visione e sapere cosa esattamente Iichikbaalia volesse da loro. Al loro ritorno, i due fratelli riportarono ognuno due cose diverse. Red Scout aveva una pannocchia di mais: Iichikbaalia gli aveva detto di stabilirsi dove la pianta sarebbe cresciuta e che da essa sarebbe dipesa l’esistenza del suo popolo.
No Vitals riportò invece degli strani semi: Iichikbaalia aveva dato loro la sacra pianta del tabacco (Nicotiana multivalvis) non come nutrimento per il corpo, ma per lo spirito e che essi avrebbero dato forza e coraggio al suo popolo. No Vitals e la sua gente avrebbero dovuto cercare un altro paese, un paese montuoso dove i semi sarebbero cresciuti e la sua gente avrebbe prosperato a lungo. Questa varietà di tabacco, usata a scopi cerimoniali (e chiamata dai Crow oop pu’mite “tabacco basso”) è originaria della penisola californiana, da dove poi si sarebbe diffusa in Idaho e Oregon. La varietà usata dai Mandan e dagli Hidatsa (e usata dai Crow per il fumo “ordinario) è invece una specie differente, originaria del North Dakota, la Nicotiana quadrivalvis (chiamata dai Crow oop’ha’tskite “tabacco alto”).
La separazione tra i due gruppi a quanto pare non avvenne in modo particolarmente netto e drammatico; le due divisioni seguitarono infatti a viaggiare insieme per diversi anni, sempre diretti a ovest finché, intorno al 1600, alcuni esploratori della tribù non giunsero nel punto in cui il Missouri si unisce allo Heart River. Dall’altra sponda del fiume, i nuovi arrivati videro un villaggio di capanne di terra: non potevano saperlo, ma quello sarebbe stato il loro primo incontro con i Mandan. Alla vista degli esploratori, i Mandan compresero che essi “volevano attraversare il fiume” e andarono a prenderli con le loro bull boat, le tipiche imbarcazioni circolari fatte con uno scheletro di legno e una pelle di bisonte. Gli esploratori rimasero per qualche giorno, promettendo di condurre con sé il resto della loro gente. Il resto del gruppo arrivò qualche giorno (o qualche mese dopo) e rimase con i Mandan per circa un anno; negli anni successivi si spostò in un sito proprio, in una vallata presso il Missouri dove rimase per i successivi sette anni. I nuovi arrivati strinsero in quel periodo forti legami con i Mandan che, in memoria del loro primo incontro, iniziarono a chiamarli Minitari o Minitadi, “coloro che vogliono attraversare il fiume”, da cui poi derivò il nome “Minnetaree” con cui i primi trapper ed esploratori euro-americani impararono a chiamare gli Hidatsa.


Karl Bodmer: “Abdih-Hiddisch, capo dei Minnetaree”


(Da “The Crow Indians” di D.McGinnis e F. Sharrock) (10)


(Da D.Harcey, B. Croone, J. Medicine Crow “White Man Runs Him – Crow scout with Custer”, 1995)

Dopo la separazione: l’esodo e l’arrivo nella “terra promessa”

?Altre testimonianze sull’origine dei Crow risalenti al XIX secolo suggerirebbero uno scenario diverso da quello tracciato finora, specialmente per quanto riguarda il periodo precedente all’arrivo degli Apsáalooke nella valle del Missouri.
James Bradley, un tenente dell’esercito USA, nel 1876 raccolse la testimonianza di uno scout Crow di nome Little Face (Piccolo Viso) che affermava di aver udito “da ragazzo” (1840?) che la sua gente “un tempo aveva vissuto sulle sponde di una grande distesa d’acqua” a sud-est della valle dell Yellowstone. A un certo punto la tribù si era spostata nell’area del fiume Arkansas e quindi aveva proseguito il viaggio fino a raggiungere l’area del Missouri. Sempre Little Face disse che suo nonno ricordava l’arrivo degli Apsáalooke nell’area dello Yellowstone: calcolando gli archi di tempo intercorsi tra le tre generazioni, si potrebbe fissare questa data intorno al 1745. Come si vedrà in seguito, la ricostruzione di Joseph Medicine Crow sposterebbe invece la data ai primi anni del XVIII secolo.
Sempre Bradley raccolse poi la testimonianza di un altro scout Crow (rimasto anonimo), che riportò i ricordi di The Poorest (La Più Povera), una donna Apsáalooke morta centenaria nel 1875 che ricordava di aver vissuto da bambina sulle rive del Blue Water River, in Kansas, e che i racconti uditi dagli anziani durante la sua infanzia parlavano di un’antico territorio abitato dagli Apsáalooke e dagli Hidatsa prima della loro separazione, a sud-est del Kansas. Dopo l’interludio sulle rive del Blue Water River, la gente di The Poorest era di nuovo partita per arrivare prima all’area del fiume Platte e per riunirsi infine agli Hidatsa nel Missouri.?? (4)
La tradizione orale Hidatsa riporta diversi miti sulla separazione tra il nucleo sedentario della tribù (gli Hidatsa/Awatixa) (5) e quello nomade (Apsáalooke): il primo parla della separazione di tre popolazioni, ciascuna guidata da uno dei tre figli di una donna Hidatsa: il primo si stabilì nelle biforcazioni del Missouri presso i villaggi Mandan, il secondo risalì il corso del fiume e scomparve nel nulla, mentre l’ultimo si diresse verso le Montagne Rocciose, formando il primo nucleo dei futuri Mountain Crow. Un’altra leggenda Hidatsa collega gli Apsáalooke alle Montagne Rocciose: secondo questo racconto, due fratelli Hidatsa macchiatisi dell’uccisione di alcuni parenti fuggirono in direzione delle Montagne Rocciose, dove presero in mogli alcune donne Flathead, con cui formarono la prima tribù Crow. Una tradizione comune sia agli Hidatsa che ai Crow parla invece di una prima separazione tra gli Hidatsa e i Mountain Crow e una successiva tra Hidatsa e River Crow. Questo gruppo, che era apparentemente arrivato dall’area dello Heart River, si stabilì presso il punto in cui il Knife River si unisce al Missouri, sulla riva nord di quest’ultimo fiume, nel villaggio n.35 dell’area archeologica del Knife River. Il gruppo è anche noto con la denominazione di miro’kac, un termine che sembrerebbe legato al termine Apsáalooke bi’ilukaa, con cui i Crow indicano “noi, la nostra gente”. I due gruppi si sarebbero divisi (o meglio, avrebbero iniziato ad allontanarsi su base stagionale) prima della grande epidemia di vaiolo del 1782, in seguito alla quale gli Hidatsa avrebbbero cominciato a chiamare i River Crow Kixa’icha “Coloro che litigano a causa del ventre” (la tradizione orale riporta che il “casus belli” del primo allontanamento fu una lite per dividersi lo stomaco di un bisonte)
La tradizione riportata da Joseph Medicine Crow, come già anticipato, è leggermente diversa. Questo resocnto orale riporta infatti che, dopo la separazione dal popolo di Red Scout, la gente di No Vitals si diresse di nuovo a nord, verso la zona in cui oggi sorge Alberta, in Canada. Questa popolazione aveva già iniziato ad autodefinirsi bi’ilukaa, “noi, i nostri”. Dopo appena qualche anno, i futuri Crow, stentando ad abituarsi al clima freddo della loro nuova patria, si diressero verso sud, arrivando nell’odierno Utah dove per qualche tempo dimorarono sulle rive del Great Salt Lake. Nuove difficoltà climatiche però li attendevano: il clima troppo secco impediva la coltivazione di qualsiasi pianta, compresi i sacri semi del tabacco e la selvaggiona scarseggiava. No Vitals guidò quindi i suoi ancora più a sud-est, dove si trovarono di fronte uno spettacolo per loro straordinario e terribile: un enorme cratere “nel quale c’era fuoco” (una vena di lava?). Medicine Crow collocherebbe questo luogo in una zona tra il New Mexico e il Texas settentrionale. Dal “luogo del fuoco”, i bi’ilukaa avanzarono fino ad incontrare un fiume, da essi chiamato “Arrowhead River” (Il Fiume a Punta di Freccia – oggi identificato quasi con certezza con il Canadian River in Oklahoma), che risalirono verso est, finché non si ritrovarono in un “paese ricco di foreste”, molto simile alla loro antica patria. Grossi tacchini e “grandi uccelli con ali striate e lunghe penne caudali” caratterizzavano il nuovo territorio, ma i Crow si sentivano infelici: gli alberi davano loro un senso d’oppressione e impedivano loro “di vedere cosa c’era all’orizzonte”. Questo territorio potrebbe essere identificato con l’area della foresta di Ouachita, nell’ Ozark Plateau, un altipiano che si stende tra gli odierni stati del Missouri, Arkansas, Oklahoma e Kansas e che anticamente doveva costituire un’unica, amplissima zona boscosa.

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